Storie originali > Thriller
Segui la storia  |       
Autore: LittleCatnip    25/02/2014    4 recensioni
Tre prove.
Due ragazzi.
Un serial killer. E un segreto.
-
-
-
Cosa succederebbe se un killer sfidasse un ragazzo che non vede l'ora di diventare detective? E cosa succederebbe se gli portasse via il suo bene più prezioso? Tra segreti, avventura e amore, Shawn e Aima si affronteranno.
[Dal capitolo 5]
"... e per chi non l'avesse ancora capito, il gioco inizia ORA." Quando le campane scandirono i dodici rintocchi della mezzanotte si levò a pochi metri da me un urlo carico di terrore che mi fece gelare il sangue nelle vene.
-
-
[Dal capitolo 18]
Sentivo il mio cuore scoppiarmi dentro al petto e batter sempre più forte, mentre piccole goccioline di sudore scorrevano lentamente lungo la mia schiena. Il monaco misterioso estrasse qualcosa dalla tunica e lo lanciò verso di noi. L’oggetto misterioso rotolò fino ai nostri piedi e non riuscii a trattenere un’imprecazione.
L’oggetto in questione era un teschio.
Umano.
Cominciammo a correre.
*le recensioni sono ben accette (:*
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ferite
 
 
 
 
 



Che cosa stava succedendo? Aima era forse impazzito?
Rimasi ad ascoltare in silenzio, anche se il braccio mi faceva molto male, e non solo quello, ogni singola cellula del mio corpo doleva per gli sforzi prolungati di quella notte. Anche sei in realtà non ero sicura se fosse notte o se fosse giorno, avevo perso la cognizione del tempo. Quanto tempo era passato da quando ero stata rapita? Un giorno? Tre? Qualche ora?
Esclusi l’ultima ipostesi, interrotta dal brontolio incisivo del mio stomaco. Erano passate troppe ore, ne ero più che certa.
Mi guardai intorno. Ero in una specie di ripostiglio delle scope, una stanzetta minuscola da sembrare un armadio. Dietro di me si trovavano scaffali con una vasta varietà di prodotti per l’igiene e alla mia destra invece c’erano le scope con dei secchi. La luce era spenta e non riuscivo a vedere quasi nulla; provai ad alzarmi e a cercare l’interruttore, tastando con le mani sulla parete, ma non trovai nulla. L’unica fonte di luce era quella del corridoio, che passava da sotto la porta. Riuscivo a malapena a vedere le mie mani, ma quella poca luce sarebbe stata più che sufficiente. Quello  che proprio non riuscivo a sopportare, era la totale assenza di luce. E gli spazi chiusi, naturalmente, tanto che ormai tutti credevano che fossi claustrofobica. Lo ero veramente? Non ero sicura neanche di questo. Quasi nulla nella mia vita era sicuro, da quando ero stata portata via.
Tesi le orecchie, ma nella stanza e fuori regnava il silenzio. Sentivo il mio respiro farsi all’inizio più pacato, ma in seguito sempre più accelerato. E se Aima fosse andato a cercare i suoi complici per portarli da me? Perché così finissero il lavoro, magari tutti e tre insieme? Se fosse stato così, il mio corpo non avrebbe retto quella notte.
Udii dei passi provenire da fuori il corridoio. Erano di due persone.
Sono fottuta.
“Dolcezzaaaaaa … dove seiii … dai, non nasconderti fatti trovare …”
La voce lamentosa e acuta del maniaco mi entrò nel cervello e ricominciai a tremare. Avevo degli spasmi talmente forti che facevo tremare gli scaffali cui mi ero poggiata, facendo cadere due flaconi; il primo finì dentro una cesta, da qualche parte dietro le scope, mentre l’altro mi cadde in testa. Imprecai silenziosamente, ma la botta mi aveva fatto riacquistare lucidità.
“Che cosa ci fate in giro a quest’ora di notte?”
La voce decisa di Aima interruppe il silenzio. Senza tenere a freno la mia curiosità, appoggiai il mio orecchio alla porta per sentire meglio, ma nel spostarmi urtai una scopa che cadde rumorosamente a terra. Rimasi immobile e trattenni il fiato il più a lungo possibile.
