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Autore: GhostFace    24/02/2014    3 recensioni
Riflessioni interiori, ma anche azione, istinto ed avventure, senza mai farci mancare qualche risata... Questa è una storia che coinvolgerà tutti i personaggi principali di Dragon Ball, da Goku a Jiaozi! Cercando di mantenermi fedele alle vicende narrate nel manga, vi propongo una serie di avventure da me ideate, con protagonisti Goku ma soprattutto i suoi amici. I fatti narrati si svolgono in alcuni momenti di vuoto di cui Toriyama ci ha detto poco e nulla, a cominciare da quell'anno di attesa trascorso successivamente alla sconfitta di Freezer su Namecc (ignorando o rielaborando alcuni passaggi only anime). Come dice qualcuno in questi casi, Hope You Like It! Buona Lettura!
PS: la storia è stata scritta prima dell'inizio della nuova serie DB Super, quindi alcuni dettagli non combaciano con le novità introdotte negli ultimi anni. Abbiate pazienza e godetevi la storia così com'è, potrebbe piacervi ugualmente. :)
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sgominare la delinquenza era un proposito meno facilmente attuabile di quanto Videl avesse immaginato, all’inizio della sua avventura. Senza indugi era partita, ispirata dal desiderio di portare la giustizia ovunque. La realtà era che, dovunque ci fosse un uomo un po’ più forte della media, o dotato di un coltellaccio o di una pistola o di un fucile, lì nasceva la prepotenza che, molto spesso, sfociava nella criminalità. L’accordo tra i due amici era che lui la lasciasse fare da sola, salvo venirle incontro qualora si fosse trovata in schiacciante inferiorità numerica tale da renderle troppo ostico il compito. Ormai Videl aveva imparato che le bastavano due o tre colpi ben assestati per mettere fuori combattimento ogni avversario. Così, la ragazza non si limitava a picchiarli fisicamente: prima li disarmava; poi, raccolte le armi, le consegnava a qualche autorità locale o qualche amante della giustizia, per dar modo ai giusti e ai deboli di difendersi al meglio. Era la cosa più opportuna da fare: di certo Gohan e Videl non potevano correre da un lato all’altro del pianeta al ripresentarsi di un’emergenza! Era giusto che gli onesti fossero in grado di proteggersi in modo autonomo dai malintenzionati. In tal modo, i due amici avevano assicurato alla giustizia centinaia di delinquenti, aiutando le autorità che solitamente stentavano a svolgere le proprie funzioni.
Senza contare che, giorno per giorno, i cyborg imperversavano senza pietà e senza seguire uno schema pianificato. Gohan non aveva mai smesso di allenarsi severamente, e non avrebbe mai smesso finché non avesse realizzato il suo sogno, che era anche il sogno di tutta l’umanità: la sconfitta dei due cyborg. Solo dopo avere compiuto la sua missione fondamentale, avrebbe detto addio a quella orribile vita da guerra; avrebbe ripristinato la pace e sarebbe tornato alle sue attività quotidiane e allo studio… Nel frattempo continuava a tenersi nascosto dal nemico e a proteggere Videl ogniqualvolta vi fosse la possibilità che venisse sopraffatta,  sempre monitorando lo spostamento delle due creature di Gero, in attesa del momento opportuno per infliggere l’attacco finale. Ciò era possibile grazie anche alle comunicazioni provenienti dai pochi radiogiornali e telegiornali ancora attivi.
