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Autore: LittleCatnip    16/03/2014    2 recensioni
Tre prove.
Due ragazzi.
Un serial killer. E un segreto.
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Cosa succederebbe se un killer sfidasse un ragazzo che non vede l'ora di diventare detective? E cosa succederebbe se gli portasse via il suo bene più prezioso? Tra segreti, avventura e amore, Shawn e Aima si affronteranno.
[Dal capitolo 5]
"... e per chi non l'avesse ancora capito, il gioco inizia ORA." Quando le campane scandirono i dodici rintocchi della mezzanotte si levò a pochi metri da me un urlo carico di terrore che mi fece gelare il sangue nelle vene.
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[Dal capitolo 18]
Sentivo il mio cuore scoppiarmi dentro al petto e batter sempre più forte, mentre piccole goccioline di sudore scorrevano lentamente lungo la mia schiena. Il monaco misterioso estrasse qualcosa dalla tunica e lo lanciò verso di noi. L’oggetto misterioso rotolò fino ai nostri piedi e non riuscii a trattenere un’imprecazione.
L’oggetto in questione era un teschio.
Umano.
Cominciammo a correre.
*le recensioni sono ben accette (:*
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Omega
 
 
 
 
Ci fermammo solo quando arrivammo davanti al cancello del cimitero, ansimando per la lunga corsa senza soste che avevamo percorso dalla stazione fino a lì. Dopo aver intuito che il messaggio segreto di mio nonno si riferiva a quel luogo, Dimitri ed io c’eravamo precipitati seduta stante, ansiosi di scoprire il segreto nascosto in mezzo a qualche vecchia tomba. Certo, l’idea di entrare di nascosto in un cimitero nel bel mezzo della notte, con un serial killer in città e con una taglia sulla mia testa, non era certo rassicurante, ma una parte di me era ansiosa di svelare il mistero, un mistero di cui io stesso ero entrato a farne parte. Ancora non mi era chiaro il motivo per cui mio nonno ci avesse indirizzato nel vecchio cimitero di St. Hylton, ma ero certo che lo avrei scoperto a breve; nulla in quella storia sembrava essere casuale. Mi era sembrato che mio nonno sapesse in un qualche modo cosa sarebbe accaduto di lì a poco, dopo aver offerto riparo a me e Maggie. Scacciai veloce quei pensieri: dovevo rimanere concentrato, sapevo che non sarebbe stato facile.
“E ora … che facciamo?”
Dimitri si stava ancora riprendendo dalla corsa e respirava con affanno insieme a me, appoggiando le mani sulle ginocchia e lasciando la testa a penzoloni. Per arrivare prima, avevamo percorso diverse scorciatoie, che passavano tutte per il centro, rischiando di farci scoprire. La buona sorte però era dalla nostra parte, ed eravamo arrivati senza troppi problemi, muovendoci silenziosi sotto la spessa coltre di nuvole che oscurava la pallida luce della luna.
“Non lo so … dovremmo … cercare … qualcosa …”
Iniziai a camminare avanti e indietro davanti al cancello, meditando sul da farsi, fissando il cielo nero e privo di stelle. Che cosa avremmo dovuto cercare? Un altro diario? Una lapide? Un segno? O forse non dovevamo cercare proprio niente?
“Shawn … vieni a vedere.”
Mi avvicinai a Dimitri che era rimasto fermo davanti a una colonna che decorava il muro di cinta. All’inizio non vidi nulla, così Dimitri illuminò una piccola parte di fronte a me con la luce del telefono. Sulla colonna era stata scolpita una minuscola lettera Omega, talmente leggera che era quasi impossibile notarla.
Sorrisi soddisfatto. Eravamo sulla strada giusta.
“Credo che dovremmo entrare.”
“Lo credo anch’io. Forse ci siamo!” risposi di rimando. Mi guardai attorno per vedere se ci fossero delle telecamere di sorveglianza, e se c’erano, non riuscivo a vederle. Mi calai il cappuccio sulla testa per evitare di essere riconosciuto da qualcuno e Dimitri m’imitò velocemente.
“Scavalchiamo?”
