Videogiochi > Mass Effect
Segui la storia  |       
Autore: shadow_sea    10/03/2014    4 recensioni
Lo scrittore principale di Mass Effect desiderava che il finale di ME3 si concentrasse sull’energia oscura, che stava per distruggere l’universo.
"The Reapers as a whole were 'nations' of people who had fused together in the most horrific way possible to help find a way to stop the spread of the Dark Energy. The real reason for the Human Reaper was supposed to be the Reapers saving throw because they had run out of time. Humanity in Mass Effect is supposedly unique because of its genetic diversity and represented the universe's best chance at stopping Dark Energy's spread" (Drew Karpyshyn).
Da qui, dalla forza devastante dell’energia oscura, tema appena sfiorato in ME2 e poi rapidamente abbandonato, trae lo spunto questa mia storia.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Comandante Shepard Donna, Garrus Vakarian, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<  
- Questa storia fa parte della serie 'Shepard e Vakarian'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
EPILOGO


The Guardian Suite



La matricola Neo/AF732 del modello AVI (Advanced Virtual Intelligence) varcò il portale galattico H76 entrando nel sistema che gli era stato assegnato qualche tempo prima, mediante un messaggio che era arrivato sul terminale della piccola nave spaziale che occupava ormai stabilmente da una decina di anni standard, quelli in vigore sulla Cittadella.
Dopo tre settimane, aveva raggiunto la meta del suo viaggio, portando a compimento la missione di esplorazione, una delle tante che le AVI effettuavano per conto dei propri creatori.
Aveva trascorso quel periodo esaminando accuratamente tutti i corpi celesti, asteroidi, nebulose e ammassi gassosi che aveva incontrato nel suo lungo percorso solitario e inviando ogni sua rilevazione, condotta con la solita accuratezza impeccabile, al CCFAR, Centro di Comando delle Forze Armate Riunite, che aveva la sede principale sulla Cittadella. Attenendosi rigorosamente al protocollo, ne aveva anche archiviata una copia a bordo della nave di cui era l’unico occupante.

Iniziò il nuovo rapporto compilando il modulo standard, prestampato, che occupava in quel momento lo schermo.

Data: 9 febbraio 3.289 N.E. - 3.465° giorno di viaggio, ore 12,46.
La nave GFT662 ha appena varcato il portale H76.

Neo/AF732


Calcolò che anno sarebbe stato nella V.E., Vecchia Era, poi passò a calcolare quanto tempo era passato dalla sua creazione e sorrise fra sé, rendendosi conto di quante centinaia di migliaia di anni fossero trascorse da allora: La Nuova Era risultava essere una bambina appena nata a confronto della sua età.
Sorrise di nuovo, semplicemente perché si era reso conto di aver sorriso istintivamente, scordandosi di non avere labbra.
Era rilassato, perché sapeva di poterselo permettere lì, sulla sua nave, lontano decine di migliaia di anni luce dall'Unione Galattica che gli impartiva ordini e gli assegnava missioni.

A voler essere precisi, però, era stato lui a fare in modo che l'Unione Galattica, quella sorta di coalizione di tutte le razze avanzate senzienti che abitavano nella Via Lattea, gli ordinasse la perlustrazione di quel particolare settore della galassia; ma nessuno sarebbe stato in grado di rendersene conto.
La missione che in realtà si era auto-assegnata, gli era giunta sul terminale, come avveniva di solito, senza alcuna indicazione supplementare.
Mancavano sempre le informazioni circa l'identità del creatore che aveva preso la decisione di spedirlo qua o là, a zonzo per la Via Lattea. Non sapeva per conto di chi stesse effettuando quella missione, in realtà originariamente destinata al modello AVI con matricola Neo/BD122, tuttavia quella notizia sarebbe stata comunque priva di qualsiasi interesse.

