Capitolo 5
Era stato un
colpo duro da superare. La partenza di Hideto, così
improvvisa, li aveva
colpiti molto più di quanto avrebbero mai potuto credere.
Per la prima volta in
tutti quei mesi la realtà, così come stava
veramente, era stata loro sbattuta
in faccia. E, quando i loro sguardi si erano incrociati, vi avevano
letto per
la prima volta la paura e la sconfitta.
Non era
successo quando tutti avevano cominciato ad attaccarli, non era
successo quando
si erano visti voltate le spalle da amici e famiglie… era
stato difficile,
erano stati cambiati e resi più fragili, ma insieme erano
riusciti a resistere.
Ma dover separarsi da uno di loro era molto diverso: loro erano i
Maestri della
Luce, i sei Guerrieri di Gran RoRo, non uno di più non uno
di meno, dovevano
restare insieme come nella battaglia contro il Re del Mondo Altrove.
Era quello
che si erano ripetuti in tutti quei mesi. Ora, si stavano rendendo
veramente
conto che non sarebbe bastato. Forse lo avevano saputo da sempre,
qualche
volta, quando erano stati soli, probabilmente lo avevano anche
ammesso… ma
nessuno di loro aveva mai avuto il coraggio di dirlo ad alta voce, per
paura
che si potesse avverare davvero. Ma anche quello non era servito.
Ed ora, con la
partenza di Hideto, dovevano affrontare la dura realtà: era
una battaglia
troppo grande per loro. Si sentivano svuotati. Clarky, seduto sul
divano, si
era preso la testa tra le mani fissando il pavimento. Kenzo, con lo
sguardo
perso, si era seduto accanto a lui. Mai aveva abbassato la mano che
teneva il
foglietto di Hideto, ancora non in grado di capacitarsi di quello che
era
successo. Ma era soprattutto Dan che non riusciva a credere a quello
che era accaduto
e continuava a camminare avanti e indietro per la stanza. Yuuki, in
piedi,
guardava i suoi amici: aveva temuto che sarebbe successo, aveva sempre
sospettato che potesse essere quello l’obbiettivo, separarli.
Ma si era sempre
detto che i Maestri della Luce che aveva conosciuto a Gran RoRo
sarebbero
riusciti a superare anche quella difficoltà…
Un’unica
domanda si ripeteva nelle loro cinque teste: cosa avrebbero fatto ora?
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Dopo la
partenza di Hideto, era passato luglio ed era iniziato agosto. Molti
andavano
in vacanza e loro combattevano una battaglia che sembrava ormai
inutile. Come
Don Chisciotte contro i mulini a vento. Avevano cercato di far finta
che la
partenza di Hideto non fosse stato un colpo così forte. Se
continuavano a
combattere, si ripetevano, presto sarebbero stati di nuovo in sei
perché Hideto
sarebbe tornato.
Ma ormai
praticamente nessuno gli ascoltava più. Gridavano al vento
con il solo
risultato di far riaccendere per qualche giorno le critiche e gli
attacchi
contro di loro. La loro battaglia si stava trasformando in un qualcosa
che loro
portavano avanti solo perché non sapevano
cos’altro fare… senza più nessuna
convinzione.
Era a questo
che pensava Kenzo mentre fissava il ventilatore che si muoveva
rinfrescando
l’aria della stanza. Era frustante. Si sentiva
così inutile. Quando a scuola
non riusciva a risolvere un qualche problema, bastava che si impegnasse
un paio
di giorni e alla fine trovava la soluzione. Ora, invece, gli sembrava
di
continuare a dibattersi nel nulla.
Un nulla
pesante come l’aria di quel giorno di agosto. Soffocante era
la parola esatta.
Cominciava a capire quello che doveva aver provato Hideto,
perché ora lo
provava anche lui. Ma dubitava che avrebbe avuto il coraggio del
Guerriero Bli:
lui non sarebbe mai riuscito a partire e vagare per il mondo senza una
meta.
Fin da quando era bambino, il suo rifugio era lo studio, i libri. Era
il suo
piccolo mondo in cui non c’era niente che lui non potesse
risolvere: lì poteva
trovare una risposta ad ogni cosa. O poteva partire da lì
per trovare la
risposta che mancava… Mentre invece, ormai, lì
non riusciva a fare più niente.
Sì,
aveva
bisogno di rimettersi a studiare. Di sentire di nuovo di avere la
possibilità
di avere tutte le soluzioni possibili, di sapere che da qualche parte
c’era una
soluzione e che lui la poteva trovare. Cosa che non sarebbe successa
nella loro
battaglia, che era diventata ormai una via senza uscita.
Kenzo
sospirò e
guardò gli altri. Mai stava leggendo in un angolo del
divano. Clarky stava
sfogliando malvolentieri un giornale. Dan e Yuuki stavano parlando.
Kenzo tornò
a sospirare: come facevano quei due? Lui se lo chiedeva proprio.
Un’altra di
quelle cose a cui non riusciva a trovare risposta. Lui non ce
l’aveva più la
loro determinazione. Era evaporata senza lasciare traccia.
Tra poco meno
di due mesi, poi, sarebbe anche riiniziata la scuola. Aveva ancora un
sacco di
compiti da fare. Però non voleva abbandonare la battaglia
per la verità di Gran
RoRo… Non si era mai sentito così combattuto.
“Presto
inizierà di nuovo la scuola…”
La sua voce
attirò l’attenzione degli altri che annuirono o
pronunciarono qualche
monosillabo. Kenzo sospirò.
“Ho
ancora un sacco
di compiti da fare…”
Il ragazzino
si
chiese se stava parlando con gli altri o con sé stesso. Era
da un po’ di tempo
che aveva come l’impressione che si fosse creata una sorta di
barriera
invisibile tra di loro. Ciascuno immerso nei propri pensieri, nelle
proprie
difficoltà…
Una mosca
ronzò
attorno al viso di Kenzo che, di scatto, si alzò in piedi
attirando
l’attenzione degli altri, che si voltarono guardandolo con
espressione
interrogativa.
“Basta.”
Sì.
Voleva
gridarlo. Non riusciva più ad andare avanti così.
Hideto aveva avuto ragione.
Sentiva che anche lui aveva bisogno di ripartire, di ritrovare di nuovo
sé
stesso. La voce di Dan lo distrasse dai propri pensieri.
“C’è
qualcosa
che non va, Kenzo?”
Il ragazzino
passò lo sguardo da uno all’altro e, alla fine,
prese un enorme respiro prima
di parlare.
“Devo
studiare…
torno a casa.”
Le sue parole
furono accolte da un silenzio quasi surreale, reso ancora
più irreale dal
rumore delle pale del ventilatore. Kenzo si rese conto di averli
leggermente
scioccati: forse avevano sperato che nessun altro se ne sarebbe andato.
Anche
lui lo aveva sperato…
“Ho
un sacco di
compiti. Devo finirli prima che inizi la scuola…”
Dan lo
guardò
sbattendo le palpebre. “Ma devi proprio andartene? Puoi farli
qui i compiti.”
Kenzo
sospirò.
“Vi sarei solo d’impiccio… quando
studio, non riesco a dedicare molto tempo ad
altro. Non riuscirei a continuare la nostra battaglia.”
