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Autore: Yoan Seiyryu    04/03/2014    2 recensioni
[ Mad Beauty - Red Hook ]
Le vite di Jefferson e di Killian Jones si incontreranno su una strada difficile, entrambi pedine del Signore Oscuro e della Regina Cattiva. Impareranno a conoscere se stessi e a compiere le scelte giuste, vivendo secondo la loro volontà. Jefferson avrà occasione di incontrare Belle al Castello Oscuro, la quale gli insegnerà a vedere più chiaramente in se stesso. Killian verrà salvato da Red Hood nella Foresta Incantata dopo esser stato ingannato dal suo nuovo nemico. Le vicende continueranno a Storybrooke in cui i personaggi riusciranno a trovare se stessi e a compiere il passo che li porterà sulla scelta più giusta da fare.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Belle, Jefferson/Cappellaio Matto, Killian Jones/Capitan Uncino, Ruby/Cappuccetto Rosso
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Revenge 




 


Era piuttosto stanco di fare avanti e indietro dal Castello di Tremotino, ultimamente non dormiva molto e quei continui viaggi gli condizionavano la vita. Non che desiderasse nulla di diverso, ma prima o poi sarebbe riuscito a creare un luogo stabile in cui sostare, finalmente. O forse avrebbe continuato a fare ciò che più gli riusciva, come superare i varchi magici per viaggiare tra i mondi, quei mondi che si sfioravano senza nemmeno sapere dell’esistenza degli altri che vi erano accanto. Ancora non si capacitava del motivo per cui il Signore Oscuro desiderasse recarsi in un mondo senza magia, ogni tanto si poneva qualche domanda a riguardo, ma in fondo non erano affari suoi e tutto ciò che faceva era solo per vivere una vita in modo degno. Quando superò la soglia di ingresso del Castello si avviò verso la sala in cui si riuniva sempre con il suo datore di lavoro, così da poter discutere del nuovo incarico che gli sarebbe stato affidato.
Da quando Belle era entrata a far parte della servitù privilegiata quel luogo era diventato più abitabile e non era sempre avvolto nell’oscurità, dove la luce mai riusciva a raggiungere gli angoli delle sale. Ora invece ogni finestra era scoperta dalle tende rosse di velluto, lasciando che i raggi del sole scaldassero le stanze durante il giorno, mentre la notte  permetteva alla luna di filtrare all’interno.
“Sei in ritardo, Jefferson” disse il Signore Oscuro in segno di saluto, mentre se ne stava seduto a filare l’oro.
Il Cappellaio mostrò un sorriso tirato e si avvicinò con il suo solito passo leggero, prima di soffermarsi davanti al tavolo colmo di alambicchi e pozioni magiche. Tirò fuori l’orologio da taschino e lo aprì per controllare.
“No, sono in perfetto orario” così facendo spostò le lancette indietro.
Tremotino gli volse un’occhiata divertita prima di alzarsi in piedi per lasciare la filatura, si avvicinò per osservare meglio l’orologio e annuire con vigore.
“Pare proprio che tu abbia ragione” scoppiò in una risatina divertita prima di tornare serio “ebbene, ho bisogno ancora una volta del tuo prezioso aiuto” disse per poi dargli le spalle e sedersi su uno sgabello, afferrando alcune ampolle dal liquido verde per iniziare a mescolarne il contenuto.
Jefferson appoggiò il cappello sullo schienale della sedia e lo seguì con lo sguardo.
“A vostra disposizione, cosa devo portarvi questa volta?”.
Tremotino rise ancora al solito modo e sollevò le dita in alto, come per pensare.
