E’
da una vita che non mi faccio viva qui su EFP, ma per me è un periodaccio.
Ho
trovato il tempo due secondi per postare questo capitolo. E’ l’ultimo!
Lo
dovevo a chi ha seguito e letto questa storia.
Mi
spiace di non riuscire a rispondere ai commenti. Li ho però letti e mi hanno
commosso.
Spero
che il finale piaccia, così come spero un giorno di riuscire a tornare in
questi lidi.
Rebychan
4.
Diversi
decenni dopo…
Era
primavera ed i ciliegi erano in piena fioritura.
I
Viaria si trovavano in Giappone a seguito della battaglia degli arcobaleno.
Squalo
aspettava ancora il trapianto di cuore, ma grazie alle illusioni di Marmon riusciva ad avere una vita normale.
L’uomo
dai capelli argentati entrò nell’ufficio di Xanxus a
passo di carica per proporgli un’attività diversa da quelle solite.
Lo
trovò che guardava il suo braccio mentre apriva e chiudeva la mano come a
metterlo alla prova.
L’aveva
perso e gli era stato riattaccato.
Lo
stava tastando.
Quando
il suo sguardo si sollevò i suoi occhi trasmettevano la sua consueta rabbia.
Eppure
era da qualche tempo che con Squalo sembrava essersi raddolcito.
Forse
perché il suo luogotenente aveva dato prova della fedeltà più grande di cui si
poteva sperare.
Era
stato disposto a sacrificare la vita per lui.
Xanxus aveva sempre
vissuto una vita precaria nella falsità.
Non
credeva in niente, eppure si era reso conto che invece qualcuno credeva sul
serio in lui, tanto da essere disposto a fare l’impossibile.
Ciò
anche se non l’avrebbe mai ammesso, l’aveva colpito.
Fu
per quello che quando Squalo gli propose di andare con gli altri Viaria a
vedere i ciliegi in fiore, all’inizio rispose di no. Stava bene dove stava. Con
la sua adorata Tequila a fargli compagnia.
Squalo
però non demorse nemmeno di fronte al bicchiere di vetro che gli aveva lanciato
e che s’infranse a pochi centimetri dalla sua testa.
Fino
a quando non glielo buttava addosso, voleva dire che poteva ancora osare.
A
far “cambiare idea” Xanxus furono le parole “è una
tradizione qui in Giappone andarli a vedere, e sotto quello spettacolo
suggestivo di morte e vita si può bere fino allo sfinimento.”
Xanxus aveva guardato
con un cipiglio il suo uomo più fedele: “Morte e vita? Bere?”
Squalo
spiegò: “Si racconta che sotto i ciliegi venga seppellito un cadavere ed è bevendo
dal suo sangue che i ciliegi si colorano di rosa. E beh… bere saké per i Giapponesi è quasi un rituale sacro, per cui
ogni occasione è buona per darci dentro.”
Xanxus guardò fuori
dalla finestra.
Anche
da lì si vedevano da oltre le mura dell’albergo dei rami di ciliegio fioriti.
Si
alzò in piedi.
Sul
volto di Squalo si dipinse un ghigno compiaciuto.
Xanxus gli si parò
davanti.
E
gli tappò la bocca con la sua per cancellarglielo.
Poi
uscirono insieme dalla stanza.
Gli
altri Viaria erano già pronti ad aspettarli.
Sì,
Xanxus si era proprio addolcito.
Fino
a pochi giorni prima era impensabile che avrebbe accettato di uscire con i suoi
uomini per andare a vedere i ciliegi, ed era impossibile che baciasse Squalo in
quel modo.
Sì,
erano amanti da anni, ma il loro rapporto era sempre stato quello tra padrone e
schiavo.
Xanxus godeva
semplicemente nel sottomettere il suo luogotenente.
Non
c’era affetto nei suoi gesti. C’era solo sesso e voglia di sfogarsi.
I
baci erano pochi e sempre carichi di rabbia.
Le
labbra ne venivano fuori sanguinanti e martoriate.
Ora
invece c’era un po’ di dolcezza.
I
baci nascevano spontanei anche per delle sciocchezze.
Quello
era proprio un bel passo in avanti.