Quelle parole
gli suonavano come le più ipocrite di tutte. Non ci credeva
neanche lui che le
aveva dette. Però, doveva andarsene…
“Se
è quello
che vuoi…”
Kenzo si
voltò
verso Clarky che lo guardava tranquillo. Chissà che cosa gli
passava per la
mente… chissà che cosa riusciva a tenerlo
lì. Avrebbe voluto avere anche lui
quel qualcosa per cui continuare a lottare…
“Mi
dispiace,
che tu vada via…”
Mai
parlò
tenendo lo sguardo basso sulle pagine del libro. Kenzo vedeva quanto
dispiaceva
a ciascuno di loro. Per questo cercò di sforzarsi a
sorridere.
“Non
è mica un
addio… mi prendo solo una pausa.”
Dan e gli
altri
non dissero nulla, forse perché non sapevano che cosa dire.
A quel punto, Kenzo
si diresse verso il borsone e in pochi minuti lo aveva riempito. Poi
tornò a
voltarsi verso gli altri.
“Beh…
io vado.”
Clarky e Mai
si
alzarono e lo abbracciarono. Dan, leggermente triste al vedere un altro
amico
che se ne andava, lo salutò sorridendo.
“Spero
che
tornerai a presto, Kenzo.”
Kenzo
annuì e
fece un cenno di salutò verso Yuuki. Poi si diresse
lentamente verso la porta.
Sapeva già che i suoi amici gli sarebbero mancati, ma ormai
sapeva anche che
era quello che doveva fare. Aveva bisogno di tornare alla vita di
prima. Kenzo
tirò su con il naso mentre usciva dalla porta e salutava
ancora una volta gli
altri. Per fortuna che era stato un saluto veloce. Sembrava
più che altro che
stesse uscendo per fare un giro. Sarebbe stato molto più
difficile, altrimenti…
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Shizuko stava
preparando le ultime cose per la cena di quella sera. Improvvisamente
si sentì
il rumore di chiavi che giravano nella serratura.
“Sono
arrivata!”
La donna si
riscosse e posò nel lavabo le verdure che stava pulendo.
Asciugatasi le mani,
Shizuko si diresse velocemente verso l’ingresso dove
incrociò Atsuko che stava
indossando le pantofole.
“Signora…”
Atsuko sorrise
guardandola interrogativa. “C’è qualcosa
che non va, Shizuko?”
La donna
cominciò a torturarsi le mani, lanciando ogni tanto delle
occhiate al piano
superiore. La signora Hyoudo la guardò senza capire.
“Shizuko?”
La governante
sospirò. “Al piano di sopra…”
Atsuko
inarcò
un sopracciglio. “Non mi dirai che c’è
di nuovo uno spandimento! L’idraulico è
venuto un mese fa!”
Shizuko scosse
la testa. “No… Kenzo…”
Atsuko
ammutolì
e si voltò anche lei verso il piano superiore.
“Kenzo?
È
tornato? Quando?”
Shizuko mosse
le mani per sistemarsi il grembiule. “Da poco prima
dell’ora di pranzo… è tutto
il pomeriggio sui libri.”
Atsuko rimase
per qualche istante senza sapere cosa fare. Non era mica una cosa
facile. Per
anni aveva delegato ad altri la cura di suo figlio. Poi, quando era
scomparso a
Gran RoRo (come avevano saputo poi) se ne era pentita. Ma in un solo
anno era
difficile recuperare un rapporto madre-figlio che praticamente non era
mai
esistito. La donna sospirò: era arrivato il momento di
ricoprire il ruolo di
madre. Atsuko passò la giacca a Shizuko.
“Vado
a
parlarci.”
La governante
annuì e Atsuko si diresse verso le scale. Ogni gradino si
sentiva sempre più
insicura. Che cosa doveva dirgli? E se non voleva parlarle? Se le
chiedeva di
uscire dalla stanza e lasciarlo in pace? Arrivata davanti alla porta di
Kenzo,
Atsuko scosse la testa: avrebbe affrontato ogni cosa. In quel momento
si sentì
la voce di Kenzo provenire dall’altra parte della porta.
“No…
uffa, non
era questa la formula.”
La donna
sorrise. Quanti momenti si era persa… Preso un altro
respiro, Atsuko aprì la
porta ed entrò lentamente nella stanza. La finestra era
aperta e si vedeva il
cielo che cominciava ad incupirsi con l’arrivo della sera. Un
venticello
piacevole stava rinfrescando l’aria calda di quella giornata
di agosto appena
trascorsa. Kenzo era chinò su un quaderno aperto sulla
scrivania e, ai suoi
lati, c’erano due pile di libri. La donna sorrise e si
avvicinò posandogli una
mano sulla testa.
“Ciao,
Kenzo.”
Kenzo rimase
zittò un secondo. Poi le rispose. “Ciao,
mamma.”
La donna
esitò
un attimo prima di continuare. “E così sei
tornato…”
Kenzo
annuì
continuando a guardare gli appunti sul suo quaderno.
“Come
mai?”
Atsuko rimase
in trepidante attesa, quasi temendo che Kenzo le dicesse di farsi gli
affari
suoi come aveva fatto in tutti quegli anni. Ma Kenzo non glielo disse.
“Fra
poco più
di un mese riinizia la scuola… devo finire i compiti e
riguardare gli ultimi argomenti
dell’altro anno.”
La donna lo
guardò tristemente. Anche lei riusciva a percepire il tono
deluso del proprio
figlio. Non era certo quello il motivo… studiare era
semplicemente il modo di
Kenzo per non pensare ad altro. Atsuko inspirò: doveva
continuare. Suo figlio
aveva bisogno di avere qualcuno che lo confortasse… almeno
questo glielo
doveva, visto che non era riuscita a supportarlo nella sua battaglia
come
avrebbe dovuto.
“Tu
come stai?”
Kenzo
sospirò e
voltò una pagina. “Come vuoi che mi senta, mamma?
Sto bene, non ti
preoccupare.”
Atsuko sorrise
e gli passò una mano tra i capelli.
“Non
è vero.
Sarò anche la peggiore madre di questo mondo, ma riesco
ancora ad accorgermi,
se voglio, quando hai qualcosa che non va.”
Il Guerriero
Verde si morse un labbro. “No… sono solo molto
impegnato con questi compiti.”
La donna
sospirò con l’aria di credergli.
“E
va bene, se
lo dici tu. Non ti dispiace se rimango qui, vero? Devo controllare dei
dati su
una relazione.”
Atsuko non
attese risposta e si sedette sul bordo del letto di Kenzo, tirando
fuori dalla
borsa una cartelletta da cui estrasse un plico di fogli pinzati.
“Così
se hai
voglia di dirmi come stai davvero, sono qui.”
Kenzo non
disse
niente. Atsuko finse di leggere il contenuto del plico, ma in
realtà continuava
a lanciare occhiate al figlio. Era terrorizzata dall’idea di
essersi sbagliata:
e se Kenzo invece stava bene veramente? Magari era lei che si
sbagliava… non
poteva certo vantare un chissà quale intuito di madre. Ma,
poco dopo, Kenzo
posò la penna e si fermò. La madre rimase in
attesa. Passò qualche minuto e poi
si sentì la voce del Guerriero Verde.
“Mamma…”
La donna
sorrise. “Sì, Kenzo?”
Il ragazzino
si
voltò. Sembra imbarazzato e sul punto di chiederle qualcosa,
senza però
riuscirci. Forse era anche per lui difficile abituarsi
all’idea di avere una
madre che aveva il tempo di starlo a sentire. Atsuko sorrise e
allargò le
braccia posando sul comodino il plico di fogli.
“Vieni
qui.”