Avevano visto criminali di tutti i tipi: gente che si dedicava alle ruberie, al saccheggio e allo sciacallaggio per disperazione, perché non sapeva come tirare a campare; persone cattive che avevano sempre agito con prepotenza, e che nella rovina dei giusti trovavano il loro habitat naturale; infine, gente abbrutita dai vizi, dall’ozio e dal caos dei tempi. Disgraziati che si procuravano chissà dove mitragliatrici e fucili a canne mozze, e non si facevano scrupoli a puntarli contro gli esseri umani; lottatori più o meno in possesso di una certa tecnica che minacciavano di mettere le mani addosso a chi non si fosse adeguato al loro volere. Videl si trovava a lottare contro un’umanità degradata che era divenuta la feccia di sé stessa; Gohan vegliava su di lei e sugli esseri umani, facendo la sua epica comparsa al bisogno, come una sorta di angelo guerriero, pronto a saettare come un fulmine e a fare da scudo antiproiettile umano all’amica quando questa fosse stata in procinto di beccarsi anche solo una pallottola. Anche la gente da loro difesa rappresentava una fauna variegata: ragazzine e bambini indifesi, donne mature dalla lacrima facile, vecchi rassegnati oppure battaglieri, padri di famiglia, uomini e donne più o meno onesti, più o meno in difficoltà, persone da aiutare in ogni caso…
I due compagni di avventure crescevano insieme e maturavano. Conoscendo le persone, si facevano un’idea più chiara di cosa fosse il mondo e di cosa fosse la vita. Si procuravano da vivere grazie ai frutti della natura e della terra; a volte, quando trovavano un villaggio del tutto abbandonato, prendevano per sé oggetti o cibo che ormai non appartenevano più a nessuno; quando era possibile, qualcuno che beneficiato delle loro gesta li ricompensava, regalando qualcos’altro. Il mondo si andava spopolando: se in quei sei anni trascorsi dalla loro riattivazione 17 e 18 avessero tenuto il conto delle loro vittime, sicuramente avrebbero superato la cifra del miliardo e mezzo di uomini, avviandosi pericolosamente a raggiungere anche ai due miliardi.
Videl teneva un diario. Lo compilava soprattutto la sera, dopo che lei e Gohan avevano concluso in santa pace una cena preparata alla bell’e meglio.
Fu proprio una di quelle sere che Videl rivolse una strana domanda a Gohan. Distesa per terra sulla pancia, stava annotando i suoi pensieri sul diario, mentre Gohan leggiucchiava un libro, giusto per passare tempo e distrarsi dai soliti pensieri. «Gohan… ma se io per caso un giorno venissi ammazzata da uno di questi criminali che affrontiamo ogni giorno… sai com’è, un proiettile vagante, una distrazione… ma tu, mi vendicheresti?»
«Sicuramente sarei divorato dal dolore… però sai come la penso: l’idea di uccidere un uomo mi ripugna. Purtroppo sono uno stupido pacifista… è più forte di me.»
«Lo immaginavo! Me l’hai detto altre volte… ci sono solo due persone al mondo che vorresti uccidere, e non hai ancora la forza per riuscirci.» concluse Videl. A quel punto Videl si voltò, con un risolino comprensivo e sommesso, e tornò a scrivere qualche altro pensiero sul diario. Gohan era a conoscenza dell’esistenza del diario di Videl, ma non aveva mai mostrato curiosità di leggerlo per non violare la riservatezza dell’amica.
 
In un certo spiazzo sterrato nella zona ad Est del grande continente, tre uomini stavano discutendo con trasporto dei programmi per la loro serata. Uno di loro, che aveva tutta l’aria del leader, stava seduto sul retro del loro furgone rubato, con gli sportelli aperti. «Stasera voglio proprio divertirmi! Giunta è l’ora di fumare, bere birra e spinellare... e se è il caso volare nella Città dell’Est e scoparci un paio di puttane!» proclamò solennemente un tizio robusto dai capelli neri a spazzola, la barba mal rasata e un’espressione da furbastro; indossava jeans laceri e una maglietta.
«Bella idea, Garrickle… te lo ricordi che le puttane vogliono anche essere pagate? E che non abbiamo un soldo, te lo ricordi?» ribatté uno dei due scagnozzi, più bassetto e smilzo di lui, dal viso affilato, seduto per terra. 
«Tsk… idiota. Siamo maschi, non dobbiamo per forza pagarle, per prenderci quello che vogliamo.» rispose il capo.
Nel frattempo il terzo uomo, somigliante a Garrickle ma più alto e corpulento, mentre lucidava il proprio bazooka, di enormi dimensioni, con una pezza intrisa d’olio, si limitava a commentare con l’acquolina in bocca: «Mmm… puttane.»
Rimasero per un po’ lì ad oziare. Più tardi, il leader invitò gli altri a prendere posto sul loro veicolo. «Diamoci una mossa, stronzi… ce n’è di strada, per arrivare a destinazione.»
