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Autore: Deb    15/03/2014    9 recensioni
Non c'è da stupirsi del fatto che Peeta si irrigidisca quando sente le mie labbra sulle sue per un bacio a fior di labbra, casto. Il nostro primo bacio senza telecamere. È normale che ne rimanga stupito.
I suoi occhi sono sorpresi quando lo guardo, scostandomi da lui. Le guance mi si colorano immediatamente e abbasso lo sguardo per rialzarlo quando sento le dita di Peeta sul mio collo. Ha lo sguardo serio, come se dovesse chiedermi il permesso, non so cosa legge dalla mia espressione, ma lo vedo avvicinarsi al mio viso e chiudo gli occhi in attesa di sentirlo nuovamente sulla mia bocca.

{Everlark || What if su Catching Fire/Mockingjay}
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Finnick Odair, Johanna Mason, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Non rinunciare mai alla speranza
Capitolo IX


Prima di raggiungere Peeta, vengo fermata da Finnick che, un po' su di giri, mi annuncia che partirà ed è in squadra insieme a Gale. Afferma che il suo team è uno specchio per le allodole visto che li riprenderanno. Non combatteranno realmente, o almeno, non in prima fila come invece sarebbe giusto che fosse. Mi chiede anche cosa dovrebbe dire ad Annie. Ci penso un attimo su cosa farei io se fossi al suo posto? Alla fine gli dichiaro di dirle che andrà a Capitol City, per fare dei pass pro o qualcosa del genere, di non farla preoccupare inutilmente. Che non ci saranno pericoli.
Mi saluta con un abbraccio che contraccambio volentieri. «Se morissi, chiama tuo figlio con il mio nome». Lo dice ridendo, ma il mio cuore perde un battito. È vero, potrebbe morire e non ho minimamente pensato ad un'eventualità simile. Anche Gale potrebbe lasciarci le penne per combattere una rivoluzione di cui sono il volto e che ho praticamente fatto iniziare io. Do un colpetto sul suo petto.
«Non lo chiamerei mai Finnick», affermo sbuffando, «anche perché tu non morirai. Te lo proibisco, devi tornare da Annie».
Finnick mi sorride e mi abbraccia nuovamente, io decido di andare a trovare Johanna prima di recarmi da Peeta, poi gli spiegherò il mio ritardo. Sto per entrare quando sento Gale parlare.
«Katniss mi ha portato nel bosco per farti questo».
«Che cos'è?».
Busso, interrompendo quel momento. «Vedo che Gale ti ha dato... quello».
«Stavo appunto chiedendo cosa sia». Se lo rigira tra le mani e prova a studiarlo. «Annusalo». Ordino.
Si porta il fagotto al naso e lo annusa, esitante. «Sa di casa». Le lacrime le riempiono gli occhi.
«Era quello che speravo, dato che vieni dal 7 e tutto il resto» dico. «Ricordi quando ci siamo incontrate? Tu eri un albero. Beh, per poco».

La vedo stringere un polso di Gale, «deve morire». Dice e capisco perfettamente di chi stia parlando perché lo voglio anche io.
«Devi ucciderlo per tutte e due, Gale». Aggiungo, allora, osservando il suo profilo. I suoi occhi sono intenti a guardare Johanna fissa in volto.
«Se ce l'hai davanti, colpiscilo ed uccidilo». Continuo, girandomi e correndo via, lasciandoli soli perché ho capito quanto fossi di troppo. Non so di preciso cosa ci sia tra loro, ma sicuramente hanno instaurato una vera amicizia. Ha preso il mio posto.
Mi stringo la pancia quando arrivo davanti alla stanza di Peeta. Ho il fiato corto, ma non ho corso come sono solita fare. Quando mi riprendo busso e mi danno il via libera per entrare.
«Sei in ritardo». Dice, la voce lo tradisce un po', che sia stato preoccupato per me? Più probabilmente era in pena per il suo bambino, però.
«Sì, scusami. Sono andata da Johanna che è stata ricoverata un'altra volta», gli spiego.
«Sta bene?» È preoccupato e capisco che anche loro due si devono essere avvicinati durante la prigionia. E con Peeta siamo a due persone che sono entrate nella sua cerchia, escludendo me. Cerco di rimandare indietro l'irritazione e gli racconto l'accaduto, includendoci Gale e la nostra gita nei boschi, anche se ciò potrebbe infastidire lui, ma non mi dispiace l'idea. Forse l'ho fatto proprio per quello.