“Vuoi bussare per caso?”
“Certo che sì.” Replicò il mio amico che provò ad aprire il pesante cancello di ferro, che ovviamente non si mosse neanche di un millimetro. Imprecò silenziosamente.
“Scavalchiamo.”
Lo fulminai con lo sguardo un po’ irritato e mi preparai a farlo salire, accucciandomi e incrociando le mani. Lui ci appoggiò il piede sopra e quando fu pronto, gli diedi una spinta verso l’alto. Avrei preferito esserci io al suo posto, ma lui era comunque più leggero di me e più abile nelle arrampicate.
Si aggrappò agli spuntoni e alle sbarre del cancello e cominciò ad avanzare verso sinistra. Con la luce della luna che illuminava appena la strada e con il suo cappotto aperto che penzolava da ogni parte, Dimitri sembrava la perfetta reincarnazione di un pipistrello che si aggrappava a una roccia della sua grotta, in cerca del suo nido. Solo che era più aggraziato.
Giunse dopo un tempo che mi parve interminabile alla colonna di sinistra. Sulla sua estremità si trovava la statua di un Gargoyle, che Dimitri scansò con un potente calcio. La statua andò a finire in frantumi sul marciapiede con un rumore sordo.
Sbuffai esasperato e lui occupò il posto della statua sdraiandosi a pancia sotto, tendendo entrambe le mani verso di me.
Mi allontanai un po’ a mi sistemai lo zaino sulle spalle, in modo che non scivolasse. Non sarebbe stata un’impresa facile, la colonna aveva una superficie liscia e priva di appigli, ma con la giusta rincorsa e forza sulle gambe sarei dovuto riuscire a salire. Mi concentrai, e dopo aver fatto un bel respiro, scattai in avanti con quanta più forza avevo nelle gambe, sforzando ogni singolo muscolo. Arrivato alla colonna sfruttai la testa del Gargoyle che si trovava lì vicino come trampolino di lancio, dopo di che ‘camminai’ verso Dimitri. Riuscii miracolosamente ad afferrargli entrambe le mani e lui fu abbastanza pronto da tirarmi su. Poco dopo saltammo, ma non ci eravamo accorti che sotto di noi si trovava un cespuglio di rovi. Ci finimmo in mezzo come dei sacchi di patate, mentre le mie caviglie urlavano di dolore. Il salto era di tre metri buoni e le spine dei rovi non contribuivano a darci sollievo. Imprecando silenziosamente, riuscimmo a farci strada e ad uscire da quella tortura.
“Tutta colpa tua, Synets! Ahia!”
Dimitri gemette quando iniziai a estrargli le spine, mentre lui le toglieva a me. In un certo senso, ricordavamo le scimmie che si spulciano a vicenda.
Quando avemmo finito il  nostro lavoro di pulizia, ci guardammo attorno. Una sottile coltre di nebbia copriva le lapidi che si stagliavano davanti a noi come scogli in mezzo al mare. Le lunghe ombre degli alberi creavano un effetto sinistro e le foglie secche scricchiolavano rumorosamente sotto i nostri piedi. La luna ormai era scomparsa, e al suo posto erano comparsi gli ululati dei cani randagi e delle civette che si aggiravano di notte da quelle parti. La temperatura intanto si era abbassata velocemente e iniziavo a battere i denti; ero certo che avrebbe nevicato un’altra volta di lì a poco.
“Vaffanculo! Ci mancava anche questa!”
Dimitri stava osservando le sue scarpe rosse che si erano sporcate di fango sulla punta, macchiandole.
Riuscii in qualche modo a trattenermi dal ridere. “Bro, andiamo, sono solo un paio di scarpe! Non è la fine del mondo!”
Le guance di Dimitri si accesero pericolosamente “Solo un paio di scarpe? Solo un paio di scarpe?! Si dia il caso che le mie Blazer siano nuove di zecca e le abbia pagate un sacco di soldi!”
Sospirai. Quando si comportava in quel modo, mi ricordava troppo Elijah. Con l’unica differenza che mio fratello si sarebbe arrabbiato anche per molto meno.
