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Autore: IamNotPrinceHamlet    18/03/2014    2 recensioni
Seattle, 1990. Angela Pacifico, detta Angie, è una quasi 18enne italoamericana, appassionata di film, musica e cartoni animati. Timida e imbranata, sopravvive grazie a cinismo e ironia, che non risparmia nemmeno a sé stessa. Si trasferisce nell'Emerald City per frequentare il college, ma l'incontro con una ragazza apparentemente molto diversa da lei le cambia la vita: si ritrova catapultata nel bel mezzo della scena musicale più interessante, eterogenea e folle del momento, ma soprattutto trova nuovi bizzarri amici. E non solo.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Gran bella serata, non c’è che dire. Non posso avvicinarmi ai ragazzi senza correre il rischio di essere vittima dell’entusiasmo immotivato di quell’oca di Melanie, che si comporta come se fossimo amiche dall’infanzia, quando invece se l’avessi conosciuta da piccola probabilmente non sarebbe arrivata viva nemmeno alla preadolescenza; ho incrociato Matt e Cornell, ma se ne sono andati subito dopo il concerto; gli Alice sono impegnati a fare i fighi con le groupie di turno, mentre Angela è sparita chissà dove, probabilmente da qualche parte con Jerry, dato che quando il gruppo è uscito con le ragazze non si sono visti né lui né Layne. E menomale, aggiungerei, perché se per caso avessi visto Jerry anche solo parlare con una di quelle sgallettate, un calcio ben assestato nelle palle non gliel’avrebbe levato nessuno. Ho tifato per te dall’inizio, caro mio, ma prova a fare un passo falso con la mia amica e vedi come ti distruggo! Dopo aver finito l’ennesima sigaretta, esco dai cessi del Moore Theater e mi riavvio verso il retro, sperando che nel frattempo la dolce metà di Mike sia evaporata o esplosa o abbia semplicemente perso la voce. Ma non sono così fortunata.

“Ehi! Allora, hai trovato la tua amica?”

“Ehm, no… l’ho cercata un po’, poi mi sono fermata a parlare con degli amici… comunque sarà qua in giro” le rispondo a denti stretti, cercando anche stavolta di non sembrare per nulla turbata dal fatto che sia tra le braccia di quell’idiota.

“Dove cazzo è? Qua abbiamo finito, aspettiamo solo lei” Jeff s’inserisce nella conversazione tra me e la simpaticona.

“Beh, io l’ho vista prima con…” Eddie comincia a parlare e io sto per rivolgergli un’occhiataccia, ma capisco subito che non ce n’è bisogno “… con uno, credo sia un suo compagno di università”

“Ma chi? Kendall?” chiede Stone, mettendo in difficoltà il cantante, che quasi sicuramente ha sparato la prima cosa che gli è venuta in mente pur di non dire che l’ha vista con Cantrell.

“Uhm… non so, non si è presentato…”

“Uno alto, coi capelli neri?” Gossard continua con l’identikit e io alle sue spalle faccio dei segnali a Eddie, per far sì che possa dare una descrizione credibile.

“Sì, abbastanza alto, magrissimo e… ehm, coi ricci?” Eddie capisce tutto e riporta fedelmente le mie indicazioni. La prossima volta che facciamo il gioco dei mimi devo ricordarmi di fare coppia con lui.

“Ha! Allora è lui. Lo sapevo, Angela dice che ha la ragazza, ma secondo me c’è sotto qualcosa…”

“Ma no… stavano solo parlando, insomma…” Ed cerca di accampare scuse. Ma che ti frega? Anzi, se crede che si veda con un suo compagno di corso è meglio! Così la smetterà di sospettare di Jer.

“Oh… sì, beh… certo! Era per dire, ovvio, figurati che Angie se la fa con quello, scherzavo…” il chitarrista aggiusta il tiro e si fa serio di colpo. Stone che si lascia smentire così facilmente? Mi sfugge qualcosa?

“Resta il fatto che dovremmo andare…” Ament sbatte il portellone del van dopo aver sistemato le ultime cose.

“Dai, faccio un altro giro e ve la porto qui. Eddie, vieni con me?” suggerisco, perché l’occasione di levarmi Melanie e Mike dal campo visivo e uditivo ancora per un po’ è troppo ghiotta, però non ho voglia di vagare da sola alla ricerca Angela. E poi voglio un po’ di gossip, sicuramente Ed sa qualcosa!

“Certo!” Vedder accetta subito di buon grado, forse pensando di salvarsi da altre domande di Stone sul fantomatico Kendall, ed entrambi rientriamo.

“Era con Jerry, vero?” gli chiedo mentre diamo un occhiata ai camerini per scrupolo, pur sapendo che non è lì perché ci sono appena passata e ci ho trovato solo la sua giacca, che ho qui tra le mani.

“Già” ammette con un mezzo sorriso.

“Immaginavo… E ora dove si saranno andati a cacciare quegli idioti?”

“Quando li ho visti erano qui, poi io vi ho raggiunti sul retro, mentre loro sono andati di là” spiega indicando il fondo del corridoio.

“E cosa c’è di là?”

“Non ne ho la più pallida idea…” risponde allargando le braccia, dopodiché avanza di qualche passo “Non ci resta che dare un’occhiata”

“Magari sono sgattaiolati via da qualche altra uscita secondaria”  rispondo seguendolo.

Lungo il corridoio non incrociamo anima viva e non vediamo nulla che somigli a un’uscita. A un certo punto notiamo una porta semi-chiusa e Eddie mi invita a guardarci dentro per prima. Ahah probabilmente ha paura di sorprendere i piccioncini in atteggiamenti indecenti! Tuttavia non c’è pericolo, quella che troviamo al di là della porta è la cabina luci. Il tecnico all’interno ci manda via subito, ma educatamente, e quando gli chiediamo lumi ci indica un’uscita di sicurezza un po’ più avanti. Usciamo: niente. Non c’è traccia della coppia felice.

“Beh, da qui potrebbero essere andati ovunque” commenta Eddie guardandosi attorno nel vicolo buio.

“Sì, ma lo sanno che dobbiamo andare alla festa e non credo sarebbero così stupidi da presentarsi a casa tua insieme pensando di passarla liscia”

“Torniamo dentro? Magari sono rientrati nel frattempo” chiede e io annuisco.

Ripercorriamo il corridoio a ritroso, sorridendo al tecnico luci che stavolta fa la guardia davanti alla sua porta. Abbiamo forse la faccia da ladri? Tsk!

“Tu come stai? Tutto ok? Non ho avuto modo di chiedertelo…” mi domanda Eddie a un certo punto.

“Sì, tutto a posto, tu?” rispondo con una semplice formula di cortesia, pensando che anche la sua lo fosse.

“Io, beh, sì… Ma tu, sei sicura? Insomma, con quella ragazza qui con noi…” aggiunge e capisco che la sua era una domanda specifica.

“Chi? Melanie? Perché mai? Pensi mi dia fastidio vedere Mike insieme a una che lo conosce da un giorno e si presenta a tutti come la sua ragazza? Mentre io sono stata relegata al ruolo di amica speciale per più di un anno? Nah, figurati! Sono felicissima per loro. Ma soprattutto per me, sono felice di essermi liberata di un coglione del genere!” rispondo come un fiume in piena che ha appena rotto gli argini.

“Uhm… scusami, forse non dovevo…” dopo alcuni attimi interminabili di silenzio Eddie accenna a scusarsi, pur non avendo nessun motivo per farlo.

