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Autore: Rhona    24/02/2014    1 recensioni
[Storia in revisione grammaticale e stilistica, alcune volte con l'inserimento di scene di passaggio e simili. Pubblicazione nuovi capitoli ancora in corso, ma a rilento.]
I romani: un popolo colto, erudito, padrone del mediterraneo ed oltre. Potenti uomini conquistatori che non esitano a commettere genocidi in onore di Roma, capitale del mondo intero.
I barbari: guerrieri, selvaggi, forse anche cannibali, che combattono per la loro terra, ma per difenderla, non per ampliarla.
E poi c'è lei. Chi è lei? Non è barbara, ma si oppone a chi la chiama romana... Non è romana, ma si arrabbia se la si chiama selvaggia...
Romani contro barbari: non è la guerra di due popoli; è lo scontro di due mondi opposti eppure tanto vicini.
**** Attenzione: il rating e gli avvertimenti potrebbero cambiare.
Genere: Drammatico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana
Capitoli:
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Le persone raffigurate sono solo semplici prestavolto, senza alcun collegamento
con idee, opinioni e/o azioni con i personaggi descritti nella storia.



Capitolo II
 
 
 
«Fatti vedere, romana.» aveva ordinato Vaughan alla donna, puntandole la lancia sotto la gola. Quella aveva spalancato gli occhi. Erano due begli occhi scuri: le fiamme che rischiaravano la notte li facevano sembrare marrone scuro, come il tronco forte di una quercia; i capelli erano lunghi, ricci e neri. Era molto bassa rispetto a lui. Vaughan aveva notato che i romani erano sempre molto bassi rispetto ai popoli del Nord. Il suo volto non aveva il dono della bellezza secondo i canoni germanici, ma aveva la bellezza del sud. Aveva il viso affascinante, perfetto. Lui l’avrebbe definita “la più bella donna che avesse mai visto”. Ma era romana e meritava la morte. Il suo sguardo fu catturato dal ventre della donna. Era incinta... forse sette  o otto mesi. In grembo poteva avere l’umile contadino o il glorioso condottiero che avrebbe distrutto il suo popolo. Abbassò la lancia, puntandogliela contro il ventre. Ebbe la premura di tenerla lontana, senza toccare la pelle tesa. Lei parlò in latino «In nome degli dèi chiedo pietà.» sussurrò. Questo lo capì bene: era la stessa frase che gli dicevano tutti i romani che sconfiggeva, un attimo prima che staccasse la testa dal loro collo.
«Tu parli la mia lingua?» chiese.
La donna non capì. Allora si avvicinò e le si rivolse in greco. «Tu parli greco?»
Quella non capì di nuovo. Decise di tentare con il latino. «No pietà né donne né bambini.» quella spalancò gli occhi ancora di più, quando Vaughan le si avvicinò, mettendo mano alla spada sulla schiena. La donna urlò. Vaughan si avventò su di lei, la costrinse a terra, tappandole la bocca. «No faccio male.» lei cominciò a dimenarsi, chiudendo le gambe e piangendo. Lì comprese che la donna aveva frainteso le sue intenzioni. Ma non poteva dirle di stare tranquilla perché lui non voleva stuprarla ma ammazzarla...  «Io Vaughan. Tu chi sei?» sembrò tranquillizzarsi. Vaughan sentì la sua voce per la prima volta «Io sono Cecilia.» era una voce di donna, proprio come la voce delle donne del villaggio, senza la minima differenza nonostante la diversa provenienza. Dire che ne fu sorpreso sarebbe sbagliato, ma provò uno stano senso di compassione.  Si ricordò dell’attacco. Guardò a valle e vide che i romani erano in trappola, non c’era più bisogno del suo contributo. Allora prese la corda che aveva attaccata alla cintura. Prese le mani della donna e le legò. Con la testa le fece cenno di seguirlo e quella obbedì senza fare storie.  Scese dalla collina in fretta e issò la donna sul suo cavallo, aspettando che gli altri facessero ritorno. I primi ad arrivare furono due reclute, seguite dalle altre tre. Adomnan scese per ultimo. Vedendolo chiese «Vaughan, dove portate quella donna?»
«È  una prigioniera.» non fece caso al tono con cui Adomnan si rivolgeva a lui, chiamandolo per nome.
«Avevate ordinato che non venisse concessa pietà a nessuno.»
