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Autore: Cocomero_    12/03/2014    2 recensioni
12 settembre 2014, il loro primo sguardo;
12 settembre 2013, il loro primo bacio;
12 settembre 2014, la loro prima volta;
12 settembre 2015, la loro prima e per fortuna ultima litigata;
12 settembre 2016, il primo pranzo a casa della madre di lei;
12 settembre 2017, la prima proposta;
"You’ve never loved yourself, half as much as I love you, you’ll never treat yourself right darlin’, but I want you to, if I let you know, I’m here for you, maybe you’ll love yourself, like I love you"...Niall rimette a posto la cornice, si infila le scarpe e esce da casa di lei diretto allo studio di registrazione dove lo aspettano i ragazzi.
12 settembre 2017, il suo primo si.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Need to take a break and figure it out.
 

“Ma che cazzo si urla?” pensò a fatica Niall, tentando di aprire gli occhi impastati dal sonno dopo essere stato svegliato dal suo nome, ripetuto almeno dieci volte, dalla voce della madre ai piedi della scala. Allungò il braccio sopra la testa alla ricerca del telefono per controllare l’ora, ma non trovò né l’aggeggio tecnologico né il cuscino; lentamente realizzò che la stoffa era ruvida e bitorzoluta al tatto e sicuramente non poteva essere il cotone liscio delle lenzuola: “Che caspiterina ci faccio sdraiato sul divano?” si chiese mettendosi seduto e muovendo le mani intorno alla cieca nel buio della stanza “Si, è proprio il divano.” Constatò stropicciandosi gli occhi e tentando di distinguere qualcosa intorno a lui.
 
Si alzò a fatica dirigendosi verso la porta chiuse della stanza perfettamente consapevole che aprirla e far entrare la luce nella stanza non avrebbe assolutamente migliorato l’ affollamento di treni che passavano per la sua testa, ma disposto a tutto pur di far tacere le urla della madre e quell’altro fastidiosissimo suono che le accompagnava familiare, ma momentaneamente in identificabile.
 
Poggiò la mano sulla maniglia, diede un grande respiro e l’abbassò aprendo la porta. Dall’altro lato l’inferno: quella che riconobbe essere la sveglia del cellulare aveva ormai raggiunto il livello massimo del volume mentre la madre tentava invano di spengerla cliccando a caso sui tasti del telefono: “CORRI GIU’ NIALL, CHE NON RIESCO A SPENGERLA!” Continuava ad urlare. Il ragazzo scese il più in fretta possibile le scale afferrando al volo il cellulare dalle mani della madre e poggiando velocemente il pollice sullo schermo per cliccare il bottone di spegnimento sveglia: “SPENGI QUEST’AF…fare, oh, l’hai spento….”
 
“Già, non ci vuole una laurea…” Sbuffò il biondo poggiando il cellulare sul comò alla sua sinistra e prendendosi la testa tra le mani sperando così di evitare che il suo cervello scoppiasse uscendo dalle orecchie. “Direi che una laurea non ci vuole neanche per portarsi il telefono in camera dopo che uno ci imposta la sveglia per la mattina dopo… - gli fece notare la mamma guardandolo fisso con la tipica faccia del “non mi freghi, quanto hai bevuto?” – dove ti posso accompagnare sta mattina per farti recuperare la macchina?”
 
“Credo sotto casa di Liam e Zayn – rispose il ragazzo sedendosi sull’ultimo gradino delle scale stropicciandosi gli occhi – credo, può essere solo là, mi ha riportato a casa Louis.”
 
“Ok, va bene, vatti a vestire che ti preparo un triplo caffè…” gli ordinò la madre dirigendosi verso la cucina mentre Niall si rendeva conto di essere seduto sul legno in mutande e con le gambe coperte dalla pelle d’oca. “Ok, grazie.” Le rispose alzandosi, cominciando a salire i gradini e ringraziando mentalmente di essere rimasto l’unico figlio da coccolare.
 
