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Autore: Lauretta Koizumi Reid    22/03/2014    7 recensioni
Giocano nel Prato. La bimba con i capelli scuri e gli occhi azzurri sta ballando. Il maschietto con i riccioli biondi e gli occhi grigi si sforza di starle dietro sulle gambe paffute che muovono i primi passi. Sono adorabili. Sono innocenti e divertenti. Ma non sono miei.
La loro mamma, una donna alta e paffuta, arriva prontamente e li prende per mano, lei a destra, lui a sinistra. E per la prima volta, da anni, vedo un’immagine che ho sempre oscurato e soffocato.
Ma ora lo so: voglio essere io quella donna.
Il viaggio di Katniss alla scoperta dell’avventura che ha sempre negato: la maternità.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Mamma?
Distolgo lo sguardo dallo specchio del bagno e vedo mia figlia che mi tira la manica della giacca nera.
- Guarda, ho fatto la treccia tutta da sola. Ti piace?
Si gira, e mi mostra orgogliosa una treccia storta, con numerosi ciuffi sfuggiti alla presa delle sue manine, e miseramente corta, dato che la lunghezza dei suoi capelli, lisci e scuri, sfiora appena la spalla.
- E’ molto carina, tesoro.
Lei si gira e mi sorride. Tanto lo so che non resisterà a lungo, quella treccia. E’ parecchio scatenata all’asilo, e tra giochi e altro, scommetto che se ne vorrà liberare presto.  A differenza mia, che la porto per comodità, lei preferisce i capelli sciolti. Ma suppongo che sia un modo per attirare la mia attenzione, dato che in questi ultimi due giorni non le ho dedicato tanto tempo.
- Dobbiamo andare, è tardi! Prendi la cartellina, veloce!
Lei corre per il corridoio e ritorna subito, usciamo tenendoci per mano. Arriviamo all’asilo in pochi minuti di cammino. Mi inginocchio alla sua altezza e cerco di sistemare alla bell’e meglio i capelli scombinati.
Lei punta il dito contro la mia pancia.
- Oggi quanto è grande?
- Oggi è grande così! - le rispondo io approssimando una lunghezza con le dita.
- Ma è  ancora piccolo!
- Piano piano crescerà.
- E quando nasce?
- Ci vuole ancora tanto tempo - le sorrido io.
Vedo che ragiona sulle cose che le ho detto per un po’. I suoi bellissimi occhi azzurri si perdono un momento nel vuoto, proprio come quelli del padre quando è concentrato. La prima volta che ho visto queste sferette celesti che mi guardavano con curiosità, aveva circa tre mesi. Vedevo che pian piano il colore verdastro indefinito della sua nascita stava cambiando, ma solo un pomeriggio, mentre si svegliava dalla nanna pomeridiana, mi puntò addosso lo stesso sguardo di Peeta. La scommessa l’aveva vinta lui, e io non ero poi così delusa di aver perso.
- Tieni, non mi va più.
Mi passa l’elastico con cui ha legato i capelli. Come volevasi dimostrare, non ha resistito neanche un po’. Si cerca di pettinare con le dita, e io le scompiglio la chioma scura.
- Dai, smettila! Smettila, mamma! - ride come una matta, e rido anche io.
Prima di salutarmi, ha ancora qualcosa da dirmi.
- Perché oggi tu e papà siete vestiti tutti di nero? E’ triste!
 
Sulle prime non so cosa risponderle. Quello bravo in queste cose è Peeta, non io.
- Perché.... perchè lo zio Haymitch parte per un lungo viaggio, e quando le persone partono per dei lunghi viaggi è tradizione vestirsi così per andarlo a salutare.
- Zio Haymitch parte? E dove va?
- Non lo sappiamo neanche noi. E’ un segreto! - rispondo, cercando di sorridere.
- E non torna più?
- No.