Kenzo sorrise
sollevato e non se lo fece ripetere due volte. Si alzò dalla
sedia e raggiunse
velocemente la madre. La donna lo abbracciò iniziando a
cullarlo. Quanto si
pentiva della sua stupidità in tutti quegli anni…
chissà quante altre volte il
suo bambino aveva avuto bisogno di lei.
Rimasero
così
per lunghi minuti. Kenzo sembrava voler soltanto sentire la vicinanza
della
madre, la sensazione delle sue braccia che lo stringevano.
“Ho
paura che
gli altri mi odino…”
Atsuko venne
colta di sorpresa quando Kenzo iniziò a parlare. Sentire la
sua amarezza le
fece male.
“Perché
dovrebbero
odiarti?”
Kenzo
sospirò.
“Perché me ne sono andato… penseranno
che sono solo un bambino capriccioso.”
La donna
sorrise e scosse la testa. “Secondo me ti sbagli. Mi hai
sempre detto che sono
i migliori amici che tu abbia mai avuto… allora facevo bene
a pensare che tu
non dovessi vederli.”
Kenzo scosse
la
testa. “No… loro sono veramente i migliori amici
che avrei mai potuto avere.”
Atsuko gli
accarezzò i capelli. “E allora sai benissimo anche
tu che non diranno niente di
male di te. Ti capiranno.”
Un altro
silenzio calò tra i due. Questa volta, però,
venne rotto dalla voce di Atsuko.
“Come
mai hai
deciso di tornare?”
Kenzo
sospirò
rimanendo in silenzio lunghi istanti prima di parlare.
“Un
paio di
settimane fa Hideto se ne è andato. Non ce lo aveva neanche
detto… ci ha solo
lasciato un biglietto in cui ci diceva che aveva bisogno di ripartire
da zero,
di ritrovare la determinazione di un tempo. Chissà
dov’è adesso…”
La donna lo
guardò tristemente. “Mi
dispiace…”
Kenzo si
voltò
verso di lei guardandola speranzoso. “Pensi che presto
tornerà?”
Atsuko sorrise
e annuì con convinzione. “Ne sono certa. E, se non
lo fa, posso sempre
sfruttare i miei contatti… conosco un po’ di gente
alle ambasciate.”
Kenzo
scoppiò a
ridere. “Non voglio mica farlo arrestare!”
La donna lo
guardò con gli occhi sgranati. “Ma io non ho mai
detto questo!”
Poi Atsuko
scoppiò a ridere e, alla fine, anche Kenzo la
seguì a ruota. Dopo qualche
momento, la donna tornò seria.
“Ti
dispiace
aver lasciato gli altri tuoi amici, vero?”
Kenzo
annuì.
“Sì. Dopotutto questa era anche la mia
battaglia… e io ora gli ho lasciati da
soli.”
Atsuko gli
sfiorò la fronte con le labbra.
“Non
si può
combattere sempre… anche il guerriero più forte,
qualche volta, deve fermarsi
per riposare. Ne avete passate così tante… credo
che tutti voi vi meritiate un
po’ di riposo.”
Il ragazzino
non sembrò molto convinto. “Ma non siamo riusciti
nel nostro intento…”
La donna
sospirò. “Kenzo, nessuno può fare
qualcosa che va oltre le sue forze… e nessuno
può farsi del male per non deludere gli altri. Se tu sentivi
che dovevi
fermarti, è giusto così. Loro lo
capiranno.”
Kenzo
sembrò
pensarci un attimo, poi si voltò verso di lei.
“Ti
dispiacerebbe rimanere ancora un po’ qui… mentre
finisco di studiare?”
Atsuko
sorrise,
leggermente commossa. “Certo…”
Kenzo sorrise
e
si alzò tornado a sedersi alla scrivania. Dopo qualche
istante, tornò a
voltarsi verso la madre.
“Mamma…”
Atsuko
alzò gli
occhi dal plico di fogli. “Si?”
Kenzo sorrise.
“Grazie.”
La donna
faticò
a trattenere delle lacrime e sorrise. Finalmente sentiva di essersi
comportata
veramente da madre. “Di nulla, tesoro mio.”
Kenzo riprese
a
studiare e, finalmente, si sentì un po’
più leggero. Ora che aveva parlato con
qualcuno si sentiva molto meglio. E il fatto che fosse stata sua madre,
lo
aveva fatto sentire bene. Forse avrebbe continuato a sentirsi in colpa,
ma
sapere di non essere solo lo rassicurava. Sua madre aveva ragione.
Doveva
ricaricarsi. Poi, sarebbe tornato dagli altri e avrebbe ripreso a
combattere
con loro. Kenzo sorrise e riprese a concentrarsi sugli appunti.
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Settembre era
iniziato. L’estate stava finendo e le scuole presto sarebbero
riiniziate. Ma le
cose per i Maestri della Luce non erano migliorate. Anzi…
dopo che anche Kenzo
se ne era andato, si erano fatte più difficili.
Clarky se ne
era reso conto. E la cosa peggiore non era dover affrontare la loro
battaglia
in quattro, ma era dover sopportare il pensiero di due amici che si
erano
arresi. Era facile dire che tutto sarebbe andato meglio, che era solo
un
momento difficile che insieme avrebbero superato… ma non era
così. Clarky se ne
rendeva ben conto. Lo vedeva soprattutto in sé stesso e
negli occhi di Mai. Dan
era un discorso a parte. Sembrava che più le cose si
facevano difficili, più lui
si mostrava determinato ad andare avanti, a non mollare. Qualche volta
si
trovava a pensare che il Guerriero Rosso cercasse di essere determinato
anche
per gli altri. Forse era così… Dan cercava di
lottare anche al posto di Hideto,
al posto di Kenzo… E poi c’era Yuuki. Anche lui
era un discorso a parte. Come
Dan, aveva qualcosa per cui lottare. E, se il Guerriero Rosso non
voleva mollare
per tutti i loro amici e la promessa che aveva fatto loro, il Guerriero
Bianco
non voleva arrendersi in ricordo di Kajitsu.
Avrebbe voluto
essere come loro. Ed era cero che anche Mai si sentisse
così. Anche lui voleva
riuscire ad essere immune a tutto quello che stava succedendo, riuscire
a non
essere scalfito dalle cadute, riuscire a rialzarsi con la stessa
determinazione.
Ma lui non ci riusciva. Era inutile mentirsi. E ogni giorno che passava
se ne rendeva
conto sempre di più. Si sentiva sempre più stanco
di combattere, senza più uno
scopo… e quella volta non ci sarebbe stato un duello con
Leon che gli avrebbe
schiarito le idee.
E
così tirava
avanti. In attesa di trovare il coraggio di prendere una decisione
qualsiasi. Decisione
che, ogni giorno che iniziava, lui non riusciva a prendere. Rimaneva
sempre
fermo di fronte al bivio: trovare di nuovo la determinazione o tornare
a casa e
smettere di fingere di riuscire a sopportare tutto.
Anche quella
mattina ci stava pensando, mentre facevano colazione. Girando il
cucchiaino nel
caffelatte, Clarky guardò di sottecchi i suoi amici. Dan e
Yuuki stavano
discutendo delle notizie apparse sui giornali, cercavano di decidere
quale
sarebbe potuta essere la loro prossima mossa. Mai, invece, seduta a
gambe
incrociate sulla sedia, sembrava ascoltarli, mentre inzuppava un
biscotto nella
sua tazza. Ma si vedeva che, in realtà, non li stava
ascoltando. Ogni tanto
lanciava loro un’occhiata triste e poi tornava subito ad
immergersi nei propri
pensieri.
