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Autore: Rebychan    09/03/2014    2 recensioni
La caduta della “Prima Generazione” aveva prodotto una preghiera che si era spinta lontano nel tempo raggiungendo la “Decima” e provocando così la sua rinascita.
Pairing: vari. Indicazioni: Speculazioni. Spoiler.
Dal primo capitolo:
“Io non tradirò mai il mio boss.”, disse sicuro.
L’altro incassò il colpo in silenzio, anche se i suoi occhi erano sempre più incandescenti.
“Io spero ancora che tu e tuo padre riusciate in futuro a trovare un accordo.”, aggiunse.
Forse se i due si fossero seduti ad un tavolino ed avessero discusso sarebbe stato ancora possibile trovare una soluzione ai problemi che stavano minando l’unità Familiare.
Proprio per quello prima di andarsene, il Giapponese proferì quelle parole. “Non riferirò a nessuno questa nostra conversazione.”
Non voleva aggiungere altra legna ad un fuoco che stava già divampando in modo furioso. Sperava ancora che un po’ di acqua avrebbe potuto spegnerlo, ma se si continuava ad alimentarlo non sarebbe stato possibile.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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E’ da una vita che non mi faccio viva qui su EFP, ma per me è un periodaccio.

Ho trovato il tempo due secondi per postare questo capitolo. E’ l’ultimo!

Lo dovevo a chi ha seguito e letto questa storia.

Mi spiace di non riuscire a rispondere ai commenti. Li ho però letti e mi hanno commosso.

Spero che il finale piaccia, così come spero un giorno di riuscire a tornare in questi lidi.

Rebychan

 

4.

 

Diversi decenni dopo…

 

Era primavera ed i ciliegi erano in piena fioritura.

I Viaria si trovavano in Giappone a seguito della battaglia degli arcobaleno.

Squalo aspettava ancora il trapianto di cuore, ma grazie alle illusioni di Marmon riusciva ad avere una vita normale.

L’uomo dai capelli argentati entrò nell’ufficio di Xanxus a passo di carica per proporgli un’attività diversa da quelle solite.

Lo trovò che guardava il suo braccio mentre apriva e chiudeva la mano come a metterlo alla prova.

L’aveva perso e gli era stato riattaccato.

Lo stava tastando.

Quando il suo sguardo si sollevò i suoi occhi trasmettevano la sua consueta rabbia.

Eppure era da qualche tempo che con Squalo sembrava essersi raddolcito.

Forse perché il suo luogotenente aveva dato prova della fedeltà più grande di cui si poteva sperare.

Era stato disposto a sacrificare la vita per lui.

Xanxus aveva sempre vissuto una vita precaria nella falsità.

Non credeva in niente, eppure si era reso conto che invece qualcuno credeva sul serio in lui, tanto da essere disposto a fare l’impossibile.

Ciò anche se non l’avrebbe mai ammesso, l’aveva colpito.

Fu per quello che quando Squalo gli propose di andare con gli altri Viaria a vedere i ciliegi in fiore, all’inizio rispose di no. Stava bene dove stava. Con la sua adorata Tequila a fargli compagnia.

Squalo però non demorse nemmeno di fronte al bicchiere di vetro che gli aveva lanciato e che s’infranse a pochi centimetri dalla sua testa.

Fino a quando non glielo buttava addosso, voleva dire che poteva ancora osare.

A far “cambiare idea” Xanxus furono le parole “è una tradizione qui in Giappone andarli a vedere, e sotto quello spettacolo suggestivo di morte e vita si può bere fino allo sfinimento.”

Xanxus aveva guardato con un cipiglio il suo uomo più fedele: “Morte e vita? Bere?”

Squalo spiegò: “Si racconta che sotto i ciliegi venga seppellito un cadavere ed è bevendo dal suo sangue che i ciliegi si colorano di rosa. E beh… bere saké per i Giapponesi è quasi un rituale sacro, per cui ogni occasione è buona per darci dentro.”

Xanxus guardò fuori dalla finestra.

Anche da lì si vedevano da oltre le mura dell’albergo dei rami di ciliegio fioriti.

Si alzò in piedi.

Sul volto di Squalo si dipinse un ghigno compiaciuto.

Xanxus gli si parò davanti.

E gli tappò la bocca con la sua per cancellarglielo.

