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Autore: Deb    03/03/2014    6 recensioni
Non c'è da stupirsi del fatto che Peeta si irrigidisca quando sente le mie labbra sulle sue per un bacio a fior di labbra, casto. Il nostro primo bacio senza telecamere. È normale che ne rimanga stupito.
I suoi occhi sono sorpresi quando lo guardo, scostandomi da lui. Le guance mi si colorano immediatamente e abbasso lo sguardo per rialzarlo quando sento le dita di Peeta sul mio collo. Ha lo sguardo serio, come se dovesse chiedermi il permesso, non so cosa legge dalla mia espressione, ma lo vedo avvicinarsi al mio viso e chiudo gli occhi in attesa di sentirlo nuovamente sulla mia bocca.

{Everlark || What if su Catching Fire/Mockingjay}
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Finnick Odair, Johanna Mason, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Non rinunciare mai alla speranza
Capitolo VI


Assistere al matrimonio di Finnick ed Annie è come se fosse una terapia. Sono davvero felice per loro ed è bello notare le differenze che ci sono tra un matrimonio del Distretto 12 e uno del 4. Abbiamo tradizioni diversi, ma la felicità è la stessa. Vedo gli occhi di Finnick brillare ed osserva Annie con amore, come... come Peeta guardava me, in passato. Annie è stata con lui tutto il tempo, non si è persa, non ha mai avuto occhi vacui e non ha mai portato le mani sopra le orecchie. Sembra che finché Finnick le stringe la mano, vada tutto bene.
Non mi dispiace che, quando Finnick viene verso di me, Annie è al suo seguito senza mai lasciare le dita del marito.
«Congratulazioni a tutti e due». Dico abbracciando prima uno e poi l'altro. E lo dico davvero, non sto fingendo. Sono perfetti insieme, si completano ed i loro sorrisi lo confermano.
«Grazie». Fa una piccola pausa, «scusami se non sono mai venuto a trovarti».
Sorrido e scrollo la testa. «Avevi cose più importanti da fare».
Finnick non si complimenta con me per la mia gravidanza. Lui sa che non è cosa di cui andare fieri, non ora, almeno. In un futuro, magari, sarebbe stata una cosa per cui gioire, ma non adesso, soprattutto se sei la ghiandaia imitatrice.
Annie si scusa con noi e raggiunge un piccolo gruppo di persone con cui instaura una discussione. Di tanto in tanto volta lo sguardo verso di noi per vedere se suo marito è ancora lì, forse ha paura che possa scomparire.
«Mi dispiace per Peeta. Dev'essere dura». Non ho voglia di parlare di questo, ma so che Finnick mi capisce perché anche lui ha provato la paura di perdere Annie, proprio come io la sto vivendo in questo momento.
«Più che altro sono terrorizzata dal bambino con tutte le implicazioni al seguito. Lui, Peeta, me. Non volevo avere figli». Ammetto sinceramente, stringendomi le braccia al petto. «Non so se saremmo in grado di crescerlo. Non so se sarò viva per farlo e non so se Peeta lo amerà o se tenterà di ucciderlo essendo il figlio dell'ibrido».
«Non abbandonare mai la speranza, Katniss. Peeta tornerà da te».
Alzo lo sguardo per guardarlo negli occhi e provo a sorridergli. Lui è ottimista perché ha Annie, ma ricordo bene come si sentiva quando non era con lui. Aveva problemi di concentrazione, crisi ed andava avanti con i sedativi. Ora sembra una persona nuova, non è più l'ombra di se stesso. È tornato il Finnick che ho conosciuto alla parata: carismatico e sexy. Sono contenta per lui, ma mi dà un po' fastidio tutta questa positività, quando non posso permetterla. Devo pensare al peggio, così da essere preparata psicologicamente quando il futuro non sarà certamente a mio favore, ma non lo è mai stato in fondo, anche se tutti cercano di consolarmi, di dirmi che non sarò da sola, che Peeta sarà al mio fianco. Persino Primrose l'ha dichiarato. Mi ha stretta e mi ha detto di non darlo per spacciato.
Finnick mi accarezza la pancia, con un sorriso, prima di tornare da Annie, con la quale si mette a roteare per la stanza, in una danza dolce e ritmica. Non riesce a nascondere l'ilarità. La serata trascorre così, tra risa e balli. Hanno convinto pure me a ballare un po'. Si divertono tutti, anche perché nel Distretto 13 mi sa che non c'è mai una festa o qualcosa da festeggiare e quindi sono tutti più che entusiasti di quella festa che potrebbe andare avanti tutta la notte, se non fosse per l'ultimo evento programmato da Plutarch per il pass-pro. Qualcosa di cui non sapevo niente, ma che del resto doveva essere una sorpresa.