“Una fanciulla, ma non una qualunque, ho bisogno che tu la tolga di mezzo” iniziò a spiegare mentre veniva avvolto di tanto in tanto da leggere nubi viola che svanivano nell’arco di un secondo.
“Devo ucciderla?” voleva esserne certo.
“In realtà non mi importa di quello che ne farai. Se ti crea troppi problemi puoi anche tagliarle la testa, altrimenti portala qui e me ne occuperò io. Si tratta di una donna lupo che ha messo a repentaglio i piani di alcuni miei sottoposti, la scorsa notte ho mandato un cacciatore ad occuparsi di lei ma è stato colto in fallo. Quindi, dovrai trovarla e farla smettere di essere così fastidiosa” le ultime parole furono pronunciate con un acuto finale per imprimere alla frase una forza maggiore.
Gli diede gli indizi adatti per riuscire a mettersi sulle sue tracce, una giovane ragazza dai lunghi capelli neri che indossava costantemente un cappuccio rosso sulla testa, il quale le era utile per controllare la trasformazione durante i giorni del lupo. Avrebbe dovuto agire quella notte stessa poiché il mantello le garantiva di non essere colpita da alcun attacco, mentre senza di esso avrebbe potuto renderla vulnerabile.
Quella descrizione non risultò affatto nuova alle orecchie di Jefferson, poiché aveva già incontrato una ragazza che corrispondeva a quelle caratteristiche e l’aveva intravista quella volta che era riuscito a sottrarre la freccia d’oro al ladro. Era in compagnia del Capitano della Jolly Roger, probabilmente grazie a lei il pirata non era morto per avvelenamento. Jefferson preferì non raccontare nulla, non voleva che Tremotino scoprisse della presenza di Hook alla Foresta Incantata e che soprattutto ce l’avesse portato lui.
“Come desiderate, allora sarà meglio che mi metta a lavoro da adesso” si inumidì le labbra e riafferrò il cappello dallo schienale della sedia, dileguandosi dalla sala dopo essersi congedato.
Un lavoro non da poco, aveva affrontato molte altre creature della notte, ma doveva essere interessante ritrovarsi di fronte ad una donna in grado di diventare una belva famelica. Si sarebbe divertito, inoltre aveva la possibilità di incontrare di nuovo quel fastidioso pirata e forse sarebbe riuscito a metterlo al proprio posto. Per quella volta decise di attraversare il roseto, aveva bisogno di riflettere per organizzare un piano e cogliere di sorpresa il lupo nel momento più adatto della notte. Una volta che si ritrovò nel giardino di rose iniziò a camminare lentamente verso i viali alti che sembravano formare un labirinto, anche se in realtà così non era, l’importante era non tornare mai sui propri passi se si voleva raggiungere il cancello d’uscita della proprietà del Signore Oscuro.
Avanzando si accorse della figura di Belle seduta al di sotto di un cespuglio di rose bianche, le stava raccogliendo all’interno di un cesto, forse voleva portarle nella propria stanza per rallegrare l’atmosfera. Jefferson si avvicinò con il solito passo felpato e si fermò a poca distanza dalla panchina in marmo.
“Una mia conoscente ama dipingere le rose di rosso, non ho idea del motivo per cui lo faccia, forse ha un concetto molto astratto della natura” sorrise prima di chinarsi per osservare le rose che erano state recise.
Belle non si era accorta di lui, almeno fin quando non aveva udito la sua voce, dunque si voltò sorpresa dalla sua parte, appoggiando le forbici sulle gambe.