“No, ma va, anzi, scusami tu se…”

Il nostro siparietto s’interrompe quando vediamo la porta di quello che prima avevamo classificato come probabile sgabuzzino aprirsi lentamente e una testolina dai lunghi capelli neri fare capolino per dare un’occhiata in direzione dei camerini. La testa esce completamente, seguita da tutto il corpo, inconfondibile nel suo nuovo maglione multicolore.

“L’abbiamo trovata” dice Eddie nel momento in cui Angela sta lentamente chiudendo la porta dietro di sé. La poverina ha un sussulto, dopodiché si volta verso di noi e posso chiaramente percepire la vita che torna a scorrere dentro di lei quando si rende conto che ci siamo soltanto noi due e nessun altro testimone.

“Ehm, ciao ragazzi! Mi cercavate?” chiede con un sorriso tiratissimo.

“Direi, è ora di andare. Ma dove cavolo eri?” domando avvicinandomi a lei, seguita da Vedder.

“Beh, io… vi stavo cercando, solo che… mi sono persa e… non trovavo più l’uscita! Eh già, lo sai che ho il senso dell’orientamento di un bruco cieco con la labirintite fatto di acidi e preso a calci dal balcone del settimo piano, no?” Angie, rossa come un peperone, comincia ad accampare scuse e a delirare, allontanandosi dalla porta e da noi.

“Ok… e Jerry? Si è perso anche lui?” chiedo ridacchiando.

“Jerry? Che c’entra Jerry? Sarà in giro, mica ero con Jerry” smentisce scuotendo insistentemente la testa.

“Ma se Eddie ti ha vista con lui?”

“Sì, cioè, prima ero con Jerry, poi se n’è andato e-”

“Sono qua” la porta si riapre alle nostre spalle, stavolta si spalanca, e da quello che si conferma, come nelle nostre ipotesi iniziali, uno sgabuzzino, esce Cantrell con un bel sorriso soddisfatto sulle labbra. Hai capito Angie!

“Jerry!” la mia coinquilina gli urla contro per poi guardarsi attorno subito dopo.

“Lo so, lo so, avevi detto di aspettare prima di uscire, ma tanto sono loro! Sanno tutto” si giustifica lui chiudendo la porta dietro di sé.

“Che c’entra, è… è… imbarazzante! Potevi evitare!”

“Ma tanto non si scandalizzano! Poi Eddie è abituato a sorprenderci in queste situazioni, vero Ed?” Cantrell dà un paio di pacche sulla spalla a Vedder, che sorride imbarazzato ed è rosso quasi come Angie. E’ abituato?? Cos’è questa storia? Ma perché non so un cazzo?!

“Ehm, no, cioè sì…”

“Tranquilla, Angie, sono più grande di te, non devi certo spiegarmi certe… urgenze” la raggiungo soffocando una risata e la prendo sottobraccio, incamminandomi con lei verso l’uscita per raggiungere gli altri, seguita dai ragazzi, istruendola brevemente sull’incontro immaginario con Kendall che dovrà confermare.

Quando ritroviamo Stone e gli altri ho la prontezza di dire che abbiamo incrociato Cantrell nei corridoi e che siamo andati a cercare Angie tutti e tre insieme.

“Hai mollato quelle tipe ai tuoi amici? Allora stai proprio diventando un bravo ragazzo!” commenta Laura, mentre siamo già in viaggio sul furgone.

“Visto? Voi non mi credete mai” risponde Jerry dal sedile davanti.

“In effetti la bionda aveva l’aria triste quando l’abbiamo vista uscire, ci sarà rimasta male” aggiunge Jeff, seduto accanto alla sua ragazza.

“Bionda?” chiede subito Angie, rivolgendo un’occhiata fulminante al suo bello.

“Sì, un’amica di Mike, una palla! Ho tagliato la corda appena ho potuto” Jerry si affretta a precisare, prima di essere incenerito.

“A me sembrava proprio il tuo tipo… e non mi pareva ti dispiacesse” Jeff insiste nel parlare di questa fantomatica bionda e Angela s’irrigidisce sempre di più.

“Quello è il tipo di Starr! Io me ne sono andato… e me ne sono trovata un’altra per conto mio” ribatte il biondo chitarrista, sorridendo.

“Ah ecco, mi pareva strano!” esclama Stone dal posto di guida.

“Sì, una bella morettina tutto pepe…” continua accendendosi una sigaretta, mentre la morettina tutto pepe seduta accanto a me comincia a sprofondare nel sedile “Era così eccitata che mi ha trascinato nel primo ripostiglio che abbiamo trovato”

“Ahahahahah cosa?” McCretino si è svegliato alla parola ripostiglio e chiede delucidazioni, mentre la sua Melanie gli sta già dormendo addosso. Si prospetta una notte da leoni, eh?

“Sì, è da lì che uscivo quando gli esploratori mi hanno trovato, vero Ed?” conferma voltandosi e facendo un cenno al cantante.

“Beh, effettivamente, ehm, sì…” riponde lui sempre imbarazzato.

“Caspita, questa tipa doveva proprio avere il fuoco dentro!” esclamo ridendo sotto i baffi e guardando di sottecchi la mia amica, sull’orlo dell’infarto.

“Secondo me sei tu che l’hai portata nel ripostiglio perché non ce la facevi più, altro che” osserva la diretta interessata, che indirettamente ci dà la sua versione dei fatti, senza che gli altri lo sappiano.

“Ahahahah brava Angie, ben detto! E’ lui l’animale, lo sanno tutti” si sveglia anche Krusen, seduto di fianco a Eddie, e le dà man forte, senza sapere che è proprio lei a sapere più di tutti quanto sia effettivamente animale Jerry.

Il viaggio prosegue serenamente, anche perché Melanie non parla e continua a sonnecchiare sulla spalla di Mike, tra scambi di battute piuttosto velati tra Angie e Jerry, complimenti di noi ragazze a Eddie e agli altri, domande sui pezzi nuovi e radio in sottofondo.

“Mi sei piaciuto, Ed, più dell’altra volta!” Laura si complimenta con lui, che sta sistemando delle polaroid tra le pagine di uno di quei quaderni che porta sempre con sé.

“Grazie, però… uhm… non so se canterò ancora” Eddie lancia un fulmine a ciel sereno. Tutti ci voltiamo verso di lui, prima di fare un volo in avanti causato dalla frenata repentina di Stone.

“COSA?!” urliamo più o meno tutti in coro, a parte Jeff, che oltre a esprimere la sua incredulità, insulta anche l’autista per la manovra azzardata sulla strada ricoperta di ghiaccio.

“Sì, ragazzi, non sapevo come dirvelo ma… forse non canterò mai più, non so se me la sento ancora dopo… beh, dopo…”

“Dopo cosa?! Che cazzo stai dicendo?!” Ament gli urla in faccia, così forte da svegliare persino Melanie, che si guarda intorno stranita.

“Dopo…” Ed alza la testa sorridendo “… dopo aver sentito Angie cantare, non so se ce la faccio”

L’intero furgone esplode in una risata fragorosa, meno Melanie, che non ha capito un cazzo, e ovviamente Angela, che però non resiste per molto.

“Ma che stronzo” ribatte lasciandosi sfuggire un sorriso e allungandosi verso di lui per dargli una borsettata.

“Oh mio dio, non posso più guidare, sto piangendo!” esclama Stone piegato in due.

“Dai, non è così male” Jerry interviene, risultando immediatamente poco credibile.

“E’ inutile che la difendi, tanto non te la da” Jeff aggiunge sghignazzando, e se non stessimo già ridendo da prima l’affermazione ci avrebbe raggelati.

“Però l’accento inglese le viene benissimo!” Eddie ci toglie dall’impaccio.