Quattro persone fanno uscire da una stanza laterale un'enorme torta nuziale. La maggior parte degli ospiti indietreggia per lasciar passare quella rarità, quell'abbagliante creazione con una glassa di onde verdi-azzurre sormontate di bianco, fra le quali si affollano pesci e barche a vela, foche e fiori marini. Ma io mi apro un varco tra la folla per avere la conferma di ciò che sapevo sin dalla prima occhiata: come è certo che i punti del ricamo sull'abito di Annie sono stati fatti dalle mani di Cinna, è altrettanto certo che i fiori glassati sulla torta sono stati fatti da quelle di Peeta.
E non ha perso il suo tocco, quel dolce è superbo e sono sicura che sia altrettanto buono.
Haymitch mi si affianca e, dopo esserci allontanati dalle telecamere, mi racconta di come per Peeta, fare quella torta, sia stata una terapia - come lo è per me vedere la felicità degli sposi -, poi sussulto quando afferma che Peeta vorrebbe vedermi. A quanto pare sta meglio e vuole parlarmi. Forse sono riusciti a fargli capire che non sono un ibrido, che sono Katniss, quella che ha tirato fuori le bacche per suicidarsi insieme visto che non potevamo vincere tutti e due gli Hunger Games. Forse potrei cercare di essere veramente positiva questa volta, posso sperare che torni davvero da me. Me lo ripetono sempre tutti, alla fine.
Quando entro nella sua stanza, dopo la mezzanotte, vedo che i suoi polsi sono legati come la prima volta che l'ho incontrato faccia a faccia, quando gli ho dichiarato che sono incinta.
I suoi occhi incontrano i miei e noto il modo in cui mi stanno studiando, forse per capire se sono un pericolo o meno.
«Mi hanno detto che volevi vedermi». Dico, avvicinandomi un po', ma lasciando una certa distanza di sicurezza.
«Si comincia a vedere la pancia». Afferma, senza staccare gli occhi di dosso dal mio ventre.
Annuisco, «sì. Sono entrata nella dodicesima settimana, mi hanno detto che tra pochi giorni mi faranno un'ecografia per vedere se sta effettivamente bene».
«Delly dice che è mio, ma io non riesco a crederlo. Non può essere mio, vero?»
Vorrebbe una conferma che io non posso dargli, perché è suo e non potrebbe essere di nessun altro.
«È tuo».
«Quindi mi ami?»
Quella domanda mi spiazza. Lo amo? Continuo a non capirlo. Di certo c'è stato qualcosa e non posso dire di non volergli bene. Darei la mia vita per la sua, ma sono innamorata di Peeta? Come posso capirlo ed esserne certa? È vero che ho voluto provare con lui qualcosa che non ho mai pensato che avrei fatto, ma non sono stata spinta dall'amore nei suoi confronti.
«Mi ami?» Ripete nuovamente, notando che non gli è arrivata alcuna risposta. «Tutti dicono di sì». Rispondo, allora, anche se sicuramente non è la risposta che si aspettava.
«Non ho chiesto cosa ti dicono gli altri, ma quello che provi tu nei miei confronti». «Io... non lo so». Avevo scelto Gale, poi sono andata a letto con Peeta, mi lasciavo stringere da lui la notte e sapevo che fosse ingiusto nei confronti di Gale, ma non ne potevo fare a meno.
«Ami Gale?»
«Probabilmente non amo nessuno». Affermo, infine, sperando di poter cambiare argomento. E succede. Peeta mi racconta di quando mi ha lanciato il pane, dicendo che quel ricordo non gliel'hanno toccato ed è vero perché si ricorda del dente di leone che ho raccolto il giorno successivo e quella è una cosa che non ho mai raccontato a nessuno, ma Peeta lo sa. Peeta mi stava guardando. Peeta mi stava già amando ed io non l'ho nemmeno ringraziato. Non ne ho avuto il coraggio, credevo che avesse avuto compassione per me, una piccola ragazza del Giacimento che aveva perso il padre.
«Devo averti amato molto», conclude con un sospiro. Di rammarico perché non riesce a trovare nuovamente il suo amore nei miei confronti?
«È vero», gli rispondo, tenendo a freno l'impulso di abbracciarlo. Non posso farlo, potrebbe irrigidirsi, attaccarmi e far del male al bambino. «Se ti può aiutare, sono stata contenta che... sì, insomma, di quel giorno. Sei stato dolce, mi hai... amato e poi abbiamo visto il tramonto».
«Il tramonto?»
«Sì, sul tetto. Credevamo sarebbe stato il nostro ultimo tramonto, che a te piacciono tanto».
«Mi piacciono i tramonti?» Non se lo ricorda?
Annuisco, «l'arancione dei tramonti. È il tuo colore preferito».
Vedo Peeta cercare di ricordare qualcosa, forse proprio quel giorno, ed il mio stomaco si contorce quando mi assale il pensiero che Peeta non ricordi come l'abbiamo trascorso. Insieme, come due veri innamorati. Ma so che lo ricorda, anche se in modo errato. Non è giusto. L'hanno distrutto. L'hanno portato via da me. Involontariamente faccio qualche passo avanti, con l'intenzione di abbracciarlo veramente, ma le urla di Peeta mi bloccano appena in tempo. Mi insulta, mi dice che gli sto raccontando un sacco di frottole ed un dottore entra nella stanza dicendomi di andare via. Lo guardo un'ultima volta, con gli occhi lucidi, prima di richiudermi la porta alle spalle.

