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Autore: Symphonia    04/03/2014    2 recensioni
Sono passati vent'anni, ma non per questo la storia è finita!
Elizabeth è alle prese con i suoi sei figli, Jane deve mantenere buoni i rapporti con Caroline e anche Mary ha dei pensieri sulla sua "futura suocera". Inoltre, Kitty non desidera esporre troppo le figlie all'influenza di Lydia, che tenta di ripristinarsi in famiglia.
Insomma, il matrimonio non ha fatto tramontare il sole sulle figlie della famiglia Bennet e le loro avventure quotidiane, famigliari e matrimoniali tra nuove e vecchie conoscenze.
[STORIA INCOMPLETA]
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Elizabeth Bennet, Fitzwilliam Darcy, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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p&p capi 3



III


        Dopo cena, Alice aveva sostituito Rosamund al pianoforte, su richiesta di Caroline. Così Rosamund decise di andare al piano superiore a vedere cosa accadeva al fratello. Cecilia la seguì con uno sguardo curioso e poco dopo trovò una scusa per congedarsi. Rosamund bussò una, due, tre volte, ma quello non rispose. Allora aprì lentamente la porta e sbirciò dentro la stanza. Era di un azzurro così intenso che non si poteva non notare il giovane in giacca grigio scura e pantaloni sporchi, abbandonato sul letto a leggere malamente un libro, che già dalla smorfia si capiva, non gli interessava molto.
        “Forse ti sarebbe più chiaro” esordì “se lo leggessi alla giusta maniera, fratello mio.”
        Prese il libro dalle sue mani, lo girò e glielo porse. Lui sbuffò, se lo riprese, vi infilò un segnalibro e lo mise sul comodino. Rosamund osservava divertita il fratello. Era così orgoglioso che nemmeno rinfacciargli gli errori serviva a smuoverlo.
        “So a cosa stai pensando, Rosa…” rispose lui al sorrisetto malizioso della sorella “e non è divertente.”
        “Oh, sì che lo è! Stavi leggendo ala rovescia, ammettilo.”
        “Mai. Stavo riflettendo.”
        “Oh, certo, certo… Riflettendo, come no…”
        “Rosa, non è il momento adatto.”
        “Ah! Con te, non è mai il momento adatto. Una giovane fanciulla si è forse permessa di rifiutare una proposta di matrimonio dal grande Mr. Matthew Darcy?” lo stuzzicò Rosamund.
        Lui trasalì. No, non poteva saperlo. Era Rosamund l’intelligente, la sentimentale, ma la più acuta in famiglia era sempre stata Cecilia. Tirò un sospiro di sollievo, quando si rese conto che con Rosamund poteva permettersi di lasciarle qualche dubbio, la sua pazienza l’avrebbe perdonato, mentre con l’altra sorella minore no.
        Rosa inclinò un po’ la testa in attesa di rivelazioni. Il fratello le lanciò uno sguardo eloquente con un sorrisetto divertito ed iniziò a sproloquiare.
        “Oh, sorella mia, se sapessi le disgrazie che ho dovuto passare a Londra…”
        Il suo tono appariva falso, ma stava raccontando il vero. Con energia si alzò dal letto e cominciò a camminare per la stanza scalzo, in modo che i tacchi degli stivali non tradissero il suo tragitto verso la porta.
        “Sono così dolorose…” disse e con un sorrisetto malizioso indicò la porta “che temo di non poterle riportare con dovuto rispetto.”
        Rosamund dovette fare un grande sforzo per non scoppiare ridere e tradire le intenzioni del fratello. Questo si appostò quatto quatto dietro la porta e la aprì con forza, ma non c’era nessuno dietro ad origliare. Matthew e Rosa si lanciarono un altro sguardo di eloquenza e fecero finta di essersi sbagliati.
        “Oh, fratello. Raccontami le tue disgrazie.” finse lei, stando al gioco.
