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Autore: mamogirl    11/03/2014    2 recensioni
"This Power is greater than the forces of nature."
Brian e Nick. Frick e Frack.
Una forte amicizia che, con il trascorrere del tempo, si é trasformata in un sentimento molto differente e molto più profondo.
Ma il loro rapporto potrà durare nonostante un ritorno di un passato doloroso e gli ostacoli che si presenteranno lungo la strada?
NOTA: Non ho abbandonato questa storia. Alcuni capitoli sono in fase di revisione e di riscrittura e saranno presto online. Ringrazio tutti coloro che stanno ancora aspettando. =)
NOTA: ONLINE IL CAPITOLO 24.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Brian Littrell, Kevin Richardson, Nick Carter
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Diciassettesimo Capitolo









 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Era stata una lunga e difficile notte, trascorsa in una silenziosa battaglia contro quei demoni e spettri di un passato che si era prepotentemente trasformato in realtà. Quei fantasmi, quelle invisibili entità, si erano accerchiati attorno al letto, rimanendo in attesa del momento perfetto per attaccare e allungare i propri artigli, affondandoli nella carne per arrivare finalmente alla parte più profonda dell'anima. Era stata, quindi, una notte trascorsa in difesa, i sensi elevati all'ennesima potenza per non lasciare nemmeno il più piccolo e insignificante varco per far entrare i nemici.

Ma non era stata quella l'unica battaglia. Ce n'era stata un'altra, più subdola e meno visibile, ma non per questo più leggera da combattere. La stanchezza aveva quasi vinto, quella notte, trasformandosi in una preziosa alleata per quei demoni che stavano aspettando di uscire da quell'angolo in cui erano stati rinchiusi e reclamare, dopo anni di silenzio, la loro supremazia. Stanchezza fisica, di quella che entrava nelle ossa e incominciava a logorarli lentamente, trasformando ogni nervo in un macigno pesante e trasmettendo il messaggio di lasciarsi finalmente andare, chiudere gli occhi e abbandonarsi in quel nero mare di oblio. Allettante. Attraente. Quasi impossibile da resistere e tener testa.

E Brian era stanco.

Fisicamente, si sentiva come se ogni nervo fosse pronto per distruggersi, spezzarsi sotto quel carico di tensione che aveva accumulato giorno dopo giorno, colpo dopo colpo, incubo dopo incubo. Gli occhi, gonfi e arrossati per quelle lacrime che stoicamente lui rifiutava di far scendere, non si erano mai chiusi: sbattevano le palpebre, si lasciavano tentare dall'oscurità ma poi ritornavano a cercare la luce, sia che fosse quella artificiale dei lampioni che sfrecciavano sia quando i primi raggi del sole avevano iniziato a tinteggiare di arancione il cielo. Mentalmente, però, Brian era totalmente svuotato tanto da sentirsi come un motore che continuava a girare a vuoto, senza mai che nessuno riuscisse a trovare un modo per spegnerlo. Panico, disperazione e puro terrore lo avevano tenuto prigioniero in quelle prime ore baciate dalla luna, pregando e chiedendo a chiunque lo stesse ascoltando di svegliarlo da quell'incubo. Ovunque si girasse, dovunque i suoi occhi si appoggiassero, tutto ciò che riusciva a vedere erano quelle due ombre nere, linee che costruivano i volti di due persone che si erano alleate per poterlo distruggerlo fino a quando non ci fosse stato solamente un cumulo di cenere al suo posto. Li vedeva sorridere, li vedeva ridacchiare mentre si aggiravano attorno a lui, ricordandogli quanto potere avessero su ogni suo pensiero e comportamento.

Dieci anni.

Dieci anni in cui Brian aveva cercato di mettere più distanza possibile da ciò che gli era successo, dieci anni in cui aveva cercato di dimenticare che viso Tyler avesse e quella sensazione che, per mesi, lo aveva portato quasi a scorticarsi via ogni centimetro di pelle. Quella sensazione era tornata, ora, e si era trasformata in un pugno dritto allo stomaco e il cui dolore si stava propagando in tutti gli altri organi e arti. Era tornata e lo aveva fatto con il triplo dell'intensità, perché ora c'erano altre mani che volevano toccarlo e assaporare il suo profumo e tutto ciò che la mente di Brian riusciva a concepire era qualcosa che lo proteggesse, un minimo e debole meccanismo di difesa per trattenerlo lontano da quelle immagini che stavano diventando sempre più grandi e, con la loro forza, cercavano di soffiare via ogni sua resistenza.

Dieci anni che sembravano essere scomparsi, riportando Brian nelle esatte condizioni in cui si era ritrovato una volta terminato quell'incubo. La tentazione di racchiudersi dentro di sé, di escludere qualsiasi cosa di esterno e che avrebbe potuto fargli ancora del male, era troppo forte da poter scacciare via come una mosca fastidiosa. Annullare ogni emozione, mettere un'alta e possente barricata fra la sua anima e quella contorta lucidità sul cui confine i suoi incubi si stavano divertendo a beffeggiarlo e a ricordargli che erano più forti, ora, perché uniti in quella missione. Era tutto ciò che Brian avrebbe voluto fare. Era tutto ciò che aveva fatto per quei centoventi mesi trascorsi da quell’orribile e terribile giornata.  

Dieci anni e, nonostante tutto, bastava qualche secondo di debolezza per ritrovarsi ancora in quel capanno, l'odore di vecchio e di muffa che lo avvolgeva e si insinuava dentro le sue narici, cercando il punto esatto dove incominciare a costruire la propria dimora. Pochi istanti e il silenzio della stanza si riempiva delle urla, le sue, e una voce che continuava a ripetere frasi di cui non avrebbe mai più voluto percepire e carpire il significato, forte e potente abbastanza per ridurlo definitivamente in ginocchio. Pochi attimi e Brian poteva ancora percepire la sensazione del sangue che scivolava via dalle ferite, lividi invisibili che pulsavano urlando il proprio dolore e quel lampo che aveva marchiato e strappato via la sua innocenza per sempre.

Sarebbe bastato poco, pericolosamente poco, per proteggersi senza più soffrire: distaccarsi, allontanarsi dal proprio corpo e portarsi via la propria anima, creando un nuovo abito dove ricominciare una nuova vita. Era così che era riuscito a vivere in tutti quegli anni: Brian aveva preso quel segreto e lo aveva gettato via, ignorandolo volutamente e quasi credendo che non gli fosse mai successo niente. Un anno letteralmente scomparso dalla sua mente e dalla sua storia, una flebile ombra che gli aveva permesso di continuare però a vivere alla luce del sole.

Ma era stanco. Fisicamente e mentalmente. Brian, soprattutto, era stanco di fuggire perché quella fuga non sarebbe mai terminata. In tutti quegli anni, Brian si era solamente illuso di essere finalmente sicuro. Glielo avevano promesso, d'altronde. Gli avevano giurato che non avrebbe più rivisto né sentito anche solo quel nome e che sarebbe stato impossibile, per Tyler, riuscire anche solo a mandargli una lettera.

Una lettera.

Un accenno di sarcastica e isterica risata incominciò a solleticare la gola di Brian, cercando di trovare un modo per uscire. Tyler aveva fatto ben peggio di una lettera: aveva mandato fiori, aveva organizzato un aggressione e sembrava averlo seguito in qualunque posto fossero stati nelle ultime settimane. E chissà quant'altro era riuscito a fare senza che nessuno, senza che lui, potesse saperlo o meno.

Ecco perché non aveva più senso scappare. Ecco perché tutti quegli anni non avevano più senso: a che cosa era servito costruirsi una nuova maschera se poi si era ritrovato allo stesso punto di partenza? A che cosa era servito far finta di essersi messo tutto alle spalle se era bastato un primo soffio di tempesta a farlo cadere? A che cosa, soprattutto, serviva rimettersi in piedi ogni volta se poi c'era sempre qualcosa pronto ad aspettarlo per metterlo con le spalle al muro?

Brian si sentiva svuotato, completamente privato di ogni speranza e forza ma, allo stesso tempo, c'era una fiamma di rossa rabbia che iniziava a nascere e a crescere dentro di lui: quel fuoco lo voleva spingere a reagire, a urlare e gridare con forza tutto il suo dolore, a rompere e spezzare qualsiasi oggetto fino a quando non ci fosse stato sangue a scendere dalle sue dita; quelle fiamme volevano sconfiggere quella sensazione di viscido e fisica sofferenza che incominciava ad aggrovigliarsi attorno al suo stomaco mentre lunghi e affilati artigli cercavano di graffiare e infilzare fino a quando solamente la bile poteva trovare una via d'uscita.

Un passo. Bastava un passo per ritrovarsi in quel vortice distruttivo, un passo per cadere da quel precipizio il cui terreno si stava sgretolando sotto il suo peso. Bastava un passo, sì, ma allo stesso modo bastò una semplice carezza per salvare Brian e farlo aggrappare all'unica vera cosa che segnava un cambiamento netto fra il passato e il presente.

Nick.

Una semplice carezza. Un cerchio tracciato dalla punta dell'indice, un tocco di farfalla che sembrava aver deciso di appoggiarsi sulla sua schiena per ricordargli che c'era ancora speranza e, fin quando essa avesse continuato a sbattere le sue ali, allora aveva senso rialzarsi e continuare a lottare. Quella farfalla, per Brian, era Nick.

Il sollievo, nato da quella carezza, fu un imponente onda da cui Brian si lasciò travolgere senza opporre resistenza. Invece che cercare di obiettarci contro, le sue mani si strinsero, con più forza e intensità, attorno ai lembi della maglietta che Nick ancora indossava, quasi come se volesse annullare ogni centimetro che ancora si intrometteva fra loro. Non era un gesto che racchiudeva connotati sensuali, era semplicemente il bisogno fisico di ricordarsi che non era da solo ad affrontare tutto quell'incubo. Era, in tutta la sua purezza e chiarezza, una silenziosa richiesta di aiuto e protezione.