Questa mattina, Johanna mi desta dal mio sonno con i suoi soliti modi, lanciandomi insulti a tutto spiano.
«Oggi comincio l'addestramento, idiota». Afferma indossando la tenuta del Distretto 13. «Tu hai l'ecografia».
È vero e me n'ero anche dimenticata. Mi isso a sedere e la osservo indossare le scarpe.
«Ti ho svegliata stanotte?» Domando, sentendomi in colpa. La gola mi brucia un po', quindi credo di aver urlato. Sono sicura però che anche lei abbia difficoltà a dormire; a volte, quando mi desto, la trovo sveglia e pimpante. Una volta stava pulendo il pavimento, pur di tenersi impegnata.
«Quando mai non mi svegli?»
Continuo ad osservarla, mentre l'incubo della notte mi ritorna in mente. Sono nel Distretto 12, nel Villaggio dei Vincitori. Tengo in braccio un piccolo fagottino e canto per lui, cullandolo lentamente. Sono da sola e quando guardo il volto del bambino, scopro che non sto cullando lui, ma una scimmia dei settantacinquesimi Hunger Games che velocemente salta via per affondare gli artigli e i denti nel petto di Peeta che è appena entrato in casa con le pupille totalmente dilatante, urlando che sono un ibrido e che il mio bambino ne è una prova schiacciante.
«Voglio che Peeta sia presente all'ecografia», dico.
«Non devi certo dirlo a me, stupida. Vai da Haymitch, o direttamente da Peeta e portalo con te».
«E se non volesse venire?»
Johanna sbuffa, «senti, non sono il tuo strizzacervelli». Sento la porta chiudersi e capisco di essere rimasta da sola. Mi alzo in piedi e mi spoglio dai vestiti, buttandomi sotto la doccia. Essendo incinta non ho alcun programma stampato nel braccio e l'unica cosa che ho da fare è l'ecografia. Dopo essermi asciugata e rivestita, lascio anche io la stanza, diretta a parlare con Haymitch. Sicuramente mi metterà in guardia su quanto possa essere pericoloso avere Peeta al mio fianco, ma, anche se mia madre e Prim saranno con me, voglio che ci sia anche lui. Non voglio vedere quella creaturina da sola. Deve vedere suo figlio con i propri occhi. Magari potrebbe aiutarlo in qualche modo, mi convinco.
Mentre cammino verso l'ospedale, incontro Gale che mi saluta, ma non si ferma a parlarmi. L'ho notato guardarmi la pancia che è sempre più evidente ora che sono entrata nella tredicesima settimana. So che lui andrà a Capitol City, mentre io sono rinchiusa qui sotto da così tanto tempo che mi sembra infinito. A volte sono riuscita a farmi accordare un permesso per fare due passi in superficie, a volte giriamo lassù i pass pro ed ogni volta è una goduria respirare aria fresca. Mi chiedo se Peeta sia mai andato in superficie da quando siamo qui, magari con Delly. Improvvisamente ho voglia di chiedere un permesso per poter uscire a fare due passi con Peeta, magari con qualche guardia al seguito, visto che non lo lasciano mai da solo. Soprattutto con me.
Alla fine è Haymitch a trovare me, perché, a detta sua, Peeta se ne è uscito con una strana richiesta e cioè ha detto che, visto che continuo ad affermare che è suo figlio, vuole essere presente all'ecografia quando ci sarà. Vuole vedere il bambino anche lui.
«Sono d'accordo con lui». Affermo. «Ti cercavo proprio per chiederti se potesse essere presente».
«Con lui ci saranno guardie, dolcezza».
«Lo so, non importa. Ho pensato che Peeta, il vecchio Peeta, avrebbe voluto esserci». Dico, abbassando lo sguardo. Non mi avrebbe lasciata sola se non fosse stato depistato, mi sarebbe rimasto vicino tutti i giorni, probabilmente ci avrebbero destinato una stanza solo per noi e ammetto che l'idea non sarebbe stata nemmeno male, visto come riuscivo a dormire meglio con lui vicino. A volte riuscivo a non avere nemmeno incubi.
«Sì, ne sono certo anche io. Bene, dirò di prepararlo. A che ora hai la visita?»
«Tra un'ora e mezza».

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Buongiorno! Eccomi qui! Scusatemi se non ho risposto alle recensioni. Vi ringrazio tantissimo qui, poi appena posso corro a rispondervi! ♥ Purtroppo non ho avuto modo e sono anche influenzata un po'. :'( Perdonatemi!
Grazie a tutti per le vostre bellissime parole, per le preferite, le seguite e le ricordate.
Spero che anche questo capitolo vi piaccia, ed ora scappo che sto tossendo e non riesco a scrivere! T0T
Bacioni
Deb
   
 
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