Entrò in camera lanciando uno sguardo pieno di desiderio verso il letto ancora intatto e, mentre cercava a tentoni nel buio un paio di pantaloni da infilarsi velocemente, prese seriamente in considerazione l’idea di rimettersi a dormire; subito cacciata indietro dal pensiero della data di scadenza per la presentazione dei nuovi testi, trovò un paio di pantaloncini da sport nel mucchio di vestiti appallottolati sulla sedia e li indossò sorpassando la porta.
 


 

“Eccola là, accosta.” Esclamò Niall indicando entusiasta la sua “adorata macchinina” parcheggiata l’isolato dopo il palazzo in cui abitavano Liam e Zayn.
 
“Torni a pranzo a casa? Io non ci sono.”, “No, dobbiamo andare a casa di Louis per la cosa delle parole per le canzoni nuove, tornerò sta sera, non so se per cena o dopo, ti faccio sapere ok?”
 
“Ma non avete lezione il giovedì?”
 
“No, diciamo di no, non serve ecco…”
 
“Ok, fate come volete…ci sentiamo dopo, buona giornata.”
 
“Ok, ciao ma’” La salutò chiudendo lo sportello e agitando la mano verso la macchina che si reimmetteva nel traffico.
 
Tirò fuori il cellulare dalla tasca della giacca e si appoggiò sul cofano della sua macchina digitando il numero di Liam, chiamata che ovviamente finì in segreteria telefonica, evidentemente non era l’unico ad aver avuto problemi con la sveglia, il cellulare di Zayn invece squillava ma nessuno sembrava voler rispondere dall’altro lato. Niall si alzò, lasciò una pacca sulla carrozzeria argentata e salì sul marciapiede incamminandosi verso il portone dei ragazzi.
 
Suonò al citofono una volta, perfettamente consapevole che non sarebbe mai bastato, così la seconda suonata durò qualche secondo in più e la terza non finì finché non sentì il rumore del citofono alzato dall’altro lato e quello che sembrava il verso di un grizzly: “Sono Niall, apri chiunque tu sia.” Sentì il portone aprirsi e il citofono richiudersi, entrò nell’androne e aprì le porte dell’ascensore fermo lì al piano terra, spinse il tasto con il numero tre disegnato sopra e aprì lo zaino alla ricerca della scatolina di aspirine che si era fatto convincere a portare.
 
Uscì dall’ascensore e dopo essersi chiuso le porte alle spalle suonò il campanello sperando che quel qualcuno che aveva avuto il buon senso di aprirgli il portone non si fosse riaddormentato. Qualche minuto e qualche botto dopo la porta si aprì e da dietro questa fece capolino la testa di Zayn con gli occhi praticamente chiusi e la fronte corrucciata come a tener a bada la mandria di bufali dentro al cranio: “’Giorno…che ci fai qua…come hai fatto…come hai fatto a svegliarti?... quando te ne sei andato?...” Chiese biascicando le parole e ributtandosi di peso sul divano dove aveva evidentemente dormito.
 
“Ho una madre che è una santa e diciamo anche una sveglia molto potente – rispose posandogli una mano su una spalla – vado a preparare il caffè e dopo aspirine per tutti.”
 
Zayn mugugnò qualcosa ma Niall, ormai arrivato in cucina, non capì assolutamente niente, si avvicinò allo scolapiatti e prese la moka, aprendola, riempiendola d’acqua e afferrando il barattolo del caffè dalla mensola sopra al tavolo. Riempì il cestello e avvitò stretto il pezzo di sopra sentendo il rumore dello scarico, segno che Zayn si era deciso ad alzarsi o che Liam si era svegliato.
 
Accese il fuoco sotto alla macchinetta da dodici esattamente mentre il moro sorpassava la porta della cucina ultimando il fiocco del laccetto della tuta e si buttava di peso sulla sedia poggiando la testa sul piano freddo di marmo del tavolo ingombro di bottiglie vuote di vetro: “Mai più festini qua dentro, mai più festini in generale, siamo troppo vecchi per queste cose… - Borbottò – acqua per favore…” implorò tendendo una mano verso l’amico appoggiato al piano della cucina. Niall prese un bicchiere dallo scolapiatti e lo riempì d’acqua porgendolo all’altro: “Anche te non sei riuscito a raggiungere il letto ieri notte, che hai dormito sul divano?” Chiese sorridendo delle condizioni penose in cui era sfociata la “cena in tranquillità” della sera precedente.
 