OhmioDio, ohmioDio,ohmioDio.
“Cos’è stato?” Chiese Nick, mettendo da parte il suo istinto sessista.
“Topi, probabilmente.”rispose Aima battendo un pugno sulla porta, che mi fracassò il timpano. Intuii che forse dovevo evitare di fare rumore. Anche se non ne capivo il senso, visto che sarebbe stata solo questione di tempo prima che lui mi riconsegnasse a quei due.
“Ripeto la domanda” riprese Aima visibilmente irritato, interrompendo i miei pensieri, “che cosa ci fate in giro a quest’ora?”
Passarono alcuni secondi prima che qualcuno rispondesse.
“Noi stiamo facendo la ronda, come sempre, signore.” La voce del maniaco tremava appena.
“Strano, non mi sembra che io vi abbia detto di controllare i corridoi, almeno non stanotte.” Aima era acido. “Vi avevo detto di pattugliare solo il corridoio della ragazza. Quindi, ripeto, per la terza volta, che cosa ci fate qui? E vi avverto, se non riceverò una risposta decente …”
“La ragazza è scappata.” Disse tutto d’un fiato Nick. Immaginai la faccia del maniaco sbiancare e quella imperturbabile di Aima appena sorpresa.
“Mm. Va bene. E dunque, sentiamo, come avrebbe fatto? Non mi sembra tanto veloce e furba, e poi in confronto a voi due, è un giunco.” Replicò Aima sarcastico. “Per caso dovete dirmi qualcosa?”
Altro silenzio interminabile.
“Ecco, padrone, noi la abbiamo accompagnata nella sua stanza, come ci avevate chiesto voi, e l’abbiamo bendata anche questa volta. Quando siamo arrivati, la abbiamo spinta dentro e abbiamo chiuso la porta a chiave, come ci avevate ordinato. La prima ora è andato tutto liscio, poi a un certo punto ha detto che si stava sentendo male. Così io e Nick abbiamo aperto la porta, ma la stanza era vuota, eppure io ero convinto di averla sentita gridare e …”
“Glauco, vai al sodo, non ho molta pazienza oggi.”
“Oh, sì, sì, certo padrone.” Farfugliò il maniaco. Era incredibile quanto potere Aima esercitasse su loro due, sembravano diventati degli agnellini.
“Dunque, come stavo dicendo, abbiamo perquisito la stanza, abbiamo controllato il bagno, e in quel momento abbiamo sentito la porta chiudersi. Probabilmente si era nascosta dietro la porta ed è scappata al momento giusto, tutto qui.”
Sentii un moto di rabbia ribollirmi dentro. Quella storia era tanto assurda quando insensata. Il vecchio trucco del nascondersi dietro alla porta era talmente banale e prevedibile! Io avrei pensato a qualcosa di originale, come maciullargli l’occhio con il tacco delle scarpe, per esempio.
“E adesso dove si troverebbe la ragazza?”
“Noi la stavamo appunto cercando, ecco.” Rispose Nick, che era rimasto zitto ad ascoltare le bugie del padre.
“Nick, che cosa hai fatto alla mano?”
Altro silenzio. Mi sembrava di poter vedere la carnagione olivastra di Nick farsi sempre più pallida, anche se non saprei spiegare il motivo. Avevo come l’impressione che Aima non approvasse certe feste quando c’erano delle ragazze nei paraggi.
“Io … sono caduto.” Rispose Nick tremando.
“Ma davvero? A me sembra piuttosto che ti abbia morso qualcuno” Ribatté Aima in modo beffardo. Anche se non lo vedevo, riuscivo a sentire, quasi a toccare, tutta l’autorità che emanava. Era impressionante.
“Ecco … la ragazza ha fatto un po’ di capricci.”
“Perché non voleva che la scopaste, non è vero?”
Mi cadde la mascella e rimasi a bocca aperta. Com’era possibile che fosse al corrente della situazione? Forse quando mi aveva visto, aveva intuito quello che avevano fatto i suoi scagnozzi, ma perché non lasciarglielo fare? Io in fondo non gli servivo a nulla, ero solo una garanzia, un premio nel caso Shawn avesse vinto. Nelle migliori delle ipotesi mi avrebbe ucciso, nella peggiore mi avrebbe ridato a quei due pervertiti o mi avrebbe venduto a qualche mercante di donne. Rabbrividii al solo pensiero.
