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Autore: Deb    11/03/2014    5 recensioni
Non c'è da stupirsi del fatto che Peeta si irrigidisca quando sente le mie labbra sulle sue per un bacio a fior di labbra, casto. Il nostro primo bacio senza telecamere. È normale che ne rimanga stupito.
I suoi occhi sono sorpresi quando lo guardo, scostandomi da lui. Le guance mi si colorano immediatamente e abbasso lo sguardo per rialzarlo quando sento le dita di Peeta sul mio collo. Ha lo sguardo serio, come se dovesse chiedermi il permesso, non so cosa legge dalla mia espressione, ma lo vedo avvicinarsi al mio viso e chiudo gli occhi in attesa di sentirlo nuovamente sulla mia bocca.

{Everlark || What if su Catching Fire/Mockingjay}
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Finnick Odair, Johanna Mason, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Non rinunciare mai alla speranza
Capitolo VIII


Quando mi ritrovo nella stanza insieme a Peeta, noto una differenza sostanziale: non è legato a nessuna lettiga. Indossa le manette, come il giorno precedente e le solite due guardie sono al suo fianco, pronte ad intervenire se fosse stato necessario. Io non mi lamento, preferisco vederlo così che completamente immobilizzato.
Mi avvicino a lui, lentamente, facendogli vedere che in mano ho soltanto le foto dell'ecografia. Allunga le braccia ed osserva il feto con un sorriso tra le labbra, ma non è il suo vero sorriso, lo sembra, ma c'è sempre quel non so cosa che mi fa capire che è propriamente lui.
«Posso tenerle io?» Domanda, incontrando il mio sguardo. È limpido e le pupille sono normali, non sono dilatate ed i suoi occhi azzurri non hanno alcun barlume di pazzia o di dubbio. Annuisco, stringendomi un po' nelle spalle. Non ho certo bisogno di quelle foto visto che quando le guardo vorrei scappare via, se solo non sapessi che quella cosa è dentro di me e quindi andrebbe dove vado io.
«Come stai?» Provo a domandare, tenendo sempre una distanza di sicurezza.
«Bene. I dottori dicono che sto migliorando. All'inizio non capivo, non sono io ad essere sbagliato. Sei tu l'ibrido di Capitol City, poi mi hanno fatto vedere un video, ieri pomeriggio. C'era Delly, e ho visto la mia pazzia. Sono io il mostro, non tu, Katniss».
Sussulto sentendogli ammettere che sa di avere qualcosa che non va. «Vedrai che, con il tempo, starai sempre meglio». Dico, sperando di fargli piacere, ma lo vedo negare con la testa.
«Non credo accadrà mai».
Mi mordo il labbro inferiore e penso bene a cosa poter dire in seguito, ma l'unica cosa che mi viene in mente è parlare del bambino. «Sono sicura che sarai un padre fantastico».
Peeta prova a sorridere, ma assomiglia di più ad un ghigno. «E se invece impazzissi mentre lo tengo in braccio? E se...»
«Non mi sembra sia il caso di pensarci ora. Una cosa per volta. Io continuo a pensare che sarai un padre perfetto, al contrario di me». E non sto mentendo. L'ho sempre pensato. Ho sempre pensato che Peeta, in futuro, sarebbe diventato papà, ma non di miei figli, magari si sarebbe sposato con qualche bella ragazza del Distretto 12, mentre io avrei continuato a prendermi cura di Prim, di andare a caccia e barattare le mie prede. Sarei rimasta da sola per tutta la vita. Non ho mai creduto che per me sarebbe stato un brutto futuro, è sempre stato quello che volevo.
Peeta non risponde, ma so che se non fosse depistato mi consolerebbe dicendo che anche io sarei stata una brava madre. Ma so che non è così. Non potrò esserlo, ma non importa. Peeta compenserà questa mia mancanza per tutti e due.
«Se non ti disturba, vorrei che mi venissi a trovare più spesso. I dottori sono d'accordo, magari se stiamo più a contatto potrei cominciare a pensare meglio di te».
Annuisco con foga, «sì, d'accordo. Tutti i giorni, verrò tutti i giorni». Mi affretto a dire. E vedo spuntare nel suo volto un vero sorriso per la prima volta. Le mie guance vanno a fuoco, ora, perché mi accorgo di essere stata troppo entusiasta della cosa, ma è proprio quello che voglio. Stargli più vicino per poter provare ad avvicinarlo nuovamente a me.