Zayn alzò un braccio facendo segno di no con l’indice: “Ho lasciato il letto a Perrie…”
 
“COSA?”
 
“Non urlare, cazzo! Mi scoppia la testa!”
 
“Hai lasciato il letto a Perrie? – bisbigliò Niall sedendosi anche lui al tavolo – cioè, è rimasta a dormire? In che senso le hai lasciato il letto? Cioè è rimasta e le hai lasciato il letto?” Chiese esterrefatto.
 
“Si, non c’è bisogno di ripeterlo ventimila volte, si, le ho lasciato il letto, Andrea se ne è andata con Harry portandosi via la macchina e lei non sapeva come tornare a casa e quindi le ho lasciato il letto…”
 
“Non ci credo…ma sei cretino forte! Aspetta, Andrea e Harry? Vabbè, di questo parliamo dopo. Non riesco a credere che tu le abbia lasciato il letto, dagli ultimi ricordi che ho mi sembra che anche lei fosse abbastanza ciucca, e, non vorrei sbagliarmi, ma stavate ballando sul tavolino del salotto, insieme – gli fece notare con l’espressione esterrefatta – anzi, no, aspetta, l’ultimo ricordo è di lei che ti trascina in cucina per un altro bicchiere! Cazzo Bambi! Non ci credo!”
 
“Stai zitta fata turchina! – esclamò Zayn scolandosi il bicchiere d’acqua – non è assolutamente come pensi, non sapeva come tornare a casa e ci a chiesto di rimanere qua.”
 
“VI HA CHIEsto di rimanere qua? – chiese Niall scordandosi per un momento delle condizioni dell’amico e della presenza degli altri che ancora dormivano – Ma secondo te non aveva proprio nessuno per farsi venire a prendere e neanche un cellulare per chiamare Andrea?”
 
“Non voleva rompere le palle ad Andrea e Harry!”
 
“E certo! – esclamò mettendosi le mani nei capelli – come se non lo sapessimo perfettamente tutti che Harry torna da Gemma tutte le notti per non lasciarla sola! Quindi vuoi dirmi che sei assolutamente certo che non abbia aspettato tutta la notte che tu andassi a cantarle la ninna-nanna?” Chiese mimando con le dita il segno delle virgolette per l’ultima parola.
 
“Ma che cazzo dici? Non dire cazza…” Provò a difendersi Zayn ma fu interrotto dal rumore di una porta che si apriva e dalla voce di Perrie che lanciava una domanda lungo il corridoio: “Zayn, sei sveglio?”
 
I due amici si zittirono sicuri, comunque, che la ragazza, troppo lontana, non avesse sentito la loro conversazione: “Si, e il caffè è quasi pronto!”
 
“Ok, grazie, posso prendere una tua tuta e una maglietta per favore, che sono sicuramente più comodi del mio vestito?”
 
“S…s…Si!” Balbettò il moro mentre Niall si alzava per spengere il fuoco sotto al caffè ormai pronto, si girava verso l’amico e mimava con le labbra, scandendo le sillabe, una sola, unica parola: “COGLIONE”
 


 

“Non avrei scommesso neanche mezzo centesimo sul vostro arrivo prima delle quattro e invece siete puntuali!” Li salutò Louis aprendo la porta della villetta e scansandosi per lasciare entrare Zayn, Niall e un Harry incontrato lì davanti al portico che faceva il giro della casa.
 
“Fizzy, Phoebe, ve lo chiedo gentilmente per la seconda volta: eclissatevi in camera vostra!” Ordinò perentorio alle due sorelle accomodate sul divano davanti alla televisione che guardavano il Re Leone.
 
“Non rompere Lou – sbottò la più grande – e poi Phoebe vuole finire il film, manca poco!”
 
Il ragazzo lanciò uno sguardo verso lo schermo, si avvicinò al divano da dietro lo schienale e sfilò il telecomando dalle mani della sorella: “Piccola strega malefica! – sbottò – lo so perfettamente che non è iniziato da più di dieci minuti, sappi che io il Re Leone me lo sono visto al cinema quando è uscito, quindi stupida bugiarda ti è andata male, hai beccato il film sbagliato! Prendi Phoebe e salite subito di sopra, o per caso devo chiedere a mamma di controllarvi i compiti quando torna?”
 