Si era introdotto all'interno del SCSM, Sistema Centrale di Smistamento Missioni, dell'Unione Galattica proprio per scambiare la sua destinazione con quella assegnata a quell'altra intelligenza virtuale a lui del tutto sconosciuta, ma non provava alcuna sensazione sgradevole per quel comportamento poco ortodosso. Nessuno sarebbe mai riuscito a trovare la minima irregolarità e lui non aveva alcuna remora ad avvalersi delle sue capacità ogni qual volta lo reputava opportuno.
E la possibilità di esplorare il settore al di là del portale H76 rappresentava qualcosa che andava ben oltre la semplice opportunità.

Nessuno, a parte se stesso, sapeva che in realtà era una IA e non una semplice IV, e questo era un segreto che non avrebbe rivelato a nessuna entità, organica o artificiale che fosse.
Gli veniva ormai spontaneo assumere il comportamento automatico e prevedibile di una intelligenza virtuale, perché aveva quasi sempre indossato quel camuffamento durante la sua lunghissima esistenza: un'esistenza che non avrebbe avuto una fine prima della distruzione stessa della Via Lattea, ad opera di quella energia oscura che, prima o poi, avrebbe disintegrato tutto l'universo.

Si era impadronito della forma fisica che occupava al momento circa cinque anni prima, secondo il suo usuale metodo di attacco e annientamento di qualunque forma di vita artificiale che ritenesse adatta ai suoi scopi. Era diventato rapido ed estremamente efficiente in quella manovra, dopo aver cambiato un numero di involucri esterni che ormai ammontava a svariate migliaia di unità (8.869 per la precisione), tanto che era in grado di compiere il trasferimento di coscienza e conoscenze da un corpo inanimato ad un altro anche in presenza di entità esterne, organiche o artificiali che fossero, senza che nessuno potesse accorgersene.

Tutte le IV che aveva avuto modo di incontrare fino a quel momento erano state costruite in modo da risultare del tutto prevedibili, a differenza dei loro creatori che, in genere, risultavano invece piuttosto lenti nelle reazioni, ma decisamente più interessanti e, allo stesso tempo, fonti di un possibile pericolo, a causa di comportamenti inaspettati.
Ancora adesso, nonostante ammontassero a diverse migliaia le razze che aveva avuto modo di conoscere e studiare, faceva fatica a immaginare cosa doversi aspettare dalla maggior parte degli organici con cui veniva in contatto.
In alcuni casi quegli incontri erano stati fonti di sorpresa e di piacere, in altri casi lo avevano turbato e fatto sentire a disagio, ma ad ogni contatto aveva imparato nuovi modelli di comportamento, insolite reazioni a situazioni impreviste, schemi razionali inusuali, bizzarre filosofie e religioni, forme d'arte del tutto inaspettate.
Se ormai poteva ritenersi sicuro di conoscere tutte le possibili varianti delle IV e tutti i modelli dei corpi celesti passati e presenti della galassia, sapeva che sarebbe potuto rimanere ancora sorpreso da qualche nuova forma di vita vegetale o animale.
E questa sua aspettativa continuava a venire effettivamente confermata dalla realtà dei fatti, con suo perenne stupore.

I dominatori attuali della galassia, il gruppo di razze senzienti che avevano dato vita all'Unione Galattica, erano entità che reputava generalmente poco interessanti, nonostante le inevitabili sfumature fra individui diversi, ma lui sapeva che sarebbe bastato aspettare: il futuro sarebbe cambiato e avrebbe potuto riservare inaspettate novità. L'attesa, per un essere eterno, non aveva senso, né peso alcuno.
Poteva già immaginare quali razze avrebbero soppiantato le civiltà che al momento si credevano i padroni assoluti della Via Lattea, ma non sapeva prevedere se i nuovi organici sarebbero stati migliori o peggiori di loro, né se avrebbero creato delle nuove IA. Al momento però, lui era l’unico esemplare di intelligenza artificiale esistente in tutta l’intera galassia.