Udii un rumore secco alle mie spalle. Anche Dimitri lo avvertì e, dimenticando le sue scarpe, si girò con me.
“Cos’è stato?”
“Non lo so, ma non mi piace.” Conclusi. Rimanemmo in ascolto ancora un po’, poi decidemmo di avviarci nuovamente.
Camminavamo silenziosi facendo slalom tra le lapidi, aguzzando l’orecchio a ogni minimo rumore. Il cimitero era forse uno dei luoghi più grandi e sinistri della città. Costruito nel 1200, aveva ospitato una serie infinita di personaggi celebri nel corso della storia. Una volta superato il cancello, ci si ritrovava davanti a una lunga serie di tombe e mausolei, tutti diversi tra loro. Ce ne era uno a forma di pagoda, uno con l’aspetto di castello con tanto di torri e draghetto sputa fuoco, e un altro che assomigliava a un casinò. Mi domandai quale riccone volesse essere seppellito dentro una sala giochi.
Naturalmente tra le varie lapidi troneggiavano statue di tutte le forme e dimensioni, così come spiccavano gli attrezzi, come pale, zappe e rastrelli, che il custode si ostinava a lasciare d’appertutto. A essere sinceri il custode non curava affatto il cimitero, o meglio, prendeva in considerazione solo alcune aree. Le due collinette dove spiccavano il mausoleo a pagoda e a castello, erano prede dell’erba alta e dell’edera. Anche nella zona dove ci trovavamo noi, le erbacce non erano state tagliate e mi domandai dove fosse il custode. Probabilmente stava dormendo tranquillo nella sua capanna che si trovava nell’angolo più remoto di quel luogo spettrale, molto lontano da noi.    
Eravamo arrivati davanti ad una fontanella, quando lo sentii di nuovo. Quel rumore secco di qualcosa che cade, accompagnato da un rumore di passi quasi celato dalle foglie secche che si spezzano.
Dimitri ed io ci girammo lentamente. Semi nascosta da una parete muraria si trovava una figura incappucciata, con una lunga tunica che gli arrivava fino ai piedi e che gli conferiva un aspetto sinistro. Sembrava un monaco tibetano, anzi, un sacerdote pronto a sacrificare la sua vittima sull’altare; aveva le mani giunte in avanti, nascoste dalle ampie maniche nere che sembravano toccare terra e che svolazzavano mosse dal vento che aveva iniziato a soffiare. Il cappuccio gli copriva l’intero volto; sembrava che dentro quella tunica non ci fosse nessuno. Ci guardammo un solo istante, studiandoci a vicenda, mentre il silenzio veniva rotto dal verso di una civetta. Sentivo il mio cuore scoppiarmi dentro al petto e batter sempre più forte, mentre piccole goccioline di sudore scorrevano lentamente lungo la mia schiena. Il monaco misterioso estrasse qualcosa dalla tunica e lo lanciò verso di noi. L’oggetto misterioso rotolò fino ai nostri piedi e non riuscii a trattenere un’imprecazione.
L’oggetto in questione era un teschio.
Umano.
Cominciammo a correre.
Sfrecciavamo tra le tombe evitando i sassi e le radici degli alberi che spuntavano dal terreno, minacciando di farci cadere in ogni istante. Sentivo Dimitri respirare con affanno a fianco a me, ma non lo vedevo; i miei occhi si rifiutavano di prendere in considerazione qualsiasi cosa che non fosse una via di fuga, una salvezza, un pericolo, ignorando il resto. Ormai il silenzio era rotto regolarmente dai nostri respiri e da quelli del nostro inseguitore, che correva dietro di noi cercando di afferrarci. Non avevo il coraggio di voltarmi a guardare, perché sapevo che mi sarebbe stato fatale. Non avevo idea di dove stessimo andando, il mio unico pensiero era quello di allontanarmi il più possibile da quel monaco psicopatico che se l’era presa con noi. In fondo come biasimarlo? Più o meno tutti in città mi volevano morto.
Sentii un urlo dietro di me e mi voltai giusto in tempo per vedere Dimitri scomparire sottoterra. Nel frattempo, il monaco aveva smesso di correre e avanzava lentamente verso di noi, con passo lento.