“E’ un vero peccato, le rose bianche mi piacciono: esprimono purezza e sensibilità” così dicendo fece spazio sulla panchina perché potesse accomodarsi anche lui, ormai aveva idea che i suoi incontri con Jefferson sarebbero stati sempre inaspettati.
Lui a direi l vero non aveva intenzione di  fare quella sosta ma il profumo di  fiori era inebriante e il sorriso di Belle lo invitavano a restare. Dunque si concedette quella pausa prima di iniziare a lavorare davvero e si sedette lì, raccogliendo una delle rose dal cesto.
“Non lo metto in dubbio, ma il bianco si sporca facilmente. Le rose rosse invece sono forti, crescono resistenti e hanno in sé tenacia e prontezza di spirito” le disse prima di rigirare il gambo del fiore tra le mani, facendo attenzione alle spine.
“Già, quello che avrei voluto dimostrare al mondo. Peccato che sarò costretta a rimanere confinata qui per sempre” sospirò lei iniziando a recidere i gambi troppo lunghi delle rose che avrebbe conservato.
“Cos’è che volete dimostrare con esattezza?” domandò Jefferson sollevando un sopracciglio.
Belle tirò le labbra in un sorriso e sospirò con fare malinconico.
“Ho sempre sognato di essere coraggiosa. Vorrei diventare un’eroina, vivere mille avventure e non arrendermi mai di fronte alle difficoltà” gli occhi blu e profondi si oscurarono lentamente mentre la consapevolezza si faceva strada tra le sue labbra “ma sembra che sia impossibile per me uscire dal Castello, quindi oltre a spolverare e a lavare i pavimenti, non ho molte aspirazioni” calò lievemente la testa verso le forbici, tagliando un altro pezzo della rosa che lasciò scivolare nel cesto.
Jefferson rigirò il fiore al contrario per lasciarlo penzolare davanti agli occhi, appoggiando una mano dietro di sé sulla panchina, per sorreggersi meglio.
“In realtà avete già compiuto un atto eroico, Belle” chiamarla con il suo nome gli lasciò una dolcezza piacevole sul palato “avete scelto la salvezza del vostro regno in cambio della prigione, altre principesse avrebbero preferito attendere l’arrivo del principe che le avrebbe portate in salvo” si strinse nelle spalle, in realtà non voleva consigliarle di fuggire da Tremotino, lui l’avrebbe trovata e a quel punto non ci sarebbe stato scampo per lei.
“Lo credete davvero?” domandò lei con un filo di voce, mostrando un sorriso dolce ed affabile.
Non riusciva davvero a comprendere come fosse il suo animo, a volte lo credeva avvolto nell’oscurità, altre in grado di emanare luce. Ambiguità, c’era solo ambiguità nel suo sguardo.
Jefferson si alzò in piedi lasciando il fiore sulla panchina per spolverare il soprabito, si schiarì la voce e rispose: “Vi ho già fatto un complimento, non vorrete sentirne degli altri? Non sarebbe proprio da me” le fece segno di seguirlo.
Belle sorrise all’angolo della bocca, raccolse il cesto colmo di rose e vi posò le forbici all’interno per poi iniziare a seguirlo. Lo raggiunse e si sistemò al suo fianco, voltando il viso verso il suo per poterne studiare l’espressione.
“Raccontatemi qualcosa delle vostre avventure, voi dovete aver viaggiato così tanto! I mondi che avete visto sono diversi dal nostro, che differenze ci sono, vi abitano creature strane e particolari?” la raffica di domande non diede tregua alle orecchie di Jefferson che non riuscì a recuperare quelle iniziali, travolto da tutto quell’entusiasmo.