E
Squalo non chiedeva di meglio perché nonostante il suo orgoglio e la superbia
che lo caratterizzava si era accorta da tempo che il suo capo gli piaceva.
Per
lui avrebbe continuato a fare qualunque cosa.
Il
primo ad uscire all’aria aperta fu Xanxus.
Squalo
e gli altri lo seguirono.
Lussuria
portava con sé le vettovaglie e l’alcol.
Tutto
era pronto per il pic-nic,.
Un'altra
prova dell’addolcimento di Xanxus si ebbe proprio
quando arrivarono al parco.
Lì
c’era anche il Decimo successore dei Vongola.
Xanxus però non cercò
rogne, si limitò a squadrare lui e i suoi lacché con
supponenza, per poi allontanarsi.
Lo
spettacolo dei fiori di ciliegio era davvero bello.
I
Viaria trovarono da sedersi in un bel posto. E’ meglio dire che gli altri
occupanti se ne andarono non appena loro li guardarono minacciosi.
Da
quella posizione si vedeva anche il gruppo del Decimo, ma fu una giornata
tranquilla.
Nessuno
provò ad attaccarsi, anzi Lussuria a volte andò a parlare con Ryhoei, e lo stesso Squalo fece due chiacchiere con
Yamamoto.
Xanxus si limitò a
guardare la situazione con attenzione ed a bere.
Si
poteva dire che finalmente i Viaria ed i Vongola originari avevano imparato a
coesistere.
Si
era in pace!
Quella
non era però l’unico cambiamento avvenuto negli ultimi mesi a Namimori.
Anche
in seno alla famiglia Vongola legittima nell’aria c’era qualcosa di diverso. E
quel giorno successero diverse situazioni inaspettate.
Per
la prima volta Lambo ottenne un complimento da Reborn.
Sempre ovviamente se quello lo si può definire un complimento.
Il
piccolo Bovino non faceva che confusione e casino mettendo a soqquadro le
cibarie depositate sulle tovaglie.
Ad
un certo punto, poi attaccò briga con l’ex Arcobaleno del sole.
Il
Bovino gli sganciò delle bombe addosso. Ovviamente Reborn
le rispedì al mittente.
Lo
scoppio fu devastante tanto che Tsuna temette per la
vita del bambino.
Quest’ultimo
però ne uscì completamente illeso.
Fu
allora che Reborn guardando il suo allievo disse:
“Non vedo perché devi preoccuparti per lui. Sopravvivrebbe a tutto, anche se lo
ammazzano.”
Tsuna sbatté gli
occhi incredulo.
Era
un mezzo complimento quello che aveva sentito uscire dalla bocca di Reborn? E rivolto a Lambo?
Non
ebbe modo d’indagare.
Reborn si allontanò
per andare a farsi coccolare da Bianchi.
E
lui fu attirato da un’altra inattesa sorpresa.
Al
parco arrivò la squadra di Mukuro.
Chrome seguiva il
ragazzo come un cagnolino.
Gli
altri membri
del gruppo invece non facevano che beffeggiarsi tra loro.
Quando
si ritrovarono davanti i Vongola sul volto di Mukuro
si dipinse un ghigno ironico, tuttavia nemmeno lui cercò la rissa.
No,
semplicemente chiese a Chrome se voleva fermarsi con
gli altri, o trovarsi un posto con loro.
La
ragazza disse di voler seguire Mukuro-sama perché gli
aveva promesso che gli avrebbe insegnato qualche altro trucco illusorio.
A
quelle parole, per un attimo nel guardare la giovane lo sguardo di Mukuro si addolcì.
Fu
solo un istante, poi la sua espressione tornò carica di ironia.
“Okay!
Allora vieni con me.”
Con
una mano salutò i Vongola, e poi si allontanò dalla loro vista.
Tsuna sorrise.
Si
capiva perfettamente che se anche faceva il duro, Mukuro
ci teneva a Chrome, e la stava allenando per renderla
forte in modo da poter contare su di lei, ma anche perché fosse abbastanza
potente da cavarsela da sola.
Proprio
perché ci teneva non voleva perderla.
La
sorpresa successiva fu ancora più grossa.