Vedo i suoi occhi riempirsi di lacrime. La maestra, dal fondo del cortile dove sta radunando i bambini per farli entrare in classe, capisce al volo. Le basta guardare lei che singhiozza, me vestita di nero. E poi l’argomento lo sa. Lo sanno tutti, qui al Distretto 12. Mia figlia piange per circa un minuto, poi smette.
- Perché non posso venire a salutarlo anche io?
- Perché è una cosa solo per grandi - le rispondo con fermezza, e lei sa che non deve insistere molto. Il genitore che si arrende ai capricci è Peeta, non io.
- Perché zio non mi ha salutato l’ultima volta che siamo andati a casa sua?
- Perché Haymitch ti vuole così tanto bene che se ti viene a salutare di persona, si commuove troppo e non parte più. Ma lui vuole partire. Vuoi che per colpa tua non parta? Guarda che poi sta male. E mi ha detto di dirti che sei la sua bambina preferita e che ti vuole tanto bene.
- Anche io. Glielo dici mamma? Eh? Glielo dici? - chiede con voce lamentosa.
- Certo. Ora però devo andare. Passa una bella giornata, va bene? E non sudare troppo, o ti ammali.
Mi stampa un bacetto salivoso sulla guancia,  fa per andarsene, poi si rigira.
- Zio Haymitch va in cielo? L’altro giorno è andata in cielo la nonna di Mia.
-Non lo so. Glielo chiedo e poi te lo dico oggi pomeriggio, va bene? - rispondo, mentre cerco disperatamente di parlare con voce salda. Mi si forma un nodo gigante in gola.
Lei risponde un va bene a squarciagola, e poi entra in classe imbarazzata per aver fatto tardi.
La mia meravigliosa bambina.
 
Arrivo al cimitero trafelata. Ho fatto tardi, e si vede che molta gente mi stava aspettando. Ci sono la stragrande maggioranza degli abitanti del Distretto 12, e anche qualcuno dei distretti limitrofi. Tutti qui per dare l’addio a Haymitch Abernarthy. Peeta, in prima fila, mi stringe la mano.
 Il suo corpo, vecchio e aggrinzito, ma ben abbigliato, è lì. Il mio mentore non poteva essere più chiaro sulle modalità di sepoltura. Datemi fuoco, disse. Non voglio che il mio corpo marcisca lì sotto. Sono già troppo marcio di mio. Riducetemi in cenere, pura e semplice.
Le fiamme lambiscono il suo corpo pian piano, e invece di disperarmi, sento che la morsa che attanaglia il mio stomaco si fa più leggera. Eppur non voglio che questo dolore mi abbandoni così presto. Lo voglio tenere ancora un po’ con me.
Haymitch. Morto da solo, sul suo sfondato divano, qualche ora dopo avergli fatto visita con la piccola, che, dall’alto dei suoi quattro anni, ci giocava senza far caso al suo aspetto poco rassicurante. Zio Haymitch di qua, zio Haymitch di là. L’espressione sofferente del mio mentore passava ogni volta che riusciva a farla ridere, o giocava con lei, o rideva alle barzellette da cartoni animati.
L’hanno trovato così le sue donne delle pulizie, apparentemente addormentato, solo più giallo e raggrinzito del solito. Ma senza bottiglie in mano. Soltanto abbandonato alla volontà del suo fegato ridotto a un frittata sciolta, dei suoi reni affaticati, dei suoi organi stanchi.
- Resta vivo - gli dicevo negli ultimi tempi, scimmiottando la sua frase famosa. Ma lui era già rassegnato. E aveva vissuto. Penso a quella volta che mi disse che il suo scherzetto nell’arena costò la vita alla sua ragazza, a sua madre e a suo fratello. Chissà se aveva riprovato a ricominciare daccapo, a cercare una moglie, a ricostruirsi una famiglia, oppure, senza speranze, l’alcool è diventato il suo unico compagno. Poi siamo arrivati io e Peeta. Lui ha salvato noi da un’arena di morte, ha aiutato una rivoluzione nazionale,  ha estratto due persone che non volevano più avere a che fare con niente e nessuno e le ha riportate a casa.  Ciò che non è riuscito a fare per se stesso, l’ha fatto comunque. Perché noi eravamo diventati la sua famiglia.