Doveva rappresentare per lei un motivo di sfogo, un avventuriero che aveva qualcosa di interessante da narrarle. Allora perché non accontentarla e lasciarla sognare almeno un po’, per estraniarsi da una vita che prima o poi le sarebbe stata stretta?
“Ne esistono così tanti che non saprei da dove cominciare, ma potrei iniziare da Oltreconfine [1]. Ebbene, questo villaggio si trova così come dice il nome, al confine del mondo che conosciamo. Al di là di esso, ogni tanto, si aprono dei varchi da cui arrivano creature che non siamo abituati a vedere qui. Avete mai sentito parlare del Ciciarampa o del Grafobrancio? Provengono da Wonderland, una terra lontana e particolare, in quel luogo niente è ciò che è perché tutto è ciò che non è”.
Sapeva che avrebbe attratto la sua attenzione poiché Belle inclinò la testa di lato, non aveva del tutto compreso le sue parole, quindi chiese spiegazioni.
“Quello che dovrebbe essere, non è. E’ difficile comprendere per chi non vi è mai stato” le sorrise affabilmente, sciogliendo tutta l’ostilità che aveva mostrato verso di lei nei primi giorni.
In realtà non era stata ostilità, il suo modo di rapportarsi con lei fungeva semplicemente a comprendere che tipo di donna fosse, per riuscire a capirla meglio. Si era dimostrata paziente e gentile, nonostante le sue continue punzecchiature. Iniziò a raccontarle l’avventura che aveva vissuto insieme a Jacqueline [2] per affrontare il Ciciarampa e il modo in cui erano riusciti a sconfiggerlo. Così passò al Grafobrancio e alle altre creature strane che si erano poste sulla sua strada. Belle rimase ad ascoltarlo totalmente affascinata, i suoi occhi si illuminavano ad ogni parola, la vita di Jefferson sembrava appartenere a quella di un eroe dei libri che tanto amava leggere, invece era assolutamente reale. Quasi senza rendersene conto si ritrovarono nel viale che conduceva all’uscita del Castello, avevano camminato a lungo ed era arrivato il momento di congedarsi, Jefferson aveva un lavoro importante da portare a termine e Belle sarebbe dovuta rientrare per riprendere la sua attività di domestica.
“Guardate lì, una rosa rossa che cresce tra le rose bianche? Una vera rarità” disse lei indicando il fiore che cresceva all’ombra degli altri, risaltando in tutta la sua bellezza.
Jefferson si chinò per poterlo estrarre, lo girò tra le mani per guardarlo, finché non si decise a donarlo a lei.
“Di tanto in tanto accade che una rosa bianca riesca a trasformarsi in una rossa. Un’anima pura e candida può diventare coraggiosa e tenace” le sorrise nel modo di sempre, un modo che Belle aveva imparato ad apprezzare.
Lei accolse con piacere quel gesto e si inchinò per ringraziarlo, prima di afferrare la rosa tra le mani, facendo attenzione a non pungersi con le spine.
“Chissà se sarà abbastanza forte da resistere anche alle intemperie” sussurrò Belle quasi sovrapensiero.
Jefferson evitò di rispondere a quell’affermazione che sapeva di malinconia e si limitò semplicemente a fare un passo avanti per potersi discostare dal loro passo che si muoveva quasi in contemporanea.
“Arrivederci, Belle. Grazie per la piacevole passeggiata” le disse con tono incolore.
“Fate attenzione Jefferson, cercate di tornare sano e salvo” era la prima volta che si preoccupava per lui.
Sapeva che i compiti affidati da Tremotino erano pericolosi ma per un istante si sentì in dovere di rivolgergli un pensiero più profondo, anche se si pentì immediatamente per averlo fatto. Si congedarono, tornando ognuno per la propria strada.
 