Poi uscirono insieme dalla stanza.

Gli altri Viaria erano già pronti ad aspettarli.

Sì, Xanxus si era proprio addolcito.

Fino a pochi giorni prima era impensabile che avrebbe accettato di uscire con i suoi uomini per andare a vedere i ciliegi, ed era impossibile che baciasse Squalo in quel modo.

Sì, erano amanti da anni, ma il loro rapporto era sempre stato quello tra padrone e schiavo.

Xanxus godeva semplicemente nel sottomettere il suo luogotenente.

Non c’era affetto nei suoi gesti. C’era solo sesso e voglia di sfogarsi.

I baci erano pochi e sempre carichi di rabbia.

Le labbra ne venivano fuori sanguinanti e martoriate.

Ora invece c’era un po’ di dolcezza.

I baci nascevano spontanei anche per delle sciocchezze.

Quello era proprio un bel passo in avanti.

E Squalo non chiedeva di meglio perché nonostante il suo orgoglio e la superbia che lo caratterizzava si era accorta da tempo che il suo capo gli piaceva.

Per lui avrebbe continuato a fare qualunque cosa.

Il primo ad uscire all’aria aperta fu Xanxus.

Squalo e gli altri lo seguirono.

Lussuria portava con sé le vettovaglie e l’alcol.

Tutto era pronto per il pic-nic,.

Un'altra prova dell’addolcimento di Xanxus si ebbe proprio quando arrivarono al parco.

Lì c’era anche il Decimo successore dei Vongola.

Xanxus però non cercò rogne, si limitò a squadrare lui e i suoi lacché con supponenza, per poi allontanarsi.

Lo spettacolo dei fiori di ciliegio era davvero bello.

I Viaria trovarono da sedersi in un bel posto. E’ meglio dire che gli altri occupanti se ne andarono non appena loro li guardarono minacciosi.

Da quella posizione si vedeva anche il gruppo del Decimo, ma fu una giornata tranquilla.

Nessuno provò ad attaccarsi, anzi Lussuria a volte andò a parlare con Ryhoei, e lo stesso Squalo fece due chiacchiere con Yamamoto.

Xanxus si limitò a guardare la situazione con attenzione ed a bere.

Si poteva dire che finalmente i Viaria ed i Vongola originari avevano imparato a coesistere.

Si era in pace!

 

Quella non era però l’unico cambiamento avvenuto negli ultimi mesi a Namimori.

Anche in seno alla famiglia Vongola legittima nell’aria c’era qualcosa di diverso. E quel giorno successero diverse situazioni inaspettate.

Per la prima volta Lambo ottenne un complimento da Reborn. Sempre ovviamente se quello lo si può definire un complimento.

Il piccolo Bovino non faceva che confusione e casino mettendo a soqquadro le cibarie depositate sulle tovaglie.

Ad un certo punto, poi attaccò briga con l’ex Arcobaleno del sole.

Il Bovino gli sganciò delle bombe addosso. Ovviamente Reborn le rispedì al mittente.

Lo scoppio fu devastante tanto che Tsuna temette per la vita del bambino.

Quest’ultimo però ne uscì completamente illeso.

Fu allora che Reborn guardando il suo allievo disse: “Non vedo perché devi preoccuparti per lui. Sopravvivrebbe a tutto, anche se lo ammazzano.”

Tsuna sbatté gli occhi incredulo.

Era un mezzo complimento quello che aveva sentito uscire dalla bocca di Reborn? E rivolto a Lambo?

Non ebbe modo d’indagare.

Reborn si allontanò per andare a farsi coccolare da Bianchi.

E lui fu attirato da un’altra inattesa sorpresa.

 

Al parco arrivò la squadra di Mukuro.

Chrome seguiva il ragazzo come un cagnolino.

Gli altri  membri del gruppo invece non facevano che beffeggiarsi tra loro.

Quando si ritrovarono davanti i Vongola sul volto di Mukuro si dipinse un ghigno ironico, tuttavia nemmeno lui cercò la rissa.

No, semplicemente chiese a Chrome se voleva fermarsi con gli altri, o trovarsi un posto con loro.

La ragazza disse di voler seguire Mukuro-sama perché gli aveva promesso che gli avrebbe insegnato qualche altro trucco illusorio.