        “E perché mai? Se qualcuno mi conosce bene come te, sorella mia, non c’è ne affatto bisogno.”
        “Oh, basta!” esplose Cecilia, che prima era appiattita al muro fuori dalla camera. “Di che cosa state parlando?”
        I due fratelli maggiori sorrisero, ma poi Rosamund interpretò il suo ruolo di sorella maggiore con grande serietà.
        “Cecilia… Non devi essere così curiosa.”
        “O diventerai come la zia de Bourgh!” la prese in giro invece Matthew.
        “Sai che non accadrà mai.” rispose la giovane castana, con un sorriso malizioso.
        “Me lo auguro per te, sorellina cara.”
        Lei fece una smorfia ed andò a sedersi sul letto vicino a sua sorella. Matthew aveva un’aria pensosa e le due sospirarono, scambiandosi un mezzo sorriso. Era un caso perso. L’orgoglio gli avrebbe tenuto la bocca cucita, ma le femmine erano dotate della loro rinomata astuzia.
        “A Londra, eh? E’ da tanto che non ci andiamo! Chissà come stanno i Wighton?” pensava ad alta voce Cecilia.
        “La prossima volta dobbiamo andarli a trovare assolutamente.” s’unì Rosamund.
        Il viso del fratello s’incupì. Solo un paio d’ore fa aveva espresso alla madre il suo disappunto nei riguardi di quei due ragazzi e non avrebbe cambiato idea per nessuna ragione al mondo. Se soltanto le due sorelle l’avessero saputo, lui non si sarebbe adirato tanto con loro.
        “La prossima volta non andrete a trovare proprio nessuno!”
        Detto questo uscì e sbatté energicamente la porta. Voleva restare da solo, ma almeno adesso le sorelle sapevano con chi aveva litigato a Londra. Solo che non conoscevano ancora il perché.
    
        Quando scesero nuovamente nel salottino erano rimaste a chiacchierare solo le signore, Alice e Gwendolyn. La governante aveva fatto coricare i più giovani, mentre i signori si sono spostati in un’altra stanza per giocare a biliardo. Stranamente, non avevano voluto rimanere con loro. Jane stava servendo il tè quando le sorelle entrarono.
        “Accomodatevi. Un po’ di tè? O preferite che giochiamo a carte?”
        “No, io ho decisamente bisogno di uno dei vostri deliziosi tè, zia.” disse Rosamund pacata.
        Cecilia si sedette sul divanetto assieme a sua madre e, ringraziando per la bevanda, osservò un po’ la combriccola che si era venuta a creare. Si portò la tazza alla bocca e scambiò un sorrisetto divertito alla madre. Nonostante il comportamento di Matthew, il suo umore era rimasto allegro.
        “Posso conoscere l’argomento della conversazione?” chiese allegra.
        “Di uomini. Ci stavamo chiedendo come mai ci lasciano continuamente da sole per questioni più noiose.” rispose Lady Hamilton.
        “Adesso si spiega tutta questa tensione…” bisbigliò la ragazza.
        Elizabeth dovette sforzarsi per scoppiare a ridere. Sorseggiò la sua bevanda e riprese il filo.
        Il fatto che gli uomini non erano interessati al ricamo o alla decorazione di una stanza non significava necessariamente il loro completo disinteresse per le loro signore. Jane trovò la risposta molto convincente, ma Caroline obbiettò, sostenendo che in presenza di ospiti era sgarbato lasciare tutto il peso alla moglie. Allora Cecilia capì perché era saltato fuori quell’argomento; suo padre e il signor Bingley erano scomparsi.
        “Saranno cose da uomini.” disse alzando le spalle.
        “Cose noiose.” sentenziò la signora Hamilton.
        “Io trovo che cavalcare non sia una cosa noiosa.” intervenne audacemente Gwendolyn.
        “Certo che no! Sono secoli che le donne cavalcano per conto loro.” rispose fiera Lady Caroline.
