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Autore: _Marlena_    04/03/2014    2 recensioni
Anche gli dei, come tutti gli esseri viventi, soffrono, ridono, piangono, e si innamorano. E proprio come gli esseri umani, si innamorano spesso di persone di cui non dovrebbero innamorarsi.
Le protagoniste di questa storia, sono due dee completamente opposte, che non hanno nulla in comune, tranne un piccolo particolare: hanno giurato di non prender mai marito.
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Incoccò la freccia.
Tese la corda.
Rallentò il suo respiro e i battiti del suo cuore decelerarono.
Poteva sentire il sangue che le pulsava nelle orecchie con chiarezza.
Si mise in posizione, divaricando le gambe.
E chiuse gli occhi.
Era il suo modo di concentrarsi durante la caccia.
Sentiva il rumore che faceva la sua preda. Sentiva i rami che si spezzavano sotto le sue zampe, le foglie secche calpestate da quegli zoccoli che compivano la loro ultima corsa. Percepiva perfino il respiro affannato dell’animale.
In lontananza sentiva l’abbaiare dei suoi cani. Anche loro avevano percepito l’odore del cervo. Ma lei era stata più veloce ad arrivare.
Sorrise al nulla.
Aveva scelto la sua preda, come faceva ogni volta. Era un vecchio cervo, anziano, ormai malato e prossimo alla morte. Se lo avesse ucciso, nessun cucciolo sarebbe rimasto senza il padre.
Spostò l’arco, tenendo ancora gli occhi chiusi e seguendo con la punta della freccia il rumore che faceva l’animale. Quando capì che la sua preda era in traiettoria, aprì subito gli occhi per scoccarla.
Ma invece del bosco in cui si trovava, vide i suoi occhi.
Due bellissimi occhi azzurri che la guardavano.
E la freccia partì senza avviso, andando a conficcarsi nella corteccia dell’albero che era dietro al cervo, che scappò via.
Era la terza volta che succedeva da quando, qualche sera prima, i loro occhi si erano incontrati durante la riunione del Consiglio. E Atena, dopo che lei le aveva sorriso, si era voltata dall’altra parte e non l’aveva più degnata di uno sguardo. Ed era da allora che Artemide continuava a pensare se avesse sbagliato qualcosa.
Gettò l’arco ricurvo al suolo, si tolse la faretra dalle spalle e si sedette per terra, le gambe piegate, i gomiti appoggiati alle ginocchia e la testa fra le mani.
Tutto quello che riusciva a vedere, erano i suoi occhi.
Strinse forte la testa, scuotendola.
«Ti prego, ti prego basta…» sussurrò a bassa voce più che a se stessa agli occhi che continuava a vedere.
Sentì una mano appoggiarsi delicatamente sulla sua spalla. Artemide sobbalzò leggermente, poi rendendosi conto di chi era quella mano, rilassò i muscoli e alzò la testa verso l’alto, guardando negli occhi la persona che aveva davanti.
Accovacciata davanti a lei, c’era una ragazza, vestita con una tunica corta e i capelli lunghi raccolti in una treccia. La ragazza le sorrise, ma quel suo sorriso sapeva di tristezza e impotenza. Le appoggiò una mano sulla guancia.
«Ancora lei?» chiese Callisto.
«Ancora lei…» rispose flebilmente la dea, riabbassando il viso.
Callisto era una delle ninfe che la seguivano durante le sue battute di caccia e l’accompagnavano nel resto della giornata. Ma Callisto era anche la sua più cara confidente. Lei sapeva tutto.
«Forse, dovresti semplicemente dimenticarla…» incominciò, ma rendendosi conto che gli occhi che la guardavano stavano diventando lucidi, si corresse subito «oppure, oppure potrei andare io da lei e fare due chiacchiere con la dea della saggezza.» disse annuendo più volte e con l’espressione seria.
Artemide alzò la testa e due piccole fossette comparvero sul suo viso, mentre alzava gli occhi al cielo.
«Ma credo che sarebbe un’opzione più convincente far parlare le tue fossette, o mia dea.» disse Callisto con una risata, ed anche Artemide rise.
  
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