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Autore: JudeNera    06/03/2014    1 recensioni
«Ragazzi» esordì Zack «Vi ho portato il pubblico!». Da dietro la porta spuntò una ragazzina «Salve a tutti» disse massacrandosi le mani. I ragazzi fecero un grosso sorriso tranne Jimmy che sembrava preoccupato «Come hai conosciuto questa testa di cazzo?» riferendosi al moro. «Hey! Testa di cazzo a chi?» Zack si tuffò su di lui che prontamente lo scansò facendolo quasi finire per terra. Ridendo Sam rispose «Ci siamo conosciuti in punizione... Avevo dato della "prostituta", per dirlo gentilmente, alla figlia della preside». Un vocione spezzò le risate soffocate dei presenti «E tu Zacky, che avevi combinato per stare lì in punizione?» Matt salvò quella ragazza che ormai era diventata color porpora per l'imbarazzo. «Secondo te, Shads? Ho picchiato Morrison, aveva insultato me e la mia amante» rispose velocemente il ragazzo guardando con occhi sognanti la sua chitarra.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chapter 8: Don't even dare to say you "hi", still swallowing the goodbye. 


Matt p.o.v.
Mi girai su di un fianco ed aprii gli occhi. Val probabilmente si era già alzata quindi raccolsi le mie forze e dopo un’intensa stiracchiata mi alzai dal letto, diretto in cucina. Lei era lì, che cucinava i suoi pancakes
«Buongiorno amore» disse intenta a non far bruciare tutto, forse aveva sentito i miei passi pesanti dietro di lei
«Buongiorno» dissi con una voce proveniente ancora dagli inferi.
La abbracciai da dietro e le diedi un bacio sulla guancia, la vidi sorridere.
«Quando non dovete suonare vai proprio in letargo» si girò verso di me con il suo solito sorriso perfetto e io ricambiai. Allungai la mano e rubai un pancake furtivamente, prima di incamminarmi verso il divano.
Lei dopo poco li prese tutti e li portò sul tavolino di fronte la tv, con un bicchiere di succo d’arancia.
«Io non so come farei senza di te» le dissi sinceramente
Stavamo insieme da 5 anni ormai, dopo esserci conosciuti non fummo più in grado di allontanarci l’uno dall’altro. Lei mi accompagnava dovunque, in ogni locale, ogni serata era la nostra fan numero 1 e io ero la persona più felice del mondo quando lei stava vicino a me.
«Saresti solo come un cane, avresti una casa disordinata e sporca e andresti a puttane tutte le sere!» incominciò a ridere
«Che brutto futuro» la seguii a ruota
Una volta finito di mangiare lei mi disse «Oggi pomeriggio perché non andiamo all'ospedale? E’ da un paio di giorni che non ci andiamo»
Val e Sam non erano state sempre amiche. Appena Zack portò Samantha alle prove quello che c’era fra le due ragazze era più odio che altro. Si sa come sono fatte le donne… Sam era entrata nella zona di Val, aveva conquistato gli amici di Val e la mia ragazza si sentiva minacciata –inutilmente, aggiungerei- ma le donne sono così! All’inizio erano tutte frecciatine fra le due e temevo che non fossero mai andate d’accordo. Quando poi decidemmo di partire e ci seguirono anche loro due il loro rapporto magicamente mutò. Iniziarono ad uscire insieme per fare shopping, a volte anche solo per fermarsi ad un bar per prendere un gelato. Probabilmente si erano trovate nella stessa situazione –lontane da casa e dalla famiglia- e quindi cominciarono a capirsi ed apprezzarsi. Fatto sta che fummo tutti molto felici di ciò, anche perché l’aria che si respirava alle prove quando c’erano entrambe non era più tesa come prima, e Valary aveva trovato finalmente una persona con cui confidarsi.
«Va ben…» fui interrotto dal mio cellulare che suonava e mi alzai a malavoglia dal divano
«Pronto?»
«Matt non so nemmeno perché ho chiamato te, forse perché sei il primo nella rubrica, si, forse ti ho chiamato per questo!» Disse la persona dall’altro capo del telefono tutto d’un fiato. Pensai che il proprietario di quella vocina fosse ubriaco ma poi guardai l’orologio a muro e vidi che erano le 11 di mattina, no, era troppo anche per lui.
«Johnny, che succede? E parla piano per l’amor di Dio»
Sentii un respiro profondo
«Sam si è svegliata»
«Non sono scherzi da fare, Christ» nella mia voce c’era però un barlume di speranza, speravo non fosse uno scherzo con tutto il cuore
«Ti pare?! Sono all’ospedale, venite»
Non appena riattaccò la cornetta corsi sul divano e nel mentre urlai alla mia ragazza «Vestiti! Sam è sveglia, dobbiamo correre in ospedale»
Lei mi guardo con gli occhi sgranati e lucidi, non poteva crederci nemmeno lei.