E così faccio. Ogni giorno, sempre alla stessa ora, mi rifugio nella sua stanza, insieme a lui, sapendo bene che una staff di medici ci osserva e prende appunti, ci filma e riguarda i filmati per studiare i miglioramenti di Peeta. Cressida ha utilizzato persino alcune nostre riprese per poter creare nuovi pass pro dal titolo: il riavvicinamento o qualcosa di simile. Non mi importa, la sola cosa che conta è che possa aiutarlo a stare meglio. Siamo sempre sotto controllo, lui soprattutto, ma ormai può anche girare per il Distretto, l'importante è che abbia le guardie con sé. A volte ha delle crisi, degli episodi, che lo portano a cercare di attaccarmi, ma le guardie lo placcano sempre in tempo e le manette bloccano i suoi movimenti articolari. Delle volte l'ho scoperto premere i polsi con forza contro l'acciaio e quando ho cercato di fermalo, si è scostato dicendo quanto gli fosse utile. Non parliamo mai di noi, ma Peeta ha parecchia voglia di parlare del bambino, come chiamarlo, a chi assomiglierà, se sarà bravo a disegnare come lui o a cantare come me. Io non sono abile come lui nel parlare del bimbo, ma cerco di dargli corda, facendomi vedere un po' entusiasta della cosa, la verità è che ancora non riesco ad accettare l'idea di avere un figlio, anche se è di Peeta e se mi ha aiutato a riallacciare i ponti con lui. Il feto mi protegge dalle sue aggressioni. È capitato che urlasse contro di me dicendo che non può ancora uccidermi perché facendo fuori me, avrebbe distrutto una vita innocente. Altre volte, invece, sembra che torni il Peeta di un tempo, quello pronto a proteggermi o sviscerare a voce i suoi sentimenti verso di me. Lo vedo osservarmi, ma ogni volta che incontro il suo sguardo, lui si volta riportandomi alla mente a quando eravamo bambini e lo scoprivo a guardarmi.
La sera, quando torno nel mio alloggio, Johanna mi racconta come procede l'addestramento ed io le parlo dei progressi di Peeta. Ovviamente non le manca modo di prendermi in giro. Trascorrono così tre settimane durante le quali io mi avvicino un po' a Peeta e Johanna porta a termine l'addestramento.
Questa mattina ha l'esame finale che la renderà idonea al combattimento. L'accompagno, sperando che almeno lei possa trasferirsi a Capitol City per battersi anche per me. Trovo anche Gale fuori dall'Isolato, dove Johanna deve fare la prova. Da quello che ho capito è una riproduzione di un quartiere di Capitol City. Ci avviciniamo a Gale, non capisco per quale motivo sia lì, e ci saluta. Lui mi scruta una attimo, poi si concentra sulla mia coinquilina e le augura un in bocca al lupo. Non posso fare a meno di immaginare Johanna dentro la bocca di un ibrido, ma scaccio quell'idea perché non vorrei mai che succedesse realmente. Rimaniamo ad aspettarla ed alla fine, per spezzare quel silenzio imbarazzante, gli chiedo quando partiranno.
«Presto, domani o dopo domani». Risponde. Dal suo tono di voce comprendo che ce l'ha ancora con me e lo capisco. Ma vorrei poter far qualcosa per riportare le cose com'erano. È stato il mio migliore amico per così tanto tempo che non parlargli o non pensarlo mi sembra una cosa sbagliata.
«Torna sano e salvo». Sussurro, giocando con la mia treccia. Poi rimaniamo in silenzio, finché non vediamo dei medici portare su una barella una Johanna con le convulsioni.
«Che è successo?» Domandiamo all'unisono sia io che Gale, preoccupati. E capisco che Gale ha stretto amicizia con Johanna mentre io ero troppo presa nel pensare a Peeta. E Johanna non mi ha mai fatto parola di questo. Per certi versi mi sento tradita visto che le racconto sempre di come mi relaziono con Peeta, di quanti progressi ha fatto e so che probabilmente lei ne ha parlato con Gale, o forse no. Non conosco così bene Johanna da sapere se possa realmente fare una cosa del genere. Non devo saltare a conclusioni affrettate.