        “Sì, ma è ancora definita una cosa prettamente maschile, come studiare medicina o scrivere. Ha mai visto un cocchiere donna?”
        “Dio mio, no! Per carità, sarebbe del tutto assurdo!”
        Gwendolyn sfoggiò un sorrisetto soddisfatto che condivise soprattuto con Cecilia. Le due andavano molto d’accordo, quando l’argomento passava dagli uomini all’indipendenza femminile. Alice, Meredith e Rosamund si fecero scappare una risatina. Caroline pensava che si divertissero, benché non suppose per via della sua contraddizione. Alice da canto suo, adorava passare del tempo a parlare con le cugine, mentre Meredith che non passava moltissimo tempo in compagnia - era ancora giovane, sebbene avesse dei genitori molto ospitali -, o almeno non quanto ne voleva, trovò la discussione molto divertente; anche perché forse era ancora troppo innocente per capirne la malizia.
        Dopo una mezz’ora di conversazione, le signore, attratte dalla mancanza maschile, andarono a sbirciare nella sala da biliardo. Trovarono Aaron, Matthew e  i loro rispettivi padri attorno al tavolo verde, sprofondati in una concentrazione tale da far timore. Erano rimaste poche sfere sul tavolo e quindi la partita stava per giungere al termine.
        “Dev’essere una cosa seria…” sussurrò Meredith a Cecilia, che sorrise.
        “Dalle loro facce sembra una questione di vita o di morte!” rispose la cugina.
        “O d’onore…” intervenne Gwendolyn.
        “O una scomessa…” sospirò Lizzy con uno sguardo eloquente alla sorella.
        “Non ne sarebbero capaci neanche per scherzo, Lizzy cara.”
        “Sono uomini Jane, e gli uomini sono fatti così.”
        “Mia cara Lizzy, vi ho sentita sapete?” esordì Mr. Darcy con tono austero.
        “Oh, spero di non avervi perdere la concentrazione!” rispose ironicamente avvicinandosi.
        “Affatto. Siete il mio portafortuna.” scherzò lui.
        “E voi il mio marito sfacciato.”
        “Non vi sarete mica offesa.”.
        “Io offesa? Ma fatemi il piacere! Casomai siete voi che vi offendete con facilità.” lo riprese la moglie con un pizzico di malizia.
        Il marito sospirò e con un sorriso scosse la testa, tornando sulla sua sfera. Il rumore di uno scocco indico che aveva appena messo in buca un’altra palla e l’applauso che ne seguì fu più forte, dovuto alla presenza delle signore.
        “Il matrimonio a Mr. Darcy giova, non trovate Caroline?” prese a dire Jane, divertita dalla loro conversazione. Nonostante fossero passati vent’anni, a lei sembrava incredibile che lui fosse cambiato tanto.
        “Se lo dite voi, Jane.”
        “Vostro marito sta bene?”
        “Sta bene, grazie.”
        “E pensate che verrà a trovarci?”
        “Se non ha qualche affare urgente, sono sicura che per domani sarà qui.”
        Il tono di Caroline faceva capire che non voleva parlare molto e la cognata l’avrebbe anche lasciata in pace, se il suo animo ben disposto con tutti non l’avrebbe messa in pensiero per lei.
        “Vi fermerete a lungo? Avrò la gioia di ospitarvi di molto?”
        “Oh, no. Non penso più di un paio di giorni. Andiamo a Nord, a trovare i miei genitori. Ci uniamo a Louisa e a suo marito. Si scusano per non essere potuti venire.”
        “Non c’è nessun problema. Sono certa che i vostri genitori saranno felici di rivedervi.”
        Lei annuì con un sorriso e il fratello le si avvicinò con fare amabile.
        “Portagli i miei saluti, per favore.”
        “Sicuro Charles, ma sei certo di non voler venire con noi? Jane e i miei nipoti sono anche invitati, ovviamente.”
        “No, non credo ne avremo l’opportunità. Jane?”