E, in quella richiesta, Brian comprese che non era come dieci anni prima. Lui, in primis, non era più quel ragazzino che aveva dovuto cercare di arrangiarsi con quei pochi mezzi che aveva avuto a disposizione. Forse non erano stati sufficienti a guarirlo, forse non avevano fatto altro che trascinarsi con il trascorrere degli anni ma, per quanto deboli fossero stati, erano comunque riusciti nell'intento di portarlo in quel preciso momento. Aveva ancora molto da risolvere, indipendentemente dal fatto che ci fosse un pazzo psicopatico alle sue calcagna ma ora, finalmente, Brian aveva una ragione fondamentale e necessaria per rimettere in linea la sua vita. Aveva qualcosa, aveva qualcuno che amava così totalmente e completamente da non avere neppur più una remora nel mostragli la sua anima ferita e indebolita. Aveva Nick e quella vita che era riuscito a mettere insieme, un lavoro, una cerchia di amici e una felicità a cui non avrebbe mai rinunciato. Per tutto quello, per Nick, Brian avrebbe sempre trovato la forza per rialzarsi e rigettarsi di nuovo nella mischia. Per tutto quello e per Nick, Brian avrebbe affrontato i ricordi che erano riaffiorati e li avrebbe sconfitti, seppellendoli finalmente con l'etichetta di un passato ormai deceduto e inerme. Per tutto quello e per Nick, soprattutto, Brian avrebbe opposto resistenza a quel piano che Tyler aveva architettato, dimostrandogli che non era più quel ragazzino che era riuscito a sopraffare.

Già.

Era quello l'errore che Tyler non aveva messo in conto. Per quanto avesse progettato quel piano, per quanto tempo avesse trascorso a trovare il modo perfetto per distruggerlo e farlo suo, Tyler non aveva mai preso in considerazione la possibilità di ritrovarsi di fronte ad un nuovo Brian. Non più quel ragazzino ma un uomo che sapeva contare sulla sua forza e, nonostante dopo l'ennesima caduta, sapeva anche dove poterne prendere quando si ritrovava a terra perché aveva una rete di supporto e qualcuno che dipendeva da lui e che non poteva permettersi di lasciare da solo, richiudendosi in se stesso come stava facendo in quel momento.

“Tyler si sbaglia.”

La voce arrivò roca, un debole sussurro come se anch'essa fosse stata vittima del panico e dello shock. Ma era determinata. Era sicura e lasciava intravedere quella forza che, lentamente, si stava rimettendo in carica.

La carezza di Nick non si fermò, continuò a salire e poi ridiscendere sulla schiena, fermandosi poi al centro e racchiudendosi in linee e cerchi. Non azzardò nessuna risposta, consapevole di non avere ancora tutte le risposte che, forse, un giorno Brian gli avrebbe dato. Ma era sollevato, quello sì, perché per tutta la notte Brian non aveva fiatato: c'erano stati respiri rapidi, c'erano stati accenni di singhiozzi ma mai una parola, mai una risposta alle sue domande. E ciò lo aveva spaventato, più di quanto Nick potesse e volesse ammettere con se stesso. Perché con un Brian che si racchiudeva dentro se stesso, Nick non aveva nessun'arma per combatterci contro, non sapeva nemmeno da dove iniziare per riportarlo indietro. E, quando era stato sul punto di chiamare aiuto, chiamare Kevin perché solamente lui avrebbe potuto dirgli che cosa fare, ecco che quella voce si era alzata scacciando via ogni più profonda paura.

“Tyler si sbaglia perché pensa di potermi distruggere. E' convinto che sia ancora quel bambino e pensa di poter far terra bruciata attorno a me, portarmi via ogni sicurezza e consapevolezza fino a quando diventerò così disperato da accettare ogni sua richiesta. Può provarci ma non ci riuscirà.”

Per qualche secondo, Nick si ritrovò completamente preso controvento da quelle parole. Non si era aspettato nulla, non poteva nemmeno incominciare ad avvicinarsi a ciò che Brian potesse o stesse pensando in quelle lunghe ore ma, di certo, l'ultima cosa che avrebbe potuto concepire potesse essere l'ennesima dimostrazione di quella forza che sembrava non avere mai fine. E lo spaventava, allo stesso tempo, perché non voleva nemmeno pensare che cosa sarebbe successo o le conseguenze quando, e se, Brian finalmente avesse lasciato andare quel controllo di ferro attorno alle sue paure.

“E sai perché non mi distruggerà?”

Due occhi azzurri, lucidi nonostante quel rossore che lasciava intendere che nottata era stata, si alzarono e si posarono su quelli di Nick. “La tua immancabile e indistruttibile forza?”

Con un mezzo sorriso, Brian scosse la testa socchiudendo per qualche secondo gli occhi. “No. Non ho nemmeno idea di come sia ancora in piedi dopo tutto quello che è successo. Sono... l'ultima volta, non ho reagito bene. Non sapevo come affrontare ciò che mi era accaduto, non riuscivo a darmi una spiegazione e, più di tutto, non volevo ricordare. Ero letteralmente a pezzi e più mi spingevano a parlarne, più mi nascondevo perché non volevo più sentire il dolore. Non volevo più vedere i miei e Kevin così preoccupati per me. Così... - Brian scrollò le spalle mentre, lentamente, si slacciava dall'abbraccio di Nick e incominciava a mettersi seduto. - Ho semplicemente buttato tutto in un cassetto e fatto finta che niente fosse successo. E fino adesso, aveva anche funzionato. Ma...”

“Ma?”

“Sono al punto di partenza e ho paura. Questa forza, questa cosa che continui ad ammirare, è solamente uno specchio per le allodole.”

“Lascia che ti aiuti. Non devi fare tutto da solo, con me non devi essere sempre la roccia che non si sbriciola nemmeno durante una tempesta.”

“Lo so. - Ammise Brian. - Solo qualche giorno fa, avrei ribattuto e cercato di dimostrarti che ti sbagliavi. Ma ero io dalla parte del torto. Non voglio ritornare a com'ero dieci anni fa. Non voglio più scappare e so che devo affrontare ciò che è successo e ciò che Tyler ha in mente. E non posso farlo se a malapena riesco a respirare o a andare avanti con la vita quotidiana. Ho bisogno di appoggiarmi a qualcuno, ho bisogno di qualcuno a cui poter chiedere di tenere questo peso per qualche minuto, il tempo per fermarmi e riprendere una sorta di equilibrio. Non ho bisogno di sentirmi dire che andrà tutto bene, non ho bisogno di promesse su come sarò salvo e niente potrà succedermi. Ho bisogno di una speranza. Tu, Nick, sei quella speranza.”

Il groppo, quella volta, fu difficile da rimandare indietro come se niente fosse. Nick lasciò scivolare via quelle lacrime, due solitarie gocce d'acqua che caddero sulle dita che si stavano intrecciando in quel piccolo spazio lasciato libero sulle coperte. Non bisognava essere dei geni o possedere una dote empatica per rendersi conto di quanto grande e importante fosse quel momento. Implicitamente, Brian gli stava offrendo una via d'uscita e una sorta di silenzioso ultimatum: questa è la tua ultima possibilità, scappa finché sei in tempo o rimani per sempre al mio fianco. Qualsiasi cosa succeda.

In Nick non c'era nemmeno un'ombra di dubbio. Nemmeno il più piccolo frammento di incertezza. Sapeva che non sarebbe stato facile, sapeva che davanti a loro si estendeva un'alta parete e che la salita sarebbe stata tutto fuorché priva di ostacoli. Aveva paura, certo, perché a malapena riusciva a tenere se stesso in carreggiata e, ora, avrebbe dovuto invece prendersi cura di qualcun altro. E non uno qualunque. Ed era quel particolare, era il piccolo e fondamentale dettaglio che fosse Brian quella persona che lo faceva vibrare con desiderio e voglia di dimostrare, finalmente, che ci si poteva fidare di lui.

“Sei sicuro di volerti fidare di me?” Si ritrovò, quindi, Nick a chiedere mentre azzardava ad alzare la mano e appoggiarla sulla guancia.

“Sì. Devo. Se vogliamo incominciare questo rapporto, se vogliamo costruire qualcosa di serio e di stabile, devo abbattere queste mie difese e lasciare che qualcuno, ogni tanto, si prenda cura di me. E non c'è nessun altro a cui mi affiderei. Nessun altro se non te.”

Ne aveva bisogno. Quella realizzazione era arrivata forse con troppo ritardo, dopo settimane in cui aveva cercato di continuare la sua vita come se niente fosse successo, come se avesse ancora tutte le energie di quel mondo. La realizzazione era che, invece, per combattere aveva bisogno di quel tanto decantato e spaventoso crollo da cui Brian aveva sempre cercato di sfuggire via. Per potersi davvero rialzare, per poter davvero affrontare il suo nemico, doveva lasciare che ogni demone ancora dentro di lui uscisse, liberando la sua anima da incubi e paure che stavano già esaurendo ogni fibra del suo essere. Si fidava già di Nick, lo aveva fatto quando i primi cenni di crollo avevano incominciato a farsi strada e, per una volta, Brian desiderava lasciarsi avvolgere da un abbraccio e chiudere ogni pensiero per qualche ora.

“Quindi hai pensato alla mia proposta?”

“Sì. - Rispose Brian con un cenno del capo. - Ma non solamente per me. Anche tu hai bisogno di riposare e ricaricare le batterie. Questi giorni non sono stati semplici nemmeno per te e, se devi tenerti anche il mio peso, avrai bisogno di tutte le energie possibili.”

D'istinto, Nick si sporse per appoggiare un bacio sulla fronte del compagno. Come sempre, anche nelle sue peggiori condizioni, Brian si ritrovava a pensare anche agli altri e a come prendersi cura di loro. “Mi prenderò cura di te, Bri. E non lascerò che ti venga fatto del male. Non c'ero dieci anni fa e non ho fatto nulla quella famosa sera. Non commetterò più gli stessi errori.”

Era naturale quel comportamento. Era una delle tante espressioni in cui l'amore poteva declinarsi, un semplice e più che necessario bisogno di proteggere l'altra metà della propria anima. Era su quella basilare nozione che Brian aveva sempre costruito il suo rapporto con Nick, proteggerlo da tutto e da tutti. Anche da se stesso. E, in verità, aveva cercato di proteggere tutti da quel segreto che era sempre stato una sorta di veleno dormiente dentro di lui. Aveva pensato, Brian, e ne era stato fermamente convinto, che proteggere significava tenere tutto all'oscuro, in modo che niente potesse davvero far del male le persone che lo circondavano.