 
 

 
**
 

 


Alcuni bandi erano stati attaccati sui tronchi degli alberi al principio della foresta, si mostrava la raffigurazione di un lupo dal pelo scuro su cui era stata posta una taglia molto alta. Il Capitano Hook, che ormai aveva terminato la sua convalescenza, si era accorto di quello che sarebbe potuto diventare un problema per Red, la ragazza che lo aveva salvato da morte certa. Quel giorno sarebbe dovuto andare via per rimettersi in viaggio, ma una sorta di preoccupazione si instaurò nel proprio animo, al pensiero dei guai in cui sarebbe potuta incorrere la sua guaritrice. Non aveva molto da portare via con sé, visto che era arrivato alla Foresta Incantata quasi senza preavviso, vista la fretta che il Cappellaio aveva avuto nel ritornarvi. Riuscì a convincere Red ad abbandonare il rifugio che si era costruita per cambiare luogo, di modo che la paura del lupo si placasse. Lui non aveva una meta ben precisa, doveva trovare il modo di uccidere il Coccodrillo e forse trovare il Cappellaio l’avrebbe aiutato a slegare i nodi che si erano creati. Red al contrario non poteva rimanere in quel posto, dunque decisero di proseguire insieme per la stessa strada finché non fosse giunto il momento di separarsi. Red desiderava incontrare Snow White, la principessa che l’aveva aiutata in passato, per poterla aiutare nella lotta che stava perpetrando contro Regina. Ad Hook di questo non importava molto, il suo scopo era più importante di qualunque altro avvenimento all’interno della Foresta Incantata.
“E cosa farai dopo?” la voce di Red si introdusse tra i pensieri del pirata che annegarono all’istante per tornare a prestare attenzione.
Si stavano incamminando verso un sentiero che conduceva ad un villaggio prossimo alla foresta, si sarebbero fermati in una locanda per la notte.
“Dopo cosa?” le domandò alla ricerca dell’uncino che aveva posto all’interno di un sacchetto nero.
Red gli stava accanto, avvolta imperterrita nel suo mantello rosso. Da quando lui aveva scoperto la sua reale natura si era sentita quasi denudata, poiché non poteva più nascondersi dietro ad un’armatura che ormai si era sciolta del tutto. Era vero, lei non giudicava il suo passato perché come lui era un’assassina e non aveva risparmiato nessuno che si era frapposto sulla medesima strada di Snow White. Non aveva paura del nomignolo che avevano affibbiato al Capitano della Jolly Roger, né di quello che avrebbe potuto fare. Portavano entrambi un grande peso sulle spalle, solo che uno non lo considerava tale mentre l’altra avrebbe rischiato di caderne schiacciata.
“Dopo che compirai la tua vendetta, quando il Coccodrillo morirà, cosa farai?” si spiegò meglio.
Il pirata si morse l’interno della guancia, sfuggendo al suo sguardo indagatore per sottrarsi a ciò che sapeva molto bene anche da sé.
“Questo è ancora da vedere. Ho prosciugato interi anni a favore della mia causa e forse anche la mia stessa anima ne risente. Ma ho promesso a me stesso che sarei riuscito a strappare il cuore del Signore Oscuro, stritolandolo davanti ai suoi occhi” strinse il pugno della mano sana intorno all’uncino che andò a montare su quella che gli mancava.
Il formicolio alla mano che non c’era più si era spesso fatto sentire, i primi giorni dopo l’incidente si erano dimostrati terribili, poiché avvertiva ancora quella sensazione tattile che non possedeva più.
“La vendetta però è una fine, non un inizio. Hai votato te stesso soltanto a questo, ma quando Tremotino verrà sconfitto poi non avrai più nulla da fare” disse lei semplicemente, arrotolando le dita delle mani intorno ai lembi del mantello.
Hook aveva pensato anche a questa eventualità, la morte del Coccodrillo avrebbe placato la sua sete di vendetta, ma una volta compiuta sarebbe potuto tornare ad essere semplicemente Killian Jones? Il nomignolo che gli avevano dato rappresentava una parte di sé che aveva creato per sconfiggere colui che più detestava al mondo, ma poi che cosa ne sarebbe stato di lui? Milah non sarebbe tornata indietro, la sua nave era rimasta a Neverland con tutto l’equipaggio e trovare dei portali magici era quasi impossibile.