“Beh, non vale, è avvantaggiata” replico io asciugandomi le lacrime.

“Perché avvantaggiata?” chiede Jerry con aria perplessa. Possibile che lei non gliene abbia mai fatto cenno?

“Sua madre… è inglese” spiega Ed, smettendo lentamente di ridere.

“Davvero? Non lo sapevo. Forte! Facci sentire qualcosa” Jerry la invita ad esibirsi, ma dovrebbe sapere che marca male.

“Non lo faccio a comando, augurati di essere presente la prossima volta che succederà” sentenzia Angela incrociando le braccia e rivolgendo un sorriso al finestrino.

Quando arriviamo sotto casa di Jeff e Eddie, troviamo già un capannello di gente ad aspettarci.

“Era ora!” grida Matt appoggiato alla sua macchina, mentre gli corro incontro per abbracciarlo. Finalmente qualcun altro con cui posso parlare per evitare la coppietta! Tra l’altro, quando mi sciolgo dall’abbraccio del batterista, con la coda dell’occhio vedo Mike che mi guarda malissimo. Stiamo scherzando? Io mi sono sorbita abbracci, baci, palpeggiamenti e qualsiasi altro tipo di effusione tra lui e la cretina, nonché tutte le inutili smancerie di lei, senza fiatare e lui si risente perché abbraccio un amico? Ma vaffanculo, Mike, di cuore!

“Se ci mettevate un altro po’ ad arrivare, finivamo la birra qui per strada” commenta Cornell alzandosi da due casse di birra impilate l’una sull’altra su cui era seduto.

“Dovevamo pur scaldarci in qualche modo” aggiunge Kim alzando le spalle.

Scorgo nel mucchio anche Susan e Ben, più altri amici e amiche di Jeff e Stone, i colleghi di Angela, e quindi anche di Eddie, del negozio e altra gente ignota. Ci riversiamo tutti nel palazzo, dividendoci tra scale e ascensore, e raggiungiamo l’appartamento dei ragazzi, dove diamo inizio alla tanto agognata festa. Per lo meno, agognata da me: birra, cibo, musica, amici che non passano la serata a studiare da vicino le tonsille di una dipendente di tuo fratello… cosa volere di più? In quello che a me pare pochissimo tempo, l’appartamento si riempie di fumo, voci, alcol che scorre a fiumi, di risate e del suono di un disco degli Who, in onore del festeggiato.

“Tutto bene?” mi chiede Matt, mettendomi una lattina in mano.

“Sì, tutto ok”

“Sicura?” insiste, spostandomi la frangetta dagli occhi con un gesto rapido delle dita. Devo decidermi a spuntarla questa bastarda!

“Ma sì, tranquillo, ormai sono immune agli sbaciucchiamenti tra M&M’s” rispondo utilizzando il vecchio soprannome che Jeff aveva affibbiato a me e Mike.

“Hai fame?” mi chiede dopo un lungo sospiro “Andiamo a svaligiare il frigo prima che lo faccia qualcun altro?”

Accetto di buon grado e, sgomitando nella folla, arriviamo in cucina, dove Eddie sta preparando dei drink o sta semplicemente facendo esperimenti alcolici mischiando roba a caso, che poi è la stessa cosa. Attraverso l’ingresso della cucina vedo Angie seduta sul divano, intenta in una conversazione apparentemente molto divertente con Stone, o meglio, divertente per lui e un po’ meno per lei, che ride, ma lo prende a sberle. Ho perso di vista Cantrell, ma suppongo sia esattamente agli antipodi rispetto ad Angie, considerando la presenza incombente di Stone. Mentre addento un toast al formaggio preparato dallo chef Cameron e sorseggio un cocktail imprecisato con un vago sapore di arancia, sento l’inconfondibile starnazzare di Melanie sovrastare la voce di Roger Daltrey.

“Ehi, ma quello non sei tu?!”

Ignara di che cazzo stia dicendo, guardo verso il soggiorno per capirci qualcosa e vedo solo Gossard intento a rovistare tra i cuscini del divano e Angela che fissa qualcosa davanti a sé con la bocca semi-aperta. Un attimo dopo un sacco di gente circonda il sofà, mentre Stone ha trovato ciò che cercava: il telecomando. Lo punta di fronte a sé, mentre qualcuno abbassa lo stereo e le note di I can’t explain vengono gradualmente sostituite da quelle di We die young degli Alice in Chains. Chris chiama tutti a raccolta in soggiorno a gran voce, la gente in cucina risponde subito al richiamo, mentre io, Matt e Eddie incrociamo i nostri sguardi interrogativi per alcuni istanti e poi andiamo a vedere che cazzo succede. Succede che sullo schermo scorrono le immagini di un video dei nostri amici.

“Comunque sì, sono io” Jerry viene a sedersi sul bracciolo del divano, di fianco ad Angela, e risponde dopo ore alla domanda di Melanie.

“Ho degli amici vip e non ne so un cazzo!” commento prendendo Jerry per le spalle e scuotendolo un po’. Nel mentre, abbasso lo sguardo e noto Angie ancora in fissa sullo schermo del televisore, ma la sua espressione ora mi pare infastidita, più che felice. Ok che è il tuo ragazzo, ma non lo mangiamo mica se lo vediamo in tv. E comunque me lo potevi anche dire!

“Non l’avevi mai visto? E’ da un po’ che gira” mi dice Matt.

“Non tutti hanno il via cavo come voi, caro mio” ribatto dandogli un leggero spintone.

"Mica esiste solo Mtv" ribatte Matt tirando fuori la lingua.

“In realtà questa sarebbe la seconda versione, ce n’è una girata dai ragazzi della scuola d’arte di Seattle, ma la casa discografica ha preferito questo” spiega Jerry guardando Angie, che però non ricambia il suo sguardo.

“Quando li avete girati?” chiede lei freddamente. Non dirmi che…?

“Oh un paio di mesi fa, forse meno, non te l’ho detto?”

“No”

“Come no? Sì che te l’avevo detto…” ribatte Jerry e attraverso le mani, che sono ancora sulla sue spalle, sento che si sta irrigidendo di colpo. Ora sono cazzi amari, Jer Jer.

“Mi avevi detto che forse avreste fatto un video. E stop. Poi più niente” risponde Angie, sempre più seccata.

“Ah… cazzo, deve essermi uscito di mente… beh, ehm, che ne pensi?” chiede lui, sempre più imbarazzato.

“Carino” commenta Angie, alzandosi dal divano e dirigendosi in cucina col suo bicchiere vuoto, apparentemente per riempirlo.

Stone forse non ha sentito molto dello scambio di battute tra i due, impegnato com’era a prendere per il culo le mosse e le pose di tutti nel video, ma vedo chiaramente Jeff dalla poltrona su cui è seduto seguire Angela con lo sguardo.

“A tal proposito: dove cazzo sono Layne e gli altri?” chiedo cercando di spostare l’attenzione su di me o almeno il più lontano possibile da Angela, Jerry e tutto ciò che li riguarda.

“Già, è vero! Che cazzo di fine hanno fatto?” mi fa eco Cornell. Grazie.

“Vorrei saperlo anch’io” anche Susan si unisce al coro.

“Ci raggiungono più tardi” risponde lui alzandosi dal divano e, dopo un attimo di indecisione, dirigendosi verso un gruppetto di persone nell’angolo del soggiorno.