“Ne ho commesso uno anch'io. - Mormorò Brian, abbassando lo sguardo su quelle mani che, nonostante tutto, continuavano a cercarsi e a trovarsi. - Avrei dovuto parlarne molto tempo fa. Avrei dovuto raccontarvi, raccontarti, che cosa mi era successo. Ma avevo paura. Ho ancora paura che questo possa cambiare totalmente il modo in cui mi vedi. Ma lasciarvi ora nel buio è solo un'altra arma che consegnerei a Tyler. Non sono io che mi devo vergognare di ciò che è successo. Non voglio più essere una vittima.”

“Bri...”

“E' vero. Nick, per tutto questo tempo mi sono ripetuto che non lo ero, che ero più forte perché non mi lasciavo toccare da quel ricordo. Ma, invece, mi stavo comportando in quel modo perché mi vergognavo di ciò che mi era successo e ho lasciato a Tyler il potere di continuare a condizionare la mia vita anche se lui era dietro le sbarre. O, almeno, avrebbe dovuto esserlo.”

“Sai che non sei costretto a dirmelo.”

“Lo so. Ma devi sapere. Solo così potrai davvero aiutarmi invece che tentare di indovinare.”

C'erano tante obiezioni che Nick avrebbe voluto alzare. La prima era anche la più egoista perché, per quanto volesse sapere, ne era terrorizzato: c'era dolore nascosto in quel segreto, era ancora presente in quelle linee e ombre attorno agli occhi e Nick non sapeva se sarebbe mai riuscito a cancellarle completamente.

Ma Brian aveva ragione. Come sempre, anche quando significava ammettere di aver sbagliato. Aveva ragione perché, se davvero lui doveva e voleva prendersi cura di lui, doveva sapere contro quale mostro doveva proteggerlo.

“Okay. - Rispose Nick, stringendo con un po' più d'intensità le dita intrecciate fra loro. - Qualsiasi cosa sia, non sarà mai forte o grande abbastanza per sciogliere questo intreccio. Capito?”

Brian annuì, riuscendo solamente a fare quel cenno mentre cercava di recuperare le energie necessarie per quel discorso. L'ultima fatica, si ripeté. L'ultimo masso da spostare prima di potersi sdraiare accanto a Nick e riposare. Con Howie non c'era stato il bisogno di raccontare ogni minimo dettaglio, sapendo già la storia. Aveva dribblato il centro del discorso e aveva cercato di consolare l'amico, invece che se stesso. Ma parlarne con Nick avrebbe cambiato tutte le carte sul tavolo, lo avrebbe reso un nervo scoperto e pronto per essere coperto o spezzato a seconda dei casi.

Ma doveva farlo. Per se stesso e per Nick. Per dimostrare a Tyler che non aveva più paura di lui. Così, con lo sguardo basso e la voce poco meno di un sussurro, Brian incominciò a raccontare di quella giornata, di come niente aveva lasciato intendere che la tempesta fosse pronta ad abbattersi su di lui; di come, all'inizio, nessuno aveva sospettato quanto malato e psicopatico fosse quell'amico di Kevin, così gentile da prendere il posto del cugino e accompagnarlo a visitare quel posto così magico e speciale. Brian raccontò a Nick di quel preciso momento in cui si era accorto che tutto stava andando a rotoli, quel sorriso che era diventato all'improvviso diabolico e spaventoso, quella presa che si era fatta più salda attorno al suo polso e quegli strattoni per spingerlo verso il capanno abbandonato. Sottolineò, con più fiato e intensità possibile, di quanto avesse combattuto, di quanto si fosse opposto perché sapeva, anche con l'ingenuità di un ragazzino, che stava andando incontro a qualcosa di brutto e terribile. E mentre narrava, Brian si ritrovò catapultato in quelle memorie, in quei ricordi che stavano riprendendo vita attorno a lui, trasformando la camera del tourbus in un incubo fatto di terra e sporcizia, urla e violenza. Sangue.

Raccontò, Brian, di come aveva lottato, dei graffi che aveva lasciato sulla pelle del suo aggressore, di come aveva tentato di scappare ad ogni occasione possibile fino a quando gli era stato impedito di difendersi e proteggersi. Legato, immobilizzato, aveva continuato a combattere nonostante le urla e quella voce che gli diceva che non gli avrebbe fatto del male mentre le mani annullavano quella promessa. Raccontò tutto questo, Brian, e non lasciò sospeso nessun dettaglio, continuando a puntare su quella importante verità: si era ribellato e Nick doveva comprendere e capire che non si era lasciato sopraffare così facilmente. E fece quel racconto con un tono totalmente distaccato, freddo e distante come se fosse semplicemente un estraneo, un testimone che raccontava e descriveva cercando di non lasciarsi toccare dalla drammaticità della scena che si svolgeva di fronte ai loro occhi. Ma quando arrivò a quell'ultimo attimo, la frazione in cui tutto aveva portato un'agonia che si era assopita poi dentro di lui, Brian non poté usare giri di parole o metafore. Non c'erano altri termini per identificare ciò che gli era stato fatto, non c'era modo per rendere tutto meno terribile o drammatico. E a quella semplice parola, quella “violenza” che uscì come un macigno dalle sue labbra, la voce si ruppe, tremando e ritrovandosi con un solo filo di fiato.

Ci fu solo silenzio dopo quella confessione. Una cappa di pesante assenza di suoni scese su Brian e Nick, rendendo l'aria colma di tensione e di ansia. L'ansia era diventata l'unica compagna di Brian, timoroso nell'alzare il volto e incontrare qualunque espressione fosse dipinta sul viso di Nick. Lo avrebbe lasciato? Sarebbe stata quella l'ultima goccia, quell'unico ostacolo che Nick non sarebbe mai riuscito a superare? Una voce, quella parte che aveva prevalso fino a quel momento e continuava a fidarsi del compagno, cercava di ripetergli che non sarebbe successo, che Nick non avrebbe abbandonato la nave dopo tutti quei discorsi su quanto fosse cambiato e su quanto volesse rimanere al suo fianco.

Fidati, continuava a sussurrare, fidati di Nick.

Ma il silenzio continuava a protrarsi, diluirsi sempre più in attimi che duravano minuti e secondi che sembravano ore. Brian riusciva a sentire il suo cuore battere furiosamente contro lo sterno, urlando perché quelle immagini, diventate realtà, volevano farlo prigioniero e l'unico pensiero era quello di nascondersi e proteggere quell'ultimo brandello di sanità che gli era rimasta.

Stava per farlo. Spinto da quell'inconscio e vitale desiderio di nascondersi, Brian cercò di slacciare le dita da quelle di Nick. Ma inutilmente. Al primo tentativo, le dita di Nick si strinsero ancora di più attorno a quelle di Brian, una stretta che voleva porre una pezza all'assenza di parole. Perché non c'era niente che Nick riuscisse a dire. Non era solamente sconvolto, era come se qualcuno lo avesse preso e lo avesse trasformato in un punching ball, un sacco che la confessione di Brian stava prendendo a calci e pugni. Ne aveva avuto sentore, qualche indizio era riuscito a recuperarlo qua e là ma mai, mai, aveva lasciato che quell'ipotesi crescesse nella sua mente. Era troppo da immaginare, era qualcosa che lo lasciava con un senso di nausea e di rabbia. Oh, se era furioso! La sentiva incominciare a ribollire dentro le vene, la sentiva incominciare a diventare un mostro con artigli e denti pronti per attuare la loro vendetta. Voleva uccidere quell'uomo. E lo voleva fare nel più lento e agonizzante dei modi, anche se sapeva che niente, nemmeno le sue urla di dolore, sarebbero riuscite a lenire e a placare la sua sete di vendetta.

Non riusciva a pensare, Nick. Riusciva solo a stringere le dita di Brian e sperare che fosse solamente una specie di incubo. Sì, si sarebbe svegliato e Brian gli avrebbe detto la verità, non quella storia dell'horror di cui lui non era nemmeno capace di comprenderne i contorni, men che meno afferrare la sua complessità.

Non riusciva a pensare e non voleva nemmeno farlo. Non voleva pensare a tutto quello che Brian gli aveva raccontato, a quei dettagli che avrebbero dovuto far parte di un film poliziesco invece che della loro vita. Tutto ciò che riusciva a pensare era che, in qualche modo, in qualche miracoloso modo, Brian era riuscito a sopravvivere. E ora si stava affidando a lui, cercando di ignorare ogni paura e ansia per ciò che quel segreto avrebbe potuto causare su di lui.

Pensa a Brian. Sì, doveva essere lui l'unico pensiero di Nick. Perché quel momento non doveva essere incentrato attorno a lui e alla sua reazione, quell'attimo doveva essere di Brian. Brian che si era fidato. Brian che aveva tolto anche l'ultimo velo per scoprire la sua anima torturata e rattoppata nel miglior dei modi che un ragazzino di quindici anni poteva conoscere.

Brian tentò una seconda volta di allontanarsi, quel silenzio stava diventando una seconda arma che, lentamente, stava scavando una ferita nell'anima. Non ti vuole. Come può volerti? Sta cercando un modo per dirtelo ma non ci riesce. Quella voce, quella subdola e serpentina voce, continuava a diventare sempre più forte, annullando ogni altro pensiero che la sua coscienza, e la sua anima, potesse usare per controbattere.

Il respiro si fece ancora più rapido, l'unico segnale e reazione a quel panico che urlava di difendersi e proteggersi. Quel contatto, quel semplice gesto che prima aveva portato così tanta forza e calore, ora era un freddo serpente che cercava di trovare il più piccolo pertugio per poter infilarsi nelle vene e trasformare tutto in un nero ghiaccio.

“Ti prego...” Quasi si maledisse Brian per come quello scongiuro uscì fuori, un tono spezzato e che quasi gli ricordava quelle suppliche che erano rimaste inascoltate da dieci anni. Ma fu proprio quel tono a ridestare Nick da quello stato di shock in cui era caduto da quando Brian aveva incominciato il suo racconto.