A quelle parole, per un attimo nel guardare la giovane lo sguardo di Mukuro si addolcì.

Fu solo un istante, poi la sua espressione tornò carica di ironia.

“Okay! Allora vieni con me.”

Con una mano salutò i Vongola, e poi si allontanò dalla loro vista.

Tsuna sorrise.

Si capiva perfettamente che se anche faceva il duro, Mukuro ci teneva a Chrome, e la stava allenando per renderla forte in modo da poter contare su di lei, ma anche perché fosse abbastanza potente da cavarsela da sola.

Proprio perché ci teneva non voleva perderla.

 

La sorpresa successiva fu ancora più grossa.

Dal cancello del parco infatti apparvero Dino, i suoi uomini e…. Hibari e i membri del comitato disciplinare.

Tsuna dovette sbattere le palpebre diverse volte per credere ai suoi occhi.

Dino teneva per un braccio Hibari e lo trascinava verso di loro.

Quest’ultimo ringhiava ma lo assecondava.

Il futuro Decimo boss si era chiesto parecchie volte come Dino riuscisse a trattare con Hibari visto il caratteraccio di quest’ultimo. Pensava che fossero più le volte che le prendesse, che quelle in cui riusciva a comunicarci.

Dovette ricredersi.

Nonostante la sua ritrosia ed il suo orgoglio spropositato, Hibari era “debole” nei confronti dell’atteggiamento appiccicoso, ma nel contempo determinato di un uomo forte come Cavallone.

Si perché Dino quando non era da solo era forte. Un avversario difficile da battere per chiunque.

E probabilmente lo era anche quando non c’erano in giro i suoi uomini.

La sua sbadataggine era talmente disarmante che non poteva lasciare indifferenti. Lasciava il segno!

Attraeva! Soprattutto persone come Kyoya che invece avevano fatto della solitudine la loro ragione di vita.

L’altro era il suo opposto.

Per i suoi uomini Dino avrebbe dato la vita.

Per Kyoya avere amicizie era quasi un crimine.

Eppure proprio per quello il modo di vivere dell’altro  non poteva che incuriosirli, spingendoli a frequentarsi.

Il loro legame erano nato così. Ed ora Dino riusciva a trascinare Hibari ad un pic-nic e quest’ultimo lo lasciava fare, anche se a dirla tutta il giovane si limitò a sedersi in un angolino sui talloni, guardando “incantato” i ciliegi che per un po’ erano stati per lui off-limits.

Quando Dino provò ad imprigionarlo in una conversazione, l’altro ovviamente sbuffò.

Incrociò le braccia, e chiuse gli occhi.

Dino però sorrise compiaciuto di fronte a quella sua reazione.

L’importante in fin dei conti era che fosse lì. Non più da solo.

 

Ancora tre sorprese attendevano Tsuna.

E una era stato lui stesso a prodursela.

Cinque degli invitati erano in ritardo e proprio in quel momento tre di loro arrivarono.

Quando vide uno di loro, il suo sguardo s’illuminò, arrossendo.

L’aveva invitata, e lei aveva detto di sì.

Non sapeva però se crederci o meno, ed invece era lì.

Nel vederlo sorridere così beota, Enma che si trovava accanto a lui ridacchiò malizioso.

Tsuna arrossì.

Enma gli fece l’occhiolino.

Essendo simili si capivano senza parlare. Le lascio il posto.

I tre si fermarono davanti alle tovaglie salutando.

Il gruppo era composto da due ragazze e un ragazzo.

Una delle due, quella con i capelli neri, stava parlottando fin troppo amichevolmente con il ragazzo.

Lei stessa era piacevolmente colpita dal grado d’intimità che si era creato tra loro mentre passeggiavano per raggiungere il parco.

Aveva sempre considerato il fratello della sua migliore amica come un buzzurro, ed invece anche se i suoi atteggiamenti erano esagerati, e usava parole estremamente strane, stava dimostrando molta sensibilità.

I due per tutto il tempo in cui rimasero al parco stettero vicini a parlare tra loro.

Fu proprio in quel momento che nacque in loro quel sentimento che in futuro li avrebbe spinti a mettersi insieme ed a formare una famiglia felice.

 

Tsuna notò quella situazione solo di striscio, era infatti troppo concentrato sulla terza ragazza.