Quando il video finisce scatta un applauso corredato da fischi di incitamento, a cui Jerry risponde con un sorriso piccolo inchino. Io scivolo di nuovo in cucina, dove trovo Angie senza bicchiere, seduta col mento appoggiato al palmo della mano, che ruba un tiro da una canna abbandonata da chissà chi nel posacenere sul tavolo della cucina. Sto per dirle qualcosa, anche se non so ancora cosa, quando una voce squillante dietro di me mi precede.

“Ehi, vieni di là con me? Devo farti vedere quella cosa, ricordi?” Eddie propone ad Angela di seguirlo per mostrarle un qualcosa di misterioso. Voglio sapere!

“Posso venire anch’io o è una frase in codice per dirle che dovete parlare?” chiedo candidamente e Angie si lascia sfuggire una risatina.

“No, è un oggetto reale…” commenta la mia amica alzandosi “Che dici, Ed, è degna anche lei di vedere il sacro cimelio?”

“Mmm…” Eddie si gratta il mento e stringe gli occhi come per studiarmi “Sì, direi di sì. Seguitemi”

“Hai conosciuto Joe Strummer!” esclamo fissando la foto che Eddie ha appena tirato fuori da un cassetto.

“Eh già” risponde lui sedendosi sul suo letto con un fascio di lp in mano, per selezionare quelli da suonare nel corso della festa.

“Ora ti credo. Cioè, non che prima non ti credessi, insomma, non avevi motivo di mentirmi, ma ora ne ho la prova!” Angie ritrova il sorriso e la sua solita parlantina imbarazzata.

“Ed è anche autografata!” aggiungo io passando la foto alla mia coinquilina, che per rendere equo lo scambio mi passa la canna.

“Magia delle polaroid. Alla fine della festa chiederò a tutti voi di autografarmi le foto in cui siete ritratti” commenta Ed senza alzare gli occhi dai suoi dischi.

“Non farti scappare quella di Angela, quando diventerà una famosissima regista e sceneggiatrice varrà milioni”

“Ah-ah simpatica” Angie restituisce la foto al legittimo proprietario e, mentre quest’ultimo si alza per riporla nel cassetto, si siede al suo posto e comincia a spulciare tra i vinili.

Eddie mi sfila gentilmente il mozzicone dalle dita, chiedendomi il permesso con un cenno, e io glielo concedo. Tanto non è neanche mia. Il nostro veloce contatto visivo viene interrotto dal rumore di qualcosa andato in pezzi. Io e il cantante ci voltiamo all’unisono e quando vedo Angela raccogliere da terra degli spicchi di vinile giuro che mi viene un colpo.

“Angie!”

“Uhm… questo non è bello…” commenta il ragazzo di fianco a me, tenendo la sigaretta farcita tra le labbra.

“CAZZO. IO… IO NON C’ENTRO, ERA GIA’ COSI’, TE LO GIURO!!” Angela suda freddo e accosta i triangoli tra loro cercando di incastrarli, come se ricomporli in questa maniera potesse servire a qualcosa.

“Dicono tutti così” continua Vedder e Angela sta praticamente per buttarsi ai suoi piedi in ginocchio per implorare perdono, quando comincia a ridere come un idiota.

“Che cazzo ridi?” gli chiedo “Hai fatto sì e no due tiri, non puoi essere così fatto da prenderla sul ridere”

“Era già rotto, non sei stata tu” confessa ridendo in faccia a Angie, che a giudicare dallo sguardo che gli rivolge vorrebbe prenderlo ad anfibiate nel culo o abbracciarlo. Mentre penso all’abbraccio penso anche che la vedrei bene assieme a uno come Eddie. Se non ci fosse Jerry, è ovvio. Ahahah beh, anche se ci fosse Jerry… perché no? Dopotutto le cose a tre non sono mica fantasie solo maschili e… Oh cristo, che cazzo di film mi sto facendo? E ho fatto appena un tiro anch’io. Sarà colpa dei cocktail sperimentali di Eddie.

“BRUTTO FIGLIO DI-” Angie sta per avventarsi contro il malcapitato, quando la blocco.

“Aspetta aspetta, fermati! E’ mezzanotte e un minuto”

“E allora? Lo ammazzo anche se la sua carrozza si trasforma in zucca” ribatte lei dandogli la copertina di Hot rocks dei Rolling Stones in testa.

“E’ passata la mezzanotte, vuol dire che è il 23: è il suo compleanno!”

“Oh va beh, in questo caso…” Angela desiste e appoggia la copertina di nuovo sul letto.

“Tanti auguri, Ed!” gli dico, appoggiandogli una mano sulla spalla, per poi schioccargli un bacio sulla guancia.

“Grazie…” mi sorride impacciato e abbassa lo sguardo.

“Buon compleanno! 26, giusto?” Angie accompagna i suoi auguri con un paio di pacche sulla schiena del cantante.

“Eh già… Grazie mille”

“Che è successo al tuo disco?” gli chiede, mentre io sto già trascinando il festeggiato fuori dalla sua stanza per darlo in pasto agli invitati.

“L’ho rotto durante il trasloco qui… è un ricordo, per quello lo conservo, anche se è irrecuperabile” risponde lui, con un sottile velo di tristezza nella voce.

“Beh, chi lo sa, magari in futuro inventeranno un super collante in grado di aggiustare i vinili sbriciolati e renderli come nuovi. Conservalo con cura!” Angie lo spinge verso il soggiorno e gli fa tornare il sorriso.

Mi avvicino al giradischi e abbasso il volume, richiamando l’attenzione di tutti e annunciando che Eddie può essere finalmente celebrato ufficialmente. La gente non se lo fa dire due volte e si stringe attorno al cantante per dispensargli abbracci, auguri e regali. Io vado a recuperare, dall’armadio di Jeff in cui l’ho nascosta prima, la maglietta dei Dead Kennedys che avevo preso per lui e quando torno vedo Eddie preso a sandwich tra due baci sulle sue guanciotte da parte di Laura e Demri, la ragazza di Layne, entrambi appena arrivati con gli altri della band al seguito. Ahahah sembra un bambino spaurito, quel povero ragazzo rischierà l’infarto stasera!

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26 anni. Sono a Seattle, tra amici, ho fatto il pieno di regali notevoli e di baci di donne niente male. Ho appena fatto il mio secondo concerto con la mia band, ho cantato le canzoni che ho scritto, le ho cantate bene stavolta, anche se posso fare di meglio, e il pubblico ha apprezzato. Ho 26 anni, vivo in un bell’appartamento, che divido con un grande amico trovato inaspettatamente, ho un lavoro regolare, che potrebbe presto lasciare spazio a quello artistico: c’è finalmente la concreta possibilità che io possa vivere della mia passione e solo di quella. Sono felice, almeno, dovrei esserlo. E allora, perché sono seduto qui da solo, al freddo, su questa fottuta scala antincendio, con una bottiglia di whisky a farmi compagnia? Di fronte a me la neve continua a cadere fitta sulla città, alle mie spalle la festa continua e il suono ovattato del basso di John Entwistle è quello che prevale sugli altri e giunge fino a me attraverso la finestra semi-chiusa. Ho voglia di fumare, più del solito, ma ho una mano sul collo della bottiglia e l’altra affondata nel caldo della tasca della mia giacca e non mi muoverei da questa posizione per nulla al mondo, tantomeno per estrarre il pacchetto e l’accendino dall’altra tasca. Ma se me ne ritrovassi una già accesa tra le labbra, la fumerei avidamente senza neanche sentirne il sapore. E una volta finita, schiaccerei la faccia contro la ringhiera e aprirei leggermente la bocca per lasciarla cadere giù, in trepidante attesa della sigaretta successiva. Bevo un altro sorso ristoratore e realizzo che probabilmente questo è uno dei periodi più belli ed emozionanti della mia vita… e invece io sono qui a ghiacciarmi il culo su uno scalino di acciaio. The Ox finisce e l’album viene tolto dal piatto, sostituito con qualcosa che non riconosco, ma che me lo fa comunque rimpiangere, anche se non lo stavo più nemmeno ascoltando.