“Noi … io …” Nick e il maniaco non sapevano cosa dire.
“Potete dirmi quello che è successo, non temete. Voglio solo aiutarvi a scoprire dove si possa essere cacciata. Il maniero è molto grande e le porte sono tutte chiuse e si aprono solo con le mie impronte, almeno quelle principali. Quindi è ancora qui tra noi.”
Perché Aima stava mentendo? Ero lì, a pochi metri da loro, ferita e spaventata, e lui mentiva. Perché?
“Noi … beh sa com’è signore, non lo facevamo da tanto tempo … qualche mese ormai e così … e poi era proprio bona, anche se un po’ ribelle …”
“Mm …” immaginai Aima che annuiva mentre elaborava le informazioni che il maniaco gli aveva appena fornito. “Dunque mi state dicendo che si è ribellata? E voi come l’avete ‘tranquillizzata’?”
“Ecco, noi abbiamo provato a darle delle pasticche, ma non ci siamo riusciti. Così l’abbiamo legata in modo che non potesse né muoversi né parlare e abbiamo cominciato …”
“Basta così.” Tuonò Aima. C’era qualcosa di diverso nella sua voce, qualcosa che non avrei saputo identificare. “So già tutto quel che mi serve.”
“In che senso, padrone?” Chiese Nick.
“Nel senso che avete ragione voi. Anch’io ci ho fatto un pensierino quando l’ho vista entrare in sala da pranzo con quel vestitino …  Quindi ora andremo a cercarla insieme e le faremo la festa, che ne dite?”
Maledetto stronzo bastardo figlio di puttana! Che senso aveva farmi nascondere nello stanzino se poi voleva violarmi anche lui?
Lacrime calde iniziarono a bagnarmi le guance, e le asciugai con il dorso della mano. Non poteva essere vero, non poteva succedere a me! Io che ero sempre stata una ragazza modello, bella, intelligente e tranquilla, non certo una ragazza come tante, ma neanche una rarità. Cosa potevo aver mai fatto di male per meritarmi questo? Che cosa?
Repressi l’impulso di mettermi a urlare; mi morsi il dorso della mano fino a quando non sentii l’ormai familiare sapore metallico e salato del sangue. Forse procurarsi altre ferite non era la cosa migliore da fare per tentare di scappare da tre pazzi assassini pervertiti, ma ogni nuovo dolore mi distraeva da quello precedente. Il momentaneo bruciore alla mano aveva placato temporaneamente il sanguinare del mio cuore.
“Bene, allora dovremo subito andare …” iniziò Nick, ma venne interrotto bruscamente da Aima.
“Fermo, Nick, fermo.” Il modo estremamente pacato in cui lo disse mi fece gelare quel poco sangue che mi era rimasto nelle vene.
“Questo che vi ho appena detto, era quello che vi avrei detto in un altro giorno” cominciò, ma fu interrotto a sua volta anche lui.
“In che senso? Padrone non capisco.” Anche la voce di Glauco era tesa.
“Nel senso che …” riprese Aima sbuffando “Io avevo dato istruzioni ben precise su come trattarla.”
Ci furono altri secondi interminabili di silenzio assoluto.
“Ma, mio signore …”
“TACI!” tuonò Aima facendo zittire subito il maniaco.
“Io vi avevo detto che non avreste dovuto toccarla nemmeno con un dito” riprese lui. “E che avreste dovuto starle vicino solo nel momento necessario. Lei non andava toccata per il semplice motivo che mi serve viva e illesa. È una garanzia per tutti noi.”
Ma che cosa andava farneticando?
“Ma mio signore, con tutto rispetto, però voi ci avete sempre fatto ehm, come dire, festeggiare con le altre donne che venivano qui …” Adesso la voce di Nick era carica di terrore.
“Io vi ho dato istruzioni precise, e quando le do, mi aspetto che vengano rispettate. Vi ricordate cosa vi avevo detto quando siete venuti a lavorare per me? Ve lo ricordate?” Aima stava quasi urlando, ma riuscì a controllarsi.