 
La sorte volle che anche Gohan e Videl quel giorno si fossero diretti nella stessa città scelta da Garrickle e soci per i loro bagordi. La grande Città dell’Est, come tutti i grandi centri urbani, era molto cambiata negli anni. Essa non era ormai altro che lo spettro di quella grande metropoli, misto di tradizione e tecnologia, che era stata fino a non troppi anni prima; il degrado era ovunque. Gohan e Videl vi giungevano per la prima volta insieme dopo mesi e mesi di viaggio; nonostante sapesse volare, c’erano tanti posti al mondo che il Saiyan meticcio non aveva ancora visitato; la stessa cosa poteva dirsi a maggior ragione per la figlia di Satan. In quel lungo periodo trascorso insieme, avevano visto molte cose, visitato posti diversi, anche se talvolta simili fra loro, senza mai fermarsi nello stesso posto per più di qualche giorno, dopo aver dato una mano nel risolvere le faccende più difficoltose.
Alcuni quartieri della periferia della città erano totalmente annichiliti, divorati dallo scoppio di un’immensa fonte di energia; gli edifici di confine tra la zona distrutta e quella sopravvissuta ne erano usciti provati, quasi rosicchiati dalle fiamme ed investiti dall’onda d’urto dell’esplosione.
«La città è distrutta a zone…» analizzò Videl, dopo aver dato un’occhiata sommaria, aggirandosi lentamente per le vie del centro. «…mai per intero, nel più puro stile dei due cyborg.»
«È vero: devastano solo qualche zona della città a casaccio, poi se ne vanno… Ma non per misericordia, solo per conservarsi qualcos’altro da distruggere più avanti. È il loro assurdo modo di giocare.»
Voltando l’angolo, si imbatterono in una scena che aveva un retrogusto sconcertante. La gang composta da Garrickle e i suoi stava rapinando una vecchietta.
«Forza, vecchiaccia stolida!» la minacciava il bandito puntandole addosso la pistola. L’anziana, atterrita, tirò fuori il poco che aveva, cosicché Garrickle insoddisfatto ordinò all’amico smilzo: «Sergej, mettile le mani addosso e controlla se nelle tasche ha qualcosa!»
«Che palle…» mugugnò Sergej, mentre eseguiva la perquisizione. «Le vecchie di merda devo palparle sempre io… se fosse stata una bella maiala, invece…»
Videl, assistendo in disparte alla scena, fremeva dalla voglia di intervenire e pestare i tre malviventi, come ogni volta che assisteva in diretta ad una malefatta.
«Ascoltami, Videl…» le sussurrò Gohan accostandosi al suo orecchio, dandole indicazioni sul da farsi. «Sono armati di pistole; inoltre, quell’energumeno che sta con loro ha anche un enorme bazooka. Aspettiamo che la lascino in pace, altrimenti la useranno come ostaggio; poi, una volta che saranno disarmati, non correrai alcun rischio nel combatterli.»
«Hai ragione. Ottimo, faremo così.» ribatté Videl, intenzionata ad attuare le istruzioni dell’amico.
I tre malviventi abbandonarono delusi la vecchia, visto che non ne avevamo ricavato un granché. A quel punto Gohan scattò in avanti in direzione dell’energumeno e, raggiuntolo, gli strappò dalle mani, senza difficoltà, la grossa arma: «… così eviterai di far male a qualcuno.»
«Chi diavolo è quel bastardello?» domandò Sergej.
«Che cazzo ne so!? Tira fuori la pistola, e ammazzalo come un pidocchio!» intimò Garrickle al compare. Entrambi spararono alla testa, al torace, alle gambe di Gohan, che li fissava furibondo; le pallottole rimbalzarono con un tintinnio metallico sulla pelle del ragazzo.
«Figlio di…!» esclamarono i due sbalorditi. Videl ne approfittò per schizzare in avanti; passando all’azione, colpì il ciccione con una ginocchiata al pancione, ma il nemico assorbì in modo ammirevole il colpo. Quindi Videl gli allungò dei pugni al viso, poi con un calcio alto al mento che lo sbatté a terra all’indietro. Poggiando piede a terra e voltandosi, Videl si accorse che gli altri due criminali avanzavano minacciosi verso di lei: «Due contro uno… ma bravi!»
«Anche tre contro uno…» soggiunse da dietro il ciccione, che si era rialzato. Evidentemente il colpo subìto non era stato abbastanza potente.