“La storia della mia vita” sussurro tra me e me, pensando al parallelo con gli ultimi avvenimenti. Qualcosa, in questo caso qualcuno, che pensavo di conoscere e che quindi davo per scontato, a cui ho smesso di prestare la dovuta attenzione, che ad un tratto scompare, per riapparire poco dopo completamente diverso e per me irrimediabilmente perduto. Sette anni, quasi un quarto della mia vita, quella che pensavo avrei trascorso con lei. Molto naif da parte mia, vero? Insomma, chi sposa la ragazza conosciuta a 19 anni? Eppure io ci credevo davvero. E adesso mi manca. Forse. Beh, non so se mi manca lei o mi manca quello che ero io quando stavo con lei, o meglio, quando stavo con lei e le cose andavano bene. Ti ricordi, Beth? Quando trascorrevamo il mio compleanno a letto, facendo l’amore e alzandoci sono per andare a prendere sacchetti di patatine e gelato? E facendo fuori almeno due bottiglie di rosso in due? Poi, quando eravamo belli sbronzi, uscivamo da sotto le coperte per ciondolare sulle note di Elvis, perché dicevi che era l’unica cosa che si poteva ballare tra i dischi che avevi… Te lo ricordi? E regolarmente il giorno dopo, la vigilia, stavamo malissimo e ce ne stavamo a letto uguale, senza cibo spazzatura e senza sesso, ma con una bella tisana che tu preparavi per tutt’e due, guardando Il Natale di Charlie Brown in tv. Ora non posso più fare nulla di tutto questo, ma allo stesso tempo non riesco a fare nient’altro di diverso; non riesco a rassegnarmi all’idea che non avrò più quel rito di compleanno, assieme a tutti gli altri, che erano solo nostri, però non voglio nemmeno pensare a crearmene di nuovi. Forse è solo troppo presto.

“Ops, mi sa che abbiamo avuto la stessa idea” una voce mi distoglie dalle mie considerazioni, assieme alla musica che ora, con la finestra aperta, arriva più chiaramente alle mie orecchie. Disco Inferno?

Bevo un altro sorso di whisky e non mi volto nemmeno a guardare Angela che esce fuori, per poi riabbassare lentamente il vetro, attenta a non chiuderlo del tutto. Non ho bisogno di vederla, il cambiamento di volume del suono proveniente dall’appartamento mi racconta tutta la storia. La sento ferma, probabilmente in piedi sulla piattaforma di acciaio, esita alcuni istanti prima di cominciare a scendere gli scalini. Entra nel mio campo visivo quando mi supera e va a sedersi qualche scalino più in giù, con le spalle appoggiate alla ringhiera, una gamba piegata e l’altra distesa in avanti; piega anche quella quando si accorge che alcuni fiocchi di neve riescono a raggiungere la punta dei suoi stivali.

“Dentro sembra di stare in una fumeria di Istanbul. Non che mi dispiaccia, ma avevo bisogno di prendere un po’ d’aria” continua lei facendo un lungo sospiro e guardandosi attorno, rivolgendo appena il suo sguardo verso di me, per poi tornare a osservare i fiocchi di neve, senza dire più nulla.

Mi sento un po’ a disagio all’inizio, ma lei non mi fa assolutamente pesare il mio mutismo. Chiude gli occhi, si concentra sul suo respiro, che vedo materializzarsi ogni volta sotto forma di nuvoletta di vapore attorno alle sue labbra. Fisso il mio sguardo su di lei e non appena reapre gli occhi le offro la mia bottiglia con un piccolo gesto, ma lei rifiuta con un sorriso scuotendo la testa.

“Ti chiederai perché sono qui” le dico dopo un po’, quando finalmente mi sento in grado di rompere il silenzio.

“Nah, se hai visto Stone ballare è più che comprensibile, è uno spettacolo per stomaci forti” scherza lei e se non fossi di pessimo umore probabilmente riderei.

“Non l’ho visto, ma… a quanto pare mi sto perdendo il clou della festa”

“Ci puoi giurare, con la disco anni ‘70 dà il meglio di sé”

“Non riesco ad essere felice” affermo, pentendomi subito dopo di questa sparata fatta così dal nulla. Angela non ha certo bisogno delle paranoie di un frustrato.

“Neanche un po’?” mi chiede.

“Sì, un po’… però…”

“Non è abbastanza” aggiunge finendo la mia frase.

“No… cioè, sì… non lo so, è solo…”

“Diverso” insiste nel completare i miei pensieri, la cosa divertente è che li sta azzeccando tutti.

“Io… non riesco ad essere felice da solo

“Non sei solo. Non vorrei sbagliarmi, ma credo sia pieno di gente là dentro” ribatte indicando la finestra dell’appartamento con un piccolo cenno del capo.

“Ma nessuna di quelle persone è Beth” rispondo pronunciando il suo nome ad alta voce per la prima volta dopo un sacco di tempo.

“Oh… capisco” sussurra abbassando lo sguardo sui lacci dei suoi stivali.

Capisci? Davvero? Che cazzo… non hai la minima idea di cosa cazzo si tratti, non sai un bel niente! Sei nata ieri, che ne vuoi sapere di amore? Stai per finta con uno che non sa un cazzo di te, che fino a ieri ti riempiva di corna e che non si degna nemmeno di dirti che ha fatto un video con la sua band. E tu lo ami, cazzo se lo ami, ami persino la parte peggiore di lui, mentre lui pensa di amarti e s’illude di avere già il meglio da te, mentre invece non ha un cazzo di niente. Probabilmente, se fossi un po’ più ubriaco o fatto le urlerei tutte queste cose in faccia. Grazie a dio mantengo ancora una certa lucidità.

“Io non so stare da solo… sei anni, quasi sette… sono tanti” farfuglio tra una sorsata di whisky e l’altra.

“Pensavi di sposarti?” mi chiede a bruciapelo, facendomi quasi andare tutto di traverso.

“Sì… cioè, non era un progetto a breve termine, però sì, pensavo che sarebbe successo, insomma, la ritenevo la naturale evoluzione del nostro rapporto, prima o poi” balbetto cercando di togliermi dalla mente l’immagine di me stesso, non molto più sobrio di ora, che qualche mese fa scagliava nell’oceano l’anello che aveva comprato per lei…

“Posso chiederti una cosa? Non devi rispondermi se non vuoi” domanda esitante e io so già cosa vuole sapere.

“Si scopava un altro”

“Cosa?”

“Da quasi un anno, si scopava un altro, un suo ex compagno di università”

“Cazzo”

“Quando sono venuto qui a Seattle, la prima volta, eravamo in pausa già da qualche tempo. Scusa se non sono stato sincero, con te e con gli altri, ma… beh, in fondo, per me eravamo ancora insieme, dovevamo solo riflettere”

“Ma figurati, non eri tenuto a dirmi niente”

“E comunque era tutta colpa mia.” continuo a raccontare, ormai mi si è sciolta la lingua “Ero insopportabile, da mesi, da quando avevo chiuso con la mia vecchia band. Ero un fantasma e spesso mi ritrovavo anche a essere invidioso dei suoi successi sul lavoro. In me avrebbe dovuto trovare un supporto, invece le davo solo merda”

“Quando le cose non vanno non può mai essere sempre colpa di una persona sola” interviene lei, ma io quasi non la sento.