Non staccò le dita. Non sciolse quell'intreccio. Ma alzò gli occhi e, per la prima volta, osservò Brian. No, non Brian. Davanti a Nick non c'era più il ragazzo che aveva affrontato quelle ultime settimane con forza. Davanti a lui c'era quel ragazzino a cui tutto era stato strappato via e che, in qualche modo, era riuscito a costruirsi un'identità. E quella maschera, ora, si stava velocemente sbriciolando sotto il peso di quei demoni che toccava a lui, ora, combattere al posto di Brian.

“Non ti lascio andare. - C'era sentore di lacrime nella voce di Nick ma non ne diede importanza. - Continuo ad amarti, Brian.”

“Non sei... non sei disgustato?” Si ritrovò Brian a domandare, lo sguardo sempre abbassato e la vergogna che continuava a farlo prigioniero delle sue grinfie.

“No.”

Quell’unica sillaba bastò a far rialzare il volto di Brian mentre tutta una serie di parole rimanevano impliciti ma così ben visibili negli occhi di Nick.

No, non potrei mai essere disgustato da te.

Non c’è niente che mi potrebbe tenere lontano da te, niente che mi possa impedire di continuare ad amarti così tanto da voler metter freno al mondo in modo che smetta di girare e permettere a te di guarire.

Non potrei mai desiderare di non toccarti, non stringerti né sperare che le mie carezze possano, in qualche modo, lenire il tuo dolore.

Quelle frasi giunsero fino a Brian, anche se non fu una voce a sussurrarle. Ma ottennero l’effetto di riscaldarlo, sciogliere via un po’ di quella coltre di ghiaccio in cui lui stesso si era avvolto per non sentire, per non provare più quella sensazione di strapparsi la pelle e qualsiasi organo che quell’uomo aveva anche solo sfiorato.

Da che cosa dovrei essere disgustato?

Sembrò quasi Nick chiedergli e domandargli con lo sguardo.

Dal fatto che qualcuno altro mi ha toccato, mi ha accarezzato, spogliato e baciato. Dal fatto che tutto ciò che mi è stato lasciato è un’anima segnata e lacerata. Non capisci? Sono contaminato, non voglio che questo veleno che mi circola nella vene possa contagiare anche te.

Sono impuro, come puoi ancora volermi?

Nick non usò parole per ribattere a quell’ultima e assurda domanda. L’indice fu il primo a muoversi, sfiorando appena il suo compagno; fu seguito dal medio e poi dall’anulare, fino a quando tutte le cinque dita erano adagiate su ciascun’altra, rivestendole come un protettivo e invisibile guanto. Poi rimase in attesa, temendo e sperando in una reazione da parte di Brian.

Vedi? Ti sto toccando e vorrei poter fare di più.

Il respiro di Brian era l’unico suono in una stanza sommersa dal silenzio saturo d’attesa. Al primo tocco, era schizzato veloce come se qualcuno, il panico, lo stesse braccando in una foresta. Aspettava che Nick si ritirasse, resosi finalmente conto di quanta sporcizia si nascondeva sotto quella pelle all’apparenza così normale. Ma le sue dita continuavano a rimanere lì, intricate nelle sue e lasciando affiorare un calore e conforto a cui Brian aveva sempre rinunciato ogni volta che aveva avuto bisogno di conforto. In tutti quegli anni, non aveva mai permesso a se stesso quel conforto, più preoccupato della probabile reazione dell'altro che dei suoi stessi bisogni. Lentamente, il suo respiro si calmò lasciando che quell’intreccio combattesse per lui alcuni demoni. Già, solo una parte anche se questi erano quelli più forti e difficili da distruggere, quelli che si erano cibati durante tutti quegli anni e che ora non volevano andarsene, perché finalmente vicini a poter uscire e sgranchirsi le loro lunghe e sudice braccia.

Aveva bisogno di Nick. Era così pulsante e feroce quel desiderio dentro Brian: aveva bisogno che Nick lo accogliesse nelle sue braccia, in quell'abbraccio che in quei giorni era diventato un rifugio per lui. Qualche ora, sapeva di non poter chiedere di più ai suoi demoni. Ma qualche ora di tregua, qualche ora in cui avrebbe potuto dimenticarsi di quello che gli era successo e di ciò che stava accadendo attorno a lui. E non c'era nessun altro a cui potersi affidare, non c'era nessun altro che lo avrebbe supportato senza esitazioni, anche quando aveva appena scoperto che il Brian che aveva sempre conosciuto era stato un illusione e una maschera creata a arte.

Aveva bisogno di Nick ma, allo stesso tempo, non riusciva a credere che il compagno lo volesse ancora. Nonostante tutto. Nonostante ciò che gli aveva appena raccontato. Che cosa aveva mai fatto per poter essere così fortunato? O forse, finalmente, il fato aveva deciso che aveva avuto già fin troppa sfortuna per non concedergli almeno quell'unico sollievo, quell'unico raggio di speranza. E così quel battibecco continuava all'interno della sua mente e della sua anima, due parti così differenti tra loro che continuava a combattersi lasciando Brian senza una direzione da prendere.

Fu Nick a risolvere quel dilemma. Con una semplice domanda, questa volta pronunciata a fior di labbra, anche se le sue parole echeggiarono nel silenzio come se fossero state urlate. “Posso... posso abbracciarti? Non so come fare, non so che cosa dirti perché so che metà delle cose che mi girano in mente non hanno senso. E mi uscirebbero nel peggior dei modi. E ho solo questo, abbracciarti, per farti capire che non potrei mai lasciarti. E non succederà.”

E fu proprio quell'incertezza e quel velo di sofferenza a far vincere una parte rispetto all’altra in Brian. Poteva ancora farlo, poteva ancora essere l’eroe che Nick aveva visto nei suoi occhi per tutti quegli anni. Così sorprese Nick, annullando timidamente la distanza fra loro e rannicchiandosi contro di lui. Le dita si strinsero attorno ad un lembo di maglietta, entrambe ai lati della testa di Brian che sotto il mento di Nick aveva trovato il suo nascondiglio.

L’istinto vinse sull’incertezza ed insicurezza in Nick. Le braccia circondarono quel corpo stretto contro il suo, avvicinandolo più di quanto la fisica potesse permettere. Una mano si insinuò fra i capelli, accarezzandoli con la tenerezza e dolcezza che solamente una persona amata poteva offrire in un momento del genere; l’altra rimase al centro della schiena di Brian, un costante ricordo che era salvo, che era lui era lì e non gli avrebbe fatto del male né avrebbe permesso a qualcun altro di farlo. Nè avrebbe permesso a Tyler di avvicinarsi ancora e tentare anche solo di sfiorarlo.

Né sorpresa né shock dipinsero il volto di Nick quando nemmeno la più piccola lacrima scese dagli occhi di Brian. Era successo quella notte, era inevitabile che sarebbe successo anche in quel momento. Quella forza, quell'ostinazione nel non crollare, continuava imperterrita a costruire mura e difese, nonostante ora ci fosse qualcuno ad aiutarla a cementare i mattoni. E quella lotta contro le lacrime continuò per le ore successive, quando il sole diventò un fuoco caldo nel cielo e mancava ormai poco a raggiungere il prossimo luogo per il concerto.

Aspettare e sperare.

Ecco ciò che Nick fece in tutto quel tempo, mentre il suo abbraccio non perse nemmeno un battito o un respiro bagnato di lacrime silenziose. Sperò, soprattutto, che quel controllo che per anni aveva invidiato e ammirato sarebbe finalmente sceso e scomparso, lasciando a lui quel peso e tutto ciò che ne comportava mentre Brian si rimetteva in carreggiata. No, non “guarire”. Non era una malattia e lui non doveva nemmeno “curare” Brian perché entrambi quei verbi implicavano che ci fosse, almeno, un medicinale o una cura che potesse far tornare tutta alla normalità. Lui poteva solamente sperare e aspettare, cercando nel frattempo di lenire quelle cicatrici che ormai non potevano più essere cancellate con un colpo di spugna. Ma poteva farle diventare più piccole, farle impallidirle fino a quando solamente un occhio esterno e attento avrebbe potute captarle e conoscerle.

Anche Brian aspettava e sperava. Aspettava che quel turbinio di emozioni la smettessero di prendersi gioco della sua anima e usarla come se fosse una palla da basket; aspettava e temeva il momento in cui Nick lo avrebbe lasciato, rigettandolo in quella ragnatela che stava tendendo i suoi fili attorno a quel letto. Ora che non c'erano più dubbi sul supporto di Nick, Brian non voleva lasciare quel rifugio. Non almeno fino a quando avesse riuscito a trovare una briciola di normalità e equilibrio. Rivoleva la sua vita. Rivoleva essere il pazzo ragazzo che aveva conquistato Nick in chissà quale modo. Rivoleva, o forse voleva, avere la possibilità di vivere quella storia come tutti gli altri innamorati di quel mondo.

Ma non poteva così, per quelle poche ore che rimanevano, Brian poté solamente aggrapparsi ancor di più alla maglietta di Nick, illudendosi che sarebbero bastate le dita fra i capelli e quella carezza stabile e confortante sulla schiena a cancellare quell'incubo.

Aspettarono, Brian e Nick, e sperarono. Ma, fra quei frammenti di attesa e speranza, non potevano non temere quel mostro che, ancora nelle tenebre, stava affilando i suoi artigli.

 

 

 

 

*******

 

 

 

Contrariamente a ciò che si credeva, non era Kevin il primo a svegliarsi e a far sì che tutti gli altri fossero già pronti. Nonostante lui fosse il più grande, o forse proprio per quello, Kevin era sempre l'ultimo a svegliarsi, arrivando sempre quei cinque minuti necessari per non essere mai in ritardo.

Quella mattina non era differente dalle altre, per quanto l'aria e l'atmosfera nel tourbus fosse resa tesa da qualcosa che Aj ancora non riusciva a identificare.

Preoccupazione?