Zack p.o.v.
Mi tremavano le mani. Ero lì, vicino alla porta asettica da un’eternità e non avevo il coraggio di aprirla. E se fosse stato solo un discutibile scherzo? No, non era da Matt fare questi scherzi. Dieci minuti prima mi aveva telefonato –urlato per telefono sarebbe più giusto- di correre all’ospedale perché Sam era uscita dal coma. Tenni quel telefono in mano per un minuto, incredulo, poi realizzai e mi fiondai fuori casa.
Non so da dove presi la forza per aprire quella porta, che sembrava un macigno bianco. Lei era lì, e sorrideva a Jimmy. Dall’altra parte c’era Johnny che si mangiava frettolosamente un’unghia.
«Zacky!»
Si girò verso di me con due lacrime che le scendevano sulle guance. Non osai muovermi, ero come pietrificato. Avevo sognato tante volte quest’epilogo felice, e se questo fosse stato un sogno? E se facendo un passo mi fossi svegliato e ritrovato nella mia stanza buia, raggelato dalla consapevolezza della realtà? Nel frattempo la vidi rigirarsi verso la porta ed urlare «Matt! Val!» con le mani distese come a volerli abbracciare da così lontano. I due ragazzi scavalcarono Jimmy e si diressero fra le braccia della ragazza in lacrime.

Jimmy p.o.v.
Finalmente Zachy si sciolse in un sorriso. Era quello che le era stato più vicino durante tutta la sua permanenza in ospedale e temevo potesse avere un crollo, prima o poi. Improvvisamente, quasi come un robot che ha ricevuto un comando, si mosse ed andò ad abbracciare Sam.
Ad un tratto bussarono alla porta, feci un rapido conteggio delle persone presenti in camera e mi balenò in testa un’idea malsana su chi potesse essere… no, non poteva essere. Mentre ci pensavo la testa di Brian fece capolino, i suoi capelli corvino facevano a pugni con il bianco della camera… proprio chi sospettavo. Ci girammo tutti verso il diretto interessato, immobili, in silenzio e freddi. Brian era per metà all’interno, pronto probabilmente a scappare se le cose fossero andate male.
Non vedevamo il ragazzo dai tempi dell’incidente, non si fece sentire, non si fece vedere e a me in realtà un po’ dispiacque quel suo comportamento. Eravamo una band, ma come prima cosa eravamo tutti amici da tanto tempo, e se c’era qualche problema eravamo abituati a risolverlo insieme, parlando, a volte urlando, ma sempre insieme. E invece lui era scappato dalle sue responsabilità, chissà se si era sentito per lo meno un po’ in colpa per quello che era successo… perché non solo aveva ferito –spiritualmente e fisicamente- la sua ragazza, ma aveva ferito noi, aveva ferito me.
Avevo conosciuto Brian quando eravamo poco più che adolescenti, suonava in un locale di Huntington in cui capitai quasi per caso, assetato dalla calura estiva. Ascoltai la sua band riproporre sempre le solite cover e non appena finirono decisi di farmi forza e, siccome eravamo a corto di un primo chitarrista, chiedergli se volesse ricoprire quel ruolo. Dapprima sembrò contrariato, quasi come a farmi intendere di non aver tempo per noi, quando poi gli dissi che non suonavamo cover ma pezzi nostri vidi i suoi occhi che brillavano. Mi disse «ok», mi strinse il pugno e mi portò verso il suo petto per quel saluto che si addice più ai gangster di Detroit che ad un piccolo quindicenne californiano dai capelli neri.
Io odio la parola “migliore”, è una caratterizzazione che mette una cosa al di sopra di tutto, ma non puoi sapere se ciò è vero in assoluto e soprattutto se sarà vero per sempre. Io pensavo che Brian fosse il mio “migliore” amico, ma dopo quello che era successo non sapevo se potesse essere ancora così.

Zacky p.o.v.
Quasi come se fossi stato trasportato da una folata di vento mi mossi verso il letto con le braccia protese, arrivando finalmente ad abbracciare Sam piena di vita. La strinsi così forte che mi sembrò di romperla ma lei non disse niente e continuò ad accarezzarmi i capelli rasati. Le dissi «ti voglio bene» ma forse fu troppo flebile e troppo affogato nei suoi capelli perché lei potesse sentirlo. Ad un tratto sentii bussare alla porta e non ebbi nemmeno il tempo di riflettere su chi potesse essere, che mi ritrovai davanti Syn. Strinsi i pugni e le unghie lasciarono dei segni bianchi all’interno dei miei palmi. Non potevo prenderlo a pugni lì, fortunatamente il mio autocontrollo ebbe la meglio, e dopo un paio di respiri profondi riuscii anche ad aprire i pugni. Dopo qualche istante cominciò a parlare, ancora appoggiato allo stipite della porta
«Volevo scusarmi con tutti»
“CON TUTTI? BRUTTO PEZZO DI MERDA, HAI QUASI UCCISO SAM” urlai nella mia testa. Non so da dove presi tutto quell’autocontrollo, forse perché mi sembrava ancora tutto un sogno e non mi sarei mai voluto svegliare in camera mia mentre facevo la lotta con un povero cuscino.
«…e volevo parlare un attimo con Samantha»
“sicuro che lei voglia parlare con te?”. La vidi abbassare lo sguardo e guardarsi le mani bianche, per poi guardarmi negli occhi e sorridermi flebilmente. Gli altri si erano già allontanati dalla camera mentre io ero rimasto a guardare quegli occhi nocciola, i quali dopo poco mi rassicurarono e quindi mi convinsi a lasciare la stanza, con la mano di Matt sulla spalla.