“Ad ogni modo, stare qui mi aveva aiutato a vedere le cose più chiaramente, così decisi di approfittare del ritorno a San Diego per mettere finalmente a posto le cose. Sarei dovuto partire a fine settimana, invece, se ti ricordi, sono andato via mercoledì, due giorni dopo il concerto”

“Sì, mi ricordo”

“Gravissimo errore… o grandissima fortuna, a seconda di come la vedi”

“Mai fare sorprese! Ehm, oddio, scusa… non volevo dire-”

“No no, hai detto bene, mai fare sorprese, soprattutto quando non ti piace riceverle. E io ne ho avuta una bella grossa”

“Non mi dire che…?”

“Appena sceso dall’aereo sono andato diretto a casa sua e li ho trovati a letto assieme”

“Merda” esclama Angie voltandosi verso di me.

“Già… merda è il termine più appropriato… ahahah è la stessa parola che è uscita dalla bocca di entrambi quando si sono accorti di me, sai?” racconto cominciando a ridere più o meno istericamente.

“E… e poi che hai fatto?”

“Beh, volevo uccidere quello stronzo, ma lui ha afferrato i suoi vestiti e se l’è filata dalla finestra a tempo di record. Quindi non ho potuto fare altro che vedermela con la puttana” rispondo dopo un altro goccio.

“Dio, Eddie, non le avrai mica… fatto del male?”

“Cosa? Ma per chi mi hai preso?! Non toccherei mai una donna, per nessun motivo!” replico quasi disgustato, mentre la vedo tirare un sospiro di sollievo “Le ho urlato contro, questo sì, ma anche lei non si è risparmiata in quanto a grida e insulti… Diciamo che abbiamo dato spettacolo entrambi, ecco”

“Non dev’essere stato un momento particolarmente edificante per nessuno dei due”

“Già, per niente…” annuisco e contemporaneamente la vedo tendere il braccio verso di me.

Mi allungo verso di lei per passarle la bottiglia e nello stesso istante, con la coda dell’occhio, mi pare di scorgere la sagoma di una persona alla finestra. Tuttavia, quando mi volto verso il vetro non vedo nessuno. Non so quanto tempo passa, forse cinque minuti, forse un quarto d’ora. Stiamo fuori senza parlare, passandoci e ripassandoci la bottiglia a vicenda.

“Però le ho pisciato nella macchina” confesso senza alcun tipo di preavviso.

Angela ruota lentamente la testa verso di me, o forse il movimento è lento solo nella mia mente annebbiata dall’alcol.

“Eh?” mi chiede corrugando la fronte.

“Le ho pisciato in macchina, più precisamente sui sedili davanti”

“Stai scherzando?” mi chiede con l’aria di chi vorrebbe ridere, ma ha paura di risultare fuori luogo.

“Giuro! Me n’ero andato da casa sua, sbattendo la porta, e avevo iniziato a vagare senza meta sulla spiaggia vicino, trangugiando l’intera bottiglia di vino che avevo portato 'per festeggiare' nel giro di un minuto. E siccome non mi sentivo soddisfatto, sono tornato indietro, ho visto la Camaro con il finestrino aperto e…”

“E le hai pisciato nella Camaro?”

“Sì, ma solo per spegnere l’incendio” rispondo distrattamente.

“INCENDIO? CHE INCENDIO?”

“Ehm, quello che potrei accidentalmente aver appiccato buttando una sigaretta accesa nella macchina”

Accidentalmente?”

“Certo, mi dev’essere caduta dentro per sbaglio assieme a quello che restava del vino… ero molto sbadato quella sera”

Ci guardiamo per un istante, sufficiente a farci scoppiare a ridere come due mentecatti.

“Hahahahaha oh mio dio, Eddie, non ti facevo così… così…”

“Perfido?”

“Esatto, non ti facevo così perfido! Non ti facevo perfido affatto!”

“Le acque chete rovinano i ponti, tua madre non te l’ha mai detto?”

“No, mia madre mi ha detto un sacco di cose sulla contraccezione e sulle malattie veneree, ma i proverbi non sono mai stati il suo forte” risponde continuando a ridere. E rido anch’io, nonostante la sua risposta mi lasci alquanto perplesso. Tutta colpa del whisky.

“Cosa?!” le chiedo tossendo.

“Mia madre è una ginecologa” spiega subito dopo, tenendosi la pancia mentre cerca, invano, di smettere di ridere.

“Ah!”

“Comunque stasera ho imparato una cosa: mai fare incazzare Eddie, l’acqua cheta” aggiunge calmandosi un po’.

“Invece io quella sera ho imparato che il vino non spegne il fuoco, ma la pipì sì, sempre che tu ne abbia tanta” sentenzio facendola esplodere di nuovo in una risata irresistibile.

“Sei un coglione, potevi farti male!”

“All’uccello? Tanto, per quello che mi serve…”

“Ti servirà di nuovo prima o poi, fidati” mi dice cercando di tornare a respirare e smettere finalmente di ridere.

Io taccio di colpo, ma non perché sia turbato da quello che ha detto. Mi ammutolisco perché finalmente ho capito, ho capito tutto. Era così semplice! Mio dio, era una stronzata, e mi sono dannato per mesi per cercare di decifrarlo.

“Scusa, non volevo scherzare su… cioè, magari ti sei offeso” balbetta dopo un po’, non sentendomi parlare.

“Oh no no, tranquilla, stavo solo… stavo riflettendo. Sì, probabilmente mi servirà presto, succede sempre così…” commento tornando serio.

“Che vuoi dire?”

“Che non sono abituato a stare solo, non so stare da solo. Praticamente non sono più stato single per più di dieci anni. E ok, lo so che le storie a 13 anni in genere non contano, ma-”

“Oh sì che contano, contano eccome, soprattutto se sono le prime” Angie completa di nuovo i miei pensieri e io non posso che annuire.

“Esatto… io ho sempre avuto una ragazza, qualcuno al mio fianco, per almeno metà della mia vita”

“Beh, sì, capisco che possa essere uno shock… come se io durassi più di due mesi con qualcuno, sarei sconvolta” dice tentando di farmi tornare il sorriso e riuscendoci in parte.

Il suo sorriso invece non è più un mistero per me, ormai ho capito il suo segreto e indugio un po’ nell’osservarlo prima di proseguire.

“Ma non credere che io faccia chissà cosa, cioè, all’atto pratico non faccio un bel niente. Non credo di essere uno che ci sa fare con le ragazze, anche perché non l’ho mai fatto, come dire, hanno sempre fatto tutto loro” replico allargando le braccia.

“Non fatico a crederlo… insomma, sei… ecco, sei un bel ragazzo, non ti mancheranno certo le ehm spasimanti”

“Non mi mancano, e non lo dico per farmi figo… e tra queste ce n’è sempre una che finisce per incastrarmi”

“Incastrarti?” mi chiede incuriosita, salendo di un gradino per avvicinarsi a me.