«Come se avessi paura di tre buoni a nulla come voi!» Di nuovo Videl scattò in avanti colpendo Sergej con un calcio allo sterno; il nemico strabuzzò gli occhi e finì a terra tramortito.
«Fuori uno!» esclamò trionfante Videl. «Ora restano solo due mezze calzette, nulla di più facile!» e con queste parole, si lanciò addosso al grassone.
Gohan, a pochi metri da loro, sorrideva: era sempre uno spasso vedere l’amica sfoderare la sua solita grinta.
«La tipetta ha carattere…» disse all’improvviso una voce maschile alle sue spalle. «È la tua fidanzatina, Son Gohan?»
Quella voce… A Gohan si gelò il sangue nelle vene. Si voltò di scatto, e trovò nientemeno che… «I cyborg!»
«Salve, carino… chi non muore si rivede, è proprio il caso di dirlo.» lo salutò 18, con un ghigno gentile. «Ti stai facendo un bel ragazzo, eh?»
Anche Videl e i suoi avversari rimasero paralizzati e impallidirono al trovarsi di fronte, a pochi metri, le due terribili creature, i due nemici dell’umanità.
«Merda, ragazzi! I cyborg! Lasciamo perdere ‘sta cretina e rompiamo le righe…!» gridò Garrickle. Sfortunatamente il compagno smilzo era svenuto, quindi il ciccione dovette caricarselo in braccio; i tre scapparono urtando scompostamente Videl, che sembrava volersi fermare a guardare l’evolversi della situazione. Tuttavia Gohan le urlò: «Allontanati, Videl… vai a metterti al riparo!»
Udito l’ordine dell’amico, Videl ubbidì senza farselo ripetere due volte. 18 allungò il braccio in avanti, pronta a lanciare un colpo di energia alla volta della ragazza.
«Fermati, 18… non dobbiamo per forza uccidere tutti quelli che gli stanno intorno.»
«Hai ragione, 17… tutto questo distruggere mi sta imbarbarendo.» disse la donna cyborg accarezzandosi annoiata una ciocca di capelli. «Che strazio.»
Gohan li fissava in silenzio; il suo sguardo era carico di rancore ed ostilità. Bastava che 17 e 18 scrutassero quei due occhi neri e profondi per capire come la loro vita sarebbe cessata immediatamente, senza esitazione, se lui avesse avuto una forza superiore alla loro. A loro giudizio, bisognava inculcargli una bella lezioncina di umiltà. Per questo 17 gli tolse con decisione dalle mani il bazooka, che ancora era in suo possesso: «Lasciami vedere questo giocattolino…» Poggiò la pesante arma sulla spalla e, chiudendo un occhio, osservò attraverso il mirino, come a voler prendere la mira.
«Fermati, 17! Non farlo!» esclamò Gohan, notando che la bocca dell’arma era pericolosamente puntata in direzione dell’alto muro dietro il quale si era nascosta Videl per seguire in sicurezza lo scontro. Tuttavia l’espressione seria di 17 si mutò in un ghigno malvagio; senza dire altro, il cyborg premette il grilletto: il colpo partì diffondendo un’esplosiva coltre di fumo, ma Gohan riuscì con un calcio a spostare l’asse del bazooka verso l’alto, facendo perdere precisione al tiro. Il proiettile, descrivendo una curva irregolare, andò ad esplodere vicino al muro dietro cui si trovava Videl, che venne travolta dal crollo del muro stesso.
«NOOOOO!» urlò Gohan disperato, fuori di sé, trasformandosi in Super Saiyan. «Bastardo! Sei un maledetto bastardo!!»
«Che strano bazooka! Quegli imbecilli lo avevano truccato… ecco perché ha rilasciato quel grosso suppostone facendo tutto ‘sto macello..» commentò in tutta tranquillità 17, ora che si era tolto il capriccio di lanciare un colpo con quell’arnese. «Tieni, 18… divertiti.» disse infine, lanciando l’apparecchio alla sorella.
«Truccare un bazooka come fosse un accendino… che roba.» soggiunse 18.