        “Temo che abbiamo qualche impegno al momento, ma se per quando ci saremo liberati l’invito sarà ancora valido, verremo con grande piacere. I vostri genitori sono persone squisite.”
        “Capisco. Buono a sapersi. Di certo, il dispiacere più grande è mio. Vogliate scusarmi, ma penso che andrò a dormire. Buonanotte.”
        “Buonanotte, Caroline.” la salutò il fratello con un sorriso della moglie.
        “Buonanotte, zia Caroline.” le augurò Alice, seguita da un inchino delle sue tre cugine.
        Le giovani si spostarono di più verso il tavolo da gioco e prima che Bingley potesse riprendere e aiutare suo figlio, fu fermato dalla moglie. Il suo viso era un po’ spento e preoccupato. Gli si avvicinò e gli sussurrò tutti i suoi timori.
        “Sai caro, la vedo un po’…”
        “Dimmi… un po’?”
        “Triste.” concluse la moglie, non trovando un aggettivo migliore.
        “Io penso che sia la stanchezza. Il viaggio da Londra a qui è lungo. Infatti mi sembra strano che non voglia fermarsi un po’ di più!”
        “Non saprei… No, non credo. Non credo sia stanchezza.”
        Bingley la guardò allora con aria più greve e lei sospirò alzando le spalle. Era seriamente preoccupata per i problemi della sua cognata, mentre l’animo gioviale e le attenzioni per i figli di lui non avevano destato il minimo sospetto nei suoi confronti. Bingley, che riponeva nella moglie non solo amore, ma anche la fiducia, le fece allora la promessa che se per il giorno seguente, Caroline non le sarebbe sembrata più allegra, le avrebbe parlato da buon fratello che era. Il ringraziamento di Jane fu sincero e gli stampò un bacio sulla guancia. Con un atteggiamento decisamente più sereno, la signora Bingley convinse le ragazze a cominciare a coricarsi, mentre gli uomini finivano la partita.
        Salite in camera, Jane rivolse i suoi timori ad Elizabeth, che fu più che convinta che qualsiasi cosa affliggesse Lady Hamilton era sicuramente causa del suo matrimonio d’interesse, quindi un rimpianto. Jane bocciò una simile idea, sebbene poteva esser vera, e si augurò che si trattasse uno dei suoi timori infondati. Appoggiando questa soluzione, Elizabeth si ritirò nella sua stanza dove ripensò agli eventi della giornata, al suo Matthew e doveva riflettere sulla strategia migliore per ben disporre nuovamente suo padre a suo figlio, di cui l’appassionato amore fraterno l’aveva in qualche modo spinto alla presunzione di poter placare una situazione che non era in suo potere fare.

         Sul prato, un’altra persona ripensava a questi fatti. Matthew non riusciva a credere di aver perso la stima del padre, di cui aveva sempre avuto il massimo rispetto e affetto, né voleva ripensare alla sfortuna del fratello e si chiese se lui in amore ne avrebbe avuta altrettanta. Pensò di andare a fare una camminata per il vialetto, in modo da scacciare via quei brutti pensieri indegni per lui e ingiusti per il fratello, quando si ritrovò sulla strada una figura, che nell’oscurità notturna non riuscì a definire finché non le si avvicinò.
        “Oh, Matthew!” esclamò la giovane, avvolta nel suo morbido scialle.
        “Alice! Avevo capito che tua madre t’aveva coricata.”
        “Dovevo prendere un po’ d’aria… Anche tu, a quanto vedo.”
        “Ho molti pensieri in testa.” affermò lui con indifferenza.
        La conversazione fu lasciata cadere così e nessuno dei due parlò, Matthew era troppo sovrappensiero e Alice aveva sempre avuto nei confronti del suo silenzio una certa comprensione. Quest’ultima svanì nell’osservare la sua espressione cupa, così gli chiese se la sua mente fosse affollata da brutti pensieri.
        “No. Non sono così brutti come credi, cugina.” mentì.