Lo sguardo che la ragazza lanciò al fratello sarebbe stato in grado di uccidere chiunque non fosse stato incazzato almeno il doppio di lei, ma se c’era una cosa che Louis non sopportava erano le bugie per tentare di fregarlo e sua sorella ne aveva appena sparata una bella grossa, quindi, dopo almeno due minuti di lampi e saette silenziose le due furono costrette a cedere e ad alzarsi dal divano trascinandosi verso le scale. Arrivate all’ultimo gradino la più grande si girò di scatto e urlò in direzione del fratello al centro del salotto: “Tanto lo sai che appena arriva Ele ci fa scendere!” E poi scappò chiudendosi in camera per evitare l’ira di Louis che si era lanciato per le scale: “COMPITI!” Poté solamente urlare lui in risposta contro una porta chiusa.
 
“Potevi anche lasciarle, non avrebbero dato tanto fastidio!” Esclamò Harry quando l’amico entrò in cucina, dove si erano piazzati, con il fiatone: “Non se ne parla, lo sanno che il piano di sotto è mio quando prepariamo le canzoni; tra l’altro devono veramente fare ancora tutte e due i compiti, quando torna mamma se no è colpa mia! - Esclamò aprendo il frigo e tirando fuori quattro birre – e poi lo sappiamo perfettamente sia io che loro che appena arriverà Eleanor niente e nessuno potrà trattenerle in camera; Liam mi ha scritto prima che sta da Sophia e ritarda, quindi direi di iniziare!”
 
“Dove sta mamma?” Chiese Zayn afferrando una bottiglia sovrappensiero e ripoggiandola immediatamente sul bancone.
 
“Da un’amica con i gemelli, l’ho implorata di andarsene che se no sai che musica! Ma non bevete?” Chiese poi spostando lo sguardo stupefatto dalle birre agli amici.
 
“Io passo volentieri – sospirò Niall – anzi, se posso prendo un bicchiere d’acqua per mandare giù la seconda aspirina della giornata!”
 
“Idem!” Esclamarono in coro Harry e Zayn.
 


 

“I know you wanna be loved!” Esclamò per la ventesima volta Zayn sgranocchiando noccioline.
 
“No, non c’entra un cazzo! Bambi, smettila di ripetere questa frase, parla di una festa e degli amici, non ci possiamo mettere del romanticismo! – sbottò Harry – scrivila e teniamocela per qualcos’altro!” Concluse poggiandosi indietro sullo schienale passandosi la mano nei ricci.
 
“Concordo con Simba, mettiamoci di nuovo il ritornello e finiamola qua – puntualizzò Niall alzandosi – Lou, metto su l’acqua per la pasta che sto morendo di fame!”
 
“Sei il solito fata turchina! Terzo ripiano in alto a destra, mettine su due che stanno arrivando Eleanor, forse Livia e spero prima o poi anche Liam con Sophia. – li informò Louis stiracchiandosi sulla sedia – e chiama Josh che gli mandiamo le canzoni per sentire cosa dice sul ritmo da proporre domani in studio.”
 
Niall passò dietro alla sedia di Harry strusciando sul muro per riuscire a sorpassarla, rubò una manciata di noccioline dalla ciotola che aveva in mano Zayn stravaccato sul divano, e sorpassò la porta della cucina lanciandone una in aria e riprendendola al volo con la bocca. I telefoni di tutti e quattro stavano poggiati sul tavolo, era una sorta di regola che si erano imposti, quando si parlava di musica niente e nessuno doveva disturbarli. Afferrò il suo cellulare, la lucetta rossa lampeggiante lo informava dell’arrivo di un messaggio, lo sbloccò ficcandosi in bocca le ultime noccioline rimastegli in mano e leccandosi le dita piene di sale.
 
Da Livia:
 
“Passo da Lou con El dopo, ci state ancora?”
 
Il messaggio risaliva ad una mezz’oretta prima, il ragazzo aprì lo sportello del terzo ripiano in alto e tirò fuori due pentole per la pasta, ritrovandosi poi, appoggiato al pieno della cucina di spalle, a sorridere verso lo schermo luminoso del telefono in mano, indeciso su come rispondere alla ragazza.
 