Senza pensarci due volte mi precipitai verso il mio amico, che era caduto in una fossa aperta e molto profonda. Stava cercando di risalire, ma la terra era troppo friabile e lui scivolava.
Guardai di nuovo il monaco che aveva preso una pala.
Cazzo.
“Prendi la mia mano!” Urlai a Dimitri. Lui prese la rincorsa ed io riuscii ad afferrarlo, tirandolo fuori dalla fossa.
Il monaco nel frattempo si avvicinava ancora più minaccioso verso di noi. Dimitri afferrò una pietra e gliela lanciò. Il lancio era stato molto preciso, ma il monaco riuscì a evitarlo con un unico movimento fulmineo.
Mi alzai da terra e trascinai il mio amico con me, continuando a correre mentre il monaco ci scagliava addosso pietre, attrezzi, ossa. Poco dopo arrivammo davanti al muro della zona nord. Imprecai e tornammo indietro, svoltando a sinistra cercando riparo tra gli alberi. I lunghi rami mi graffiavano il viso, mi strappavano i vestiti, e il fango mi faceva sprofondare, impedendomi di muovermi velocemente, mentre i pipistrelli volavano da tutte le parti disturbati da tanto fracasso.
“Shawn! Fermati, se n’è andato! Fermo!”
Dimitri mi afferrò per un braccio frenando la mia folle corsa, costringendomi a fermarmi davanti ad una statua di un angelo che danzava sulle punte.
“Lui … dov’è?”
Mi guardai attorno. Il monaco era sparito nel nulla senza che noi ce ne accorgessimo.
“Secondo te che voleva?” chiese Dimitri ancora provato per la corsa.
“Di certo non voleva offrirci un caffè.” Risposi passandomi una mano tra i capelli, anche loro fradici di sudore.
“Quindi che facciamo? Torniamo domani?”
“Assolutamente no. Se torneremo con la luce del sole, qualcuno potrebbe vederci e ti ricordo che è domenica. Quindi se non vuoi avere a che fare con un paio di vecchiette bisbetiche, ti consiglio di seguirmi.”
“E dove andiamo?”
A quella domanda non avevo ancora trovato una risposta.
“Ei … guarda.”
Ci avvicinammo a un’imponente costruzione in pietra con la pianta circolare. Ai lati del grande portone erano appese delle fiaccole che ardevano illuminando appena e sotto le fiaccole si trovavano due scheletri scolpiti nella roccia. Sopra l’ingresso era appeso uno striscione scolpito nella roccia con scritto 'Ossarium’. Dopo la scritta, appena visibile, una piccola lettera omega. Anche Dimitri la notò.
“Non vorrai mica entrare là dentro, spero.” Disse solo.
“Invece è proprio quello che ho intenzione di fare. Secondo me ci siamo. Chissà, magari stringerò amicizia con qualche vecchia mummia. Tu poi fai come ti pare.” Detto questo appoggiai la mano sulla maniglia del portone, che appena la toccai, si aprì con un cigolio sinistro degno da film dell’orrore.
Dimitri sospirò. “Odio quando fai così, Bro.”
Entrammo nell’ossario lentamente, ponderando ogni passo per non fare rumore. Il buio era totale così come il silenzio e l’odore di polvere e decomposizione era semplicemente nauseante e opprimente. Avanzammo a tentoni cercando di trovare l’interruttore, e stavo per dire quanto fosse maleodorante quel posto, quando mi accorsi che qualcosa non andava.
Mi voltai appena in tempo per vedere un’ombra chiudere il portone e per sentire un Click! ,che indicava che qualcuno ci aveva chiusi dentro. Iniziai a battere i pugni contro il portone, urlando insieme a Dimitri, ma era tutto inutile. Eravamo stati chiusi dentro e non saremmo potuti più uscire. Maledetto monaco!
“Aprite! Ei! Ci sentite?! Fateci uscire!”
Non ottenemmo risposta.
Il mio respiro iniziò a farsi accelerato. Come avremmo fatto ad uscire di lì? Non mi era sembrato di vedere finestre, né altre uscite che non fossero il portone che era stato appena chiuso. Che cosa sarebbe successo?