«Si» disse calmo «l’ho fatto. Hai intenzione di contestarmi?» Detto questo montò sul dorso della bestia. Sentì la donna lamentarsi: i romani erano abituati a cavalcare con la sella, ma i germani lo avevano da sempre fatto senza. Cavalcò in testa al gruppo, com’era giusto che fosse, fiancheggiato dal luogotenente. Non spronò il cavallo, c’era il pericolo che la romana perdesse la gravidanza, se gettava il cavallo al galoppo. Una piccola parte dell’esercito romano si era salvata fuggendo per la foresta, ma ne avevano uccisi abbastanza da guadagnare almeno sei mesi di pace assoluta.  Scese da cavallo e andò incontro al suo secondo luogotenente Fearchar1, informandolo della situazione. Adomnan smontò da cavallo e costrinse la donna a scendere a sua volta dal cavallo di Vaughan. Per un attimo fece finta di non vedere, ma poi non ci riuscì. La tirò giù senza il minimo riguardo per la sua condizione, strattonandola.  La donna ricominciò a piangere. Vaughan s’impose di intromettersi... dapprima si irritò...
«Adomnan!» lo fermò in tono autoritario «chi ti ha detto di farla scendere?»
Lui sospirò. «La porto ai soldati, com’è giusto che sia. Voi avete privato loro delle schiave comuni, perché dovreste tenervi l’unica donna catturata per il vostro godimento. Un capo deve pensare al popolo.»
 A quel punto si infuriò. «Ne farò ciò che io vorrò. Non contraddirmi, sei solo un inetto troppo giovane per saper fare il capo.» l’apostrofò.
«Il vostro cuore si è rammollito, come voi del resto...» gli urlò dietro. «Non siete più l’uomo forte e vero che eravate un tempo. Ormai avete trenta... quanti trent’otto anni?» sorrise maligno «È   il momento che voi cediate il passo ad un uomo più amato dal popolo.» sguainò la spada. La donna strepitò, gli uomini sembravano spaesati e confusi. Adomnan gettò la donna a terra.  Vaughan la afferrò per le braccia, la tirò su velocemente e la spinse verso Fearchar, mentre impugnava la lancia con maggior forza, gettando la spada a terra. Prese la lancia con due mani e rispose al traditore. Adomnan si avventò contro di lui, calò la spada sulla sua testa. Vaughan parò il colpo, e con una serie di movimenti rapidi e fulminei disarmò l’avversario. I suoi occhi chiedevano pietà per l’errore commesso, rivelato da poche semplici manovre di un combattente esperto. Le parole del suo predecessore gli riecheggiarono della testa “Non c’è pietà per quelli che hanno osato tradire la nostra fiducia”. Infilzò il ventre di Adomnan sulla lancia, da parte a parte. Il sangue scorse veloce fuori dalla ferita profonda e mortale. Un rivolo rosso gli fuoriuscì dalla bocca, tossì un paio di volte, fino a sputare sangue su Vaughan che gli era di fronte. Il sangue zampillò allegro da dietro la sua schiena, dove fuoriusciva la lancia del vincitore. Sollevò la lancia con l’uomo morto fra le acclamazioni del resto degli uomini. Ad un tratto si rese conto che Adomnan era ancora vivo... un lampo di pura follia lo illuminò. Tenendolo in piedi appeso alla lancia, Vaughan affondò la mano della carne viva del suo avversario, afferrò le interiora, e con quanta più forza aveva le strappò via dal corpo. L’uomo si contorse e gridò per l’atroce dolore, ma le sua grida furono sovrastate dalle acclamazioni di gloria per Vaughan. Con i suoi visceri ancora pulsanti in mano, scaraventò Adomnan a terra, sfilandolo dalla lancia. Poi sollevò la lancia insanguinata e le interiora fra le acclamazione dei soldati che, raccolti in cerchio attorno a lui, assistevano al raccapricciante spettacolo. La donna svenne. «Tutti sono puniti!» gridò «Non osate mai tradirmi!» Gettò le interiora di Adomnan sopra il suo corpo esanime. Passò gli occhi su ogni volto che aveva davanti a lui. «Ora avete capito perché i romani ci battono?» urlò «Perché noi non siamo uniti! Sfrutteranno le faide che dilaniano il nostro popolo per conquistarci: per toglierci l’onore, la felicità, il calore di una donna. Se ci sconfiggeranno ci toglieranno la nostra liberà; che abbiamo ottenuto grazie al sangue dei nostri padri e al sudore della nostra fronte!» gli uomini agitarono le armi gridando parole d’approvazione «Unitevi sotto di me: ed io e i miei successori non vi deluderemo.» concluse. Passando, nessun uomo non fece caso al cadavere, ormai irriconoscibile, di Adomnan steso a terra. Vaughan fu ben contento di lasciarlo dai corvi.
 