“Sì… beh, in realtà sono io che mi incastro da solo. E’ come… è come un circolo vizioso, una storia che si ripete ogni volta”

“Spiegati meglio”

“Non importa quanto soffra per l’amore appena finito, a un certo punto, quasi subito, arriva sempre un’altra ragazza che s’insinua piano piano nella mia testa, per poi sconvolgerla totalmente da un giorno all’altro”

“Mm-mm beh, mi pare abbastanza normale”

“No, non lo è! Può esserlo a 13 anni, a 16, ma poi basta. Anche con Beth è successo così. Avevo appena chiuso in malo modo con la mia ex, dopodiché mi ero anche trasferito a Chicago da mia madre. Ho iniziato a lavorare in un ristorante italiano e Beth lavorava nel ristorante di fronte…” interrompo brevemente il racconto cercando di scacciare la sensazione di calore evocata dai bei ricordi “E nulla, lei ha attaccato bottone con me, lei ha cominciato a uscire in pausa ogni volta che mi vedeva fuori a fumare, lei mi ha chiesto di accompagnarla a casa una sera e sempre lei mi ha invitato a uscire… ha fatto tutto lei e io sono passato dalla sana e anche un po’ diffidente curiosità all’innamoramento più totale nel giro di pochissimo”

“Va beh, il problema sarebbe che ti innamori facilmente? Non è necessariamente un problema”

“E poi comincia sempre tutto da un particolare”

“Un particolare?”

“Sì, un particolare su cui mi fisso in maniera ossessiva fin da subito”

“Uhm fissarsi su un dettaglio insignificante è un chiaro segno di cotta, decisamente” commenta facendo sì con la testa.

“Non c’è niente di male, solo che…”

“Solo che?”

“Ecco, come dire, non so mai se l’innamoramento è reale oppure è solo… bisogno di avere qualcuno, non so se mi capisci”

“Chiodo scaccia chiodo?”

“Più o meno, sì, direi di sì”

“Non lo so, cioè, non posso entrare nella tua mente e decifrarla, ma… a occhio e croce, non penso che se un chiodo mi servisse solo per sostituirne un altro me lo terrei per sette anni” spiega tamburellando con le dita sul collo della bottiglia.

“Magari sono solo pigro” dico alzando le spalle.

“Oppure sei solamente fortunato, Eddie”

“Fortunato… già…”

“Comunque, non ho ben capito di cos’hai paura adesso? Di rimanere solo o di innamorarti di qualcun altro?” chiede giustamente confusa dal mio delirio.

“Io… cazzo, non lo so neanch’io” rispondo prendendomi la testa tra le mani.

“Eddie, è troppo presto per pensare a entrambe le cose, lascia perdere. Cerca di non pensarci, cerca di concentrarti su altro, poi chi vivrà vedrà… Lo so, è un consiglio del cazzo, non sono brava a dare consigli già normalmente, figurati con un misto di alcol e altre sostanze psicotrope in corpo” mi dice mettendomi brevemente una mano sulla spalla e offrendomi il suo sorriso dolce appena rialzo la testa.

“Sei ubriaca, ma riesci a dire psicorpo-”

“Psicotrope. Questo non è niente, quando sono davvero ubriaca faccio dei discorsoni sui massimi sistemi che non hai idea” confessa sghignazzando.

“Ah sì?”

“E mi vengono sempre un sacco di paroloni, che normalmente non userei mai o che sono semplicemente inutilizzabili in un qualsiasi discorso quotidiano, ma per i quali ho una passione segreta. Tipo transustanziazione

“Trans- che??”

“O ermeneutico… sdilinquirsisicofante… deissi!”

“Caspita, è proprio buono, devo ricordarmi di ricomprare questa stessa marca” osservo rubandole la bottiglia dalla mani e studiandone l’etichetta, beccandomi quasi immediatamente una raffica di sberle sul braccio.

“Scemo” mi rimprovera lei, raccogliendosi le ginocchia al petto e abbracciandole.

“Hai freddo?” le chiedo.

“No”

“Sì invece, si gela… sei anche uscita sudata e non ti sei nemmeno portata la giacca, poi prendi freddo e ti becchi un malanno” la sgrido recitando la parte della mamma premurosa.

“Nah, ho il fisico di una roccia io”

“Ma se mi hai detto che ti ammali un giorno sì e l’altro pure”

“… hai proprio una buona memoria tu, eh?” aggiunge sorridendo di sbieco, con quel sorriso che non ha più segreti per me.

“Dovresti averlo capito ormai”

“Eheh sì, l’avevo già notato”

“Che cazzo state facendo lì fuori al freddo?!” la voce di Mike ci sveglia di soprassalto dal nostro torpore e ci dà anche il pretesto ideale per tornare dentro.

“Prendevamo una boccata d’aria” risponde Angela scavalcando il davanzale della finestra aiutata da me.

“Una boccata d’aria? Al gelo?” insiste Mike, decisamente perplesso.

Entro anch’io e sto per confessare circa il mio momento di malinconia improvvisa, pronto a imputare tutto all’alcol assunto in quantità non certo limitate, quando Angie risponde al posto mio.

“E’ colpa mia, forse ho esagerato un po’ col bere… mi girava la testa e sono uscita a prendere un po’ d’aria. Eddie mi ha vista e mi ha seguita, restando con me per accertarsi che non mi ammazzassi cadendo di sotto come una povera idiota” la ragazza racconta una versione completamente inventata della storia e in principio resto di sasso.

“Ma ora stai bene?” chiede preoccupato Jeff, appena accorso sul posto.

“Sì sì, ora va molto meglio, tranquillo… Però questa è meglio se la tieni tu, ok?” risponde lei, per poi restituirmi la bottiglia che le avevo passato prima di infilarmi attraverso la finestra, facendomi l’occhiolino.

“Ma brava! Resta pure sotto la neve e fammi ammalare il cantante dopo il secondo concerto, rovinami la carriera, mi raccomando!” Stone si avvicina mettendo un braccio attorno al collo di Angela, per poi arruffarle i capelli “Sicura che stai bene?”

“Sì, sono sicura. Sarà stato anche perchè non ho mangiato niente”

“Ecco, andiamo a mettere qualcosa sotto i denti, dai” Gossard la porta in cucina, seguito dagli altri, mentre io rimango a osservarla da lontano.

Poteva tranquillamente sputtanarmi dicendo la verità, o lasciare che lo facessi da solo, invece ha voluto coprirmi, senza che glielo chiedessi. Ha sentito l’esigenza di aiutarmi e l’ha fatto spontaneamente, ha voluto risparmiarmi l’imbarazzo di ammettere una debolezza di fronte a tutte queste persone. Di Jeff mi sarei preoccupato relativamente, mi ha già visto scappare a piangere come un  bambino deficiente durante la jam da cui è nata Release, ma degli altri… Sì, credo proprio di potermi fidare di Angela. E del suo sorriso che ho finalmente interpretato.

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Sono le 3 quando decido di sventolare bandiera bianca e andarmene a casa, seguita a ruota da Meg. Jeff ha insistito perché dormissimo da loro, ma non mi andava di disturbare. E poi è arrivata come manna dal cielo l’offerta di Susan di darci uno strappo, visto che tanto doveva già portare a casa quel rottame del suo fidanzato, parole sue, e Matt. La mia macchinina tornerò a prenderla domani con calma. Susan e gli altri sono andati a recuperare l’auto di lei, parcheggiata poco lontano, e sto saltellando sul marciapiede per scaldarmi in attesa che tornino, quando Meg richiama la mia attenzione, indicandomi un punto alle mie spalle. Mi volto e lo vedo, in piedi all’angolo dell’edificio, che mi guarda sorridente.

“Vai, quando arrivano ti chiamo” Meg mi dà una piccola spinta, che dovrebbe essere un invito a raggiungere Jerry. Obbedisco e cammino verso di lui controvoglia. Non è che sia esattamente arrabbiata, però non sono neanche del tutto serena. Diciamo che evitarlo nel corso della festa è risultato più facile del previsto.

“Sei sceso dalle scale antincendio?” gli chiedo superandolo e infilandomi nel vicolo a lato del palazzo, lontana da eventuali sguardi indiscreti.