Forse era
anche
per quello che avevano cominciato ad andarsene. Tutto quello che era
successo
stava riuscendo a separarli. Ognuno cercava di affrontare i propri
fantasmi da
solo, senza parlarne con gli altri. Si erano tutti costruiti dei gusci
in cui
speravano di riuscire a resistere. Anche quello con scarsi
risultati…
Clarky
sospirò
e finì di bere il caffelatte. Non riusciva più ad
andare avanti così. Era come
in un duello… bisognava avere anche la forza di capire
quando il tuo
avversario, ormai, aveva vinto. Inutile fingere di avere ancora la
vittoria in
pugno. Tanto valeva alzare bandiera bianca prima di essere mandati K.O.
definitivamente. Tanto, nella realtà, non si poteva avere
una rivincita come in
Battle Spirits. Sì, doveva trovare il coraggio di fare un
passo indietro.
Clarky
alzò lo
sguardo e fissò i tre amici. Poi si schiarì la
voce per attirare la loro
attenzione. I tre si voltarono verso di lui incuriositi.
“Devo
dirvi una
cosa.”
Dan
annuì
inghiottendo il boccone che aveva in bocca. “Cosa
c’è Clarky?”
Il ragazzo
sospirò e poi li guardò con espressione
determinata.
“Ho
deciso di
tornare a casa…”
A quelle
parole, Dan e Mai sgranarono gli occhi. A parlare fu per prima la
ragazza.
“Anche
tu…”
Clarky sorrise
con rassegnazione. “Chi combatte deve anche sapere quando
è il momento di
fermarsi…”
Mai strinse le
labbra, colpita da quelle parole. Dan, invece, scosse la testa.
“Ma
noi non
abbiamo ancora perso.”
Clarky si
voltò
verso di lui sorridendo. “Tu no, Dan. Ma io sì.
Questa volta non posso
continuare questo duello fino all’ultima vita.”
A quel punto,
Clarky si alzò posando la salvietta vicino alla tazza.
“Mi
dispiace.
Vado a preparare le mie cose.”
Clarky si
diresse verso il salotto, consapevole degli sguardi degli altri tre.
Lui, però,
finalmente era riuscito a prendere una decisione. In un certo senso si
sentiva
più leggero, meno preda dell’ansia che lo aveva
tormentato in quelle ultime
settimane. In realtà, si sentiva anche più
svuotato… ma a quello ci avrebbe
fatto l’abitudine e, alla fine, sarebbe passato.
Gli sembrava
così strano star per lasciare quell’appartamento.
Era diventata un po’ la sua
casa in quei pochi mesi trascorsi da giugno. Ma sarebbe stato ancora
più bello
se, quei mesi passati insieme ai suoi migliori amici, si fossero svolti
in
un’atmosfera migliore…
Ma
chissà,
forse anche per quello ci sarebbe stato tempo. Quando chiuse la zip del
borsone, sentì qualcuno fermarsi alle sue spalle. Clarky si
voltò e si vide di
fronte Mai.
“Perché
Clarky?”
Il ragazzo
sorrise. “Perché credo che sia la cosa migliore
per me.”
La ragazza
sospirò. Clarky sollevò il borsone.
“Pensa tu a quei due… soprattutto a Dan.”
Mai
alzò lo
sguardo smarrito. “Io non se ce la
faccio…”
Clarky le
posò
una mano sulla spalla, sorridendo. “È una
decisione che devi prendere tu, Mai.
A presto.”
La ragazza
annuì cercando di sorridere. In quel momento, sulla porta
che dava sulla
cucina, apparvero Dan e dietro Yuuki. Il Guerriero Rosso fece qualche
passo
avanti.
“Clarky…
non te
ne puoi andare. Abbiamo sempre combattuto insieme.”
Il Guerriero
Giallo lo raggiunse sorridendo e gli diede una pacca sul braccio.
“Te
la caverai
benissimo da solo, Dan. Io ho bisogno di fermarmi per un
po’… chissà magari
presto tornò. Chi può dirlo… que cera,
cera.”
Yuuki sorrise
e
annuì. “Allora, arrivederci Clarky.”
Clarky
alzò una
mano in segno di saluto. “Ci si vede. Buona fortuna a
tutti… Dan continua
così.”
Il Guerriero
Rosso non sembrava aver molta voglia di arrendersi, ma alla fine
sospirò e
cercò di sorridere.
“Torna
presto,
Clarky. I Maestri della Luce devono stare uniti. Dobbiamo farlo per
Gran RoRo.”
Clarky
annuì e
si diresse verso la porta. Gli altri rimasero fermi a fissarlo,
finché il
Guerriero Giallo non si chiuse la porta alle spalle. A quel punto, Mai
si voltò
e andò nella propria camera chiudendosi la porta alla
spalle. Dan si voltò,
continuando a chiedersi come era possibile che tutti volessero
andarsene e se
c’era qualcosa che lui potesse fare.
Clarky,
intanto, era ancora fuori dalla porta, posata ad essa. Teneva lo
sguardo basso
e un sorriso amaro piegava le sue labbra. Sembrava quasi che non
riuscisse a
trovare la forza per lasciare definitivamente quella casa. Rimase
lì per lunghi
minuti, poi si spinse in avanti e si diresse verso
l’ascensore, le cui porte,
poco dopo, si chiusero davanti a lui. Era arrivato il momento di
tornare a
casa.
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Andrew fece
girare le chiavi della serratura sbadigliando. Quel giorno
all’accademia era
stato faticosissimo. Non vedeva l’ora di farsi una doccia.
Non avrebbe dovuto
neanche litigarsi il bagno con Clarky… il ragazzo sorrise
tristemente. Quanto
gli mancavano anche quei momenti che prima non sopportava…
quelle settimane
d’estate erano state così difficili, come quelle
dell’anno prima quando non
avevano avuto notizie di Clarky per tanto tempo.
Andrew
sospirò
ed entrò, chiudendosi dietro la porta. La casa era avvolta
dal silenzio. Sua
madre non doveva essere ancora rientrata. Suo padre invece sarebbe
tornato il
giorno dopo per qualche giorno, forse una settimana e poi sarebbe
tornato a
pilotare i suoi aerei in qualche parte lontana del mondo. Il ragazzo si
diresse
verso la propria camera per posare lo zaino. Si sarebbe andato a fare
una bella
doccia e poi sarebbe andato a mangiare qualcosa. Pensandoci, avrebbe
dovuto
anche chiamare Kaoru.
Lungo il
corridoio, quando passò davanti alla stanza di Clarky,
lanciò uno sguardo
distratto e tirò dritto. Fatti solo pochi passi,
però, Andrew si fermò e tornò indietro
guardando con stupore dentro alla stanza. Ai piedi del letto era
gettato un
borsone e, sul letto, c’era disteso Clarky con un braccio sul
viso.
Andrew si
fermò
fissandolo, senza capire. Da quando era tornato? Stava bene?
“Non
sto
dormendo, Andy…”
Andrew si
riscosse nel sentire la voce di Clarky, che nel frattempo aveva
spostato il
braccio posandolo sul materasso. Era stato quasi sul punto di
rimproverarlo per
aver usato di nuovo il nomignolo che odiava, ma poi qualcosa nella voce
di
Clarky lo aveva fermato. Lentamente, aveva posato lo zaino vicino alla
porta e
si era avvicinato al letto. Clarky era disteso ad occhi chiusi e
sarebbe potuto
benissimo sembrare addormentato. Andrew si sedette sul bordo del letto.