Dal
cancello del parco infatti apparvero Dino, i suoi uomini e…. Hibari e i membri del comitato disciplinare.
Tsuna dovette
sbattere le palpebre diverse volte per credere ai suoi occhi.
Dino
teneva per un braccio Hibari e lo trascinava verso di
loro.
Quest’ultimo
ringhiava ma lo assecondava.
Il
futuro Decimo boss si era chiesto parecchie volte come Dino riuscisse a
trattare con Hibari visto il caratteraccio di
quest’ultimo. Pensava che fossero più le volte che le prendesse, che quelle in
cui riusciva a comunicarci.
Dovette
ricredersi.
Nonostante
la sua ritrosia ed il suo orgoglio spropositato, Hibari
era “debole” nei confronti dell’atteggiamento appiccicoso, ma nel contempo
determinato di un uomo forte come Cavallone.
Si
perché Dino quando non era da solo era forte. Un avversario difficile da
battere per chiunque.
E
probabilmente lo era anche quando non c’erano in giro i suoi uomini.
La
sua sbadataggine era talmente disarmante che non poteva lasciare indifferenti.
Lasciava il segno!
Attraeva!
Soprattutto persone come Kyoya che invece avevano
fatto della solitudine la loro ragione di vita.
L’altro
era il suo opposto.
Per
i suoi uomini Dino avrebbe dato la vita.
Per
Kyoya avere amicizie era quasi un crimine.
Eppure
proprio per quello il modo di vivere dell’altro non poteva che incuriosirli,
spingendoli a frequentarsi.
Il
loro legame erano nato così. Ed ora Dino riusciva a trascinare Hibari ad un pic-nic e quest’ultimo lo lasciava fare, anche
se a dirla tutta il giovane si limitò a sedersi in un angolino sui talloni,
guardando “incantato” i ciliegi che per un po’ erano stati per lui off-limits.
Quando
Dino provò ad imprigionarlo in una conversazione, l’altro ovviamente sbuffò.
Incrociò
le braccia, e chiuse gli occhi.
Dino
però sorrise compiaciuto di fronte a quella sua reazione.
L’importante
in fin dei conti era che fosse lì. Non più da solo.
Ancora
tre sorprese attendevano Tsuna.
E
una era stato lui stesso a prodursela.
Cinque
degli invitati erano in ritardo e proprio in quel momento tre di loro
arrivarono.
Quando
vide uno di loro, il suo sguardo s’illuminò, arrossendo.
L’aveva
invitata, e lei aveva detto di sì.
Non
sapeva però se crederci o meno, ed invece era lì.
Nel
vederlo sorridere così beota, Enma che si trovava accanto
a lui ridacchiò malizioso.
Tsuna arrossì.
Enma gli fece
l’occhiolino.
Essendo
simili si capivano senza parlare. Le lascio il posto.
I
tre si fermarono davanti alle tovaglie salutando.
Il
gruppo era composto da due ragazze e un ragazzo.
Una
delle due, quella con i capelli neri, stava parlottando fin troppo
amichevolmente con il ragazzo.
Lei
stessa era piacevolmente colpita dal grado d’intimità che si era creato tra
loro mentre passeggiavano per raggiungere il parco.
Aveva
sempre considerato il fratello della sua migliore amica come un buzzurro, ed
invece anche se i suoi atteggiamenti erano esagerati, e usava parole
estremamente strane, stava dimostrando molta sensibilità.
I
due per tutto il tempo in cui rimasero al parco stettero vicini a parlare tra loro.
Fu
proprio in quel momento che nacque in loro quel sentimento che in futuro li
avrebbe spinti a mettersi insieme ed a formare una famiglia felice.
Tsuna notò quella
situazione solo di striscio, era infatti troppo concentrato sulla terza
ragazza.
Enma aveva lasciato
libero il posto accanto a lui, ed ora lui doveva riuscire a trovare le parole giuste
per chiederle di sedersi lì.
Ma
come fare?
La
lingua era così “sudata” da essere bloccata al palato.
“Kyoko…”, riuscì a dire dopo pochi secondi che gli
sembravano ore.
Lei
gli sorrise. E non servirono altre parole.
Con
naturalezza, si accomodò accanto a lui.