A Livia:
 
“Ci stiamo, sto mettendo su l’acqua per la pasta, vi conto?”
 
Concluse e inviò, dopo averlo corretto e cancellato almeno dieci volte. La risposta non tardò ad arrivare, mentre stava riempiendo d’acqua la seconda pentola la spia rossa riprese a lampeggiare:
 
Da Livia:
 
“Si, a me contami per due che sto morendo di crampi allo stomaco!”
 
E Niall non poté far altro che riprendere a sorridere mentre accendeva il fuoco sotto alle pentole, passava accanto al tavolo poggiandoci sopra il telefono e usciva dalla stanza fischiettando.
 
“Che ha detto?” Gli chiese Harry, ormai sdraiato anche lui sul divano, con la testa appoggiata sul bracciolo e le gambe che, passando sopra a quelle di Zayn, finivano oltre l’altro bracciolo dal lato opposto.
 
“Che stanno arrivando.” Rispose il biondo sovrappensiero.
 
“Stanno arrivando? – lo guardò perplesso il ragazzo assottigliando gli occhi – non stai parlando di Josh, vero?”
 


 

“E che cazzo! - sbraitò Niall quando la sua macchina raggiunse il traguardo per seconda – fanculo Liam! Fottiti!”
 
“Avresti dovuto sorpassarmi alla terza curva del primo giro!” Esclamò l’altro sorridendo sotto i baffi, soddisfatto della terza vittoria consecutiva che gli garantiva, ancora una volta, il diritto ad un altro giro.
 
“Passa fata turchina!” Ordinò Zayn scendendo dalla spalliera del divano dove era seduto e accovacciandosi, incrociando le gambe, davanti al tavolino di legno che li separava dalla televisione. Niall gli lanciò il telecomando della wii in modo alquanto stizzito e allungò le gambe sul pavimento scrocchiandosi le ginocchia e alzando le braccia per stiracchiarsi. Poggiò la testa indietro, sbattendo la nuca contro il ginocchio spigoloso di Harry: “Ahi! Cazzo!” Protestò il riccio distogliendo un attimo gli occhi dallo schermo dell’iphone.
 
“Ma certo! Fate finta che non ci siano le bambine!” Sbottò Louis scavalcando con un salto il divano e posizionandosi comodo tra i piedi di Harry e Eleanor: “What are you doing my darling?” Chiese accucciolandosi verso di lei e poggiando la testa sulla sua spalla; “Sto cercando l’orario di ricevimento del professor Licci.” “No no no no, oggi è proibito parlare di università! Metti via o ti lancio il computer fuori dalla finestra, anche se è il mio.”
 
“Ma per dindirindina, ti possano cadere le… mani, caro il mio birbantello amico Liam - Disse Zayn, causando l’ilarità delle sorelline piccole di Louis, dopo essere stato battuto anche lui – A chi tocca?” Chiese alzando in aria la mano che teneva il telecomando della console.
 
“A me, a me, a me!” Iniziarono a litigare Felicite e Daisy all’unisono “Te hai giocato prima!”, “Te hai giocato più partite!”, “Te hai perso più volte!” Urlavano tentando di afferrare il telecomando che uno Zayn alquanto spaventato teneva fuori dalla loro portata: “Dallo a me Zayn!”, “No, a me!”, “Sono più grande!”, “Sono più piccola!” Il ragazzo si girò alla ricerca di un possibile aiuto da parte degli amici, invano, perché Liam era sparito in bagno (portandosi dietro, nascosto in tasca, il simbolo del suo potere), Louis e Eleanor stavano guardando qualcosa al computer, Sophia e Livia chiacchieravano sedute una sulla poltrona e una per terra ai suoi piedi e non sembravano essersi accorte di nulla, Harry continuava a messaggiare con chi sa chi e Niall rideva di gusto sorseggiandosi la sua coca-cola e godendosi la scena. Zayn sperò per un secondo che la piccola Phoebe decidesse di alzarsi dalle gambe incrociate della roscia, dove stava seduta, per poter applicare il principio di “Tra i due litiganti il terzo gode.” Ma la bambina non sembrava aver nessunissima intenzione di muoversi dalla sua postazione da dove giocava con i ricci di Livia tirandoli verso il basso per poi lasciarli e farli tornare su come molle.
 