“Come
va?”
Clarky
abbozzò
un sorriso. “Sono tornato a casa…”
Andrew gli
diede un colpetto sul braccio sorridendo.
“Lo
vedo. Non
sono ancora arrivato al punto di avere le visioni…”
Clarky rise.
“E
chi te lo dice che io non sia una tua immaginazione?”
Andrew
aprì la
bocca ma non seppe cosa dire. Poi sbuffò.
“Lasciamo stare… io ti avrei fatto
una domanda. Come stai?”
Clarky
alzò le
spalle. “Come vuoi che stia? Ho capito che era arrivato il
momento di
arrendersi.”
Andrew lo
guardò tristemente. “Mi dispiace. Ti ha fatto male
salutare i tuoi amici? Da quanto
sei qui?”
Clarky sorrise
amaramente. “Da questa mattina… tranquillo, ho
mangiato qualcosa a pranzo.”
Andrew
lasciò
vagare per qualche istante lo sguardo sulla stanza di Clarky e poi
tornò a
guardarlo.
“Hai…
pianto?”
Per lunghi
istanti Clarky rimase immobile, poi scosse la testa e sorrise.
“No,
non ho
pianto… ho pensato. A Gran RoRo, ai nostri amici, a
chissà dove è adesso
Hideto, a cosa starà facendo Kenzo, come l’avranno
presa Dan, Mai e Yuuki… in
queste ore avevo troppo cose a cui pensare per piangere.”
Andrew lo
guardò tristemente. “Adesso che cosa
farai?”
Clarky, a quel
punto, aprì gli occhi e si alzò, fissando la
parete di fronte a lui.
“Non
lo so… è
l’unica cosa a cui non ho pensato.”
Il ragazzo
rise, ma si sentiva che non era una risata felice, piena di gioia. Era
piuttosto una risata carica di rassegnazione.
“Mamma
e papà
adesso saranno contenti… non combatterò
più per la verità di Gran
RoRo…”
Andrew lo
fissò. “Mamma e papà non si sono mai
augurati che tu fallissi per vederti
tornare a casa… volevano solo che tu non corressi dei
pericoli.”
Clarky
annuì.
“Lo so… ma alla fin fine avevate ragione. Siamo
solo dei ragazzi… non potevamo
vincere contro il mondo.”
Andrew lo
colpì
su una spalla. “Non dovresti abbatterti
così… se lo avessero fatto anche i
primi che hanno costruito un razzo, alle prime difficoltà,
non saremmo mai
arrivati sulla Luna.”
Clarky lo
guardò scuotendo la testa.
“Tu
non riesci
proprio a non pensare al tuo spazio, vero?”
Andrew
sorrise.
“Piacerebbe anche a te… devi solo vederlo da
un’altra prospettiva.”
Il Guerriero
Giallo alzò le spalle.
“Sarà…”
I due ragazzi
rimasero zitti per qualche minuto. Poi, Andrew abbracciò
Clarky cogliendolo di
sorpresa.
“Che
fai?”
Andrew
sorrise.
“Mi sei mancato, fratellino…”
Clarky sorrise
e lo guardò poco convinto. “E serviva
abbracciarmi?”
Andrew
ridacchiò. “Non mi è venuto in mente un
modo più intelligente per dirti che ti
sono vicino. Mi dispiace che non siate riusciti a far trionfare la
verità.”
Clarky
sospirò
abbracciando a sua volta il fratello. “Dispiace anche a
me… ma c’est la vie.”
Rimasero fermi
per lunghi istanti, poi Andrew si staccò sorridendo.
“Basta
abbracci… far durare troppo questi momenti sdolcinati
è controproducente.”
Clarky
sghignazzò
parlando con tono allusivo.
“Te
lo
ricorderò quando sarai con Kaoru…”
Il maggiore
sgranò gli occhi e colpì con uno scappellotto la
nuca di Clarky che sorrise
divertito.
“Ti
vieto di
impicciarti nella mia vita sentimentale, Clarky Ray.”
Il Guerriero
Giallo si posò sulle braccia e alzò la testa a
fissare il soffitto.
“Stavo
scherzando… sono contento che in tutta questa faccenda, ci
sia stata almeno una
cosa positiva. Intendo tu e Kaoru…”
Andrew
sorrise.
“Quanto siamo gentili, fratellino. Ma non essere
così pessimista…”
Clarky
annuì e
chiuse gli occhi. “È solo un momento…
fra poco passerà. Devo solo riabituarmi
alla vita di prima, senza battaglie…”
Andrew si
alzò
sistemandosi i pantaloni.
“Mi
cambio e
poi vieni ad aiutarmi a preparare la cena. Così facciamo una
sorpresa a mamma.”
Clarky si
lasciò cadere sul letto a braccia aperte. “Va
bene…”
Quando Andrew
uscì dalla sua stanza, Clarky rimase immobile a fissare il
soffitto. Si sentiva
così strano. In un anno quante cose erano successe, quante
volte la sua vita
era cambiata… prima Gran RoRo, poi il ritorno a casa, il
successo, il cambio di
vento e gli attacchi dei mass media e, infine, di nuovo a casa. Prima
che
riiniziasse la scuola, doveva mettere un po’
d’ordine nella sua vita, capire
quello che era rimasto del vecchio Clarky. Improvvisamente, il ragazzo
sorrise
e mise una mano in tasca tirandone fuori una carta, che
portò all’altezza del
suo viso.
“Cambiano
tante
cose, ma tu rimani sempre con me… vero, mia adorata Sophia?”
Per lunghi
istanti, Clarky fissò l’immagine sorridente
dell’angelo raffigurato sulla carta
di Battle Spirits, Grande
Angelia Sophia.
Era la sua amica, la sua migliore confidente… almeno
qualcosa del suo passato
era rimasto immutato.
Improvvisamente,
Clarky sentì provenire dalla cucina un rumore di pentole che
cadevano. Mentre
si metteva a sedere sul letto con un’espressione perplessa,
sentì la voce di
Andrew.
“Clarky…
non ti
sarai mica addormentato?”
Era
tecnicamente impossibile con tutto quel rumore. Il ragazzo rise e si
alzò,
tornando a sistemare la carta insieme alle altre del mazzo.
“Arrivo,
Andrew…
cerca di non distruggere la cucina nei secondi che mi servono per
arrivare.”
“Spiritosone!
Muoviti!”
Clarky
sospirò
sorridendo e raggiunse il fratello. Arrivato in cucina, vide Andrew che
stava
finendo di raccogliere le pentole cadute. Raggiuntolo, lo
aiutò a tirare su le
ultime.
“Sentiamo,
cosa
dovremmo preparare?”
Andrew
alzò le
spalle. “Non lo so… qualcosa che ti tiri su di
morale.”
Clarky
sorrise.
“Forse meglio qualcosa con cui non rischiamo di bruciare la
cucina… sai che
bella sorpresa per mamma.”
Senza altri
indugi, i due ragazzi si misero all’opera con pentole,
utensili ed ingredienti.
Usando il doppio degli oggetti che normalmente una persona usa, ma
giustamente
erano in due, e sporcando cucina e credenze come se avessero preparato
da
mangiare per un reggimento, Clarky e Andrew ci misero tutto il loro
impegno per
preparare qualcosa che fosse almeno mangiabile.
Dopo
un’oretta,
i due ragazzi si sedettero attorno al tavolo e si guardarono
soddisfatti (e
leggermente sporchi). Davanti a loro troneggiava, spartito in tre
piatti, il
risultato del loro impegno. Andrew sorrideva soddisfatto.