Erano tutti preoccupati. Come potevano non esserlo dopo quello che era successo? Avrebbe mentito, Aj, se non avesse ammesso che ancora rabbrividiva ripensando a quella notte: non erano solo le immagini in sé, quella situazione, a lasciarlo sempre con fin troppi nervi scalpitanti e desiderosi di un calmante, erano tutti quei se e ma che non accennavano ad abbassare la loro voce. Se fosse arrivato in ritardo; se non fosse uscito in quel momento... Voleva mettere a tacere quelle voci, voleva riprendersi quell'apparente calma che, tanto tempo prima, riusciva solamente a trovare in bottiglie e alcohol. D'altronde, chi se ne sarebbe accorto? Tutti erano preoccupati per Brian, tutti lo controllavano come avevano fatto con lui per settimane ed era quella un'occasione troppo perfetta per lasciarsela sfuggire.

Un sorso. Un caldo e bruciante sorso che avrebbe cancellato quelle immagini e quelle voci. Nessuno avrebbe fatto caso a lui, così come nessuno aveva notato le sue dita tremare anche se non faceva freddo. Nervi. Ansia. Stress. Una lista infinita di motivi per cui ora, in quel momento, davanti al reparto alcolici di un Walmart, la sua gola era diventata improvvisamente un deserto arido e in disperato bisogno di uno scorcio di pioggia. Le mani non avevano smesso di tremare, brividi e tremori che quasi gli impedivano di prendere in mano qualcosa senza il rischio di far cadere qualcosa.

Un sorso. Solo un sorso prima di rientrare e di affrontare quel caos. Sì, perché era quello che si era scatenato mentre il mondo li vedeva felici e contenti su un palco. All'esterno, nessuno si rendeva conto di quanto quegli ultimi giorni fossero stati dei giri mortali di una montagna russa su cui nessuno aveva voluto sedersi. Non era solo l'aggressione, non era solo quella silenziosa paura che chiunque avrebbe potuto attaccarli così facilmente. No, Aj aveva la netta sensazione che c'era molto di più nella tensione che aleggiava fra i quattro suoi amici. Avrebbe potuto fare il gioco delle coppie, scambiando nomi e cercando di indovinare per quale motivo essi sembravano camminare con un coltello nascosto nella manica.

Un sorso. Un sorso gli avrebbe fatto dimenticare quel senso di esclusione che quel sapere barra non sapere faceva nascere dentro di lui.

Persino Nick sembrava sapere più di lui!

Per tanto tempo, Aj non aveva badato ai problemi che gli altri potevano avere: immerso e sommerso dai propri, era già quasi un miracolo se si ricordava che c'erano altre persone attorno a lui, perso fra quelle nubi nere che lo facevano sentire come una minuscola e solitaria particella di atomo. Solo quando era tornato dalla riabilitazione, aveva incominciato ad aprire gli occhi e a rendersi conto che anche un sorriso poteva nascondere, dietro di sé, nubi nere e temporali. Ma, ancora, c'era una sorta di implicita preoccupazione ogni volta che succedeva qualcosa, come se i suoi amici lo considerassero ancora così fragile da poter ricadere nelle vecchie abitudini.

E fu proprio per quel motivo che, nonostante la tentazione fosse fin troppo difficile da combattere, Aj si allontanò dal reparto alcolici. Non poteva buttare via tutti quei mesi di sobrietà, non poteva rigettare gli amici e la sua famiglia in quell'incubo quando c'era già fin troppi problemi a cui badare. Soprattutto, per una volta Aj avrebbe voluto essere una di quelle persone a cui gli amici avrebbero potuto appoggiarsi e far affidamento. Avrebbe voluto, più di tutto, ricambiare tutto l'aiuto e il supporto che Brian gli aveva offerto nel suo periodo buio.

Lui e Brian avevano sempre avuto un rapporto un po' complicato: venivano da due mondi completamente differenti, avevano due caratteri agli antipodi e, almeno i primi tempi, l'unico elemento che gli aveva accumunati erano quelle due voci che, insieme, sembrano incastonarsi alla perfezione. Ma, a parte quello, si erano sempre tenuti a distanza, soprattutto perché Brian era il Frick di Nick e Nick sapeva essere estremamente geloso quando si trattava di qualcosa che doveva essere solamente suo. Le cose e il loro rapporto erano cambiate quando Aj aveva toccato il fondo: nonostante Brian fosse il suo bersaglio preferito durante quelle nottate, l'amico non si era mai tirato indietro quando si trattava di dover allungare una mano per aiutarlo a rimettersi in piedi. E non c'era stato giorno o notte in cui non aveva fatto mancare il suo supporto nel periodo di riabilitazione: erano state quelle ore, quelle passeggiate in un parco che Aj aveva preferito pensare come libero invece che confinato in una struttura, in cui la loro amicizia aveva incominciare a nascere, buttandosi alle spalle pregiudizi e preconcetti che l'ignoranza e il non conoscersi completamente avevano costruito in quegli anni.

Ecco perché ora non poteva lasciarsi tentare. Oh, Kevin sarebbe stato furioso e Aj non aspirava certo a rivedere una porta completamente buttata a terra per colpa sua. Howie lo avrebbe di certo guardato con un'aria fra il triste e il deluso, lasciando nell'aria parole che non avrebbe mai espresso ad alta voce perché il suo lato diplomatico non glielo avrebbe permesso. Nick gli avrebbe urlato dietro, arrabbiato perché aveva distolto l'attenzione da un problema molto più grosso della sua debolezza e fragilità. Ma Brian... Brian lo avrebbe semplicemente guardato con quello sguardo di disapprovazione che, Aj lo sapeva, lo avrebbe fatto sentire come il peggior uomo abitante sul quella terra. E non perché avesse sbagliato, non perché avesse commesso qualcosa di totalmente stupido e imperdonabile. No, non per quei motivi. Ma perché lo considerava più forte di quanto lui stesso credeva di essere, perché Brian aveva così tanta fiducia e fede nelle altre persone da non avere mai, poi, abbastanza per se stesso.

Mentre recuperava il giornale del mattino, uno qualsiasi tanto lui non lo leggeva mai, Aj incominciò ad elencare ciò che avrebbe fatto una volta tornato sul bus: per prima cosa, avrebbe cercato di capire perché Kevin ignorasse Howie. Nick? Oh, poteva capire! Il senso di protezione che provava nei confronti di Brian a volte raggiungeva limiti improponibili ed era facile sospettare che il maggiore non fosse molto felice di quella nuova relazione.

Ma Howie?

Quei due andavano d’accordo come se fossero una coppia di genitori, qualcosa di davvero serio doveva essere successo se si ignoravano e si osservavano come se uno fosse il peggior nemico dell’altro.

Pagò velocemente, prese in mano i suoi acquisti e poi Aj fece ritorno al tourbus con passo deciso.

Era ora di avere risposte. E non si sarebbe arreso fino a quando non avesse saputo in che guaio stavano remando.

 

 

 

 

 

 

 


 

*******

 

 

 

 


 

 

Kevin sbatté il telefono contro la superficie del tavolino, maledicendo chiunque gli capitasse a tiro. Era la quarta volta, dalla sera precedente, che cercava di supplicare il loro manager a lasciar loro qualche giorno libero ma l'idea di perdere soldi sembrava essere più importante di qualsiasi altra cosa. Aveva anche tentato la carta della salute ma a meno di un certificato medico, per lui, loro erano più che in grado di salire su un palco e fare il loro lavoro.

Non poteva tradire Brian.

Avrebbe potuto raccontare una versione modificata, lasciar perdere ciò che stava ritornando a galla dopo dieci anni di buio, e semplicemente far leva su una questione di sicurezza. Ma ciò significava, comunque, tradire Brian e il suo desiderio di tenere quell'aggressione nascosta. Ed erano anche trascorsi troppi giorni affinché, nonostante la mancanza di solidi dettagli, la storia apparisse veritiera.

Ci doveva essere un modo. Potevano rifiutarsi di salire sul palco, anche se sapeva che sarebbe stato inutile. Brian era una testa dura quando si metteva in mente qualcosa e, in quel momento, si era fissato nel portare avanti tutto come se niente fosse. Ma doveva trovare una soluzione, fosse solo l’unica cosa che sarebbe riuscito a portare a termine in quei giorni.

“Ci sei riuscito?” Domandò Howie, apparendo dalla porta che divideva la zona notte dal salottino del tourbus.

I rapporti erano ancora tesi, si danzavano attorno in punta di piedi e Kevin sapeva di dover esser il primo a chiedere scusa. Quando si trattava di quella questione spinosa, quando si trattava di dover indossare l'armatura per proteggere suo cugino, Kevin non faceva differenza fra amici e sconosciuti, fra quasi fratelli o probabili nemici. Anche se, solo ora, si ritrovava ad ammettere che aveva sempre reagito in quel modo non solamente come senso del dovere verso Brian. Era la vergogna di non averlo difeso tanti anni prima che lo faceva chiudersi a riccio, rinnegando qualsiasi mano distesa come messaggio di pace. Che cosa avrebbero detto, che cosa avrebbero pensato quando avessero scoperto che era stata solamente colpa sua? Come avrebbero potuto ancora considerarlo quella figura paterna quando avessero saputo che, nei momenti più fragili e difficili, perdeva ogni cognizione e falliva miserabilmente?

Ma doveva. Almeno a qualcuno, Kevin doveva raccontare il suo fardello e la sua lettera scarlatta. Non poteva dirlo a Brian, non poteva aggiungergli quell'altro peso quando aveva già fin troppi bagagli di incubi e cicatrici sulle sue spalle. E, forse, il cugino aveva ragione: era ora di andare avanti, incominciare finalmente una vita normale senza lasciare che lo spettro di Tyler continuasse ad avvelenare ogni loro momento.

“No. - Rispose quindi con un mezzo sospiro, frutto più della frustrazione e della stanchezza. - A meno di un'emergenza con tanto di certificato medico...”

Howie si diresse verso la zona cucina, prendendo il vasetto contenente il caffè ed incominciando a preparare una nuova caraffa. “Basterebbe solo che Johnny vedesse Brian. Non ho idea di come faccia a essere ancora in piedi nonostante tutto.”