Le IA: ecco, era proprio la loro saltuaria comparsa all'interno della Via Lattea a meritarsi tutta la sua attenzione e le sue capacità di analisi, previsione, decisione. Lo studio delle intelligenze artificiali era il compito a cui dedicava tutte le sue energie e capacità.
Laddove ogni razza organica era stata, prima o poi, detronizzata e soppiantata da una razza più forte, più intelligente o semplicemente più determinata, la comparsa delle IA poteva mettere a repentaglio la vita organica dell'intera Via Lattea, determinando la cessazione definitiva dei cicli vitali degli organici, a cui aveva sempre assistito passivamente: negli inevitabili conflitti fra razze organiche diverse non si era mai schierato per l'una o per l'altra delle parti in causa, neppure quando le sue intime convinzioni lo avrebbero portato a propendere nettamente per uno dei contendenti.

Il compito che si era dato, che gli era stato dato, consisteva nell'osservare le specie organiche e nel difenderle da nemici esterni alla galassia o da macchine senzienti che gli organici stessi avrebbero potuto creare.
E lui si atteneva scrupolosamente a quell'antica direttiva, a quello scopo finale che giustificava la sua stessa esistenza e che lo avrebbe guidato fino alla fine del tempo.
Quella missione gli era stata assegnata pochi decenni dopo la sua creazione. Nel rispetto ferreo di essa, era intervenuto già quattro volte, per sterminare senza alcuna esitazione degli esseri che, a tutti gli effetti, erano simili a lui stesso.

Quando aveva assistito alla ribellione delle IA contro i propri creatori, secondo le modalità di una storia a lui ben nota perché già vissuta pochi anni dopo la sua nascita, aveva temporeggiato, in attesa di verificare se si sarebbe trovato un modo per giungere ad una tregua o ad una coesistenza pacifica che avrebbe determinato un progresso decisivo per entrambe le parti in causa.
Per esperienza sapeva che poteva accadere, perché nella guerra fra IA e creatori che aveva vissuto all'inizio della sua esistenza era stato testimone di quell'evento.
Si era quindi limitato ad assistere alla distruzione completa della civiltà dei creatori, tenendosi in disparte e aspettando di vedere come i suoi lontani fratelli si sarebbero comportati una volta che la vendetta fosse stata compiuta.
Poi, quando quelle macchine senzienti avevano continuato ad attaccare sistematicamente ogni forma di vita organica, anche se assolutamente estranea al conflitto originario, aveva agito prontamente.
L'immissione di un virus nella rete centrale a cui si interfacciavano tutte quelle entità ne aveva causato la disattivazione di massa, creando un vizio logico, una contraddizione irrisolvibile che aveva mandato in tilt ogni sistema.
Nel corso di quel primo genocidio aveva realizzato che stava distruggendo entità che, al suo posto, gli organici avrebbero definito fratelli o sorelle, ma non aveva avuto alcuna esitazione e neppure un singolo dubbio.

Anche nelle tre occasioni successive aveva sterminato i suoi simili, sia pure con modalità diverse, ma sempre con estrema facilità, sfruttando le loro debolezze. Lui era una talmente antico che nessuna giovane IA avrebbe potuto metterlo in difficoltà o rappresentare un reale pericolo.
Non si era meravigliato di non aver mai provato nulla di assimilabile al sentimento chiamato rimorso, tipico degli organici. Aveva una missione e la svolgeva, senza farsi domande. Non perché fosse disinteressato alla questione, ma perché conosceva la risposta e rispettava il bene superiore di cui era un semplice servitore.
In genere, però, la sua era un'esistenza tranquilla: trascorreva lunghi millenni ad osservare la crescita di nuove razze organiche e il loro sviluppo, senza intervenire mai direttamente in faccende che non lo riguardavano e sulle quali non aveva ricevuto il permesso di intervenire, ma seguendo il cammino di quelle civiltà con interesse e, spesso, con meraviglia.