“Provvederò in futuro ad occuparmi di me stesso, perché te ne preoccupi tanto? Domani potremmo anche prendere una strada diversa e non vederci mai più” le rispose senza mettere a nudo i propri pensieri.
Red sollevò lievemente il cappuccio dalla testa per rivolgergli un sorriso dolce che non aveva mai mancato di avere in tutti quei giorni.
Il pirata se ne rendeva conto, era bella e terribilmente pericolosa. Sotto quell’espressione serafica si nascondevano ombre che torturavano la sua anima. Gliel’aveva letto negli occhi quando aveva rivelato la sua vera natura, una natura che non desiderava avere ma che si era costretta ad accettare per il suo bene e quello degli altri.
“Ti ho salvato la vita, merito di preoccuparmi almeno un po’ riguardo ciò che ne vorrai fare. Altrimenti sarà stato tutto un lavoro inutile, non ti pare?”.
Hook sorrise all’angolo della bocca, apprezzava molto quella confidenza che iniziava ad esserci tra loro due. Red continuava a non volerlo distogliere dalla sua vendetta, nonostante sapesse molto bene quanto avrebbe desiderato farlo, poiché nei suoi occhi vi erano sentimenti di giustizia e di bontà che lui non aveva mai posseduto. Eppure si tratteneva, per lasciarlo libero di agire come meglio avrebbe preferito. E non solo, non poteva permettersi di indicare una strada migliore visto che lei stava rischiando di sprofondare nell’abisso.
“Le donne provano sempre il desiderio di voler controllare la vita degli uomini, credono di poterla comandare a proprio piacimento” scosse la testa con un certo divertimento.
Red si lasciò sfuggire una risata che si colorò dei raggi del tramonto che era iniziato a scendere all’orizzonte, illuminandole il viso di una luce soffusa, come fosse stata quella di una candela. Più Hook la guardava più sentiva di impazzire. La prima volta che aveva incontrato i suoi occhi l’aveva scambiata per un’allucinazione, quando era reale proprio come quella locanda che si ritrovarono di fronte. Decisero di fermarsi lì per la notte, qualcuno era alla ricerca di Red per poterla fare fuori ma ancora non avevano scoperto chi avesse mandato quel cacciatore la notte prima. In più se il Cappellaio lavorava davvero per Tremotino, doveva essere a conoscenza della presenza di Hook alla Foresta Incantata e non voleva farsi trovare prima del tempo.
Si sistemarono all’interno, ordinando una cena calda per potersi rifocillare, in più Hook si fece portare due boccali di birra per rinfrescare il palato che in quei giorni aveva potuto assaggiare soltanto acqua fresca. Era stata una vera e propria maledizione non esser riuscito a portare con sé del rum e in locande come quelle il prezzo era troppo alto per poterselo permettere.
“Gli anelli che indossi hanno un qualche significato o è una moda che si usa tra i pirati?” domandò Red mentre avvicinava il boccale di birra, sistemandosi meglio sulla sedia.
Hook era seduto dalla parte opposta, dando le spalle all’ingresso della sala, trangugiò immediatamente la sua non appena la ebbe tra le mani per poi sospirare serenamente. Aveva bisogno di avvertire il sapore amaro sul palato.
“Ma come siamo curiosi, all’inizio non volevi sapere nulla di me, invece ora non fai che pormi domande su domande” sogghignò lui inclinando appena la testa di lato “non ti starai affezionando?”.
Red roteò gli occhi al cielo e scosse il capo in segno di diniego.
“Non montarti la testa, Capitano. Sono semplicemente curiosa ed inizio a provare interesse per la tua storia, visto che sembri così desideroso di volerla sempre raccontare. Inoltre in questo modo non posso che garantirmi la tua benevolenza, osannandoti per le tue doti e al tempo stesso ti impedisco di concentrarti su di me e ciò che sono stata” dichiarò lei in tutta semplicità.
Hook deglutì a vuoto di fronte a quell’affermazione così forte, aveva perfettamente capito come avrebbe dovuto agire nei suoi confronti, stuzzicando il proprio ego per metterlo in risalto, così da lasciare lei nell’ombra. Per un attimo la immaginò a bordo della sua nave, chiedendosi come se la sarebbe cavata ma corse a scacciare freneticamente quel pensiero, non poteva permettersi nulla del genere.