Enma aveva lasciato libero il posto accanto a lui, ed ora lui doveva riuscire a trovare le parole giuste per chiederle di sedersi lì.

Ma come fare?

La lingua era così “sudata” da essere bloccata al palato.

Kyoko…”, riuscì a dire dopo pochi secondi che gli sembravano ore.

Lei gli sorrise. E non servirono altre parole.

Con naturalezza, si accomodò accanto a lui.

Tsuna era al settimo cielo.

Poteva quasi immaginare che si trattasse di un vero appuntamento.

Lei dopotutto aveva accettato di uscire con lui, no?

E va bene erano insieme anche ad altri ragazzi, ma erano tutte persone che sapevano farsi gli affari loro.

Sì, Haru non c’era. Era stata costretta ad andare al pic-nic della sua scuola.

Gli dispiaceva per l’altra ragazza, ma Tsuna era felice di quello.

Finalmente poteva stare insieme con Kyoko senza avere Haru tra i piedi, che provava ad attirare la sua attenzione, che piangeva, che rideva forzatamente, o che chiacchierava dalla mattina alla sera con Kyoko.

Kyoko era solo “sua”.

Riuscì infatti a parlare molto con lei. E ne fu felice.

Si rese conto di volerle davvero bene.

E che stare con lei lo faceva sentire bene al cento per cento.

Non solo, lei ad un occhio esterno poteva sembrare un po’ “scema”, ma quando ne aveva bisogno sapeva sempre spronarlo e dargli consigli utili.

Proprio perché era una persona dolce, senza troppi grilli per la testa, e un po’ “sbadata” il loro rapporto era molto equilibrato.

Tsuna dubitava che avrebbe avuto altre occasioni di trovare una ragazza che gli faceva provare le stesse emozioni.

Doveva buttarsi.

E infatti finalmente riuscì a farlo.

Non si dichiarò, ma riuscì a strapparle un nuovo appuntamento, stavolta al cinema e da soli.

In quel modo, se fossero state rose, sarebbero fiorite.

 

L’ultima sorpresa che “attendeva” Tsuna arrivò dai suo due migliori amici.

Tutti sapevano che Yamamoto e Gokudera stavano insieme.

Tutti sapevano anche però che per il secondo era difficile lasciarsi andare in effusioni in pubblico con l’altro, soprattutto se c’era Tsuna.

Gli sembrava di essere irrispettoso nei confronti del Decimo, la persona che lui ammirava più di tutte.

Yamamoto segretamente però era geloso. Sospettava che l’altro gli piacesse più di lui, e che fosse per quello così titubante.

Quel giorno Takeshi era stato a casa ad aiutare il padre nel ristorante, per cui aveva già detto che al pic-nic sarebbe arrivato in ritardo.

Gokudera aveva deciso di aspettarlo.

E aveva dato una mano anche lui al ristorante.

Per ringraziarli del duro lavoro, Yamamoto.-san aveva dato loro del sushi da portare ai loro amici.

Per tutto il tragitto, Yamamoto aveva camminato con una mano appoggiata amichevolmente sulle spalle di Gokudera.

Era un gesto di possesso che imbarazzava il guardiano della tempesta, ma che poteva accettare.

Sapeva perfettamente quanto Yamamoto fosse un tipo giovale, tanto da risultare un po’ idiota.

Per lui dimostrare le sue emozioni di fronte agli altri era quasi una missione.

Era estroverso, quanto lui era introverso.

Così come Yamamoto però si era sforzato di assecondare i suoi tempi e di rispettare i suoi spazi, Gokudera aveva deciso di scendere a patti con certe dimostrazioni d’affetto del compagno, lasciandolo fare, quando ne sentiva il bisogno.

Se lo stringeva a sé in quel modo, significava che lo voleva. E lui voleva renderlo felice.

Era sì un po’ imbarazzato, ma gli andava bene.

Degli altri non gliene fregava niente.

L’importante era che Yamamoto, il suo idiota fosse felice.

Un tempo aveva pensato di odiare Takeshi, ma ora si rendeva conto che ciò era dovuto alla forte attrazione che provava fin dall’inizio per lui.

Non sapendo come accettare quel sentimento, aveva finito con il negarlo, e considerarlo all’opposto.