Peeta mi sorprende quando mi racconta di aver sentito gli urli di Johanna e che lei ha sentito i suoi, li avevano messi vicino proprio come punizione, e per forza di cose si consolavano a vicenda. Ne parla come se niente fosse, cioè, gli rimane difficile raccontarmi tutto quello, ma per il momento non ha avuto nessuna crisi ed è questo che mi stupisce. Forse è davvero migliorato da quando è arrivato.
«Se vuoi... quando la dimettono le dico di venirti a trovare». Affermo un po' imbarazzata.
«Oh, non serve. Mi è venuta a trovare più volte, quando tu eri già andata via». Che altre cose mi ha nascosto Johanna? Non solo mi sento di troppo quando Johanna e Gale sono nella stessa stanza, ma ora cerca di fare l'amicona di Peeta? Quando parlo sempre delle sue condizioni e le riferisco tutti i miei dubbi a riguardo, lei non mi ha mai messo al corrente del fatto che lo andasse a trovare. Non capisco a cosa sia servito tenermi nascoste le visite che fa a Peeta. Ha forse paura che potrei essere gelosa? Che considero Peeta mio e basta? Non è così, ma ora sì, ora mi dà sui nervi il fatto che sia venuta a trovarlo. E non perché l'ha fatto, ma perché credevo che anche io e lei avessimo instaurato un'amicizia tra sopravvissute. Più probabilmente lei mi vede soltanto come un'idiota alla quale non dire nulla. Sono sua amica soltanto quando l'aiuto a farsi dimettere dall'ospedale per andare a vivere in un alloggio.
Trascorriamo il resto del tempo parlando del più e del meno, come al solito si sofferma soprattutto a narrare il futuro, alla prima parola che dirà il bambino, quando comincerà a disegnare e lui lo aiuterà a migliorare la sua tecnica. Poi mi ricordo che nel libricino che mi diede il dottore durante la prima ecografia, c'è scritto che durante la sedicesima settimana, cioè questa, potrei sentire il feto muoversi. L'idea non mi piace per nulla, significa che è effettivamente vivo e ne sono terrorizzata, ma so che Peeta sarebbe felicissimo di sentire i suoi movimenti. Senza pensarci mi siedo al suo fianco, chiedendo ad una guardia di spostarsi. Peeta si irrigidisce, ma cerca di studiare la situazione prima di fare o dire qualcosa. Alzo un po' la maglia e vedo Peeta voltarsi e mi viene quasi da ridere. La pudica non sono io?
«Durante la sedicesima settimana c'è la possibilità di sentirlo muovere». Spiego, appoggiando le mani sulla pancia. Poi ne tolgo una così da dare la possibilità a Peeta di metterci la sua. Sembra chiedermi quasi il permesso, così annuisco, e sento la sua mano calda sulla mia. Il suo tocco è delicato e sono sicura che non farà niente di male a me ed il bimbo. Il calore si irradia nel mio corpo. Non pensavo che mi mancasse così tanto il suo tocco su di me. Haymitch dice che a volte sono troppo irresponsabile, che abbasso la guardia troppo spesso, ma non è vero, perché sono sempre allerta.
«Cosa si dovrebbe sentire?» Chiede, premendo un po' di più la mano.
«Nel libro c'è scritto che si sente uno sfarfallio, potrebbe dare dei piccoli calci». Peeta si scosta da me e lo guardo dubbiosa, forse è il momento di alzarsi e spostarsi, anche perché noto le sue pupille dilatarsi, ma non ci riesco. Guardo la pancia ed il panico si impossessa di me. I miei occhi si riempiono di lacrime e non è dovuto soltanto allo schiaffo che Peeta mi ha dato. Quello è il minimo, sembrava quasi una carezza a differenza del dolore che ho provato quando l'ho sentito effettivamente muoversi. È vivo. Si muove dentro di me, succhia ciò che mangio, mi ruba l'energia. Ed ora si muove dentro di me e me lo porteranno via come mi hanno portato via Peeta. Lo rapiranno e gli diranno di odiarmi. Non mi accorgo nemmeno che Haymitch è entrato nella stanza e si è accovacciato al mio fianco.
«Peeta?» Chiedo, e lui mi indica un cantone della stanza. «Peeta! Peeta, si è mosso! L'ho sentito! È vivo!» Mi alzo e cerco di avvicinarmi a lui, ma Haymitch mi ferma.
«Non ora, dolcezza». Lo guardo e le lacrime cominciano a rigarmi il volto. Ho bisogno di Peeta. Lui mi dirà che nessuno lo porterà via da me e mi rassicurerà, anche se probabilmente lui sarà il primo a farlo.