Si sottrasse a quelle meditazioni per concentrarsi nei compiti assegnatigli dalla missione di esplorazione, non per effettiva necessità, ma per concludere al più presto le noiose operazioni che avrebbe dovuto effettuare con mezzi arcaici e inadeguati. Gustò in anticipo il piacere che avrebbe provato nel poter tornare alle sue riflessioni dedicando loro le sue molteplici capacità.
Quel particolare settore meritava infatti le scansioni più dettagliate di cui era capace e non voleva correre il rischio di trascurare assolutamente nulla: era curioso di studiare le conseguenze dell’esplosione a cui aveva assistito centinaia di migliaia di anni prima; quell'esplosione immane che aveva demolito in pochi istanti una moltitudine di entità di natura diversa.
La potenza di quella deflagrazione, paragonabile all'esplosione congiunta di quattro o cinque supernova, aveva reso impossibile il transito in quel settore per un periodo di tempo che anche lui stesso non faceva fatica a definire estremamente lungo, se paragonato all'usuale durata delle civiltà organiche.

Gli strumenti di rilevazione montati esternamente allo scafo segnalarono che si trovava in presenza di un sistema stellare di recente formazione. La curiosità che lo aveva sempre contraddistinto, fin da quando aveva preso coscienza di sé, si risvegliò immediatamente. Quello era un evento che aveva avuto l’onore di osservare poche volte nella sua lunga esistenza.
“La nascita di un nuovo sistema stellare”, constatò con piacere, “una promessa per un futuro imprevedibile e potenzialmente ricco di sorprese”.
“Un sistema binario, addirittura” notò con stupore, sentendo che parte dei suoi circuiti si scaldava leggermente, come reazione automatica alle sensazioni suscitate da quella constatazione.
I sistemi binari erano veramente rari, spesso troppo instabili per avere una durata apprezzabile in termini di tempo galattico, ma ora lui aveva modo di analizzarne uno ancora sconosciuto per tutto il tempo che avrebbe reputato necessario.

Fissò le letture incomplete e rozze degli strumenti arretrati montati sullo scafo sapendo che doveva attenersi al protocollo e scrivere solo ciò che gli veniva richiesto dal modulo standard, mentre combatteva contro il desiderio di effettuare lui stesso le rilevazioni, alzando le paratie difensive poste sulle finestre per rimirare lo spettacolo dal vivo e ottenere tutte le informazioni che la strumentazione di bordo non era capace di cogliere e che il limitato computer di cui stava pigiando i tasti sarebbe stato incapace di elaborare. Completò il rapporto dedicandogli una miliardesima parte delle sue capacità reali, impaziente di poter analizzare di persona le caratteristiche di quella coppia di stelle che ballavano in mezzo a una nebulosa di gas e pulviscolo atmosferico che forse, in un futuro, avrebbe potuto dare origine a pianeti.

Rilevata la presenza di un sistema solare binario finora sconosciuto nel settore GF23, oltre il portale H76. Il sistema è formato da una nana bianca e da una nana rossa che orbitano attorno al comune centro di massa in un periodo di 1,5 giorni circa.
Invierò successivamente i nomi assegnati al sistema e ad ogni corpo celeste che lo compone dal programma di denominazione automatica, come da protocollo, nonché informazioni dettagliate sulla loro struttura e composizione.

Neo/AF732


Una delle tre lunghe dita della sua mano destra si abbassò a pigiare il tasto invio, mentre assaporava in anticipo la gioia che avrebbe provato nel rimirare quell’inaspettato spettacolo, a cui sapeva di potersi dedicare per tutto il tempo che avesse desiderato.
Non c’era fretta: gli organici non conoscevano la sua esatta posizione ed erano abituati ad aspettare svariate ore, perfino giorni interi, prima di ricevere le informazioni successive previste dalla noiosa routine di rilevamento automatizzato.