“Dai,
non è
andata così male…”
Clarky rise.
“No… la cucina non è
bruciata.”
Andrew lo
guardò di traverso. “Sempre a guardare il lato
negativo… e poi siamo anche riusciti
a finire in tempo, mamma presto sarà qui.”
Quel commento
fu seguito da un momento di silenzio, poi Andrew tornò a
voltarsi verso Clarky.
“Ti
senti
meglio?”
Clarky sorrise
e annuì. “Sì, grazie…
però, Andrew…”
Il maggiore
gli
fece cenno di continuare. “Si?”
Clarky
scoppiò
a ridere. “La prossima volta che mi devi tirare su di morale,
puliamo la casa…
penso che mamma apprezzerà molto di
più.”
Andrew lo
guardò senza capire e poi lanciò
un’occhiata alla cucina. Dopo pochi istanti,
tornò a voltarsi verso Clarky ridendo.
“Forse
hai
ragione… magari siamo ancora in tempo per sistemare un
po’…”
In quel
momento
si sentì il rumore della porta aprirsi e, subito dopo, la
voce della madre.
“Che
cos’è
questo odore? Andrew?”
Clarky
sorrise.
“Mi sa che è tardi…”
Andrew si
alzò
e lo obbligò ad alzarsi in fretta. “Vai a
salutarla… così magari non si
accorge…”
Clarky lo
guardò scuotendo la testa.
“Illuso…”
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Le ore
sembravano non passare mai da quando anche Clarky se ne era andato.
Aveva
lasciato l’appartamento quella mattina, appena si erano
svegliati. Ormai, i
Maestri della Luce non esistevano praticamente più.
Rimanevano solo Dan, Yuuki
e Mai. Il primo, quando uno dei suoi migliori amici era andato via,
aveva
cominciato a guardare le proprie carte.
Quell’attività lo aiutava a
concentrarsi e a pensare. Non riusciva a capire perché
Hideto, Kenzo e poi
Clarky avessero deciso di arrendersi. Certo, era una battaglia
difficile… ma
arrendendosi non sarebbero comunque arrivati da nessuna parte.
Dan
alzò lo
sguardo. Yuuki era fuori sul terrazzo e guardava la città,
immerso nei propri
pensieri. Chissà a che cosa stava pensando… forse
anche lui si sentiva in
colpa. Ogni volta che pensava a Gran RoRo, Dan si sentiva in colpa per
non
essere riuscito a far trionfare la verità. Forse anche Yuuki
si sentiva così…
neanche lui era riuscito a ristabilire l’onore di Kajitsu,
che tutti ancora
consideravano l’emblema dei pericoli di Gran RoRo. Dan
sospirò e si voltò verso
l’interno della casa. Nel corridoio si intravedeva la porta
della camera da
letto. Mai si era chiusa dentro da quando Clarky se ne era andato.
Probabilmente soffriva anche lei per tutte quelle separazioni.
Dan
tornò a
fissare le carte. Si stavano separando come era successo a Gran
RoRo… ma questo
non doveva farli arrendere. Anche lì, non si erano arresi e
alla fine erano
tornati tutti insieme. Sì, avrebbe fatto di tutto
perché anche gli altri
tornassero a combattere con loro.
Improvvisamente,
la porta della camera si aprì e, quando alzò lo
sguardo, Dan si vide davanti
Mai che posò a terra il borsone, continuando a tenere sul
braccio il computer.
Un’espressione confusa e interrogativa si dipinse sul volto
del Guerriero
Rosso.
Mai non
distolse lo sguardo da Dan. “Me ne vado.”
“Che
cosa?”
La voce
sorpresa, venata da una punta di delusione, di Dan fece perdere a Mai
tutta la
sicurezza che avrebbe voluto mostrare comunicando a Dan e Yuuki la sua
decisione. La ragazza abbassò lo sguardo fissando il
computer che aveva sul
braccio.
“Me
ne vado…”
La voce di Mai
fu poco più alta di un sussurro. In quel momento, anche
Yuuki rientrò e si
fermò sulla porta tra salotto e terrazza. Dan, invece, si
alzò guardando Mai
senza capire.
“Questo
lo
avevo capito, Mai. Ma… perché?”
Mai
alzò lo
sguardo, ma lo distolse quasi subito continuando a spostarlo da un
oggetto
all’altro della stanza. Non riusciva proprio ad incrociare
gli occhi di Yuuki e
soprattutto di Dan. Come poteva reggere il suo sguardo deluso Lo
sguardo di uno
che non si era mai arreso…
“Perché
sì,
punto. Ho deciso così e basta.”
Dan la
guardò
costernato. “Come ho deciso così e basta? E la
nostra battaglia? Cosa pensi che
direbbero gli altri? Da te non me lo sarei mai aspettato…
non pensi a tutti
i nostri amici, a
Serjou…”
Mai
alzò lo
sguardo su di lui e interruppe con rabbia le sue parole.
“Cosa
pensi che
non lo sappia da sola? Credi che sia una tale insensibile, Dan
Bashin?”
Dan non seppe
cosa rispondere. “Ecco io…”
Mai non lo
lasciò parlare, doveva dire quello che aveva in testa prima
che le lacrime, che
ormai le pungevano gli occhi, riuscissero ad uscire.
“Ci
penso
sempre invece! E proprio perché ci penso, mi sento
così male… mi vergogno anche
io per questa decisione, ma non posso fare altro, Dan. Io non ce la
faccio più.
Mi dispiace.”
Mai non gli
lasciò tempo di replicare e prese il borsone, dirigendosi a
passo spedito verso
la porta. Doveva uscire da lì, andarsene via prima di
scoppiare a piangere,
prima di non avere più il coraggio di farlo. Dan e Yuuki
rimasero immobili a
guardarla uscire. Poi, Dan si riscosse e corse verso la porta. Uscito
sul
pianerottolo, raggiunse Mai e la fermò per un braccio.
“Mai,
aspetta…”
La ragazza non
disse una parola e non si voltò. Dan riprese a parlare.
“Ti
chiedo
scusa, ecco… ho sbagliato a dirti quelle cose. Ti prego,
Mai. Continua a
combattere con noi, almeno tu. Io non penso che tu sia una persona
insensibile…”
Mai
voltò
leggermente la testa sorridendo tristemente, gli occhi lucidi delle
lacrime che
presto avrebbero rigato le sue guance.
“Lo
so, ma non
è colpa tua, Dan. È colpa mia. Mi
mancherai… spero che mi potrai
perdonare…”
Dan fece per
dire qualcosa, ma Mai scosse la testa. “Addio, Dan.”
La ragazza
sciolse il braccio dalla prese di Dan e si voltò iniziando a
correre giù per le
scale. Dan rimase immobile con il braccio alzato, finché i
capelli viola di Mai
scomparvero alla sua vista. Poi, abbassò il braccio
continuando a fissare il
punto in cui era scomparsa. Dopo qualche minuto, sentì una
mano posarsi sulla
sua spalla. Dan si voltò e vide Yuuki accanto a lui.
“Hanno
bisogno
di tempo.”
Dan
guardò
verso le scale. “Ma siamo i Maestri della Luce…
dobbiamo affrontare anche
questa battaglia insieme.”
Yuuki sorrise.
“Ognuno ha un modo diverso per affrontare una battaglia. Per
loro questo è il
modo migliore… noi dobbiamo rispettare questa
scelta.”