 
 
Cecilia si risvegliò in una tenda. Era stesa su una lettiga, o qualcosa del genere. Era circondata da lana e coperte di stoffa pesante, anche un paio di pellicce. Si sentiva al caldo. Si mise a sedere, con la testa pesante e le mani sul pancione. Ci mise un po’ per ricordarsi di essere stata catturata e essere svenuta alla vista di... ripensandoci le veniva il voltastomaco. Si sentiva stanca, ma stava bene. Aveva avuto paura che quello svevo avesse voluto violentarla, ma evidentemente non era così. La tenda si scostò. Entrò una donna  di mezza età, dalla pelle chiara e dai capelli biondi che le scendevano sulle spalle. Questa le sorrise e le fece cenno di star ferma: allora si mise da una parte, in silenzio. Poi entrò un uomo. Riconobbe in lui lo svevo che l’aveva fatta schiava; si chiamava Vul... Vuga... non riusciva a ricordarlo... Era vestito con una tunica corta, di pelle. Si batté il petto. «Vaughan.» disse. Si sedette a terra accanto a lei, con un gesto talmente naturale ed un’agilità che lei, incinta o no, non avrebbe mai avuto.
«Cecilia.» disse lei, ripetendo il gesto. Lui allora sposto la sua mano sul pancione. «Padre morto?» lei fece spallucce; non lo sapeva... dopo che avevano incendiato tutto erano poche le possibilità che si fosse salvato. Sentiva mani dure ma gentili del barbaro, che sfioravano le sue...
«Romano?» chiese lui.
Lei annuì.
«Tu romana?» chiese.
«Ispanica.»
«Sud.» affermò lui convinto.
«Tu sei uno svevo?»
L’uomo sorrise, rimpicciolì gli occhi azzurri e scosse la testa: non aveva capito. Cecilia gli mise una mano sul petto. Sentì battere il cuore selvaggio di barbaro sotto la veste... batteva come quello di un romano, senza differenza alcuna...  «Svevo.»
«Sassone.» precisò lui.
«Oh.» si lasciò sfuggire, ritirando la mano.
La donna bionda parlò con il sassone. Parlarono per poco, ma Cecilia non capì cosa stavano dicendo. Distinse il suo nome fra le parole straniere.
Il sassone si voltò verso di lei. «Tu è fame?»
Sorrise. «Molta fame.»
«Sete?» chiese.
Annuì. Lui le sorrise rassicurante, voltò e parlò con la donna bionda. Alla fine del veloce scambio di battute la donna annuì ed uscì. «Lui» indicò la donna bionda appena uscita.
«Lei.» lo corresse.
 L’uomo rise: «Lei, aiuta con...» cercò le parole. «...bambino.»
Capì: doveva essere la levatrice del villaggio, o qualcosa del genere. L’avrebbe aiutata a partorire quando sarebbe stato il momento. Annuì. «Fra poco porta carne e acqua.»
Cecilia annuì. D’un tratto si sentì triste, pensando a cosa le sarebbe capitato in mano ai sassoni...«Bene?» le chiese lui preoccupato.
Annuì.
«Tra cinque giorni. Noi parto per... casa. Più nord. Tu può viaggio?»
 Cecilia tornò a pensare alla notte prima. “No pietà né donne né bambini”. «Perché?»
Lui si fece serio. «Cosa?»
«Tu» lo indico «noi» indicò lei e la pancia «ucciderai?»
Lui abbassò la testa, ma poi la guardò negli occhi. Mosse lentamente la testa da lato a lato. «Tu donna. Donne no interessa in guerra. Tu qui fino a che nasce.» sentenziò, alzandosi. «Dopo vuoi, puoi andare.»
«E se volessimo restare?» chiese. L’uomo non capì, e storse la testa. Allora indicò lei e il suo pancione «Qui. Per sempre?» Lui sorrise e disse qualcosa nella sua lingua, poi tradusse in latino «Benvenuta nella tribù dei sassoni, Cicilia.»
«Cecilia.» lo corresse.
«Si, Cicilia. Io sono Vaughan, capotribù.» così dicendo lasciò Cecilia da sola nella tenda. La notte prima aveva temuto per la sua vita, ma non c’era ragione di temere... ricordava qualcosa sull’ospitalità sacra per i germani, ma credeva che non valesse per i Romani. “Le donne no interessate a guerra” aveva detto. Il suo modo di parlare latino le faceva ridere. “Cicilia”, così l’aveva chiamata. Era un uomo alto e robusto, ma di certo ce n’erano di più belli. Ma, per indole, per volontà o anche solo perché non sapeva parlare bene latino, era simpatico. Simpatico: l’uomo che la notte prima aveva strappato gli organi interni dal ventre... no, basta... non sarebbe riuscita più a mangiare la carne se ci avesse pensato anche solo un momento di più. Aveva detto di essere il capotribù, sembrava autoritario e serioso, ma doveva essere simpatico... aveva il senso dell’humor... la donna bionda rientrò nella tenda. Le pose vicino alla lettiga un pezzo di carne cotta e calda, con una sacca per bevande che presumibilmente conteneva acqua. Cecilia mangiò avidamente la carne: era un piatto ricco, non lo aveva mangiato spesso a Roma. Bevve acqua e si sdraiò di nuovo. La donna si abbassò sulla lettiga e le mise una mano sulla fronte. Le sorrise. Si addormentò velocemente, sapendo di aver trovato una casa migliore del postribolo e, forse, anche di Roma...





NOTE DELL’ AUTRICE:
1Fearchar= non è un nome germanico, ma celtico-irlandese.
Ultima revisione 22/01/2015
  
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