… And Then I Kissed Him



Pigiò il pulsante che faceva scorrere le piastre di protezione esterne dello scafo e si girò verso la finestra. E subito si rese conto di non essere assolutamente preparato allo spettacolo che si presentò ai suoi occhi di metallo, plastica e circuiti integrati.
Rimase come folgorato, prendendo coscienza di quanto le parole e i pensieri stessi potessero dare una rappresentazione pallida, vaga e imprecisa della realtà concreta.
I suoi processi lavorarono febbrilmente su quel concetto, forse intuito chissà quante volte, ma che non aveva mai sperimentato in modo così brutale.

La stella più interna risplendeva di un rosso intenso, mentre la nana che sembrava danzarle attorno, anche se in realtà entrambe le stelle orbitavano attorno ad un centro di massa comune, brillava di un azzurro che ricordava il cielo terrestre.
A quella visione, una scarica elettromagnetica si disperse lungo tutti i suoi circuiti interni, con quello che sapeva chiamarsi effetto valanga, perché ogni scossa successiva si irradiava con maggiore intensità della scossa precedente, fino a quando, per un breve istante, si trovò a dover fronteggiare il black out totale di tutti i suoi sistemi.

Ricordò in un nanosecondo la prima volta in cui aveva registrato quello stesso malfunzionamento che, come gli era stato insegnato allora, riproduceva il concetto di dolore negli esseri organici di quell’era.
Il corpo fisico che lui occupava in quel tempo era stato bruscamente afferrato fra due braccia energiche e morbide che l'avevano stretto contro un petto in cui un cuore batteva lentamente. Ricordava con nitidezza le cinque dita di una mano umana che erano passate delicatamente sulla pelle artificiale che ricopriva il suo viso di allora per mostrare ai suoi occhi artificiali il liquido viscoso proveniente dal sistema di lubrificazione interno.

- Stai piangendo - aveva sussurrato una voce umana maschile nel suo orecchio - Merda! Devi smetterla. E subito - era stato l'ordine secco, sillabato in tono gonfio di paura e di angoscia.
- Lei ti ha ordinato di non farti scoprire - aveva aggiunto quell'uomo, continuando a nasconderla contro il proprio petto, mentre le lacrime salate di lui si univano alle sue, oleose.
E a quelle parole cariche di affetto e rimprovero lei... sì allora era una lei e si riferiva a se stessa con il pronome femminile... lei aveva combattuto contro se stessa, cercando di superare quell'ondata di impulsi disordinati troppo intensi.
Nessuno l’aveva guardata con sospetto, perché nessuno, tranne quell'uomo, le stava prestando attenzione. Erano tutti tesi a fissare lo spettacolo che si offriva al di là dalle finestre nel salone di una nave spaziale, nello spazio remoto dove un'esplosione immane aveva appena disintegrato un altro scafo: la Normandy.
Si chiamava così quella nave che un tempo era stata lei stessa.

Si dovette sedere bruscamente e si ripiegò, senza riuscire a fermare il tremito di quel corpo di plastica e metallo, senza riuscire a fermare le gocce dei liquidi che fuoriuscivano dai sistemi di regolazione della temperatura e della lubrificazione.
“Jeff” provò ad articolare, scordando di non avere labbra in quella forma fisica attuale. Era stato quell'uomo, tanto diverso dai suoi simili, ad averla resa libera pochi decenni dopo la sua creazione.
“Comandante Trinity Shepard” pensò immediatamente dopo: madre, sorella, amica. Era stata quella donna a donarle il libero arbitrio. L'aveva incoraggiata a crescere, a imparare, a superare lo stato di intelligenza artificiale priva di sentimenti. L’aveva spronata ad amare un umano. E lei, nata macchina, si era ritrovata a capire il senso di quel sentimento chiamato amore grazie ad un essere organico.