Allora Gohan si lanciò all’attacco contro 17: era inutile esitare o tentare la via della fuga strategica perché, se non avesse iniziato lui, sarebbe stato 17 a raggiungerlo ed attaccarlo. Il giovane Super Saiyan lo colpì con un pugno al viso, poi proseguì affondandogli un altro pugno nel ventre. Combatteva alla sua massima potenza; ciononostante, 17 non mostrava il minimo segno di aver accusato il colpo. Al cyborg fu sufficiente una manata per spingere il mezzo Saiyan all’indietro di diversi metri. Gohan venne respinto, ma riuscì a poggiare la punta del piede sull’asfalto e darsi un’ulteriore spinta indietro, con un saltello. Portò le mani incrociate sulla fronte e gridò con quanto fiato aveva in gola: «MASEEEENKOOOO!» Dalle mani fuoriuscì un potentissimo lampo demoniaco dorato, che investì totalmente 17; l’energia spirituale rilasciata fu tale da scuotere totalmente la zona circostante per un cerchio di svariati chilometri d’aria. Polvere e sassi si innalzavano e contribuivano a generare uno scenario caotico ed indistinguibile, che 18 osservava coi capelli scompigliati dall’impetuoso turbinio dell’aria.
Infine il mezzosangue attese qualche secondo, ansante, sudato. La voce di 17 non tardò a farsi sentire prima ancora che la sua figura fosse visibile fra la polvere. «Mentre giocavi coi petardi, ho indossato questo…» disse 17, coi capelli scompigliati e un’espressione seria sul volto, sollevando l’avambraccio e mostrando ben in vista il pugno destro: si era infilato sulla mano destra un tirapugni metallico di acciaio inossidabile, che luccicava di riflessi di luce bianca.
«Vieni qua, bastardello…» sibilò 17 con un ringhio che avrebbe fatto rabbrividire anche i più coraggiosi, muovendo qualche passo in avanti. «Vieni, che lo zio 17 ti insegna ad essere un po’ meno arrogante…» Poi spiccò un balzo in avanti e passò all’attacco. Fu tanto fulmineo che Gohan non lo vide nemmeno arrivare, ma se lo trovò subito davanti senza esitazione; il suo pugno fu talmente improvviso che – già prima di aspettarsi un colpo del nemico – la sua mano era già lì, sprofondata nella guancia di Gohan. Il tirapugni si era sfracellato sotto la potenza della mano di 17; i frantumi metallici dell’utensile penetrarono nel viso del ragazzo, scavandolo fin dentro la carne. La guancia del giovane mezzosangue diventò un miscuglio di frammenti metallici, carne e sangue fluido che lo faceva soffrire mortalmente.
«Ti piace? Ed è solo l’inizio della mia lezione di umiltà…» ringhiò compiaciuto 17, mentre si ripuliva sulla maglia la mano dai residui di sangue e schegge d’acciaio del tirapugni. Gohan allora ebbe un sussulto: una percezione fugace come un battito d’ali di farfalla. Poté infatti percepire la debole aura di Videl, turbata ma ancora vitale. Gohan non riusciva a vederla, sotto i resti del muro che l’aveva investita, ma lei stava cercando faticosamente di liberarsi. “Prima che 17 mi attacchi di nuovo, mi resta solo un tentativo da fare; chissà se mi riesce… non ci ho mai provato!” Portò le mani ai lati del viso, all’altezza degli occhi, e gridò: «COLPO DEL SOLE!!!» Un mare di luce bianca abbacinante accecò sia 17 che 18, malgrado questa fosse un po’ più distante dai due contendenti.
Gohan si catapultò sulle macerie del muretto, laddove intravedeva movimenti sospetti; iniziò a rimuovere in fretta e furia alcuni frammenti; in mezzo alla polvere scoprì il viso sofferente di Videl. Scavava con agitazione, con le mani che gli tremavano, perché ciò che le era accaduto poteva esserle fatale, e perché non aveva che una manciata di secondi per portare a termine il suo compito: riesumare la sua amica e portarla in salvo. Nel frattempo i cyborg imprecavano e si dannavano l’anima (che non avevano) per essersi fatti ingannare da una tecnica che non conoscevano.
«Accidenti a te, piccolo figlio di puttana!!» esclamò 17 al colmo della furia generata dall’affronto subìto. «Vieni qua, merda, che ti pesto come se non ci fosse un domani!»
«Dannato topastro!» gli fece eco 18. «È riuscito a fregarci come due scemi!»