“Dannatamente furba” sussurrò pur sapendo che quelle parole sarebbero giunte anche a lei “e va bene, in tal caso non mi esimerò, è vero che mi piace parlare di ciò che ho fatto. Questi anelli appartengono agli uomini di mare che ho sconfitto in passato e li indosso sempre per ricordarmi perennemente della mia missione, oltre a mettere in guardia chiunque si ponga sulla mia strada”.
Al pollice portava uno zaffiro sottratto a Nemo, il Capitano del Nautilus, una nave in grado di viaggiare sott’acqua ma che non faceva parte del loro mondo.
All’indice vi era un rubino che aveva rubato a Sinbad quando si erano incontrati a Siracusa con il medesimo intento di saccheggiare la città per procurarsi un inestimabile tesoro.
Al medio aveva uno smeraldo appartenente al Corsaro Nero, Emilio di Roccabruna, un vero e proprio gentiluomo a cui aveva promesso di riportargli indietro la donna che amava, Honorata.
All’anulare mostrava un turchese che gli aveva consegnato Angelica, la figlia di Barbanera, in cambio della cattura di Jack Sparrow, cosa che non finì affatto bene.
Al mignolo si illuminava un diamante che un tempo fu di Barbossa, il pirata dalla gamba di legno.
“Hai detto di aver sconfitto questi uomini, ma in realtà hai solo preso loro anelli che non erano tuoi” disse Red quando il racconto volse al termine.
Hook prese un gran sospiro e scosse la testa sconsolato.
“Certo, non ho affrontato tutti su un terreno di battaglia ma mi sono garantito il via libera sui sette mari, una sorta di salvacondotto. Indossando questi preziosi nessuno desidera battersi con il Capitano che li possiede, sono un segno di paura ma anche di rispetto” cercò di spiegarle come meglio poteva, anche se la legge dei pirati non era comprensibile alle masse.
“Che strano modo per confermare una vittoria” sorrise di sottecchi Red che iniziava a divertirsi stuzzicandolo su ciò a cui sembrava tenere molto, come poteva esserlo l’onore di un pirata.
La locandiera interruppe la loro conversazione conducendo con sé la cena che avevano ordinato, intanto Hook si fece portare un secondo boccale di birra visto che il primo l’aveva già svuotato con estrema facilità, mentre Red quasi non lo aveva cominciato.
Continuarono i racconti della vita da pirata, Red era affascinata da quelle storie, soprattutto perché aveva sempre vissuto in un piccolo villaggio dove ad eccezione per la paura del lupo non vi erano altri avvenimenti interessanti. Hook si divertiva a gonfiare molte delle sue avventure, rendendole più spettacolari ed emozionanti, nonostante un velo di verità ci fosse sempre alla base. La serata trascorse in modo piacevole, la locanda si colmava sempre di più avventori tra cui viandanti che erano capitati lì per prendere una sosta dal loro viaggio. Ne entrò anche uno piuttosto particolare, il quale indossava un cilindro alto che gli oscurava parte del viso. Era avvolto in un soprabito lungo e nero lasciato sbottonato, al di sotto indossava un panciotto rosso piuttosto elegante. Non zoppicava, ma portava con sé un bastone da passeggio che non aveva alcuna utilità se non quella di rifinire la sua figura per renderla maggiormente intrigante. Red non ebbe dubbi, lo riconobbe immediatamente quando aveva preso ad avvicinarsi a loro con passo felpato, Hook non se ne era accorto poiché gli dava le spalle.
“Killian…” sussurrò lei con voce mozzata “abbiamo un problema”.
 








Note:

[1] Oltreconfine, il villaggio che ho menzionato nella shot Mad Beauty ‘I will be a heroin’
[2] Jack/Jacqueline, menzionata nella medesima shot. 






// NdA: 

Salve a tutti! 
Prima di ogni cosa chiedo perdono per la tempistica assai lunga con cui sto pubblicando le long aperte, ma quest'ultimo periodo è stato abbastanza devastante e non ho avuto nemmeno modo di revisionare, scrivere e fare altro.
Spero di riuscire ad aggiornare almeno una volta al mese, ora dovrei avere più tempo. 
Ringrazio tutti i pazienti lettori che hanno iniziato a seguire questa storia, provvederò a rispondere alle recensioni lasciate. 
Mi auguro che la storia continui a piacervi, stiamo entrando nel vivo dell'azione. Alla prossima!

Yoan 

 
   
 
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