Sam p.o.v.
«Cosa vuoi da me ora?» doveva rovinarmi anche quel bel momento per colpa del suo egocentrismo?
«Nulla Sam, voglio solo chiederti scusa dal profondo del mio cuore» “ce l’hai ancora un cuore?”
«Ho fatto tanti errori prima e anche dopo il tuo… incidente. A volte, quando ero sicuro di non incontrare nessun altro, ti venivo a trovare. Sono colpevole di ciò che è successo e la colpevolezza mi logora» girava in tondo nella camera con lo sguardo basso
«In realtà non sapevo di preciso che dirti, è più un flusso di coscienza»
«Ah, hai ancora una coscienza?» gli dissi acida, bruciandolo con lo sguardo
«So che non tornerà nulla come prima, ma ci tenevo a vederti e a chiederti scusa da… sveglia.»
«Hai finito?»
Lui accennò un sì con la testa
«Vai lì fuori, parla con i tuoi amici perché probabilmente sono più arrabbiati loro che io. Siete una grande famiglia e si vede negli occhi di ognuno di voi quanto vi volete bene, per questo loro ti perdoneranno e continuerete a spaccare i culi»
Lui sembrò stupito da queste mie parole, sembrò volermi chiedere “ma come lo sai che dopo l’incidente sono scappato e non ho voluto vedere più nessuno?”. Nulla di trascendentale. Ne avevo parlato con John prima che gli altri arrivassero. La mia prima domanda appena sveglia era stata “dov’è Brian?” e ciò fa intuire perché appena l’avevo visto non l’avevo cacciato fuori ma l’avevo lasciato parlare.
Dopo qualche secondo abbassò di nuovo la testa, quasi cancellando quello che avevo detto «Mi sento dannatamente in colpa nei tuoi confronti»
«E fai bene, perché l’unica cosa che mi dispiace è che non mi hai amata come ti ho amato io»
«Non è vero, ma me lo merito, mi merito tutte le tue cattiverie» si grattò la testa e si diresse verso la finestra «Se ti fosse successo qualcosa mi sarei ammazzato»
Era serio, e quando alzò gli occhi ne ebbi la conferma. Piangeva. Non l’avevo mai visto piangere prima. Si mise a fissare la finestra, per paura che io avessi potuto vedere altre lacrime e così si sarebbe distrutta la sua fama da bad boy. Avrei dovuto cacciarlo da quella stanza e invece, se ne fossi stata in grado, in quella situazione l’avrei abbracciato e gli avrei detto che era uno stronzo, ma non avrei potuto dimenticarmi di quella cosa magnifica che c’era stata tra di noi. Ero combattuta. Il mio orgoglio però ebbe il sopravvento
«Spero tu possa essere felice ora» dissi con un tocco di malinconia. Lui strizzò gli occhi e mi disse
«Stammi bene, Sam» incamminandosi verso la porta.
Era strano. Mi aveva tradita, mi aveva quasi ammazzato, eppure io non riuscivo ad odiarlo come avrei voluto. Avrei dovuto sputargli in faccia una marea di parolacce, di imprecazioni, e invece, dopo averlo visto piangere, il mio cuore si era spezzato in due. Prima di uscire dalla stanza mi rivolse un’occhiata di ringraziamento e io abbassai lo sguardo. Subito dopo entrò Val che con un sorriso stanco si avvicinò alla sedia posta vicino al mio letto
«Meglio che li lasci parlare da soli, se si vogliono ammazzare che lo facciano ad armi pari!» sorrisi alla mia amica
«Com’è andata?» incalzò, quasi come se fosse preoccupata
«Beh, mi ha chiesto scusa e io gli ho detto che forse erano più arrabbiate quelle belve lì fuori che io»
Valary mi guardò con uno sguardo materno, mi abbracciò e mi accarezzò i capelli, prima che io scoppiassi in un pianto liberatorio. Lei sapeva tutto senza che io le dicessi nulla. La strinsi fortissimo e lei riuscì a dirmi «Ora devi solo dimenticartelo»
  
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