Dan rimase
muto
per qualche istante ripensando a Hideto, chissà dove nel
mondo, a Kenzo e
Clarky nelle loro case, a Mai che stava correndo via da lì.
Si avvicinò al
parapetto e guardò sulla strada dove, pochi secondi dopo,
apparve la figura di
Mai, inconfondibile con i suoi lunghi capelli viola che si muovevano
nell’aria
a causa della corsa. Poi un’espressione risoluta
attraversò il volto di Dan che
si voltò verso Yuuki con le mani strette a pugno. I suoi
occhi brillavano di
determinazione.
“Io
continuerò
a combattere. Anche per loro. Così, quando se la sentiranno,
potranno tornare.
Io non posso arrendermi... Gran RoRo e tutti i nostri amici contano su
di noi.”
Yuuki sorrise
con la stessa determinazione. “E io combatterò al
tuo fianco… se mi arrendessi,
non potrei onorare la memoria di Kajitsu.”
Dan sorrise e
tornò a voltarsi verso la strada.
“Sono
certo che
un giorno torneranno… e, a quel punto, riusciremo a far
trionfare la verità. Ma
noi dobbiamo continuare, non possiamo fermarci. Dobbiamo continuare la
battaglia
dei Maestri della Luce.”
Dan si
voltò
verso Yuuki sorridendo. “Grazie, amico mio.”
Yuuki
annuì e
si voltò a guardare la città. Dan lo
imitò. Erano rimasti solo in due, ma
avrebbero continuato… solo così gli altri
avrebbero avuto qualcosa a cui
tornare. Dan era più che mai determinato: era certo che
così, anche Mai,
Clarky, Hideto e Kenzo avrebbero ritrovato la determinazione. E,
allora, sarebbero
tornati ad essere i Maestri della Luce.
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Kaoru stava
finendo di mettere nella borsa gli ultimi libri. Allo stesso tempo,
stava
parlando al cellulare tenendolo vicino all’orecchio con la
spalla.
“Sì,
dai…
speriamo vada bene. In questo periodo ho fatto abbastanza fatica a
studiare…”
Kaoru rimase
alcuni secondi in ascolto e poi sospirò.
“Era
un
argomento difficile… comunque fra poco esco e vi raggiungo
all’università.
Allora a dopo. Ciao.”
Kaoru chiuse
la
chiamata sospirando. Non era colpa solo dell’argomento
difficile. Lei in quel
periodo non aveva proprio la testa. Da quando Mai aveva deciso di
andare via, la
situazione era diventata più difficile. I loro genitori
erano sempre in ansia e
lei non era da meno: si sarebbe sentita estremamente in colpa se fosse
successo
qualcosa alla sorellina. E adesso che erano riiniziati i periodi
d’esame…
La ragazza
inspirò profondamente e si mise la borsa in spalla. Ora,
però, doveva cercare
di concentrarsi, almeno per quelle poche ore che le servivano per dare
l’esame.
Dopotutto era solo una mattina. Dopo aver dato un’occhiata
alla casa, Kaoru si
avviò verso il corridoio d’entrata dove si mise le
scarpe.
Proprio in
quel
momento, Kaoru sentì rumore di passi davanti alla porta.
Alzato lo sguardo
incuriosita, la ragazza si chiese se potessero essere i suoi genitori
che si
erano dimenticati qualcosa. Sperava solo che non fosse qualche
piazzista: non
aveva proprio tempo da perdere.
Improvvisamente
la porta si aprì e Kaoru sgranò gli occhi dalla
sorpresa vedendosi davanti Mai.
“Mai…”
La maggiore
fece appena in tempo a pronunciare il nome che Mai lasciò
cadere a terra il
borsone e il computer e le gettò le braccia al collo
scoppiando a piangere.
Kaoru per alcuni istanti faticò a capire che cosa stesse
succedendo. Poi,
abbracciò a sua volta la sorella e si sedette insieme a lei
sul gradino del
corridoio.
Kaoru
lasciò scivolare la borsa dalla spalla per terra
e iniziò ad accarezzare i capelli di Mai, cullandola
dolcemente tra le braccia,
mentre il corpo di Mai continuava ad essere scosso dai singhiozzi. Per
lunghi minuti,
nessuna delle due parlò. Poi fu Kaoru a decidersi: doveva
sapere.
“Mai,
che cosa è successo?”
Per lunghi
istanti, Kaoru attese in ansia una
qualsiasi risposta di Mai. Non l’aveva mai vista in quello
stato, neanche una
volta da quando era bambina. La maggiore si morse un labbro: come
potevano
esistere delle persone che se la prendevano con un gruppo di ragazzi?
La voce
di Mai, rotta dal pianto, la riscosse dai propri pensieri.
“Non
ce la faccio più, Kaoru… non ce la faccio
più…”
La voce di Mai
morì nella sua gola, sopraffatta di
nuovo dalle lacrime e dai singhiozzi. Kaoru la abbracciò
ancora più stretta
senza sapere cosa fare. Solo di una cosa era certa: ora, Mai, aveva
bisogno di
lei. Dopo qualche istante, Kaoru inspirò profondamente e si
voltò sorridendo
dolcemente verso la sorella.
“Ti
preparò un bel tè, vuoi?”
Mai
annuì e le due ragazze si alzarono lentamente e si
avviarono verso il salotto dove Kaoru fece sedere Mai. Poi, la maggiore
tornò
nel corridoio d’entrata dove raccolse borsa, borsone e
computer e chiuse la
porta. Kaoru posò le borse vicino al divano e nel farlo
fissò Mai. La ragazza
aveva gli occhi rossi e le guance ancora bagnate di lacrime, il corpo
ancora
scosso dai singhiozzi, ma con il dorso di una mano stava cercando di
asciugarsi
le lacrime. Kaoru sorrise tristemente di fronte al tentativo di Mai di
reagire
e andò verso la cucina.
“Faccio
il tuo tè preferito, ti va?”
Mai
annuì lentamente. Kaoru entrò nella cucina e mise
l’acqua a bollire. In quel momento il suo sguardo
andò verso l’orologio. Lo
fissò per lunghi istanti e poi prese il cellulare su cui
velocemente scrisse
poche righe, inviandolo alla compagna di corso con cui aveva parlato
prima.
Non riesco a
venire, darò l’esame un’altra volta.
Buona fortuna.
Quella
decisione le avrebbe incasinato abbastanza i
mesi successivi, ma non aveva importanza: ora doveva pensare a Mai.
Quando
l’acqua iniziò a bollire, Kaoru versò
il
liquido caldo nelle tazze e vi immerse le bustine. Poi le prese in mano
e tornò
nel salotto. Mai era ancora seduta sul divano, aveva sollevato le gambe
e le
teneva strette con le braccia, il volto era posato alle ginocchia.
Kaoru si
fermò per qualche istante ad osservarla, senza che Mai desse
il più piccolo
segnale di essersi accorta di lei. I lunghi capelli viola che le
arrivavano
quasi a metà della schiena erano leggermente arruffati e
cadevano ai lati del
viso. Gli occhi ametista fissavano il vuoto davanti a lei. Kaoru non
l’aveva veramente
mai vista così. Facendosi forza, la ragazza si sedette
accanto a lei e le posò
la tazza sul tavolino davanti a lei.
“Attenta,
è bollente.”
Mai
annuì e la sua voce uscì in un sussurro.
“Grazie…”
Kaoru, a quel
punto, passò un braccio attorno alle
spalle di Mai e la attirò delicatamente a sé.
“Te
la senti di parlarne? Sfogarti potrebbe farti
bene, ma se non te la senti io sono comunque qua. Prenditi tutto il
tempo che
ti serve.”