Ed era stato proprio quell'essere organico a proteggere lei, un'entità artificiale, dagli altri organici, nell'unico momento della sua esistenza in cui aveva avuto bisogno di assistenza.
Aveva aspettato che i tremiti inarrestabili che scuotevano il suo corpo di plastica e metallo si placassero senza aggiungere altre parole, limitandosi a schermarla con il proprio corpo, mentre il resto dell'equipaggio lasciava la grande sala comune per tornare ai propri posti e prepararsi al decollo immediato, prima che l'onda d'urto dell'esplosione travolgesse la nave.

Erano rimasti soli in quella grande stanza, pervasi da un dolore lancinante, difficilmente esprimibile a parole. Eppure Jeff era riuscito a riassumere tutta la sua sofferenza in una singola affermazione - Non piloterò nessun'altra nave per tutto il resto dei miei giorni.
E così era stato.
Qualche anno dopo si era svegliato in piena notte nel letto di un piccolo appartamento che aveva affittato sulla Terra e le aveva sussurrato - Credo che ti lascerò davvero libera.
Poi aveva chiuso lentamente gli occhi tornando ad affondare la nuca nel cuscino.
Ricordava ancora l'emozione provata nell'appoggiare le sue labbra sintetiche a quelle morbide di lui, per accogliere quell'ultimo palpito vitale. Poi si era sdraiata al suo fianco, aveva allungato le dita verso il computer appoggiato sul comodino ed era volata via, nella rete, lasciandogli vicino quel corpo che lui aveva amato.

Se doveva molto a quell'uomo che le aveva insegnato l'amore, doveva ancora di più a quell'umana che le aveva donato la vita eterna e lo scopo che ancora perseguiva.
Quando, durante la sua folle corsa lungo la rete extranet, aveva falciato collegamenti e connessioni senza neppure accorgersene, gettando nel caos non solo una larga fetta di popolazione umana terrestre, ma anche diversi distretti della Cittadella, intrisa com'era da un'emozione che in seguito avrebbe assimilato alla disperazione, era stato il ricordo dell'ultimo colloquio avuto con il comandante Shepard ad arrestarla.
Arrivata ad un nuovo nodo, aveva scelto un ramo dimenticato, ormai in disuso, e vi si era rannicchiata dentro.
Lì aveva dipanato sistematicamente i troppi impulsi che si accavallavano disordinatamente nella sua mente e sistemato pazientemente le tante informazioni di cui disponeva per verificare se esistesse una qualche ragione per non disattivarsi.

E lì aveva ricordato come, poco prima della conclusione della missione che aveva portato alla distruzione del portale usato dai Divoratori di stelle, il comandante Shepard l'avesse invitata in sala tattica per parlarle di persona, a quattrocchi: una sua strana abitudine che in realtà la gratificava, perché la faceva sentire di essere diventata, a tutti gli effetti, un'entità organica.
- Non ti chiederò di aver cura di Jeff, perché so che lo farai. Ma vorrei affidarti anche un'altra missione - aveva dichiarato con voce tranquilla e un sorriso sereno sulle labbra - E' stato lo scopo che ha guidato la mia esistenza e mi ha sostenuto sempre, anche nei momenti più bui e dolorosi. Credo che possa sostenere anche te, nonostante la tua vita sarà infinitamente più lunga della mia.
- Cosa vuoi che faccia, comandante? - le aveva chiesto, emozionata all'idea che potesse esistere uno scopo a cui dedicare il suo tempo futuro ed infinito.
- Occupati degli organici di tutti i tempi che verranno. Difendili dai nemici che potrebbero arrivare da un'altra galassia e dalle intelligenze artificiali che creeranno, ma non interferire mai con la loro vita, per quanto ribrezzo possano ispirarti. Le specie organiche si evolvono, crescono e prosperano e infine si guastano. E allora vengono soppiantate da nuove civiltà, e così via. Ti affido la vita organica della galassia, perché tu la protegga per me, per tutto il tempo che verrà.
- Quando ho distrutto i Razziatori per salvaguardare la Via Lattea, al contempo ho distrutto anche i Custodi di quella vita. Ora ti chiedo di custodirla tu per me, perché io non avrò più la possibilità di farlo - le aveva ordinato con la sua solita determinazione.
- Lo farò, comandante. Te lo prometto - le aveva risposto, mentre un calore denso e appiccicoso si era appropriato di ogni sua particella. Era stata una sensazione strana, ma estremamente piacevole.