Tsuna era al settimo
cielo.
Poteva
quasi immaginare che si trattasse di un vero appuntamento.
Lei
dopotutto aveva accettato di uscire con lui, no?
E
va bene erano insieme anche ad altri ragazzi, ma erano tutte persone che
sapevano farsi gli affari loro.
Sì,
Haru non c’era. Era stata costretta ad andare al
pic-nic della sua scuola.
Gli
dispiaceva per l’altra ragazza, ma Tsuna era felice
di quello.
Finalmente
poteva stare insieme con Kyoko senza avere Haru tra i piedi, che provava ad attirare la sua
attenzione, che piangeva, che rideva forzatamente, o che chiacchierava dalla
mattina alla sera con Kyoko.
Kyoko era solo “sua”.
Riuscì
infatti a parlare molto con lei. E ne fu felice.
Si
rese conto di volerle davvero bene.
E
che stare con lei lo faceva sentire bene al cento per cento.
Non
solo, lei ad un occhio esterno poteva sembrare un po’ “scema”, ma quando ne
aveva bisogno sapeva sempre spronarlo e dargli consigli utili.
Proprio
perché era una persona dolce, senza troppi grilli per la testa, e un po’
“sbadata” il loro rapporto era molto equilibrato.
Tsuna dubitava che
avrebbe avuto altre occasioni di trovare una ragazza che gli faceva provare le
stesse emozioni.
Doveva
buttarsi.
E
infatti finalmente riuscì a farlo.
Non
si dichiarò, ma riuscì a strapparle un nuovo appuntamento, stavolta al cinema e
da soli.
In
quel modo, se fossero state rose, sarebbero fiorite.
L’ultima
sorpresa che “attendeva” Tsuna arrivò dai suo due
migliori amici.
Tutti
sapevano che Yamamoto e Gokudera stavano insieme.
Tutti
sapevano anche però che per il secondo era difficile lasciarsi andare in
effusioni in pubblico con l’altro, soprattutto se c’era Tsuna.
Gli
sembrava di essere irrispettoso nei confronti del Decimo, la persona che lui
ammirava più di tutte.
Yamamoto
segretamente però era geloso. Sospettava che l’altro gli piacesse più di lui, e
che fosse per quello così titubante.
Quel
giorno Takeshi era stato a casa ad aiutare il padre
nel ristorante, per cui aveva già detto che al pic-nic sarebbe arrivato in
ritardo.
Gokudera aveva deciso di
aspettarlo.
E
aveva dato una mano anche lui al ristorante.
Per
ringraziarli del duro lavoro, Yamamoto.-san
aveva dato loro del sushi da portare ai loro amici.
Per
tutto il tragitto, Yamamoto aveva camminato con una mano appoggiata
amichevolmente sulle spalle di Gokudera.
Era
un gesto di possesso che imbarazzava il guardiano della tempesta, ma che poteva
accettare.
Sapeva
perfettamente quanto Yamamoto fosse un tipo giovale, tanto da risultare un po’
idiota.
Per
lui dimostrare le sue emozioni di fronte agli altri era quasi una missione.
Era
estroverso, quanto lui era introverso.
Così
come Yamamoto però si era sforzato di assecondare i suoi tempi e di rispettare
i suoi spazi, Gokudera aveva deciso di scendere a
patti con certe dimostrazioni d’affetto del compagno, lasciandolo fare, quando
ne sentiva il bisogno.
Se
lo stringeva a sé in quel modo, significava che lo voleva. E lui voleva
renderlo felice.
Era
sì un po’ imbarazzato, ma gli andava bene.
Degli
altri non gliene fregava niente.
L’importante
era che Yamamoto, il suo idiota fosse felice.
Un
tempo aveva pensato di odiare Takeshi, ma ora si
rendeva conto che ciò era dovuto alla forte attrazione che provava fin
dall’inizio per lui.
Non
sapendo come accettare quel sentimento, aveva finito con il negarlo, e
considerarlo all’opposto.
Ormai
però era acqua passata.
Takeshi aveva infranto
ogni sua remora, ed adesso erano felici insieme.
Certo
litigavano ancora, ma poi facevano pure pace.