“Lou, avrei un problemino da risolvere, potresti aiutarmi!” Implorò Zayn allungando sempre di più il braccio del telecomando e tenendosi, con l’altra mano, i pantaloni, temendo che una delle possibili mosse diversive delle piccole belve potesse essere quella di lasciarlo in mutande.
 
Louis finì di leggere qualcosa sullo schermo e alzò gli occhi sulle sorelle, congelandole sul posto; alzò la testa dalla spalla della ragazza lasciandole un veloce bacio sul maglione e assottigliando le palpebre scrutò le due bambine: “Propongo una gara: gioca la prossima partita chi va a prendermi, in camera, senza mettere in disordine niente che se no la fucilo,  la cartellina verde con le parole delle canzoni…”
 
Ci fu un attimo di silenzio in cui anche Livia e Sophia si gustarono la scena e subito dopo il panico; Felicite, lasciando per prima i pantaloni di Zayn, scattò in avanti sorpassando con un salto Niall seduto per terra, rischiando di far cadere la ciotola con le noccioline; mentre Daisy, partita immediatamente dopo, girava intorno al divano e si buttava di corsa verso la porta del salone, andando a sbattere contro lo stomaco di Liam che stava rientrando, cadeva per terra e sgattaiolava velocemente oltre tra le sue gambe per riuscire a recuperare la sorella ormai già sulle scale dell’ingresso.
 
“Ma che cavolo sta succedendo?” Chiese il ragazzo tenendosi una mano sullo stomaco dolorante e sfilando dalla tasca posteriore dei jeans il telecomando della wii.
 
“Niente Po, tranquillo, non è che potresti passarmi la cartellina verde che sta sul tavolo?” Chiese Louis sbadigliando.
 
“Ma sei stronzo!” Esclamò Eleanor essestandogli uno scappellotto sulla nuca, “El, le bambine!” Rispose in modo finto indignato il ragazzo facendo spallucce, accennando a Phoebe e sorridendo alla ragazza: “Cretino…” Sospirò lei rispondendo al sorriso e avvicinandosi a lui per baciarlo.
 
“Oh mamma! – tentò di interromperli Liam sbattendo la cartellina con i testi sulla testa di Louis – questi figliano qua!” “Prendetevi una stanza! – li apostrofò Harry allungando le gambe sul divano e assestando un calcio sulla schiena dell’amico – e trovate una bombola di ossigeno per Niall!”
 
Il biondo stava letteralmente sdraiato per terra piegato a metà dalle risate, reggendosi lo stomaco con una mano chiusa a pugno per non far cadere le noccioline di cui era piena “Ossigeno? Certo che aveva bisogno di ossigeno! Ma non in quel momento, era tutto il pomeriggio che avrebbe voluto una bombola di ossigeno.
 
Da quando Livia e Eleanor erano entrate in quella casa non era riuscito un attimo a smettere di sorridere, gli facevano male le guance a furia di essere tirate, crampo alla mascella, sarebbe stato  possibile? Aveva varcato la soglia stretta nella giacca nera, con metà volto coperto dalla sciarpa che lasciava intravedere a mala pena gli occhi, i capelli elettrizzati e le mani strette tra di loro alla ricerca di un po’ di calore: “Fuori c’è il sole e un vento freddo che fa volare via! Ciao a tutti!” Aveva esordito saltellando sul posto e sorridendo, non che il sorriso si riuscisse a scorgere, ma le brillavano gli occhi, quindi certo che stava sorridendo!
 
Dopo un giro veloce di saluti (“Niente bacetti, meglio il cinque!”), aveva accolto molto volentieri la proposta di Louis di usufruire del termosifone bollente per scongelarsi le mani, e piano piano si era prima aperta la giacca, poi sfilata la sciarpa e appeso il tutto all’attaccapanni dell’ingresso per poi fiondarsi in cucina a controllare il sugo (“Che maleducata che sono, serve una mano?”). Si era presentata alle sorelle di Louis (“Lou! Ma non sono bambine! Da come ne parli te dovrebbero avere due anni al massimo.”). Aveva dato una mano ad apparecchiare e era stata l’unica abbastanza coraggiosa da scolare la pasta (“Ma dite veramente o mi prendete in giro? E’ acqua, non acido!”).
 
