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Autore: aturiel    07/03/2014    0 recensioni
"Le persone sono pigre: è dannatamente difficile trovare qualcuno abbastanza ambizioso da interessarsi davvero a me perché tutta da scoprire, perché si sente messo alla prova o per qualche strana attrazione verso i casi persi di ragazze troppo schive.
Io infatti, fino ad oggi, non ho mai incontrato nessuno così e penso che mai lo incontrerò.
Comunque sia non ne ho bisogno: ho conosciuto lui e mi basta."
Undicesima al "Contest dei libri non letti"
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Anime sole


Ci sono stati parecchi momenti infelici nella mia vita, altri invece sono stati particolarmente belli e, a volte, quasi poetici. Ma no, non è stata un’esistenza facile, la mia. Mi ricordo ancora quando, in seconda superiore, dovevamo decidere le stanze per la gita. Stringevo il foglio e la penna con più forza del dovuto e la delusione e l’umiliazione bruciavano il mio cuore che, piano, si crepava. Era rimasto un solo spazio vuoto, un solo quadratino bianco.
Appunto, uno soltanto: avrei avuto la stanza singola.
Tutti avrebbero avuto qualcuno con cui parlare la sera, io no.
Mi ricordo che mi infilai le cuffie nelle orecchie e mi misi, ostinata, a guardare la strada scorrere fuori dal vetro un po’ appannato. Mi sentivo come un coltello affondare piano nel mio petto magro e scavare sempre più a fondo. E faceva maledettamente male.
Non mi dovrebbe interessare. Tanto io me la cavo benissimo da sola, non ho bisogno di nessuno! Possono anche crepare tutti quanti, gli stronzetti.
Sì, mi dicevo proprio così, ma sapevo che non era vero, sapevo che anche io avevo il disperato bisogno di qualcuno a cui aggrapparmi, qualcuno a cui stringere la maglia forte e affondarci il viso singhiozzante, come succede nei manga. Ma non ero in un manga e non avevo nessuno del genere.
Quindi mi limitavo a starmene zitta in disparte, in compagnia di canzoni tutt’altro che tranquille e ad alto volume.
Che sentano che non sono triste, ma solo arrabbiata. Loro non mi possono ferire, nessuno può farlo.
È davvero il colmo che, proprio nei momenti peggiori, accadano sempre le cose migliori. Infatti un gigante si sedette accanto a me.
Mi voltai e lo guardai un attimo. Non mi sembrava di averlo mai visto, anche perché uno così me lo sarei bene stampato in mente: pelle scura, capelli neri e occhi… occhi? Erano grigi o blu? Forse verdi? Non avrei saputo dirlo. Adesso so che sono color cobalto sotto una luce artificiale, azzurro cielo al sole, grigi durante un temporale e verdi se vicino al mare. Ero rimasta incantata da quel colore e, mentre la mia vena creativa sempre presente mi mandava impulsi strani su come disegnare qualcosa di quel colore stupefacente, la musica mi impediva di sentire quello che mi diceva.
Solo quando una delle sue manone mi ebbe tolto una delle cuffiette, capii davanti a chi mi ero trovata.
«Senti, abbassa ‘sta cazzo di musica che voglio dormire.»
Ripresa dallo stupore iniziale, il mio sarcasmo iniziò a farsi sentire in tutta la sua potenza:
«Non ti obbligo io a dormire qui: puoi benissimo sparire e andare a dormire da un’altra parte. Mi faresti anche un favore.»
«Lo farei se ci fosse un altro posto libero nel pullman.»
«C’è sempre il sotto. Magari muori investito.»
Mi guardò un attimo, con un sopracciglio alzato e lo sguardo, prima indifferente e scazzato, un po’ più interessato.
«Sei proprio una stronza.»
«Lo prendo come un complimento, tesoruccio.»
Appoggiò la testa sul cuscinetto e fece una serie di strani grugniti poco contenti, ma smise di parlarmi, e io non avrei potuto chiedere di meglio perché, di litigare, non ne avevo proprio voglia. Eppure non potevo far altro che lanciargli occhiatine curiose, sbirciando appena da dietro i miei capelli. Senza dire niente avevo anche abbassato il volume della musica, solo per capire che cosa stesse canticchiando piano.
Take me down to the river bend
Take me down to the fighting end
Ma io l’ho già sentita questa canzone…
Wash the poison from off my skin
Show me how to be whole again
Sapevo di conoscere quelle parole, le riconoscevo come si fa con un odore: non lo si ricollega subito alla fonte ma si sa di averlo già avvertito.
Fly me up on a silver wing
Past the black, where the sirens sing
No, aspetta…
Warm me up in the novice glow
and drop me down to the dream below
Mi avvicinai a lui e gli sfilai una cuffietta. Prima che iniziasse ad insultarmi me la accostai all’orecchio e iniziai a canticchiare con lui. All’inizio si limitò ad osservarmi come si fa con una pazza furiosa, ma dopo poco smise e spostò il suo sguardo di ghiaccio verso un punto imprecisato davanti a lui, chiudendo gli occhi.
Ora so che non si era addormentato ma che, al contrario, aveva smesso di guardare per ascoltare meglio. Così mi ha detto e io, ripensando al suo sorriso appena accennato che gli era sorto sulle labbra, sono convinta che fosse la verità.
   
 
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