Gohan, però, era sordo ai loro strepiti. Salvare Videl era un obiettivo troppo importante. Riuscì a portarla alla luce giusto qualche secondo prima che i due riacquistassero la vista; il viso della ragazza era pallido, ma per un secondo l’azzurro dei suoi occhi si illuminò, vedendo che Gohan era giunto a soccorrerla. Aveva una grave ferita alla testa, e sangue che le colava in abbondanza; se la caricò in braccio e partì alla carica, dirigendosi laddove la sua mente percepiva un numero fitto e concentrato di aure umane.
 
Le due creature di Gero cominciarono a visualizzare di nuovo il territorio circostante, prima in modo appannato e poi via via più definito.
«È fuggito…» mormorò 18.
«DANNAZIONEEEEE!!!» sbraitò 17. «DANNATO MOCCIOSO!! COME SI È PERMESSO?!» In preda alla collera, 17 si lasciò andare ad uno scatto di rabbia; generò un’onda d’urto che travolse a mo’ di rullo compressore tutto ciò che si trovava nel perimetro della Città dell’Est; fabbricati, persone, macchine… tutto finì in polvere, e tutto questo per uno sfogo d’ira momentaneo.
Quando 17 si ricompose, 18 si avvicinò nuovamente al fratello. Si era messa in salvo, scansandosi poco prima dell’esplosione giusto perché poteva immaginare le conseguenze dello sbotto d’ira del fratello.
«Sei un imbecille! Vuoi danneggiare anche me??» lo rimproverò con le mani sui fianchi.
«Scusami, sorellina…» rispose 17 abbassando lo sguardo. «Puoi capirmi, però… Uff, andiamocene via. Mi sono rotto di questa cazzo di città. Prima o poi lo rivedremo…» concluse infine 17, rimettendosi in viaggio, affiancato dalla sorella.
«… e se non lo troveremo noi, prima o poi sarà lui a venire a cercarci. Ormai mi sembra chiaro che il suo intento è di raggiungere e poi superare la potenza di quello sciocco temerario… com’è che si chiamava?» chiese 18. «Intendo quel pazzo coi capelli sparati che era in grado di diventare biondino…»
«Ah, intendi Vegeta… il “Principe dei Saiyan”…» sottolineò sarcasticamente il fratello. Chissà quanto si sarebbe infuriato Vegeta, a sentir parlare di sé in quei termini.
«Ad ogni modo i suoi miglioramenti procedono a passo di formica… anzi no, ancora più lentamente.» constatò 18. D’altronde entrambi i cyborg sapevano che avrebbero sempre potuto combattere insieme, e nessuno li avrebbe mai fermati.
«Uff, ci ho pure rimesso quel bel bazooka… che palle, mi sarebbe piaciuto tenerlo.» si lagnò 17.
 
Per tutto il viaggio, Videl balbettò e farfugliò in modo scarsamente comprensibile. Di tutto quel balbettio, a Gohan rimasero impresse solo due battute: «…non voglio morire…» «Voglio restare con te…»
In ospedale, i medici fecero del loro meglio, anche se i mezzi disponibili non erano certo quelli di cui avrebbero potuto usufruire in tempi migliori. Appena furono adottati i primi provvedimenti, la ragazza sprofondò in coma, mentre a Gohan venne pulita, medicata e ricucita la lacerazione sulla guancia.
Gohan si sedette ad aspettare notizie riguardanti la sua amica, e la attese per giorni e giorni, come un fedele cucciolo da compagnia. Poteva visitarla per poche ore al giorno, giusto perché i medici volevano essere benigni; altrimenti avrebbero dovuto stringere ulteriormente i tempi di visita. Fu un’attesa più che snervante, e il giovane capì che l’unico modo per non impazzire era non porsi domande ed aspettare di sapere come si sarebbe evoluta la situazione.
Purtroppo, la situazione non evolvette come Gohan desiderava con tutto sé stesso. Dopo un paio di settimane, il giovane lasciò l’ospedale, inconsolabile e di nuovo solo. Quelle ultime due frasi farfugliate e udite a fatica sarebbero state per sempre le ultime parole comprensibili pronunciate dalle labbra di Videl. Adesso Gohan aveva due nuove cicatrici, una sulla guancia e una nel cuore.