“Voi avevate detto …”
“Io vi avevo detto che avreste dovuto seguire i miei ordini e che avreste disubbidito ve l’avrei fatta pagare cara.”
“Ma signore, vi prego …” Il maniaco balbettava. “Lei … voi … i vasi … avrebbe potuto ferirvi … i cuscini …”
“Se non avessi voluto che mi attaccasse, fidatevi che non glielo avrei lasciato fare.” Disse Aima freddo interrompendo le frasi sconnesse del maniaco.
“Apprezzo che voi mi siate così devoti.” Riprese Aima. “Ma io sono un uomo di parola. E mantengo la mia parola data. Sempre.
“Padrone, vi supplico …”
Si sentì uno sparo. E poi un altro.
E poi il nulla.
 
 
 
Dopo aver badato a sbarazzarsi dei cadaveri, Aima ritornò al maniero. Era notte fonda, ma non gli dispiaceva; in fondo, la notte era la sua casa.
Sospirò. Aveva dovuto uccidere sul posto due dei suoi migliori tirapiedi, suoi fedeli seguaci, tanto da sacrificare loro stessi per l’incolumità del loro signore.
Come si poteva essere così stupidi? Amare talmente tanto una persona da sacrificare la propria vita per lei? Davvero ridicolo. Lui non avrebbe disubbidito mai agli ordini, era fatto così. Anche se doveva ammettere che non doveva essere semplice, anzi, che non era semplice non farsi qualche pensierino davanti a quella ragazza. Era perfetta sotto tutti gli aspetti, forse aveva il seno un po’ troppo piccolo rispetto a come se l’era immaginato lui. E il vestito che aveva comprato appositamente per lei le faceva vedere certe curve … e che fianchi! Se avesse voluto, non ci avrebbe messo un secondo a scoparsela. Ma al contrario dei suoi scagnozzi, lui sapeva controllarsi, sapeva quando una cosa si poteva fare e quando no, e lui non poteva. La ragazza gli serviva viva, possibilmente illesa, altrimenti il suo avversario avrebbe smesso di giocare con lui. E lui era così stanco di giocare da solo.
Sospirò di nuovo. Scese dalla macchina ed entrò nel lussureggiante maniero che aveva comprato qualche mese prima. Il girone della droga gli dava la possibilità di ampliare la sua lunga lista di contatti potenzialmente utili e di comprarsi tutto ciò che voleva, anche se lui non ne usufruiva mai. Non riusciva a capire il senso della droga. Quelle persone avevano perso completamente il cervello, lo vedeva dai loro sguardi estasiati e adoranti quando gli consegnava la merce. Ridicolo. Che senso aveva farsi del male da soli? Lui non lo avrebbe mai fatto: distruggere il suo corpo perfetto, allenato dalle antiche arti marziali di tutto l’oriente … no, non se ne parlava proprio. A lui piaceva il suo corpo, non lo avrebbe mai deturpato.
Percorse i corridoi che a poco a poco cominciavano a diventargli familiari; era trascorso parecchio tempo, prima che Aima e i suoi tirapiedi riuscissero ad ambientarsi in quel vecchio castello, talmente era grande. Aveva ‘lavorato’ tutto il giorno ed era stanco, ma il senso del dovere lo costrinse a rimanere sveglio. C’era ancora una persona di cui si doveva occupare.
Ritornò nel corridoio, dove aveva beccato i suoi complici. Gli era subito parso che ci fosse qualcosa di strano, qualcosa che non quadrava e la ragazza gli aveva dato la conferma quando gli era andata addosso. Aveva capito fin dall’inizio cosa fosse successo, ma ne voleva avere la conferma, voleva vedere gli sguardi terrorizzati dei suoi uomini fissarlo, mentre lui decideva la loro sorte.
L’aveva guardata, lui aveva guardato lei e poi aveva sentito le grida provenire da lontano. Senza pensarci un solo istante l’aveva nascosta nello stanzino, per proteggerla dagli aguzzini. In altre circostanze l’avrebbe presa e consegnata a loro, ma lei gli serviva illesa e non sapeva se quei due avessero con loro delle armi. Se si fosse arrivati ad uno scontro, la ragazza sarebbe potuta rimanere ferita. I due erano arrivati e la ragazza da dentro aveva fatto cadere qualcosa, e lui aveva dato quel colpo contro la porta per avvisarla che avrebbe dovuto tacere, in fondo lei sarebbe dovuta venirgli incontro. Gli scagnozzi allora gli avevano raccontato bugie, e altrettante bugie aveva raccontato lui a loro, solo per il gusto di vedere i loro sguardi persi e carichi di terrore quando avrebbe premuto il grilletto della sua pistola, che non lasciava mai.