«Me lo porteranno via», sussurro, stringendomi a lui. Probabilmente avrei abbracciato chiunque fosse stato nel mio raggio, ma il fatto che sia Haymitch e non una guardia mi rende più tranquilla.
«Nessuno te lo porterà via. Tranquilla».
Haymitch mi accarezza i capelli senza sciogliere mai l'abbraccio e quando mi riprendo, decido di rimanere lì finché Peeta non torni normale, o almeno fin quando la rabbia di uccidermi non scemi. Alla fine acconsentono alla mia richiesta, ma gli fanno indossare un paio di manette e le guardie lo pressano con il loro corpo, affinché non abbia modo di muoversi più di tanto.
«Dovresti metterci il ghiaccio. Io... scusa».
Nego con la testa, «tranquillo, è stata colpa mia. Avevo notato la tua agitazione, ma non sono riuscita ad alzarmi».
«Perché l'hai sentito muoversi».
«Perché l'ho sentito muoversi». Ripeto, osservando i suoi occhi scendere fino ad osservare la mia pancia. «Se vuoi... possiamo riprovarci. Insomma, non sarà l'ultima volta che si muove, no?»
Lo vedo illuminarsi un attimo, ma si rabbuia subito dopo. «Forse è meglio di no, Katniss. Ti ho colpito, avrei potuto fare del male a lui e non voglio». Non ha detto che non vuole far del male a me, ma soltanto al feto. Mi sta bene. Me lo merito. «È che... non so, hai parlato di sfarfallii e nei miei ricordi ci sono spesso».
Inarco le sopracciglia, ho creduto che l'avesse fatto scattare il fatto che mi toccasse, non ho mai pensato che una parola scritta in un libro potesse scatenarlo.
«Se vuoi però gli puoi parlare».
«Cosa?»
Alzo le spalle, «sta sviluppando l'apparato uditivo, sente ciò che si dice».
«Oh», sospira, facendo qualche passo in mia direzione. Le guardie lo seguono come due ombre. Si accovaccia e sorride. «Ciao, sono il tuo papà. Mi chiamo Peeta».
Sento il cuore accelerare i battiti. Non ha detto niente che già non sapessi, ma sentirlo parlare con la mia pancia e dire, ammettere, che lui è il padre anche se per molto tempo ha affermato il contrario, mi riempie di gioia.

Gale e Finnick sono partiti con la loro squadra, Johanna è tornata nel nostro alloggio e, anche se mi insulta, spesso e volentieri la ignoro, ancora troppo arrabbiata per avermi nascosto fin troppe cose. Le rendo noto che so che va a trovare Peeta, come ho capito che è amica di Gale.
«Non credevo fossero di tua proprietà e che solo tu potessi parlare loro».
Johanna non ha paura del mio sguardo truce e mi sfida con il suo, «non lo sono, infatti».
«E allora cosa vuoi da me, idiota?» Si butta sul letto a peso morto.
«La verità. Non vedo perché mi devi tenere nascoste cose come questa, quando io ti parlo di tutto!»
«Tu hai bisogno di parlare, di essere al centro dell'attenzione perché sei egocentrica, anche se a te non sembra. Io non parlo di me».
«Però mi raccontavi gli allenamenti!»
«Grazie al cavolo! Eri tu a chiedermi come andassero!» Mi volto dall'altro lato, decidendo di ignorarla. Non ha ragione lei, doveva dirmi che era diventata amica di persone tanto importanti per me. Sospiro e penso a Peeta, a quello che sta facendo in questo momento, se si sente in colpa per avermi schiaffeggiata. Sì, deve per forza essere deluso da quel gesto.
Le settimane trascorrono, non si hanno molte notizie dal fronte anche se tutti i giorni vado al centro di Comando per chiedere novità. Stanno tutti bene e per il momento hanno creato diversi pass pro grazie a Pollux e Castor. Cressida, invece, li fa con me e Peeta. Ha utilizzato la scena in cui Peeta parla per la prima volta con il bambino e quella è una scena che guarderei e riguarderei all'infinito. Ho persino trovato il coraggio di chiedere a Cressida di prepararmi un disco da poter tenere con me. È dentro il mio cassetto, insieme alla perla. I pass pro di Cressida con me e Peeta sono molto naturali perché prende i filmati della telecamera della stanza e li monta. È riuscita a convincere la Coin ad installarne un'altra ad altezza uomo, così da riuscire a riprenderci da un'angolazione diversa da quella dall'alto. Nel nostro secondo pass pro, Peeta ha una mano sulla mia pancia e sente per la prima volta il bambino scalciare. Il suo viso si illumina e fa i complimenti al bimbo per la forza che ha utilizzando, scherzando poi affermando che sarà un grande tiratore di farina, facendomi ridere. Per quel filmato non ho dovuto chiedere nulla, una sera Cressida ha bussato alla mia porta e mi ha porto il disco che è finito insieme all'altro. Mi ha chiesto anche se potesse riprendermi durante la seconda ecografia, le dico che deve sentire Peeta, a me non interessa.