“Ebbene sì, non sei l’unica a poterla utilizzare” ridacchia, ma io non sono molto in vena.

“E perché sei venuto?” gli chiedo freddamente.

“Sei arrabbiata”

“Sì” confermo, anche se la sua non era una domanda.

“Senti, mi dispiace per la storia del video. Te ne avevo parlato prima, poi mi è sfuggito…”

“Ok, ho capito”

“E’ che… avevamo così poco tempo a disposizione da passare insieme, ancora meno di adesso, e quando ci vedevamo pensavo a tutt’altro” si avvicina appoggiandosi al muro, con una mano accanto al mio viso.

“Non mi dici mai niente, Jerry”

“Cosa?”

“Non mi racconti mai niente di te. Mi dici solo 'il concerto è andato bene' o 'il singolo sta andando bene', e solo perché te lo chiedo io, altrimenti non mi diresti proprio nulla” ribadisco incrociando le braccia e non solo perché il freddo comincia a farsi sentire.

Jerry sbuffa, alza gli occhi al cielo, poi mi guarda e si avvicina ancora di più, appoggiando anche l’altra mano al muro, dal lato opposto.

“Hai ragione, hai perfettamente ragione. E’ solo che… non lo so, non è facile”

“Cosa non è facile? Parlarmi?”

“Ti sembrerà stupido ma… cazzo, non sono abituato a condividere queste cose, capisci? Con una donna, con la mia donna, intendo. Per me è tutto nuovo e lo so, faccio cazzate. Ma voglio imparare. Io sono abituato a dividere tutto per scompartimenti, piccoli mondi separati l’uno dall’altro, invece con te… ora devo mettere tutto insieme e non è per un cazzo semplice. E non so neanche se capisci cosa sto dicendo, perché non ci capisco granché nemmeno io, sono ubriaco e mi si stanno ghiacciando le palle, io-”

Lo interrompo attirandolo a me per la camicia e baciandolo con passione. Sono ancora un po’ arrabbiata, ma ora ho solo voglia di stringerlo e non lasciarlo più andare. Purtroppo non è possibile.

“Ehm, scusate…” Meg appare nel vicolo e noi ci stacchiamo lentamente l’uno dall’altra “Ho detto che hai perso il tuo ciondolo e lo stai cercando”

“Arrivo subito” le dico, lei annuisce e se ne va.

“A proposito del ciondolo e a proposito di cose che non ho avuto modo o palle di dirti: da dove viene?” mi chiede infilandomi le dita sotto il collo della giacca e sfiorando la mia collana.

“Me l’ha regalata mia madre, ehm, per il compleanno” rispondo balbettando.

“La prima volta che te l’ho visto pensavo fosse il regalo di un uomo, ero già così geloso…” continua facendo scorrere le dita sorprendentemente calde sul mio collo.

“Visto? Potevi dirlo subito, ti avrei risparmiato questi pensieri stupidi. Ora devo andare”

“Ok, a domani… non vedo l’ora” mi sussurra baciandomi ancora.

“Oh a proposito, dove si va?”

“E’ una sorpresa” dice sorridendo sulle mie labbra.

“No, col cazzo. Devi dirmi che posto è, devo sapere come vestirmi!”

“E’ un posto carino”

“Grazie tante, ma carino quanto? Carino carino, nel senso di super elegante, o carino e basta?”

“Non puoi semplicemente rilassarti e non programmare tutto almeno per una volta?” mi chiede sospirando.

“Mmm no” rispondo senza staccare gli occhi dai suoi.

“Ho prenotato un tavolo al Canlis

“Uh, quello vicino a casa mia?”

“Esatto”

“Wow! E’… è carinissimo! Cioè, non ci sono mai andata, ma sembra molto bello. Non sarà troppo?”

“No, va benissimo, nulla è troppo per te” risponde dispensandomi piccoli baci su una guancia.

“Intendo dire, non sarà troppo elegante? E troppo caro?”

“Il conto non è affar tuo… e per quanto riguarda l’eleganza, non mi pare richiedano abiti regali, un vestito va benissimo. Possibilmente poco coprente”

“Ah-ah”

“Allora, ti passo a prendere alle 7, ok?”

“Ma no, possiamo vederci direttamente lì, è a due pa-”

“Scordatelo, non esiste che al nostro primo appuntamento ci vediamo davanti all’ingresso del ristorante. Ti vengo a prendere e ci andiamo insieme, facciamo le cose fatte bene” si oppone levandomi la mano dalla giacca e puntandomi contro un indice inquisitore.

“Sono fatte bene anche se mi avvio verso il ristorante e ti trovo lì, tutto messo in tiro che mi aspetti” continuo illustrandogli uno dei film che mi ero fatta negli ultimi mesi al pensiero del nostro primo appuntamento.

“Ti vengo a prendere, discorso chiuso” sentenzia senza lasciarmi scampo.

“Va bene, ora devo andare però. Ho ritrovato la collana” gli sorrido e gli do un altro bacio, l’ultimo della serata.

“Buona notte, piccola”

“Notte Jerry, a domani” gli sussurro prima di correre verso la macchina, impaziente di andare a letto e dormire, così da far passare ancora più in fretta parte delle ore che mi separano dal nostro primo appuntamento.

***************************************************************************************************************

“Tutto qui? Era solo questo alla fine?” penso, fissando il soffitto della mia stanza ad occhi spalancati.

“Cos’era tutto qui?” borbotta Stone dal tappeto che è diventata la sua sistemazione per la notte.

A quanto pare non l’ho solo pensato.

“Eh? Cosa? No, niente, si vede che stavo sognando…” farfuglio, o meglio, fingo di farfugliare, perché in realtà sono sveglissimo, nonché quasi del tutto sobrio.

“Parli nel sonno, Eddie? Ricordami di non stare in camera con te quando saremo in tour” aggiunge Gossard, sprimacciando il cuscino che gli ho prestato e girandosi sul fianco opposto, tirandosi la coperta fin sulla testa.

“Notte, Stone”

Continuo a pensare a quello che è successo stasera, a tutto quanto: il pomeriggio a casa nostra, la Mini di Angie, la Polaroid, la neve, il soundcheck, la cioccolata calda della caffetteria di fronte al Moore, il concerto, il concerto degli Alice, Angie e la sua storia, Angie con Jerry, io e Meg, il viaggio sul furgone, la festa, Angie e Jerry, io, Angie e Meg in camera mia, Angie e i miei dischi, la scala antincendio, Angie che mi raggiunge, Angie che sbircio dalla finestra mentre amoreggia con Jerry, sgattaiolato fuori dalla stessa scala… il sorriso di Angie. Angie.

Chi l’avrebbe mai detto? Che una cosa così semplice, e se vogliamo stupida, attirasse così tanto la mia attenzione. Il suo sorriso non è misterioso: è difettoso. E bellissimo. Non capisco come ho fatto a non accorgermene prima, è come se l’avessi vista stasera per la prima volta, anche se al buio di una scala antincendio in piena notte. Rido di me stesso per non aver mai notato quel canino leggermente all’infuori, che fa capolino dalle sue labbra ogni volta che sorride e che, talvolta, non ne vuole sapere di restare nascosto quando le richiude, tanto da costringerla a un piccolo movimento furtivo dell’angolo della bocca per riportare all’ordine il piccolo indisciplinato. Era solo questo alla fine: un’imperfezione. L’imperfezione più intrigante che…

All’improvviso, all’immagine di una sorridente Angela si sovrappone quella di lei che fa sì con la testa e…

Uhm fissarsi su un dettaglio insignificante è un chiaro segno di cotta”

 

Merda.

  
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