Dopo di che, aveva ordinato ad Agatha di ripulire il sangue che aveva macchiato il pavimento, mentre lui si era sbarazzato dei corpi. Ne aveva estratto le pallottole dalla fronte di ciascuno e aveva rimosso tutte le tracce; li aveva portati nel fiume e gettati avvolti in lenzuoli. Un lavoro semplice e pulito, era impossibile che qualcuno avesse potuto risalire a lui.
Stava per aprire la porta, quando si fermò, con la mano sospesa a mezz’aria sopra la maniglia. Come avrebbe dovuto comportarsi con quella ragazza? Doveva stare attento a non danneggiarla non solo fisicamente, ma anche mentalmente. Aveva studiato anche la psiche umana, svelandone i segreti; in fondo per chi svolgeva un lavoro del genere, non avere qualche nozione di base sulla psicologia, era quasi come bestemmiare. Semplicemente inaccettabile.
Aprì piano la porta, lentamente. La ragazza era rannicchiata in posizione fetale in un angolo, addossata alle scope. Aima fece un passo avanti e sentì qualcosa di umido e caldo bagnargli i piedi nudi: il pavimento del ripostiglio era interamente ricoperto di sangue, così come la ragazza. Si era scordato di dire ad Agatha di pulire anche lì.
Ignorò la strana sensazione ai piedi e si accucciò all’altezza della ragazza, studiandola. Aveva gli occhi chiusi, le labbra semiaperte e respirava con affanno. A fianco a lei si trovava un secchio da cui proveniva un odore sgradevole. Aveva dato di stomaco, evidentemente era stato troppo per lei.
Merda, imprecò Aima. Non poteva permettersi il lusso di farla diventare pazza o esaurita. La chiamò.
“Daisy?”
La ragazza aprì gli occhi, spaventata.
“È tutto finito ora.” Le disse piano. “Vuoi venire con me in un’altra stanza?”
La ragazza scosse la testa e i ricci castani seguivano ogni suo movimento, nonostante fossero ricoperti di sangue secco.
“Sei sicura? Guarda che dove andiamo noi è bello: ci sono delle grandi finestre, del cibo, dei vestiti puliti …” Aima evitò di pronunciare parole come ‘letto’ per evitare di risvegliare i brutti ricordi vissuti.
La ragazza lo fissava senza reagire.
“O vuoi forse rimanere ricoperta di sangue?”
Lei non disse niente. Sembrava riflettere sulla sua proposta. Era un buon segno.
Dopo pochi secondi lei annuì. Aima le sorrise incoraggiante e la prese tra le braccia. La prima cosa che notò, era che nonostante l’altezza fosse leggera; la seconda che scottava. Anzi, era a dir poco bollente.
Avendo entrambe le braccia impegnate a sorreggerla, le appoggiò le labbra sulla fronte per sentire meglio: non si era sbagliato, sembrava che bruciasse.
Fece un respiro profondo e si’ncamminò attraverso i contorti corridoi del maniero. La ragazza non gli pesava, il suo corpo era allenato e aveva trasportato corpi più pesanti per distanze ben più lunghe. Dopo pochi minuti arrivarono davanti alla sua stanza, quella che ad Aima piaceva di più. Era molto grande, a occhio e croce avrà avuto le dimensioni di un campo da basket, e a lui piaceva così; aveva bisogno di spazio.
La distese delicatamente sul letto, e lei cominciò ad agitarsi. Non diceva frasi vere e proprie, solo parole sconnesse e apparentemente prive di senso.
“Ei, calmati, non ti farò del male. Tranquilla, ci sono io con te.” Le accarezzava dolcemente i capelli e le guance. Se voleva superare il trauma, avrebbe dovuto fidarsi di lui.