Il giorno della visita, durante la ventunesima settimana, vedo Cressida essere già in sala d'attesa prima ancora di me e Peeta. Le guardie sono sempre al suo seguito, ma ora gli lasciano i polsi liberi. Riesce a controllarsi bene e quando sente di impazzire, chiede loro di mettergli le manette con le quali riesce a ferirsi. Mi dispiace che faccia così, ma lui dice che l'aiuta, quindi non dico più nulla.
Questa volta, Peeta mi stringe la mano non appena mi distendo nel lettino, la porta persino alla sua bocca e mi ci depone un bacio. La tiene lì vicino, mentre gli occhi gli si illuminano quando il display si accende, mostrando il nostro bambino che, finalmente, è più formato e non sembra più un ibrido. Mi sento un po' in colpa nei confronti del feto, visto che non mi interessa minimamente osservare il monitor, ma sono più presa nel guardare Peeta essere così felice, tanto da non riuscire a credere che non sia il ragazzo del pane che ho avuto modo di conoscere. Il dottore ci chiede se vogliamo sapere il sesso del bambino.
«Perché, si può?» Domando senza pensarci. Mi volto per la prima volta verso di lui, che mi sorride.
«Soltanto se lo volete». Mi giro nuovamente verso Peeta che continua ad osservare il monitor, dubbioso.
«Per me va bene tutto, decidi tu». Affermo, desiderando che quel momento non finisca mai. Voglio continuare a sentire il suo respiro sulla mia mano.
«Beh, se lo sapessimo sarebbe più semplice scegliere un nome. Dovremo concentrarci soltanto su un sesso, no?»
Annuisco e dico al dottore, senza guardalo, di dirci pure il sesso del bimbo. Lui muove l'ecografo sulla mia pancia e credo che voglia creare suspense visto che non ci risponde subito.
«È una femminuccia».
Quando usciamo, Cressida fa le congratulazioni a tutti e due e vedo che sta piangendo, ma non ne comprendo il motivo. Dice che siamo andati benissimo, la verità è che non abbiamo tenuto conto delle telecamere.
Accompagno Peeta nel suo alloggio, visti i miglioramenti è stato spostato, anche se io e lui ci incontriamo sempre nella solita stanza piena di telecamere e con il vetro riflettente così che ci possano tenere d'occhio se qualcosa va storto.
Lo vedo tremare. Gli chiedo cos'abbia e mi risponde che è emozionato. Ho sempre saputo che Peeta volesse diventare padre, un giorno, ma credevo fermamente che si sentisse sottosopra, come me. Abbiamo soltanto diciassette anni, siamo giovani, durante una guerra e non riesco a sentirmi serena come lui.

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Buongiorno! Eccomi qui con il nuovo capitolo. :3 Spero vi sia piaciuto.
Ricordo che quando scrissi questo capitolo, il pezzo nel quale Peeta si china e parla con la pancia è uscito da sé. Che cuoreh che è!
Vorrei mettere i puntini sulle i sul fatto che Kitkat – come potete notare nell'ultimo periodo del capitolo – creda che Peeta sia felice e contento di diventare padre ed è sereno e tranquillo. No. Non è così. È Katniss che lo pensa perché lo vede rilassato, diciamo. Ma non è né felice, né tranquillo. Con quel “mi risponde che è emozionato” non dice che non è sottosopra, ma “emozionato” può nascondere tante sensazioni diverse. Potrebbe essere emozionato perché ha paura (giustamente), perché vorrebbe che Kitkat non fosse mai rimasta incinta, potrebbe esserlo perché è felice (naaah!). Insomma, Katniss è ottusa e crede sia felice quando non lo è, lei spera che lo sia perché lui riesce comunque a mantenerla in piedi durante questa situazione anche se lui non si fida di lei, quindi spera che lui ne sia felice e si convince di questo. Come al solito, Katniss va avanti per auto convincimento. XD
Ringrazio tantissimo i 45 utenti che hanno messo la storia tra le preferite, le 5 persone che l'hanno messa tra le ricordate e le 59 seguite. Ma soprattutto ringrazio tutte le persone che mi scrivono il loro parere nei confronti della storia. Vi mando tanti baci e abbracci. Grazie mille! ♥
Bacioni
Deb
   
 
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