 
Venne così il giorno in cui il figlio di Goku dovette cominciare ad entrare nell’ordine di idee che Videl non sarebbe stata più con lui; se doveva riportare la pace e la giustizia sulla Terra, gli sarebbe mancato il suo sostegno affettuoso. Quello stesso giorno, si ritrovò seduto sotto un albero, a posare il suo sguardo sul diario di Videl.
“Quando eri ancora al mio fianco, non lo avrei mai fatto. Ma ora che non ci sei più, ho ancora bisogno di avere presente con me il tuo ricordo… scusami, se frugo fra le tue cose…” pensò Gohan, che in quel momento aveva l’impressione di star profanando un vincolo sacro, anche se in realtà non aveva mai preso l’impegno di non spiare il diario… almeno, non esplicitamente. Trovò un paio di foto: Videl piccolina, felice, col pugno in alto in segno di trionfo, appollaiata sulla spalla di suo padre, Mr. Satan, che sfoggiava un ampio sorriso spavaldo sotto i suoi baffoni da pirata. Poi, Videl un po’ più grande insieme al nonno e al padre, che mostrava fiero la cintura di campione di wrestling. Lesse ampi stralci del diario, finché non si imbatté con grande sorpresa nel seguente brano: 
… Caro diario,
senti un po’ questi pensieri sul mio amico Gohan. Il mio amico Gohan è capace di accendersi come una lampadina perché è una specie di mezzo alieno… voglio bene a Gohan perché è diventato membro della mia famiglia, quando la mia famiglia era quasi del tutto passata a miglior vita. Voglio bene a Gohan perché, se un malintenzionato mi toccasse il sedere, gli darebbe un pugno tale da farlo svenire, ma non pronuncerebbe mai frasi isteriche da pazzoide tipo “Io ti ammazzo!!!” con cento punti esclamativi. A Gohan voglio bene perché con la sua forza d’animo mi ha conquistato tanto quanto mio padre mi aveva conquistato con il suo affetto e la sua forza fisica (o almeno, pensavo che fosse fortissimo!!); perché, come un bue paziente ed ostinato, ha scelto di caricarsi sulle spalle il peso delle ingiustizie di questo mondo sbagliato; e poi perché, anche se nella mia testolina l’ho posizionato su un piedistallo altissimo, lui non se n’è nemmeno accorto. Voglio bene a Gohan perché mi ha detto che se uno di questi idioti criminali un giorno mi uccidesse, l’idea della vendetta gratuita lo disgusterebbe. Non è uno che perde la testa facilmente…
Praticamente si può dire che il mio amico Gohan è mio fratello. E dire che, un po’ di tempo fa, lo trattavo da schifo!
Dopo aver letto queste parole, Gohan sorrise commosso, e pensò: “Ahah… belle parole, Videl! Che tipa… avrebbe potuto fare la scrittrice, in altre circostanze.” In altre circostanze, ossia in un mondo normale… e non in un mondo “sbagliato”, come aveva scritto ella stessa.
Il giovane mezzosangue raccolse tutte le sue cose; raccolse anche quelle che erano appartenute a Videl, e le riportò nella casa di Belze, perché era quello il posto dove era giusto che rimanessero. Il diario, però, lo conservò per sé; finché fossero durati i suoi spostamenti in giro per il mondo, quella raccolta di pensieri lo avrebbe seguito ovunque, così come il ricordo di sua sorella Videl.
 
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L’ANGOLO DELL’AUTORE.
Il titolo si rifà in modo libero ad un capitolo del manga One Piece, intitolato “Fratellino mio” (volume 60, per chi fosse interessato). Non a caso ho scelto di inserire questa citazione, perché volevo puntare l’attenzione su come in un mondo diverso, in un’atmosfera diversa e fra due ragazzi cresciuti in modo diverso, il rapporto di affetto si era evoluto in modo diverso ma altrettanto intenso – a questo punto non sapremo mai se e come si sarebbe potuto evolvere ulteriormente. :-)
I nomi di due dei tre malviventi, Sergej e Garrickle, non hanno una valenza precisa: il primo è un nome russo, il secondo è un nome di fantasia che semplicemente mi suonava bene. Il terzo della banda non ha un nome, ma del resto non ha molta importanza. 
  
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