Lei si calmò e rimase a fissarlo con i suoi occhi dorati. C’era qualcosa in quello sguardo che attirava Aima come una calamita attirava il ferro; forse era la determinazione che vi leggeva dentro, o forse era solo il colore insolito.
Adesso cosa doveva fare? Si fermò a pensare per un minuto, grattandosi il mento.
Prese il cellulare che aveva lasciato in carica sul comodino e chiamò Agatha. Sentiva la voce della donna che rispondeva alle sue domande, poi chiuse la chiamata. Sarebbe arrivata di lì a poco.
Adesso però, arrivava il difficile. Avrebbe dovuto spogliarla, toglierle almeno i vestiti.
Si concentrò e poi quando fu pronto disse: “Adesso sta arrivando una persona che si prenderà cura di te. Ma se vuoi che venga devi toglierti il vestito. Io non ti guarderò, mi girerò dall’altra parte, ok?”
La ragazza continuava a fissarlo. Poi annuì e Aima si girò verso la porta, dandole le spalle. Era un uomo di parola.
Dopo qualche secondo sentì un lamento acuto e in meno di un istante era già da lei.
“Che succede?”
La ragazza abbassò lo sguardo e allungò il braccio. Lui lo prese dolcemente e lei gemette.
“Ti fa male?”
Lei annuì.
“Loro … è stata colpa loro?”
Lei annuì di nuovo.
Aima però, aveva notato anche un’altra cosa. Era interamente ricoperta di tagli, alcuni superficiali, altri più profondi; in particolare sulla guancia destra. Lui toccò la carne viva e lei si ritrasse, mentre dai suoi occhi scendeva una lacrima.
Mi sono spinto troppo oltre.
“Ascolta, Daisy, tu sei ancora troppo debole per provvedere a te stessa. Lascia che ti aiuti.”
Daisy lo guardava con i suoi grandi occhi occhioni che luccicavano. Scosse la testa, decisa.
Aima riprovò. “Guarda che se non ti lasci aiutare, non guarirai. Voglio solo aiutarti.”
Lei parve riflettere. Poi fece qualcosa d’inaspettato.
“Mi farai quello che mi hanno fatto loro?”
Aveva parlato. Aima non ci avrebbe mai sperato, di solito passavano settimane, mesi, se non anni, prima che le persone si riprendessero da un simile trauma. Era più forte di quel che pensava.
“No, non ti farò niente che tu non voglia.” Rispose avvicinandosi appena. Prese un lembo della giacca tra le dita. “Posso?”
Lei annuì. Aima gliela sfilò delicatamente e poi la fece alzare, nonostante le sue piccole proteste. “Lo so che non vuoi, ma ti prometto che quando sarai pulita potrai riposare tutto il tempo che vuoi, ok?”
La ragazza annuì di nuovo. Era tanto forte quanto fragile.
Prese dolcemente i lembi del vestito e glielo sfilò piano piano; lei rabbrividiva quando le dita lunghe e fredde di Aima toccavano la sua pelle bollente come il fuoco, sfiorando le cicatrici impresse con forza e ferocia dai suoi scagnozzi. Avrebbe dovuto sbrigarsi a curarle, altrimenti sarebbero rimasti i segni.
Una volta riuscito nell’impresa, gettò via il vestito e la contemplò in tutta la sua bellezza. Sangue a parte, era da mozzare il fiato. Il completo intimo verde mela le donava da morire.
Sentì un bussare dietro di sé e vide la porta aprirsi. Agatha entrò e lo guardava in attesa di ordini; la sua fedele cameriera era venuta a dargli una mano anche stavolta.
“Cosa devo fare, signore?”
“Voglio che la aiuti a lavarsi e a vestirsi per la notte. Quando hai finito, accompagnala lì.”
“Come desiderate.” Agatha fece in piccolo inchino e i corti capelli biondi le finirono davanti agli occhi.
Aima si rivolse a Daisy, accortosi solo in quel momento che lei gli si era aggrappata al braccio. Rimase un attimo perplesso a quel contatto così intimo che non aveva mai avuto. Le prese il mento tra le dita e la costrinse a guardarlo negli occhi. Doveva ammettere che era strano che una ragazza fosse alta quasi quanto lui, non ci era abituato.