L’improvvisa necessità di Harry di usufruire del bagno li aveva fatti capitare seduti vicino a tavola (“Stringetevi un po’ di più che così entriamo tutti!”), e l’iperattività di Louis – seduto accanto a lei – l’aveva fatta spostare piano piano verso di lui, era diventata tutta rossa alla battuta di Zayn (“Niall, è più veloce di te!”) e aveva risposto gentilmente alle domande di Sophia (“Quindi anche te sei un’economista?”). La scena migliore era stata quando, ormai già buttati sui divani con la console accesa, Liam le aveva offerto le noccioline, ne aveva prese due all’inizio, poi un’altra, poi aveva rifiutato, due volte, alla terza sembrava veramente combattuta internamente, alla quarta aveva sfilato la ciotola dalle mani del ragazzo e l’aveva sistemata davanti a lei e a Phoebe, già seduta sulle sua gambe, esclamando: “Se inizio non smetto più, sono la mia droga! Fermatemi se inizio a diventare verde!” Causando una risata generale e la felicità della bimba.
 
E le noccioline erano rimaste lì, sull’angolo del tavolino, e, nonostante stessero ormai per finire, Livia non era ancora diventata verde, a parte gli occhi, ma quelli erano sempre verdi come due smeraldi…
 
“LOUUUUUUUUUUUUUUUUU! QUI NON C’E’ NESSUNA CARTELLINA!” Urlò Fizzy dalle scale.
 
“SCENDETE! Prima di combinare qualche guaio… - Ordinò Louis staccandosi dalla ragazza e prendendo la cartellina che Liam stava continuando a sbattergli in testa – Li, lascia loro il telecomando!”
 
Il ragazzo provò a tenere il muso all’amico, ma fu subito distratto dalla musichetta di Star Wars che aveva iniziato ad aleggiare nella stanza: “Scusate è il mio telefono! - Esclamò Livia facendo alzare Phoebe e correndo a prendere il cellulare dal tavolo per rispondere – vado un attimo in cucina. Pronto?”
 
Niall tentò di ricomporsi riappoggiandosi al divano con la schiena indietro, infilò la mano, ancora piena, nella ciotola delle noccioline e le sgranocchiò bruciandosi la lingua per il troppo sale rimasto sul fondo. Louis stava facendo leggere le parole delle canzoni che avevano scritto quel pomeriggio a Eleanor, dietro a loro, appoggiato alla spalliera del divano c’era Liam che leggeva da sopra le loro teste e Sophia che li aveva raggiunti: “Fata turchina, cosa ha detto Josh del ritmo?” Richiamò la sua attenzione l’amico distogliendo lo sguardo verde acqua dai fogli davanti a se: “Josh? Jossssssh…emmmmh…ha detto cheeeeee….” “Non l’hai sentito?” Lo fulminò Louis “No…vabbè, rimedio io, prendo la chitarra, mi chiudo allo studio e ti butto giù qualcosa per More thant this, Midnight memories  gliela mando sta sera.”
 
Il ragazzo si alzò in piedi sistemandosi i pantaloni: “Dammi dieci minuti e torno – lo rassicurò sfilando il foglio con le parole dalle mani dell’amico -Dov’è la chitarra?”
 
“Sta di là, dietro la porta.” Gli rispose Louis e Niall girando intorno alla poltrona, attraversò il salone e si chiuse allo studio per riuscire a buttare giù un possibile motivo per “More than this” una delle canzoni su cui avevano lavorato la mattina.
 
Prese la chitarra da dietro la porta e si sistemò sul divano della stanza passandosi una mano tra i capelli e stropicciandosi gli occhi per la stanchezza. La luce arancionina del tramonto entrava dalla porta-finestra che dava sul portico intorno alla villetta, quindi Niall, attratto da quella prima bella giornata dopo settimane di pioggia, decise di uscire fuori e sistemarsi sul vecchio dondolo imbottito.
 