Per questo lo sguardo con cui mi ha detto addio l’ultima volta era così sereno.
E ora sono serena anche io. Mi siedo sulla sedia nel Prato mentre le ultime fiamme consumano il corpo malato di Haymitch e lo trasformano in aria di libertà.
-Stai bene? - mi domanda Peeta.
- Si, bene.
- Non credi che tutto questo fumo possa...
- No, non credo. Tranquillo, è quasi finita.
Lui guarda con aria intenerita la pancia, che per adesso non c’è. Ma ci sarà. E scommetto che crescerà con più pace di quella precedente. Non so di quanto. Forse poco.
La cerimonia finisce. Io e Peeta torniamo a casa. La panetteria oggi è chiusa per lutto, non abbiamo altro da fare. Ma decido di portare Peeta in un posto. Camminiamo e camminiamo fino a che la superficie splendente del Lago non si palesa.
- E’ qui che venivi con tuo padre? - chiede Peeta, a corto di fiato.
- Si - dico io, appoggiandomi a un albero.
- E’ un bel posto. Bello davvero.
- Ci porterò la bambina, qualche volta. - rispondo.
Peeta mi osserva con sguardo strano, come se pensasse che questo luogo sacro non dovrebbe essere violato da nessuno tranne me. Ma se oggi ho imparato qualcosa, dal pianto di mia figlia che è durato così poco, alla serenità di Haymitch, al fatto che in questo momento galoppa un altro bambino dentro di me, è che non c’è nulla che possiamo tenere legato per sempre. Tutto muta e tutto può trasformarsi, se si vuole.
- Se sarà maschio, lo chiameremo come tuo padre? Come Haymitch? O come mio padre? - domanda Peeta con un sorriso.
- Secondo me è un’altra femmina. - sentenzio.
- Credimi, invece non sarà così!
- Sarà così, perché hai già vinto la scommessa sugli occhi di nostra figlia - rido.
- Facciamo così, vediamo quando nasce che faccia ha, e sapremo che nome dargli.
-Ti ho già detto che non sarà un maschio! - insisto io,  dandogli uno spintone affettuoso che lui non può ricambiare.
Peeta e io facciamo a gara a tirare in sassi sull’acqua, poi ci lasciamo alle spalle il Lago, tenendoci saldamente per mano.
Come abbiamo sempre fatto.
 






E’  finita!! E’ finita!! Campioni del mondo!! (cit.) No, scherzo. A dire il vero mi dispiace sia conclusa, ma la trovo perfetta così. Sono a posto con la mia coscienza! Spero solo che il finale sia stato bello e vi sia piaciuta, personalmente trovo la morte di Haymitch triste ma necessaria. Un cerchio che si chiude. Vita e morte. Mi piace troppo! :’)
Ringrazio moltissimo le 50 (50!!!) persone che hanno seguito questa storia. Personalmente non mi aspetto 50 recensioni, so che ci sono molti lettori che preferirebbero rimanere silenziosi e lo capisco. Ma allora mi permetterei  di ringraziare tutti coloro che hanno speso due parole per questa storia.
Tutti voi!! Tutti quanti!! Everybody!!
E, in particolare, Tonks87, Invierno90, Valeriaspanu, Mockingjay_00, Meras9100, e last but not least, Brittanaislove, dato che i suoi complimenti esagerati mi riempiono di feels. *-*
Come una Pringles tira l’altra, ho già l’idea per un’altra storia, completamente diversa. Farò un giro tra le fan fiction  per assicurarmi che nessuno l’ abbia già fatta.
Sventolo la mano per salutavi tutti! A light in the Darkness finisce qui!! 
  
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