Al
ricordo dei baci che si scambiavano dopo una discussione particolarmente accesa
che degeneravano poi in situazioni ancora più spinte, arrossì lievemente.
Allontanò
quel pensiero.
Erano
giunti al parco, e beh… la sua attenzione finì inevitabilmente sul Decimo.
Fu
istintivo allontanarsi da Takeshi mettendo distanza
tra loro.
Con
la punta dell’occhio vide l’altro irrigidirsi.
Poi
però Yamamoto sorrise mentre si avvicinava ai suoi amici per offrire il sushi.
Si
sedette in un angolo della tovaglia. Gokudera lo
seguì, sedendosi accanto. Non prima però di aver salutato il Decimo.
Per
diversi minuti Yamamoto non cercò nessun tipo di contatto con lui.
E
sì che lì tutti i partecipanti del pic-nic erano particolarmente affettuosi.
Anche
Tsuna era diventato molto più propositivo con Kyoko. Per non parlare poi di Ryohei
che stava facendo platealmente la corte ad Hana.
Dino
toccava Hibari ogni tre secondi, anche solo per
dargli un buffetto, o fargli una carezza.
L’altro
ragazzo ringhiava ma non vi si opponeva poi particolarmente.
Reborn in braccio a
Bianchi si faceva coccolare.
Lambo
“litigava” giocandoci con I-pin.
Insomma
si respirava aria di festa.
Solo
Yamamoto anche se ogni tanto scherzava con Ryohei e
Dino sembrava aver messo della distanza tra lui e Gokudera.
Succedeva
sempre così quando c’era di mezzo il Decimo.
Ed
era colpa di Hayato.
A
lui il Decimo non piaceva come persona. Per lui era una specie di idolo da
idolatrare, un amico prezioso che gli aveva fatto capire che la sua vita era
importante e che doveva tenerla da conto, una persona insostituibile che voleva
servire per sempre.
Quello
che provava per il Decimo era un sentimento diverso da quello che provava per Yamamoto .
Forse
erano sì due forme d’amore, ma diverse.
Il
suo affetto per il Decimo era di tipo amichevolmente sottomesso. Nel senso che
gli era amico, ma si sentiva inferiore nei suoi confronti in tutto e per tutto,
e mai avrebbe fatto qualcosa per superarlo.
Il
suo affetto per Takeshi era invece del tipo
amorevolmente alla pari. Nel senso che da sempre non voleva essergli da meno, e
avrebbe fatto di tutto per camminargli alla pari o addirittura superarlo per
farsi seguire. Voleva che l’altro lo guardasse come una persona che valeva, e
lo ammirasse.
Voleva
essere tutto per lui.
Sì,
era quello ciò che provava.
Lui
voleva stare con Takeshi per sempre.
Come
poteva fargli capire che non doveva temere il suo legame con il Decimo?
Sì,
perché aveva capito che l’altro era un po’ geloso. E se non gli diceva niente
era solo perché gli voleva bene, e considerava Tsuna
un amico.
Gokudera aveva già la
risposta alla sua domanda.
Fu
per quello che finalmente si decise a fare quel gesto, che poteva sembrare
semplice, ma che in verità era un gran passo avanti.
Deciso
afferrò la mano di Yamamoto, e la strinse forte intrecciando le loro dita.
Quello
era un gesto intimo. Era stato lui a prendere l’iniziativa, e l’aveva fatto
davanti a tutti, compreso il Decimo.
Quest’ultimo
infatti se ne accorse e sorrise.
Hayato però nemmeno se
ne accorse.
Era
un altro il sorriso che aveva tutta la sua attenzione.
Quello
radioso di Takeshi che gli scaldava l’anima.
Quando
infatti l’altro chinò il viso per baciarlo dolcemente non si oppose.
Non
gli importava dove fossero.
Era
Takeshi la persona che amava.
E
finalmente gliel’aveva dimostrato.
Non
c’erano più ombre sul loro rapporto.
Erano
felici!
Tutti
i presenti in quel parco erano felici alla loro maniera.
La
caduta della “Prima Generazione” aveva infatti prodotto una preghiera che si
era spinta lontano nel tempo raggiungendo la “Decima” e provocando così la sua
rinascita.
FINE
FINE
FIC