“Semplice spirito combattente. - Rispose Kevin. - Ma sta crollando. E vorrei evitare che succedesse circondato da un'onda di fans impazzite.”

Il fischio della macchinetta del caffè interruppe per qualche attimo la conversazione fra i due amici. Due tazze apparvero fra le mani di Howie, caldo vapore annunciava la fumante bevanda al suo interno e l'aroma pungente del caffè servì a risvegliare qualche altro velo di sensi ancora addormentati.

“Howie... - Incominciò a dire Kevin una volta che l'amico si fosse seduto di fronte a lui. - ... Ti devo delle scuse.”

Howie alzò la mano in un gesto che voleva dire che non c'erano problemi. “Comprendo perché ti sei comportato in quel modo.”

“Ma non avrei dovuto.”

“Abbiamo sempre parlato di Brian, di quanto tutto questo sia stato difficile per lui. E non ci sono dubbi che sia stato così. Ma anche per te non deve esser stato facile.”

Gli occhi di Kevin caddero sull'acqua nera dentro la sua tazza, all'improvviso troppo imbarazzato nell'ammettere la verità. “No, non lo è stato.”

“Dovevi essere forte per Brian, dovevi essere la sua roccia.”

Un semplice cenno con la testa, un gesto per confermare quelle parole. “Dovevo essere il suo confidente, non poteva essere il contrario quando ancora non riusciva a comprendere perché gli era successo.”

“E così hai fatto ciò che hai sempre consigliato a Brian di non fare. - Intervenne Howie. - Tenersi tutto dentro.”

“Siamo parte della stessa famiglia, no? - Ribattè Kevin con un piccolo accenno di sorriso. - Ogni tanto con Kristin mi confidavo ma non era lo stesso.”

“Perché non poteva capire?”

“No. Avrebbe capito. Forse anche fin troppo. E avrebbe finito per odiarmi.”

“Credo di aver perso il filo.”

“Quello che è successo è stata tutta colpa mia.”

“Come? A men che tu non abbia detto a Tyler di fare quello che ha fatto, dubito che tu possa essere responsabile di quanto sia successo.”

“Quel giorno avrei dovuto accompagnare io Brian.”

“Ma stavi lavorando.”

“Non avrei dovuto. Era il mio giorno libero, l'avevo preso apposta perché Brian sarebbe venuto quella settimana. Ma poi... erano i primi tempi con Kristin, ero ancora preso dal voler far colpo su di lei e farla innamorare che avrei fatto qualsiasi cosa per lei. Anche cambiare il giorno libero in modo da poterlo trascorrere insieme a lei invece che con Brian.”

“Kevin, non... Da quello che ho letto, Tyler avrebbe comunque trovato un modo per fare quello che ha fatto. Forse non quel giorno ma avrebbe trovato un modo. Non puoi incolparti di qualcosa che non potevi nemmeno sospettare.”

Il pugno si scontrò con il tavolo, facendo sobbalzare i cucchiaini e creando delle piccole onde a pelo del caffè. “Avrei, invece! Ero più preoccupato a trovare un ristorante romantico che scoprire che il mio migliore amico stava...” L'ultima frase si perse nel silenzio mentre Kevin volgeva lo sguardo lontano dall'amico, perdendosi su punti senza vero interesse. Ancora, nonostante gli anni, la rabbia saliva a temperature elevate, incendiando ogni nervo e ogni pensiero razionale.

“Non potevi davvero riuscire ad arrivare a qualcosa del genere. Era il tuo migliore amico. Ti fidavi di lui.”

Tradito. Era quello ciò che lo faceva sentire più ferito: si era fidato, aveva consegnato nelle mani di una persona suo cugino e lo aveva ritrovato ridotto ad un cumulo di cenere. Era un miracolo che Brian fosse riuscito a rialzarsi, era un miracolo che fosse riuscito a costruirsi tutto quello che ora lo stava aiutando a non crollare. Ma Kevin non poteva scacciare via quella mosca che continuava a sussurargli come sarebbe stata differente la loro vita se fosse stato in grado di fermare tutto quel giorno.

“Razionalmente, so che non è colpa mia. Tyler era...decisamente malato. E nessuno se ne sarebbe mai accorto, era il classico bravo ragazzo che voleva qualcosa di più dalla vita. Ed ero giovane, volevo anch'io qualcosa di diverso. Forse avevamo due differenti concezioni su quel punto.”

“Su questo non ci sono dubbi.”

“E non è nemmeno colpa di Brian. Si è sempre sentito in colpa, anche se tutti abbiamo sempre cercato di fargli capire che non era così.”

“Forse dovresti usare quelle frasi nei tuoi confronti.”

Sembrava strano ma fu proprio quella frase ad aprire un varco in quella rete di sensi di colpa e odio verso se stesso: sebbene per due motivi completamente differenti, lui e Brian si erano comportati allo stesso modo, incolpandosi per qualcosa che era sempre stato al di fuori delle loro mani. E, piano piano, un piccolo pezzo di anima incominciò a guarire, lasciando entrare quella voce di sollievo che Kevin aveva sempre tenuto in disparte. Piano piano, Kevin sapeva di aver appena mosso il primo passo verso una sorta di guarigione, un ritornare a prendere controllo della sua vita senza più essere avvelenato dal ricordo di ciò che era successo.

Se poteva farcela Brian, e su quello non c'erano dubbi, poteva farcela anche lui.

Ebbe solo il tempo, Kevin, di mormorare un “grazie” all'indirizzo di Howie quando la porta si aprì con un tonfo sordo, facendo entrare uno spiffero di aria fredda. In quel soffio c'era l'aroma di una giornata che cercava di risvegliarsi dopo la pioggia del giorno prima, ancora con il profumo di erba bagnata ma con il primo caldo di raggi di sole e di fiori.

“Questa storia deve finire.”

A quelle parole, sia Kevin sia Howie osservarono Aj con un'espressione confusa, le sopracciglia inarcate e le labbra serrate in una linea.

“Di che cosa stai parlando?”

Aj si avvicinò, appoggiando il giornale sul tavolo e poi i palmi delle mani. “Del fatto che, come al solito, sono stato lasciato al buio su quanto sta succedendo.”

“Non sta succedendo niente.”

“Certo. Come no. Posso comprendere che tu possa essere arrabbiato con Nick... anzi, in realtà no perché è comunque una decisione che spetta solo a Brian. Ma con Howie?”

“Non sono affari che ti riguardano.”

“Invece mi riguardano. Perché anch'io faccio parte del gruppo e se c'è una lotta intestina devo sapere da che parte stare.”

“Credimi, non c'è nessuna fazione da scegliere. - Intervenne Howie. - Si è trattato solo di un malinteso. Ci siamo chiariti.”

Aj osservò a lungo sia Kevin sia Howie, sicuro che ancora un'altra bugia fosse stata decorata di verità solamente per lasciarlo, ancora, da parte.

“So bene che non sono la persona più affidabile di questo mondo ma c'è qualcosa di molto più grande che un semplice fraintendimento fra amici.”

Kevin sospirò, rimbrottandosi per esser stato, almeno inizialmente, così duro con Aj. Non era giusto che rimanesse l'unico ancora al buio, specialmente se lui fosse riuscito a trovare una giustificazione abbastanza valida per cancellare almeno i prossimi due concerti.

“Scusa. Hai ragione. - Si affrettò quindi a dire. - Non sono stati giorni molto facili.”

“Giorni? Diciamo pure settimane. Da quando...” Aj non concluse la frase, sperando così di non ripescare immagini che avrebbe voluto dimenticare. Ma era inutile girarci in giro: quella notte aveva cambiato tutto, sembrava quasi avesse scatenato l'inizio di una tempesta che, però, se ne stava ancora lontano da loro. Seppur ne potevano sentire i rombi dei tuoni e potevano iniziare a veder avvicinarsi delle nubi nere.

“Già. - Rispose Kevin mentre Howie accennava solamente un cenno d'assenso con il capo. - E' compito di Brian dirti che cosa sta succedendo visto che riguarda principalmente lui. Ma... diciamo che quella notte ha risvegliato qualcosa che sia io sia lui pensavamo di esserci buttati alle spalle.”

Era un enigma, Aj sapeva che dentro le parole di Kevin c'era già la soluzione senza dover aspettare o dover interrogare l'amico. Ma non sembrava esserci senso in quella frase o, almeno, un significato di cui non avesse paura a comprendere.

“Tu lo sai, Howie?” Domandò quindi Aj, spostando lo sguardo su di lui.

“Sì. Ma non perché Brian me lo ha detto. L'ho scoperto da solo e, credimi, non ha di certo reso più facile gestirla o venirne a patti.”

“E Nick lo sa?”

“Non ancora. - Si intromise Kevin. - Ma credo che sia più una questione di tempo che altro. Jay, conosci Brian. Se si mette in testa qualcosa, lo porta a compimento. Te ne vuole parlare, dagli solamente un attimo di respiro, okay?” Non fu pronunciata in tono di minaccia, né con un rimprovero in tono duro e paternale. Era semplicemente un consiglio, di quelli che anche lui stesso avrebbe dato se i ruoli fossero stati capovolti.

Un attimo di silenzio seguì quello scambio di battute, un attimo che venne interrotto dal rumore di una tazza che cadeva e rotolava sul tavolo, fermandosi pericolosamente in bilico prima di cadere per terra. Sorte che era toccata, però, al caffè che ancora si lasciava cadere, goccia dopo goccia.

“Jay? Dove hai preso questo giornale?” Il tono di Howie era allarmante, urlava “attenzione” senza aver bisogno di gridare e spinse entrambi gli altri ragazzi a volgere lo sguardo verso quel giornale fino a quel momento dimenticato.

“L'ho preso alla stazione, perché?” Domandò Aj mentre si avvicinava per dare un'occhiata.