Mai
abbozzò un sorriso e prese la tazza che avvicinò
alle labbra. Dopo aver soffiato un paio di volte, bevve alcuni sorsi.
“Stavi
uscendo?”
Kaoru venne
colta di sorpresa da quella domanda e per
un istante nella mente le balenò la parola esame.
La ragazza, però, la scacciò rapidamente e
sorrise.
“Sì,
ma non era niente di importante. Dovevo solo
incontrarmi con un’amica.”
Mai
abbassò lo sguardo. “Mi
dispiace…”
Kaoru sorrise,
sorprendendosi per la propria faccia
tosta. “E di cosa? Non preoccuparti, le ho già
detto che possiamo vederci un
altro giorno.”
Le due ragazze
ripresero a bere il tè, mentre il
silenzio tornava ad avvolgere la stanza, silenzio rotto solo dal
ticchettio delle
lancette dell’orologio e dal rumore del traffico che si
sentiva fuori dalle
finestre aperte. Alla fine, Mai posò la tazza e prese un
respiro.
“Li
ho abbandonati, Kaoru. Mi vergogno così
tanto…”
Kaoru sorrise
comprensiva. “Mai, tu non ti devi
vergognare. In tutti questi mesi hai fatto del tuo meglio, impegnandoti
al
massimo. Ad un certo punto, arriva il momento in cui uno non
c’è la fa più. È
naturale.”
Mai
sospirò. “Ma eravamo compagni di squadra, eravamo
amici. E gli io ho voltato le spalle anche io.”
Kaoru le
posò le mani sulle spalle e la fece voltare.
“Se sono davvero tuoi amici, Mai, ti capiranno.”
Mai
abbassò lo sguardo velato di tristezza.
“Mi
ero promessa che non mi sarei arresa, che avrei
combattuto fino a quando la verità di Gran RoRo sarebbe
trionfata…”
Mai
abbozzò un sorriso rassegnato.
“Poi,
però, ho cominciato ad avere paura, Kaoru. Non
riuscivo più ad essere me stessa, mi sentivo in trappola e
senza vie d’uscita.
Continuavo perché ero convinta che non ci potesse essere
un’altra scelta, ma
non riuscivo più ad essere determinata…”
Mai si morse
un labbro per non piangere. Kaoru sorrise
e tornò ad abbracciarla. Mai sospirò e si godette
per qualche istante la
sensazione di protezione che provava, sensazione che ormai non aveva
più
provato da tanti mesi.
“La
cosa più brutta è stata rendersi conto che voi
avevate
tutti quanti ragione… era una battaglia troppo grande per
noi… forse, se ci
fossimo fermati prima, Hideto non se ne sarebbe andato
e nessuno di noi avrebbe dovuto passare tutto
quello che abbiamo passato in questi mesi…”
Kaoru
sospirò. “No, Mai. Ti sbagli. Certo, noi avevamo
ragione quando vi dicevamo che era una battaglia troppo grande, ma voi
avevate
più ragione di noi. Avete fatto la cosa giusta a combattere
per ciò in cui
credevate. Nonostante tutto.”
Mai sorrise
tristemente. “Nonostante il fatto che
abbiamo fallito?”
Kaoru scosse
la testa. “Forse, per il momento… ma
vedrai che un giorno riuscirete a far trionfare la verità.
Penso che per tutti fosse
ancora troppo presto per accettarlo.”
Mai non
rispose. Per qualche altro minuto rimase
abbracciata alla sorella, poi si alzò e si voltò
verso Kaoru.
“Sai,
dopo l’avventura a Gran RoRo ero ormai convinta
di conoscermi. Di sapere quello che volevo, quali erano i miei
limiti… questi
mesi sulla Terra, invece, sono riusciti a cancellare tutto. Non so
più quale
sia io veramente, non so più che cosa voglio… mi
sembra di aver perso tutti i
punti di riferimento.”
Kaoru sorrise
e si alzò, stringendola ancora una volta
tra le braccia. Mai era sempre stata una ragazza indipendente, molto
più matura
della sua età, determinata in ogni sua scelta… ma
in realtà era ancora una
ragazzina e insieme ai suoi amici aveva dovuto affrontare una sfida
troppo
grande per loro.
“Allora
è da qui che devi ripartire, Mai. Devi cercare
di ritrovare un equilibrio che ti permetta di capire veramente chi sei,
quello
che vuoi fare, come vuoi comportarti con gli altri. Sono certa che
è la stessa
cosa che faranno tutti i tuoi amici. E vedrai che quando sarete
più grandi
riuscirete a vincere.”
Mai
annuì e si separò dalla sorella. “Vado
a sistemare
le mie cose in camera…”
Kaoru non la
fermò e Mai prese borsa e computer,
dirigendosi verso la propria camera. Una volta lì,
iniziò a svuotare lentamente
il borsone. Ad un certo punto, si fermò e si
voltò verso la scrivania dove
aveva posato il computer. Lo fissò per lunghi istanti,
immobile.
All’improvviso,
si diresse verso la scrivania e si
sedette accendendo il computer. Aveva deciso: era arrivato il momento
di dire
addio a Mai Viole e di ritrovare sé stessa, ritrovare Mai
Shinomiya. E per
farlo, doveva cambiare. Senza altra esitazione, prima che potesse
cambiare in
qualche modo idea, iniziò la procedura per chiudere il suo
blog, Parole Violette. Doveva
allentare i
legami con il passato: ora doveva pensare al suo presente, solo poi
avrebbe
potuto tornare ad occuparsi del passato. E, solo allora, forse, sarebbe
stata
pronta per capire che cosa provasse veramente per Dan. Sì,
era arrivato il
momento di capire chi fosse veramente Mai Shinomiya.
…
TO BE CONTINUED …
Salve
a tutti! ^-^ Eccomi di nuovo tornata con un nuovo capitolo, capitolo
che
conclude la Seconda Parte del Prequel… e come annunciato
anche Mai, Clarky e
Kenzo hanno mollato la spugna. Spero di non avervi fatto troppo
piangere o
essere troppo tristi… ^-^ Ma un altro episodio è
concluso, non siete contenti?
Vabbè che se avessero trasmesso Battle Spirits con questa
velocità… XD
Ma
passiamo alla parte più importante: i ringraziamenti che
come sempre vanno a
tutti coloro che hanno letto (emozionandosi e divertendosi, spero)
questo
episodio. E in particolare a chi ha seguito e recensito facendomi
sentire tutto
il supporto per continuare a scrivere:
chicca12lovestory,
LacusClyne,
martinacaboni,
Osaki Kitsune,
Reb e Ju
e
ShawnSpenstar
Le
difficoltà però non sono ancora finite per i
nostri Maestri della Luce. Ad affrontarle,
nel prossimo episodio saranno Dan e Yuuki (che saranno anche i
protagonisti
della parte iniziale dell’episodio… e
sì, Mai e gli altri non si vedranno per
un po’)… e saprete già come
andrà a finire la battaglia dei nostri due
Guerrieri. Poi, mentre Dan si riprendere dalle ferite, vedremo come
Kenzo,
Hideto, Clarky e Mai sono andati nel futuro. A questo punto saremo
arrivati
finalmente a Brave… e con la conclusione del Prequel,
inizierà la vera
avventura.
Augurandomi
che continuerete a seguirci in questa avventura, vi do appuntamento al
prossimo
episodio.
Varco Apriti, Energia!
Alla
prossima, Hikari