“Shawn sai che ti dico? Vaffanculo!”
“Mi spieghi qual è il tuo cazzo di problema, Ractive?”
“Il mio problema? Il mio problema? Il mio problema è che siamo in un cimitero, sperduti nel bel mezzo del nulla, chiusi dentro un ossario insieme a qualche scheletro puzzolente, con un monaco fuori come un balcone che vuole ucciderci! Ecco qual è il mio problema!” e mi diede una spinta mandandomi a finire contro il portone.
“Non avresti dovuto farlo.”
Mi avventai su di lui scattando come una tigre e rotolammo a terra. Andai a sbattere contro qualcosa di duro e umidiccio, ma non ci feci tanto caso, tanto ero concentrato a montargli sopra la pancia. Stavo per sferragli un pugno, quando, all’improvviso, si accesero le luci.
La prima cosa che notai fu che la cosa umidiccia che avevo toccato, era uno scheletro disteso a terra a meno di qualche millimetro da me e Dimitri. I suoi occhi vuoti ci guardavano e il suo ghigno sembrava prendersi gioco di noi. Lanciando un urlo che fece alzare le nostre voci di qualche ottava, saltammo all’indietro e indietreggiammo fino ad arrivare alla parete, che, urtandola, traballò pericolosamente. In pochi secondi una pioggia di ossa cadde dagli scaffali dietro di noi, ricoprendoci, mentre noi urlavamo e cercavamo di alzarci sopprimendo il ribrezzo davanti a quel macabro spettacolo. Alla fine riuscimmo ad alzarci e ad arrivare di nuovo davanti al portone. Mi accorsi solo dopo che Dimitri ed io eravamo abbracciati stretti in maniera forse un po’ troppo intima.
Il mio amico si staccò velocemente da me. “O mio Dio, che schifo!” gridò ancora in preda all’isteria, passando le mani su ogni singola parte del corpo, come a togliere ossa che non c’erano, mentre sul suo viso compariva un’espressione di evidente disgusto, che in un altro momento avrei trovato molto buffa e comica.
“Ti odio, ti odio, ti odio!” Continuava a ripetermi mentre mi fulminava con lo sguardo. Ci guardammo in cagnesco per alcuni secondi, dopo di che sbottai a ridere.
“Che cazzo ti ridi, Shawn?”
“Avresti dovuto vedere la tua faccia … era impagabile!” Dissi a fatica mentre continuavo a contorcermi dalle risate, tenendomi la pancia.
“Anche la tua non era tanto male, sai? E per la cronaca, stavo quasi per rimetterci la pelle, babbuino beota che non sei altro! Ho rischiato l’infarto!”
Provò a mantenere un’espressione seria, ma poco dopo cominciò a ridere anche lui, dimenticando per un attimo il guaio in cui c’eravamo cacciati. Mi diede una pacca sulla spalla e mi sorrise. Forse era per questo che era il mio migliore amico: in pochi secondi riuscivamo a sincronizzarci e a viaggiare sulla stessa lunghezza d’onda.
Una volta che l’attacco di ridarella fu passato, approfittai della mia momentanea calma interiore per guardarmi attorno. Il pavimento di pietra di quella struttura spettrale era ricoperto d’ossa sul lato destro, mentre il lato sinistro era immacolato e lasciava intravedere delle piccole decorazioni dipinte sopra. Ai lati si trovavano degli scaffali con una miriade di ripiani con scatolette, che probabilmente contenevano le ossa di qualche defunto. Al centro c’era un’unica lastra di pietra, che assomigliava a un tavolo, con sopra uno scheletro umano; la parete di fronte a noi invece, era tappezzata di attrezzi vari, come forbici, bisturi, pale, zappe … insomma, il kit del perfetto tombarolo. La luce proveniva da candele elettroniche che pendevano dal soffitto, ma non riuscii ad individuare l’interruttore.
“È inquietante.” Disse Dimitri.
“Parecchio.”
Silenzio.