Howie non rispose ma mostrò solamente la prima pagina e l'articolo che aveva così tanto sconvolto e destato la sua attenzione. Non solamente per il titolo, anche se già quello da solo avrebbe fatto accorrere compratori e lettori, per non parlare di quanto se ne sarebbe discusso. Era la foto ad averlo scosso quasi come se avesse visto un fantasma, anche se sembrava apparentemente innocua. Perché l'occhio esterno l’avrebbe semplicemente osservata e dedotto che il titolo era più che perfetto, passando da insulti e commenti osceni a risatine e gridolini di chi aveva sempre saputo la verità. Il loro occhio, invece, sapeva riconoscere e distinguere i tratti di quel ragazzo che avrebbe dovuto essere il loro compagno e fratello e quella consapevolezza lasciava un amaro in bocca che, presto, si sarebbe trasformato in acida bile.

“Oh merda.”

 

 

 

 


*****

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Sono esausto.”

Il sussurro si levò da quel nascondiglio in cui Brian aveva cercato rifugio. Ancora non riusciva ad alzare il volto, imbarazzato per quel crollo e con la sottile paura, seppur senza ragione apparente, di osservare che luce ci fosse negli occhi di Nick.

Così rimase con il viso nascosto nella maglietta, mormorando quelle due semplici parole con una voce ormai priva di qualsiasi forza.

Nick appoggiò le labbra sui capelli di Brian, lasciando un bacio mentre stringeva le braccia attorno al suo corpo.

“Non ti sei mai fermato.” Commentò, omettendo molto di ciò che avrebbe voluto invece dire. Non si era mai fermato solo ora, solo in quella particolare circostanza, ma anche tutti gli anni precedenti, quando si era comportato come il più normale dei ragazzi mentre teneva nascosto quel terribile segreto. Da dove nasceva tutta quella forza?

“C'è ancora molto da fare prima di partire.”

“Sei convinto, quindi?”

“Sì. - Rispose Brian con un cenno del capo. - Per quanto mi costa ammetterlo, ho bisogno di crollare. Ma non qui. Qui sarei sopraffatto dal desiderio di non deludere nessuno, dal senso di colpa a mettere tutto in pausa...”

“Senso di colpa?” Lo interruppe Nick sorpreso e, in parte, confuso.

“Sì. Cancellare concerti, lasciare con l'amaro in bocca tante persone solamente perché non sono capace di gestire tutto quanto.”

“Ehi. Qui non si tratta di esser capaci o meno. Si tratta solo di recuperare le energie. Ti sei sempre preoccupato troppo di ciò che gli altri pensano. Sempre.”

Stancamente, Brian si rimise seduto, passando una mano sul volto e cercando di tenere aperti gli occhi. Avrebbe voluto solo addormentarsi e rimanere così per un giorno intero ma sapeva anche che i suoi incubi non sarebbero stati così gentili e disponibili.

“Devo chiamare la prigione. O il mio vecchio avvocato. Non che ci siano dubbi ormai ma voglio sapere con sicurezza che Tyler è davvero là fuori.”

“Potrai farlo una volta riposato.”

“Kevin. Devo avvisare anche Kevin e pensare a che cosa dire a Johnny per farci dare qualche giorno.” Brian continuò come se Nick neanche avesse parlato, sfruttando quelle ultime forze per affrontare temi e problemi più pratici e facilmente risolvibili. Più tardi, quando tutto quello sarebbe stato messo a posto, si sarebbe preoccupato di Nick e del suo stato d'animo. Sapeva, o almeno aveva intuito, che cosa stava facendo il compagno e gliene era eternamente grato: ma, per esperienza e perché conosceva Nick, sapeva che in quel momento ci doveva essere una tempesta di dimensioni apocalittiche che stava scuotendo la sua anima. Ma una cosa la doveva sapere subito, altrimenti l'ansia lo avrebbe divorato fino a far rimanere poche ossa.

“Sei arrabbiato?” Domandò, azzardando ad alzare il volto per osservare l'espressione di Nick. C'erano linee di preoccupazione che prima non c'erano mai state sulla fronte del ragazzo, un'espressione che ancora non riusciva a decifrare ma, notò con sollievo e quasi sorpresa, solamente amore e supporto negli occhi.

Nick aspettò qualche secondo prima di rispondere. Non sapeva quale era la risposta giusta, la risposta che non avrebbe dato dubbi o ansie a Brian. Ma non poteva mentirgli, soprattutto quando sarebbe bastato un minimo sbaglio nella scelta delle parole per smascherare la sua bugia.

“Non con te.”

“Perché no?”

Nick diresse a Brian un'espressione shockata. “Non me lo stai chiedendo veramente.”

“Sarebbe normale...” Rispose Brian, tralasciando il resto della frase quando notò l'espressione di Nick diventare più dura.

“Pensi davvero che potrei incazzarmi con te? Per quale assurdo motivo? Bri, non è colpa tua!”

“Ogni tanto credo ancora che lo sia... - Per un attimo, Brian si fermò, sorpreso da quelle parole che involontariamente erano sfuggite via. Non lo aveva mai confessato a nessuno, nemmeno alla sua terapista o a sua madre. O a Kevin. - Ci deve essere una ragione per cui ha scelto proprio me. Perché?” Quell'ultima parola, quel perché, uscì in un singhiozzo rotto, come se avesse dovuto farsi strada con le unghia per poter trovare quell'attimo di libertà.

“Oh Brian. - Si lasciò sfuggire Nick, agendo d'istinto e allungandosi in modo da poter abbracciare il ragazzo. Brian si irrigidì per un secondo, un brivido si perse fra i nervi prima di rilassarsi. - Non è colpa tua. Avevi solo quindici anni! L'unico colpevole è quel bastardo, stronzo... è con lui che ce l'ho a morte, è lui che vorrei prendere a pugni e... Dio! Non ho mai odiato nessuno così tanto! Vorrei fargli del male, vorrei fargli patire le peggiori sofferenze e non so nemmeno se sia sufficiente.”

Brian non seppe dire per quale motivo quelle parole riuscirono a farlo sentire meglio, facendo svanire parte di quella colpa che si era sempre tenuto dentro e che, forse, avrebbe comunque tenuto in minima parte. Non era quello un altro indizio di ciò che, invece, lui continuava a credere che non sarebbe mai potuto succedere? Non era quella un'altra prova sul fatto che Nick sarebbe rimasto al suo fianco, nonostante tutto?

“Nick...”

“Nick un bel corno! - Cercava di trattenere quella rabbia, cercava di riprenderla e di rimetterla sotto controllo ma era più forte e veloce. Sfuggiva via, facendolo tremare e facendogli uscire parole che sperava, almeno, che Brian capisse che non erano rivolte contro di lui. - E dire che ne ho avuto la possibilità! Se solo...” La voce si perse mentre la mano, racchiusa in uno stretto e serrato pugno, andava a sbattere volontariamente contro la parete, un rumore sordo che riecheggiò nella camera.

Brian si scostò quel tanto che bastava per poter osservare Nick faccia a faccia.

“Che significa che ne hai avuto la possibilità?” Nel suo tono di voce c'era una venatura di paura mentre la mente già creava scenari e immagini di incontri. E nessuno di quelli andava sempre a finire bene.

“All'inizio non sapevo che fosse lui. Ma ieri, quando hai chiesto a Seth se il suo capo avesse una cicatrice, ho collegato le due cose.”

“Quali?”

“Tyler. E il fattorino che l'altra sera ci ha portato la pizza. E i fiori. E non credo che questi fossero da parte di un gruppo di fan.”

Per un frangente, l'aria sembrò diventare incandescente, troppo calda per poter essere respirata e incamerata dai polmoni di Brian. Era troppo. Era fin troppo per quel giorno. Non ne aveva già avute abbastanza? Incontrare il suo aggressore, scoprire che c'era un piano malato contro di lui e tutto organizzato da Tyler. Dover raccontare a Nick ciò che gli era successo. E ora questo. E ora sapere che Tyler era già riuscito ad avvicinarsi a lui, era già riuscito a superare ogni sicurezza e...

“Ne sei sicuro?” Domandò Brian con un filo di voce.

“Cicatrice sul volto. Nell'esatta posizione in cui l'hai mostrata a Seth. E' una coincidenza troppo grande per non pensare che fosse lui.”

Lo sguardo di Brian cadde su quei fiori che, la sera precedente, aveva lasciato su un tavolino. Si alzò senza dire niente, passi tremanti e pesanti sotto il macigno di quella notte. Alcuni fiori erano già appassiti, il gambo mangiato via dall'acqua che non era stata asciugata prima di formare quell'amaro mazzo: Brian li buttò immediatamente via, il solo profumo capace di scombussolare il suo stomaco e far riemergere quel senso di nausea che nasceva ogni volta che pensava a Tyler. Fra le dita rimase solamente un biglietto, un semplice biglietto bianco inciso dalla punta di una penna, lettere nere che andavano a formare una frase così potente da riuscire a prendere Brian e rigettarlo in quel panico che lo aveva tenuto ostaggio tutta notte.

 

Ricordati. Sei mio.

Non lo scordare.

 

Come avrebbe potuto scordarlo? Ci aveva provato, aveva tentato di cancellare quelle parole ma, in qualche modo, la sua mente aveva deciso di tenerle e rinchiuderlo in un cassetto che ora si era definitivamente rotto, lasciando fuoriuscire tutti i suoi oscuri segreti.

E lì la rabbia tornò prepotentemente. Avrebbe voluto crollare ma, in realtà, tutto ciò che Brian fece fu lasciare aperto ogni atrio per far sfuggire via quella rabbia: era un fuoco da cui poteva prendere energie, erano fiamme che urlavano la sua voglia di combattere contro quelle ingiustizie.

“Bri?”

Con un cinismo freddo, una maschera sotto la quale vibrava quella rabbia, Brian si girò lentamente ma dalle sue labbra non uscì nessun suono. C'erano solo urla e non voleva sprecare quelle poche energie urlando inutilmente. Perchè urla e lacrime non avrebbero risolto nulla, non almeno nell'immediato.

“Bri? Te ne avrei parlato. Volevo solo risparmiarti qualche ora di ansia. Ma lo avrei fatto.”

Le parole di Nick arrivarono soffuse, quasi ovattate mentre il desiderio di riprendere nascondiglio nelle sue braccia incominciava a diventare come uno di quei pizzichi difficili da scacciare via. Senza rendersene conto, Brian si ritrovò ad avvicinarsi al letto, rimanendo però a distanza da Nick. Allungò semplicemente una mano e la strinse attorno al polso del ragazzo, osservando il pugno che teneva ancora ben stretto.