Cominciò a strimpellare qualche nota con lo strumento, sperando di riuscire a trovare al più presto un motivetto che potesse piacere agli altri e soprattutto al loro manager il giorno dopo in studio; erano indietrissimo con la consegna dei nuovi pezzi, tra esami e cavoli vari nell’ultimo mese non erano riusciti a combinare un gran che e ora come ora non potevano permettersi di rimanere indietro, di lì a qualche mese avevano intenzione di presentarsi a una vera casa discografica per riuscire ad incidere il loro primo CD.
 
Niall era arrivato già alla seconda strofa quando sentì dei passi sulle tavole di legno del portico subito dietro l’angolo che formava seguendo le pareti dello studio e una voce, la voce di Livia, alquanto alterata contro, probabilmente, il telefono: “No, ti ho detto che non ho intenzione di venire per i vostri stupidi capricci! Non sono affari miei! Non verrò a fare da giudice, tenetemi fuori dai vostri guai!” E la ragazza girò l’angolo bloccandosi alla vista di Niall che la guardava come a scusarsi per aver sentito, con la mano bloccata sulle corde della chitarra che ancora vibravano e l’espressione perplessa alla vista di una sigaretta tra le sue dita. “Mi sono rotta, ci sentiamo dopo, ciao.” E attaccò, infilandosi il cellulare in tasca e aspirando un tiro.
 
“Scusami, non volevo ascoltare…” Sussurrò Niall non riuscendo a staccare gli occhi dalla sigaretta.
 
“Scusami te, era mia madre, tira fuori il mio lato peggiore.” Rispose lei passandosi una mano tra i ricci, che alla luce del tramonto sembravano ancora più color fuoco del solito, e sistemandosi seduta a gambe incrociate per terra sul legno di fronte a lui.
 
“Ma te fumi?” Chiese il ragazzo non riuscendo a trattenersi.
 
“Ma te suoni la chitarra?” Replicò lei con un alzata di spalle e un altro tiro.
 
“Si un po’” Rispose Niall come se la sua risposta andasse bene per tutte e due le domande.
 
“Cos’è?” Chiese allungandosi per prendere il foglio con le parole dai cuscini del dondolo e tenendo la sigaretta tra le labbra.
 
“Una delle canzoni che dobbiamo presentare domani, dovrei riuscire a dargli un abbozzo di musica.”

 
“Fammi sentire!” Esclamò Livia risistemandosi seduta per terra e stringendosi le ginocchia tra le braccia con un sospiro.
 
Niall avrebbe voluto chiederle cosa fosse successo, ma sapeva di doversi fare i cavoli propri e che se lei avesse voluto parlarne avrebbe iniziato senza problemi e poi, in modo terribilmente egoista, non avrebbe voluto, per nessun motivo al mondo, interrompere quel momento: chitarra, musica, sole invernale e Livia seduta di fronte a lui che lo guardava suonare, ancora più bella, se possibile, illuminata da quella luce e che tentava di coprirsi dietro alla sua ombra che si muoveva a tempo.

 

SPAZIO TORTA DI MELE
E ancora una volta mi ritrovo a pubblicare la sera prima, appena scattato il 12 del mese, perchè domani è una giornata veramente infernale, come oggi, come ieri e come l'ultima settimana...
Scusatemi veramente tanto per la mia assenza di questo periodo, ma, tra esami prima e lezioni adesso, tra famiglia, amici e periodo di merda non ho veramente mezzo secondo libero :(
Mi scuso anche per il capitolo, perchè so perfettamente che c'è pochissimo Liall, ma mi è venuto fuori così, non ci posso fare niente; adoro il pezzetto con Zayn, quello non me lo toccate per favore!
Un bacione enormissimo a OscarLady, perchè è l'nica con abbastanza pazienza da sopportarmi.
E a Mary_lee, perchè continua a farmi sapere il suo parere (tra l'altro, volevo farti sapere che ho iniziato a buttare giù qualcosa per la lezione di tennis di Harry...).
Baci&noci anche a te che sei arrivata fin qua giù, con la speranza di trovare il tuo nick tra le recensioni, xmela
  
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