        Non avrebbe mai concesso alla figlia più sensibile della famiglia Bingley di scoprire i suoi timori. Tentò di cambiare il fronte dell’argomento, spostando l’attenzione su di lei, alludendo che i suoi pensieri sembravano, in qualche modo, più gradevoli.
        “Oh, si nota così tanto?” chiese lei, sobbalzando.
        “No. Con l’oscurità le tue guance non sembrano poi così rosse.” ironizzò Matthew con un sorriso divertito.
        Anche Alice rise di gusto alla battuta e non riuscendo più a trattenersi gli svelò cosa occupava così assiduamente la sua mente. Uno dei loro vicini, Sir Wales, aveva un figlio che era un grande amante della pittura ed era un pittore lui stesso, con cui lei aveva stretto amicizia. Questo l’aveva supplicata di poterla ritrarre in quadro che avrebbe esposto in una galleria di Londra. Matthew rimase sorpreso, perché non si ricordava di aver mai visto quel quadro, nonostante la zia Gardiner lo portasse spesso in giro e la cugina gli spiegò che l’avrebbero esposto il mese prossimo.
        “Non è questa la parte migliore, cugino. Oh, sapessi! Laurie giusto ieri mi ha dichiarato il suo amore!” esclamò con preoccupazione e allo stesso tempo, felicità nella voce.
        Matthew accolse la notizia con uno sguardo di incredulità e timore che la cugina accolse. I sentimenti di lui non erano però quelli che lei credeva. Cercando di ricomporsi, Matthew le chiese cosa gli aveva risposto e lei gli disse che era stato tutto così improvviso che aveva bisogno di riflettere.
        “Hai dato una buona risposta.”
        “Oh, Matthew… Ti assicuro che non so cosa fare!”
        “Devi solo fare chiarezza sui tuoi sentimenti, Alice. Non mi sembra così difficile.” rispose lui con un certo fastidio nella voce.
        “Oh, ma… Io gli voglio bene, ma non so se fino a questo punto! Ti prego Matthew aiutami a capire…”
        “Mi dispiace Alice, ma come ben sai, non sono un esperto in amore. Puoi chiedere a Rosa, a Gwen, a Cecilia, a tua o a mia madre se preferisci, ma ti prego non chiedere a me. Potrei darti un consiglio che potrebbe rivelarsi sbagliato e potresti soffrirne molto.” fu la risposta secca di Matthew, sebbene in un certo senso era sincera.
        Alice rimase sorpresa da quella risposta espressa con grande amarezza, ma dato che lui non aveva intenzione di portare avanti quell’argomento, si zittì da sola. Pensava che a Matthew un uomo della levatura di Laurie Wales non fosse degno di tutta quell’attenzione che lei gli dava, ma la sua vivacità e sincerità avevano conquistato la sua calma e un certo affetto, sebbene non capiva se fosse amore.
        La bella cugina allora ritentò, lanciando uno sguardo di chi aveva bisogno di un po’ di conforto, ma Matthew non glielo concesse, non per l’indisposizione nei confronti di lei, ma per la rabbia che provava per se stesso. Continuava a camminare, fissando in avanti il lungo vialetto e pensò che l’argomento fosse caduto a causa di quel silenzio e un po’ gli dispiaceva perché, sebbene non guardava la cugina, sapeva perfettamente che lei aveva bisogno di un aiuto emotivo da parte di lui. Arrivati a casa, Matthew salutò con freddezza la cugina che ancora pensierosa, salì in camera sua senza badargli molto, mentre lui si diresse verso il salotto.
        Era buio, non vi era accesa una sola candela, segno della più totale solitudine che Matthew cercava. Si lasciò cadere sul divano, affranto dalle sue ultime scoperte e da tutti le sue preoccupazioni, che avrebbe voluto piangere, ma si ripromise che mai avrebbe versato una lacrima per cose simili.
        “Ecco. Adesso la mia infelicità si può dire completa.”



   
 
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