“Sei sicuro che tuo nonno non ci volesse morti? O che ci volesse fare uno sconto sul servizio funebre?”
Lo fulminai con lo sguardo.
“Scusa.” Si guardò le scarpe. “È che ancora non ci credo! È tutto così …”
“Strano?”
“Stavo per dire macabro e agghiacciante, ma anche strano rende bene l’idea.” Concluse lui.
“Ricordati che tutti prima o poi dobbiamo morire.”
Stavolta fu lui a fulminarmi. “Sai Shawn, tu hai questa particolare dote di rallegrare le persone. A volte riesci a essere persino rassicurante.” Ridacchiai insieme a lui.
Mi avvicinai al tavolo per osservare lo scheletro che vi era sopra. Da vivo doveva essere stato una persona molto bassa.
Rabbrividii. E se fosse lo scheletro di un bambino?
Distolsi lo sguardo, quando la notai. Ai piedi dell’altare. La piccola lettera omega.
“Dimitri … forse ci siamo.”
“È quello che hai detto anche la volta prima, e guarda dove siamo finiti.” Replicò, ma io lo zittii con un gesto della mano. Lui sospirò e si inginocchiò a fianco a me. Alcune ciocche di capelli erano sfuggite al nastro che li teneva legati e gli ricadevano ribelle sulla fronte.
“Grandioso. Ora che si fa?”
“Non lo so.” Risposi toccando la lettera.
Appena la sfiorai si sentì un boato provenire dal pavimento e la terra cominciò a tremare. Dimitri e io arretrammo fino ad arrivare con le spalle al muro mentre uno spettacolo tanto stupefacente quanto inquietante si stagliava di fronte a noi. L’altare stava lentamente arretrando rivelando sotto di sé un’apertura che sembrava arrivare fino al centro della terra. Nel frattempo un forte odore di chiuso e una densa coltre di polvere fuoriusciva da quel piccolo varco che si era aperto. Il tutto durò solo una manciata di secondi.
Come al solito fu Dimitri a rompere il silenzio. “Ammirevole. E agghiacciante, oserei dire.”
“Piantala.” Sbuffai mentre mi avvicinavo a quel varco, curioso. Dimitri mi seguì e insieme provavamo a scrutare qualcosa attraverso quella densa coltre nera.
Mi sfilai lo zaino e ne estrassi una torcia che avevo preventivamente portato insieme a un po’ di cibo-spazzatura e al kit del boy-scout.
“E quella cos’è?!” Dimitri era stupito.
“Si chiama Torcia e serve a illuminare.”
“So che cos’è, idiota.” Rispose seccamente. “Perché l’hai tirata fuori solo adesso?!”
“Non posso mica pensare a tutto io.” Replicai facendo spallucce per stuzzicarlo.
“Questo allora conferma la mia teoria.”
Mi voltai a fissarlo. “Sarebbe?”
“Che sei un emerito idiota.” Concluse facendomi l’occhiolino. Lo ignorai e continuai a fissare il fondo di quel passaggio. Dove ci avrebbe portato? In una fossa comune? In una catacomba? In un mausoleo? Nel bel mezzo del nulla? Impossibile dirlo con certezza.
“Chi va per primo?” domandò Dimitri.
“Prima le signore.” Risposi con un profondo inchino.
“Grazie, lei sì che è un vero gentiluomo.” Disse Dimitri imitando una perfetta fanciulla. Poi si fece subito serio e arrivò al bordo. Appena mise un piede in avanti però, scivolò e sparì nel giro di pochi secondi.
“DIMITRI!” Urlai.
Mi sporsi verso il varco. Non si sentiva nulla.
Non me lo sarei mai perdonato se a Dimitri fosse successo qualcosa per colpa mia. Così, senza neanche pensarci, mi tuffai anch’io, dentro l’oscurità.








Angolo Autrice:
Hey! Scusate il mio enoooorme ritardo, ma ho rischiato di prendere il debito in matematica, e ho avuto parecchi contrattempi. Spero che i capitolo via piaccia e che qualcuno mi lasci una recensione ;)
Ci sentiamo!
L.C.

 
 
 
  
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