Ormai però era acqua passata.

Takeshi aveva infranto ogni sua remora, ed adesso erano felici insieme.

Certo litigavano ancora, ma poi facevano pure pace.

Al ricordo dei baci che si scambiavano dopo una discussione particolarmente accesa che degeneravano poi in situazioni ancora più spinte, arrossì lievemente.

Allontanò quel pensiero.

Erano giunti al parco, e beh… la sua attenzione finì inevitabilmente sul Decimo.

Fu istintivo allontanarsi da Takeshi mettendo distanza tra loro.

Con la punta dell’occhio vide l’altro irrigidirsi.

Poi però Yamamoto sorrise mentre si avvicinava ai suoi amici per offrire il sushi.

Si sedette in un angolo della tovaglia. Gokudera lo seguì, sedendosi accanto. Non prima però di aver salutato il Decimo.

Per diversi minuti Yamamoto non cercò nessun tipo di contatto con lui.

E sì che lì tutti i partecipanti del pic-nic erano particolarmente affettuosi.

Anche Tsuna era diventato molto più propositivo con Kyoko. Per non parlare poi di Ryohei che stava facendo platealmente la corte ad Hana.

Dino toccava Hibari ogni tre secondi, anche solo per dargli un buffetto, o fargli una carezza.

L’altro ragazzo ringhiava ma non vi si opponeva poi particolarmente.

Reborn in braccio a Bianchi si faceva coccolare.

Lambo “litigava” giocandoci con I-pin.

Insomma si respirava aria di festa.

Solo Yamamoto anche se ogni tanto scherzava con Ryohei e Dino sembrava aver messo della distanza tra lui e Gokudera.

Succedeva sempre così quando c’era di mezzo il Decimo.

Ed era colpa di Hayato.

A lui il Decimo non piaceva come persona. Per lui era una specie di idolo da idolatrare, un amico prezioso che gli aveva fatto capire che la sua vita era importante e che doveva tenerla da conto, una persona insostituibile che voleva servire per sempre.

Quello che provava per il Decimo era un sentimento diverso da quello che provava per Yamamoto .

Forse erano sì due forme d’amore, ma diverse.

Il suo affetto per il Decimo era di tipo amichevolmente sottomesso. Nel senso che gli era amico, ma si sentiva inferiore nei suoi confronti in tutto e per tutto, e mai avrebbe fatto qualcosa per superarlo.

Il suo affetto per Takeshi era invece del tipo amorevolmente alla pari. Nel senso che da sempre non voleva essergli da meno, e avrebbe fatto di tutto per camminargli alla pari o addirittura superarlo per farsi seguire. Voleva che l’altro lo guardasse come una persona che valeva, e lo ammirasse.

Voleva essere tutto per lui.

Sì, era quello ciò che provava.

Lui voleva stare con Takeshi per sempre.

Come poteva fargli capire che non doveva temere il suo legame con il Decimo?

Sì, perché aveva capito che l’altro era un po’ geloso. E se non gli diceva niente era solo perché gli voleva bene, e considerava Tsuna un amico.

Gokudera aveva già la risposta alla sua domanda.

Fu per quello che finalmente si decise a fare quel gesto, che poteva sembrare semplice, ma che in verità era un gran passo avanti.

Deciso afferrò la mano di Yamamoto, e la strinse forte intrecciando le loro dita.

Quello era un gesto intimo. Era stato lui a prendere l’iniziativa, e l’aveva fatto davanti a tutti, compreso il Decimo.

Quest’ultimo infatti se ne accorse e sorrise.

Hayato però nemmeno se ne accorse.

Era un altro il sorriso che aveva tutta la sua attenzione.

Quello radioso di Takeshi che gli scaldava l’anima.

Quando infatti l’altro chinò il viso per baciarlo dolcemente non si oppose.

Non gli importava dove fossero.

Era Takeshi la persona che amava.

E finalmente gliel’aveva dimostrato.

Non c’erano più ombre sul loro rapporto.

Erano felici!

 

Tutti i presenti in quel parco erano felici alla loro maniera.

La caduta della “Prima Generazione” aveva infatti prodotto una preghiera che si era spinta lontano nel tempo raggiungendo la “Decima” e provocando così la sua rinascita.

 

FINE

 

FINE FIC

 

   
 
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