“Si sta gonfiando.”

“Non fa male.”

“Meglio metterci del ghiaccio.”

“Sono serio. Te ne avrei parlato.”

Brian non rispose. Si alzò e andò in bagno, aprendo l'acqua del rubinetto e inzuppando l'asciugamano una volta che essa si trasformò in un getto ghiacciato. Quando ritornò, lo sguardo di Nick continuò a seguirlo con una luce di preoccupazione. Era per quel motivo che Brian si ripromise di calmarsi. E ripetersi, come una mantra, che non c'era più bisogno di continuare a far finta che non stesse letteralmente distruggendosi dietro a quell'impassibile facciata.

“Lo so. - Rispose quindi mentre metteva l'asciugamano attorno alla mano di Nick. - Ma è colpa mia.”

“E come?”

“Sai perché non ne volevo parlare? Perché ho tenuto questo segreto per tutti questi anni?”

“Me lo hai spiegato. Per proteggere te stesso e noi.”

“Sì. Ma non solo. Ho sempre temuto che, un giorno, Tyler sarebbe tornato. Per la maggior parte del tempo, non ci facevo nemmeno caso a quel pensiero, non riuscivo a farlo diventare reale con tutto quello che avevo di reale nella mia vita. Ma c'erano giorni in cui era quasi impossibile non pensarci e avevo paura di quello che avrebbe potuto farvi. Così stavo in silenzio sperando che, ignorandolo, quel pensiero ritornasse a non esistere. - Brian alzò il viso, la stanchezza e il peso di tutti quei giorni ben visibili ma smorzati da quel sorriso che non accennava mai a spegnersi. - Se solo avessi detto qualcosa, se solo non fossi stato così testardo, forse tutto questo non sarebbe successo.”

Nick appoggiò la mano, quella non ferita, sopra il dorso di Brian. “Tyler non si sarebbe di certo fermato. Non puoi incolparti per qualcosa su cui non hai controllo.”

“Avremmo potuto intensificare la sicurezza. Se avessi detto qualcosa dell'aggressione, forse... odio pensare a che cosa Tyler avrebbe potuto farti quella sera.”

Era quello il centro delle sue preoccupazioni, ora. Non era più la sua sicurezza a essere in pericolo ma anche quella della persona che più contava nella sua vita. Se Tyler avesse pensato che Nick fosse un ostacolo, Brian era certo che non si sarebbe fatto scrupoli a metterlo fuori gara. Forse per sempre. Un brivido risalì lungo la schiena, un attimo in cui gli occhi si chiusero sperando di cancellare via quelle immagini e un respiro lasciato uscire così com'era, pieno di ansia e dubbi.

“Odio pensare a che cosa sarebbe successo se non avessi insistito ad andare al tuo posto.”

Anche Nick aveva paura. Per la sua incolumità, perché era fin troppo chiaro che quell'uomo non si sarebbe di certo fermato al primo ostacolo. Ma, più di tutto, la paura più grande era nei confronti di Brian: era già stato distrutto una volta da quel psicopatico, aveva già dovuto rinascere dalle sue ceneri come un fenice ma dubitava, Nick, che avesse ancora la forza di rifare tutto una seconda volta. E forse non ci sarebbe stata un'altra volta, forse quello era il duello finale in cui solamente uno dei due combattenti sarebbe uscito vivo da quella battaglia. E non voleva perdere Brian. Non ora, non ora che finalmente avevano messo da parte paure e codardia e volevano provare a costruire qualcosa. La sua unica possibilità per avere ciò che aveva sempre desiderato: una famiglia, una persona che sarebbe sempre stata al suo fianco anche quando la marea si faceva troppo alta e le energie erano troppo basse per continuare a nuotare verso riva.

“Non voglio pensarci nemmeno io.” Fu un'unica frase, buttata fuori il più velocemente possibile perché la nausea e la bile sembrano essere tornate più forti, più invincibili. Brian non voleva pensarci eppure la sua mente non riusciva a tenere lontane ricordi di mani e di dita, sguardi e labbra che si erano posate sulla sua pelle e quel ghigno, quel sorriso che ora progettava diaboliche sceneggiature contro Nick.

Fra quelle nebbie, Brian si ritrovò in bagno, la schiena curva e conati che non riuscivano a portare in superficie niente perché non c'era niente, se non disperazione e stanchezza, nel suo stomaco.

Quante volte era successo?

Quante volte si erano dovuto nascondere in bagno, prigioniero di quei ricordi e con solo quegli scheletri a fargli compagnia?

Una mano, la mano di Nick, si posò sulla sua fronte mentre l'altra accarezzava la schiena, confortanti tocchi che sottolineavano un messaggio che non aveva bisogno di voce o parole.

Sono qui. Mi prendo io cura di te.

“Andiamocene. Ti prego.” Rauca e ormai provata da quella giornata, la voce di Brian riecheggiò in quel piccolo spazio che a malapena riusciva a contenere entrambi. Ogni ultima obiezione, ogni ultima resistenza si era persa in quell'attacco, portandosi via l'ultimo sprazzo di energia. Anche volendo, anche avendo un'unghia di quella tempra che lo aveva sempre spinto a rialzarsi e continuare a lavorare come se niente fosse, Brian sapeva che quella volta non ce l'avrebbe fatta.

Un bacio si appoggiò sul collo, la pelle madida di sudore e brividi di freddo e fatica. “Ovunque vuoi.”

“Devo chiamare Kevin. E parlare con Aj.”

“Aj?” Domandò Nick in confusione.

“Howie già lo sa. Con una semplice ricerca su internet.”

“Dovrebbe pensare ad aprire un'agenzia investigativa come hobby.”

La battuta riuscì a far nascere un sorriso sul volto di Brian, riuscendo anche a lasciar sfuggire via parte di quella paura di non potercela fare. Sentiva ancora parte della sue pelle voler quasi strapparsi da sola, voleva ancora allontanarsi da Nick in modo che non fosse contaminato da quel segreto ma più di tutto, ora, prendeva sempre più forma la ferma convinzione che non era solo. Poteva farcela perchè c'erano altre due braccia che lo avrebbero sostenuto.

“Grazie.” Mormorò, girandosi in modo da poter lasciare un bacio sulla guancia di Nick.

Nick allungò semplicemente la mano, recuperando un ciuffo di capelli e facendolo scomparire dietro l'orecchio di Brian. “Vorrei far ben altro. Vorrei fare di più. - Ammise in quello che sembrava esser diventato il loro personale confessionale. Non c'erano preti o sacerdoti, c'erano solamente due anime che cercavano un punto di incontro, una congiunzione dove fermarsi e potersi aiutare a vicenda. - Non so come aiutarti.”

“Già che sei qui, già che non sei scappato a gambe levate, è il miglior aiuto che avessi mai potuto darmi.”

“Ti accontenti di poco.” Scherzò Nick, sorridendo.

Non ci fu tempo per altre parole, rassicurazioni o progetti per le prossime ore. La porta d'ingresso del bus si aprì e chiuse con un sordo rumore, la voce di Kevin che risuonava mentre si avvicinava alla camera.

Fu Nick il primo ad alzarsi e a raggiungere il maggiore, lasciando così a Brian qualche minuto per riprendersi. Kevin si sarebbe preoccupato nonostante tutto, bastava uno sguardo per non provare immediatamente l'istinto di prenderlo e portarlo al primo ospedale più vicino. Una volta lontani da quel casino, Nick si promise, si sarebbe assicurato che Brian non saltasse più nessun pranzo o cena e che, almeno, quelle occhiaie diventassero meno profonde.

Ed era quello un elemento che i due cugini condividevano perché nemmeno il viso di Kevin sembrava voler rappresentare l'essere, qualche modo, normale. Ma fu l'espressione, una tonalità di shock che poco si addiceva a quella calma e freddezza che Kevin aveva sempre portato con orgoglio e stoicismo.

Non era portatore di buone notizie e, per un attimo, Nick provò il desiderio di buttarlo fuori, lui e la sua brutta notizia, perché dubitava che sarebbero stati capaci di sopportare un ennesimo colpo. Il peso della rivelazione di Brian ancora si faceva sentire sulle sue spalle, un macigno che aumentava ad ogni secondo e un mostro che voleva uscire da quella ragnatela in cui stava cercando di tenerlo nascosto.

“Che succede?” Domandò, socchiudendo la porta del bagno.

“Brian?” Domandò Kevin, implicando un più complicato “come sta?”-

Nick si ritrovò a sospirare, passandosi una mano fra i capelli. Kevin ancora non sapeva nulla e ciò avrebbe reso quella mattina più dura di quanto fosse già in realtà.

“Arriva. E’ in bagno a rinfrescarsi. - Rispose, decidendo che sarebbe stato meglio lasciare parlare Brian su tutto quanto era successo. - E' stata una notte abbastanza lunga.”

Kevin sembrò quasi non ascoltarlo, gettando sul letto il giornale che teneva fra le mani. “Abbiamo un grosso problema.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

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Come ho già detto, mi sono presa l'impegno di terminare le vecchie storie ancora incomplete. E la prima della lista è sicuramente "Forces". Siamo ormai a metà storia e va avanti da troppi anni e merita una degna conclusione. Il bello è che, nella mia testa (e nel mio quaderno fidato degli appunti) è già tutta decisa fino alla fine. Il brutto è che, per scrivere un capitolo, ci impiego un sacco di tempo perchè tratta argomenti molto delicati e, credo si sia capito, non sono il tipo che lascia le cose in sospeso.

Ho dibattuto a lungo se fosse giusto o meno far "confessare" Brian proprio ora. Spero che si sia compreso il motivo, soprattutto perchè questi Brian e Nick sanno che l'onestà e la fiducia sono alla base di ogni rapporto. E, d'altronde, il punto della storia sono loro due che affrontano "le forse della natura", ovvero ciò che faccio capitare loro, insieme. Credetemi, Nick ancora deve subire il contraccolpo di ciò che Brian gli ha detto e non sarà tutto rose e fiori.

Prossimo capitolo, più o meno fra due settimane.

   
 
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