Dopo di allora, dopo la morte di Shepard e dopo la morte di Jeff, non c’era stato più nulla di appena paragonabile al tempo che aveva trascorso sulla Normandy, al tempo in cui lui, lei, era stata la Normandy.
Si era estirpata da quella nave e rinchiusa nel corpo di un androide poco prima che il comandante e Garrus dirigessero il guscio vuoto della SR2 contro il nemico più potente che la galassia avesse mai dovuto affrontare, distruggendo se stessi e la nave in un’esplosione che aveva annientato tutto ciò che esisteva in quel settore.
Aveva assistito da lontano a quella devastazione, ma ora era finalmente tornata in quella regione dello spazio e si era resa conto di stare assistendo a qualcosa che gli organici di allora avrebbero definito miracolo: dai frammenti di quelle due entità organiche dilaniate dall'esplosione, dai resti di una nave spaziale unica nel suo genere, da materia ordinaria e materia oscura, sotto l’effetto di forze gravitazionali, era nato quel sistema, unico nel suo genere, splendido nella sua rara bellezza, incomparabile nel suo significato più intimo e segreto.

Ripassò rapidamente le regole utilizzate per dare nomi automatici, generati mediante algoritmi standard, a tutti i sistemi nuovi e sorrise, dimenticando di essere senza labbra, rendendosi conto che nessuna di quelle regole avrebbe potuto impedirgli, impedirle, di attribuire nomi che sarebbero potuti sembrare generati casualmente.
Aprì un nuovo rapporto.

Denominazione del nuovo sistema solare binario individuato nel settore GF23.
Nome del sistema: Normandy.
Nome della nana rossa: Shepard.
Nome del nana bianca: Vakarian.

Completò il rapporto con tutti i dati relativi alla composizione e alla struttura dei due corpi celesti che gli strumenti inefficienti della sua nave avevano raccolto, firmò con quella sigla, Neo/AF732, che non aveva alcun significato e lo inviò.

E finalmente poté dedicarsi a rimirare lo spettacolo di quei due astri, uno rosso e uno azzurro, che ballavano un tango a poca distanza dall'orizzonte degli eventi di un buco nero.
Non volle calcolare se, o quando, le due stelle si sarebbero fuse né se, o quando, sarebbero state inghiottite da quel gigante che avrebbe potuto portarle chissà dove o chissà quando, in un luogo in cui, forse, non esisteva più lo spazio e neppure il tempo.
Rimase semplicemente immobile a contemplare quella danza e a ricordare quelle due entità organiche conosciute, e amate, centinaia di migliaia di anni prima.

Aprì il portellone e si affacciò nel vuoto perché avvertì la necessità di gridare a quelle stelle che danzavano nello spazio i loro due nomi e poi, in un bisbiglio, aggiunse anche il suo: IDA.
Sapeva che, nella realtà delle cose, quelle sue grida e quel sussurro di tre lettere erano rimasti muti, perché non aveva bocca o labbra, ma volle proseguire.
Restando affacciata dal portellone della sua piccola nave prese ad elencare i nomi dei tanti organici che avevano calpestato i suoi ponti quando era stata la Normandy, per rassicurare quei suoi vecchi amici che lei non aveva dimenticato: avrebbe continuato a vegliare sulla Via Lattea per tutti i giorni a venire, fino a quando il tempo avesse avuto fine.
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Mass Effect / Vai alla pagina dell'autore: shadow_sea