“Ascolta, Daisy, questa ragazza adesso ti aiuterà a prepararti, ok?” Daisy annuì. “Nel caso avessi bisogno di qualunque cosa chiedi a lei.”
Daisy annuì di nuovo. Agatha le venne incontro e la prese per mano, accompagnandola nel bagno della camera. Aima era intelligente e conosceva i segreti della mente, ma non poteva fare nulla contro la solidarietà che una donna provava per l’altra. Daisy non si sarebbe mai fidata così ciecamente di lui.
Mentre sentiva l’acqua della doccia che scorreva, Aima ripulì il sangue dal pavimento e cambiò le lenzuola del letto sostituendole con quelle pulite. Si cambiò anche lui, e alla fine rimase solo con indosso dei pantaloni neri e il petto nudo.
Dopo circa tre quarti d’ora, che aveva passato a cercare farmaci in giro per il maniero, vide la porta del bagno aprirsi e uscire Agatha e Daisy. Quest’ultima aveva un aspetto decisamente migliore rispetto a poco prima. I lunghi capelli le ricadevano morbidi sulle spalle, mentre alcune ciocche erano raccolte indietro e tenute ferme da un nastro rosa. Rosa era anche la camicia da notte che indossava, semplice, di seta, a maniche corte e lunga fino al ginocchio. Alcuni tagli erano spariti, ma quello sulla guancia ancora persisteva.
“Hai fatto un ottimo lavoro Agatha. Puoi andare.”
La cameriera fece un altro piccolo inchino. “Grazie signore.” Rispose. “Miss Daisy.” Fece un cenno del capo verso la ragazza e ritornò nelle sue stanze.
Aima le andò incontro e l’aiutò a stendersi sul letto.
Aprì il barattolo contenente la crema cicatrizzante che aveva trovato poco prima e glielo spalmò dolcemente, con la punta dei polpastrelli sulle ferite. Quando arrivò al taglio che aveva sulla guancia, lei strinse i denti dal dolore, mentre lui la incoraggiava con parole rassicuranti, che pronunciava per la prima volta. Era strano e nuovo allo stesso tempo per lui prendersi cura di un’altra persona, di solito badava solo a sé stesso.
Le rimboccò le coperte dopo averle applicato una crema cicatrizzante sulle ferite e dopo averle esaminato il braccio. Per fortuna non era rotto, ma aveva rischiato grosso. Se solo avesse saputo cosa le avevano fatto quei bastardi, non sarebbe stato così clemente con loro. Li avrebbe uccisi lentamente, facendoli soffrire … li aveva graziati fin troppo regalandogli una pallottola in fronte.
C’era però ancora una cosa che doveva chiederle prima di andarsene.
“Ti hanno violata?”
Percepì il corpo di lei irrigidirsi di fianco al suo, ma la ragazza rispose quasi subito. “No.”
Buon segno.
“Aima?”
Lui la guardò. Aveva quasi gli occhi chiusi stava per addormentarsi.
“Sì?”
“Puoi rimanere un altro po’?
Aima si distese a fianco a lei, incastrando i loro sguardi.
“Ti senti male?”
“No, sto bene. È solo che il buio mi fa un po’ paura.”
 
 
Hoooola chicos ;)
Finalmente in questo capitolo entriamo nella mente contorta di Aima, yeeeh! Al momento non posso svelarvi nulla, scopriremo chi è veramente solo alla fine, ma ho già programmato tutto e vi dico solo questo: nulla di ciò che fa è casuale :D sta a voi capire prima degli ultimi capitoli. Credo di essere riuscita a farvi capire la sua personalità e anche di aver reso bene lo shock post traumatico di Maggie. L’uccisione dei maniaci pervertiti mi è sembrata crudele e macabra ma giusta. Se avessero continuato a vagare per il maniero, Maggie non sarebbe stata tranquilla u.u
Nel prossimo capitolo – finalmente – rincontreremo Shawn e Dimitri e ne vedremo delle belle anche lì J
Detto questo ringrazio tutte le persone che leggono la mia storia, chi l’ha inserita tra le seguite e tra le preferite, chi recensisce e chi legge in silenzio ;)
Il capitolo lo posterò entro domenica, al massimo lunedì.
Ci si sente ;)
L.C.
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Thriller / Vai alla pagina dell'autore: LittleCatnip