Quando arriviamo in ospedale, i dottori ci spiegano che non ha superato la prova e quindi non le daranno il lasciapassare per partire. Mi domando cosa sia successo di tanto spaventoso da non riuscire a passare l'esame, ma Gale deve averlo capito perché mi spiega che, quando è stata tenuta prigioniera, la torturavano con l'acqua e per questo motivo è crollata quando era dentro l'Isolato. Non posso a fare a meno di sentirmi indignata e offesa. Da una parte non riesco a perdonare il Distretto 13 per averla messa davanti alla sua paura. Sicuramente a Capitol City non troveranno problemi con l'acqua se non qualche acquazzone di pioggia. Secondo me lei sarebbe idonea a partire. Dall'altra parte mi dà fastidio che Gale sappia qualcosa di Johanna che io non so anche se dividiamo lo stesso alloggio. È vero che la nostra è un'amicizia strana e non so fino a che punto sia tale, ma non mi piace il fatto che preferisca parlare con Gale invece che con me. Sicuramente le loro chiacchierate includono spesso il mio nome e sono sicura che ogni volta volano degli insulti alla mia persona. Sospiro e controllo l'orologio. Ho un'ora di permesso per uscire in superficie ed i dottori hanno detto che Johanna non si sveglierà prima di un'ora e mezza. Stringo un braccio a Gale, trascinandolo fuori dalla stanza. Lui mi guarda dubbioso.
«Vieni con me nel bosco». Dico soltanto e so che vorrebbe saperne di più, ma non fa ulteriori domande. Mi segue, insieme ad altre due guardie facendomi sentire molto come se fossi pericolosa quanto Peeta, ed usciamo dal Distretto, inoltrandoci all'interno del bosco.
«Mi vuoi spiegare cosa siamo venuti a fare?» Chiede allora, esasperato. Io guardo gli alberi stagliarsi verso il cielo, li studio e continuo a proseguire finché non trovo un pino che potrebbe fare al caso mio.
«Nelle mie condizioni non posso arrampicarmi. Stacca un po' di aghi, per favore».
Gale inarca le sopracciglia e, non prima di aver tirato un sospiro, comincia ad arrampicarsi sull'albero da me scelto. È complicato scalare i pini, ma non impossibile. Il tronco è ruvido, ma i rami si stagliano parecchio in alto. Fortunatamente ne ho trovato uno abbastanza giovane e Gale, che è alto, riuscirà tranquillamente ad arrivare ai primi rami senza difficoltà.
Dall'ospedale ho rubato delle bende, stando bene attenta a non farmi beccare visto che nel Distretto 13 ogni spreco è severamente punito. Non so cosa avrebbero potuto farmi nelle mie condizioni se mi avessero visto rubare, ma fortunatamente non è successo, quindi non mi deve interessare. Con un balzo, Gale è nuovamente al mio fianco e mi mette nella mano le foglie. Appoggio le ginocchia a terra, stendendo le bende dove metto gli aghi. Unisco, lego il tutto e creo una piccola palla grande più o meno quanto una mela. La porto al naso e inspiro l'odore del Distretto 7, o almeno quello che credo essere il suo odore. Ci sono stata solo una volta, durante il tour della Vittoria ed ora non riesco a riportare alla mente il vero profumo, ma ricordo di aver visto parecchi pini.
Mi alzo e gli porgo il mio lavoro, «dallo a Johanna quando si sveglia». Dico avviandomi nuovamente verso il Distretto.
«Non puoi darglielo tu?»
Speravo non mi facesse quella domanda, ho paura che si possa arrabbiare, anche se non dovrebbe interessarmi cosa provi. «No. Devo andare da Peeta tra poco e volevo farmi una doccia prima».
Non mi rivolge più la parola. Quando rientriamo, lui si reca subito all'ospedale, mentre io mi dirigo verso il mio alloggio, prima di andare a trovare Peeta.

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Eccomih! Sono incasinatissima questa settimana, ma sono riuscita ad aggiornare! YAY for me! \0/
Anyway, parlando del capitolo, ho cercato di seguirlo lo stile Collinsiano dai riassunti smorti. Kitkat e Peety si sono un po' riavvicinati, passano il loro tempo insieme come terapia e non parlano mai di loro, chissà perché. Ma parlando del bimbo. Chissà perché?
Il fatto è che l'unica cosa che, ora, li accomuna. Peeta non vuole parlare con Katniss perché continua a non fidarsi minimamente di lei. Quindi cerca di parlarle, cercando un altro punto di contatto.
Vi ringrazio tantissimo per le recensioni, le preferite, le seguite e le ricordate ed ora devo scappare a scrivereh un'altra What if xD
Ah! Ultima cosa. Vi linko la pagina – che amo – della mia serieh preferitah: Colors. ♥ Baci
Deb
   
 
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