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Autore: 341 KC    23/03/2014    2 recensioni
Questa storia racconta di Tom&Bill e di tutti i personaggi che ruotano intorno alle loro vite.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Bill Kaulitz, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate
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°~Nono capitolo~°
 
Tre anni sono passati da quel maledetto giorno in cui Bill venne portato via contro la sua volontà da casa Kaulitz. Ora Bill ha 18 anni e finalmente gli è stato concesso di uscire da quell’istituto in cui né Simone e né Gordon sono stati in grado di tirarlo fuori. Tre anni che non ha contatti con Tom. Già, Tom… dopo quello che è successo molto è cambiato in lui. Ha tenuto duro un anno e mezzo e poi si è rassegnato a vivere la sua vita senza il ragazzo che amava. In tre anni non gli hanno mai permesso di telefonargli, di lettere gliene ha scritte, ma a quale indirizzo inviarle? Nessuno è mai stato in grado di dirgli qualcosa di certo.
 
L’aria fresca della appena ritrovata libertà accarezzava dolcemente il delicato viso di Bill. Non era uscito da neanche 5 minuti che si guardava ancora indietro, guardava la prigione in cui era stato segregato, in cui il suo sogno d’amore era stato soppresso. Dopo tre anni gli era stato finalmente comunicato in quale parte del mondo si trovava. Amburgo. Doveva assolutamente tornare a Berlino, lì era rimasto quel poco di cuore che ancora aveva. Ma come? Non ci voleva pensare, non per ora. L’istituto gli aveva dato 20 euro e tanti saluti. Nessuna spiegazione del perché, niente di niente.
Durante quegli anni Bill aveva pensato tante volte ad Adele, pensando che si dovesse sentire molto soddisfatta di quel che aveva fatto. Alla fine aveva vinto lei, alla fine l’odio aveva vinto sull’amore. Ma Bill, a differenza di Tom, la speranza non l’aveva mai persa. Pensava a lui costantemente, andando indietro con la mente ai pomeriggi passati insieme, alle notti in cui avevano dormito abbracciati, ai baci che si erano scambiati. Quei ricordi erano probabilmente l’unica cosa che non lo fece impazzire. Resisteva per se stesso e principalmente per Tom. Doveva essere forte per lui. Troppe volte era stato lui a proteggerlo dal mondo esterno, ora doveva dimostrargli di potercela fare.
Si accese una sigaretta e ispirò lentamente. Ancora qualche istante, poi si sarebbe messo in viaggio – si disse.
 
A casa di Simone niente fu più come prima. Quell’aurea di perfezione che si era creata si era disintegrata quel giorno d’estate. Il matrimonio con Gordon durava ancora, ma la malinconia era padrona di entrambi. Andreas era scappato in America , disse che doveva mettersi in pari con lo studio dopo la pausa che si era preso e che l’università lo avrebbe aiutato a superare il dolore, ma nessuno gli credette. Specialmente Tom pensava che aveva preso una brutta strada, ma non se la sentiva di andare da lui a riprenderlo, a salvarlo. Prima, aveva bisogno di essere salvato lui stesso. Ma da chi? Da Fred? In un anno e mezzo di relazione non era riuscito a strappargli un sorriso vero. In realtà non sapeva neanche perché aveva accettato di diventare il suo ragazzo. Magari pensava di poter riempire il vuoto, ma non sapeva ancora quanto sbagliava. Ma nonostante sentisse questa grande tristezza dentro al petto non si aspettava più niente. Ora aveva 16 anni. Era nel pieno della sua adolescenza e si sentiva perso. Fred ci provava veramente a tirarlo su di morale, ma anche lui aveva capito che non era sostenibile quella situazione. Tom non era più il ragazzino dolce di cui si era innamorato, o almeno, non lo era all’apparenza.
 
“Hei.”
“Ciao Corinna.”
“Come stai? Ti vedo più malinconico del solito.”
“Nah, è che ho dormito poco. Ho un peso sullo stomaco da un paio di giorni.”
 
Anche Corinna era cambiata. Da quando Andreas era partito tutto il suo mondo era crollato. Tutti attorno a lei si chiesero che fine aveva fatto quella ragazza con sempre il sorriso sulla faccia e i riccioli color rame. La verità è che Corinna attraversò un periodo di profondo cambiamento. Iniziò con tingersi i capelli, poi si fece qualche piercing, iniziò a fumare e smise di andare a scuola. I suoi genitori non sapevano che fare con lei, non riuscivano più a riconoscerla e così si dimenticarono piano piano di lei. Per qualche mese  se ne andò e visse per la strada. In città giravano voci che dicevano che avesse iniziato a prostituirsi per procurarsi la droga. Tutta bugie – fu quello che pensò Tom. E aveva ragione. Quando tornò le cose iniziarono ad andare un po’ meglio. Tornò a scuola e riallacciò amicizia con Tom. Erano come migliori amici. Ognuno sapeva quello che l’altro aveva passato e non serviva porre domande ma solo uno sguardo per capirsi.
 
“Ma a te manca ancora Bill?”  il rasta non rispose, sapeva che la ragazza sapeva la risposta. “Lo immaginavo.  A me manca ancora Andreas. Volevo andare da lui, in America, ma mi manca la grana, no? Ti giuro che appena la trovo parto e te lo riporto.”
“Sarebbe bello riaverlo a casa, almeno lui…”
 
“Scusi, mi può dire quanto costa il biglietto per Berlino?”
“80 euro.”
Cavolo – pensò. “Ok, grazie.” e si allontanò con la testa bassa. Dove li trovo i soldi per il biglietto?
 
“Ciao Tom!”
“Ciao mamma. C’è anche Corinna, va bene se si ferma a dormire?”
“Certo.” rispose Simone sorridendo.
“Vieni, andiamo su. Devo dirti una cosa.”
Si sederono sul letto e il ragazzo prese una busta che teneva nel doppio fondo di un cassetto. Senza troppi convenevoli la diede in mano a Corinna, che era confusa a dir poco.
“Cos’è questa roba?”
“Il biglietto per l’America.”
“Eh?”
“Sono soldi, li tengo da parte da quando ho 12 anni. Dovrei avere circa 1000 euro ormai. Ti dovrebbero bastare per arrivare.”
“Ma Tom, non posso accettare accidenti, sono soldi tuoi. E se ti servissero?”
“Non dire cazzate, sono tre anni che non mi muovo da casa se non per andare a scuola. Voglio che tu li prenda e vada a recuperare Andreas. Il volo te l’ho già prenotato. Parti domani alle 13 da Amburgo.”
“Ma è appena ricominciata la scuola…”
“Corinna, non recitare con me la parte della studentessa diligente. So che vuoi andare, me ne hai parlato proprio ieri.”
“Hai ragione. Grazie Tom.”
 
Uno zainetto era anche troppo grande per le poche cose che Corinna aveva da portarsi. Un paio di jeans e una maglietta, di più non aveva. Da quando i genitori l’avevano dimenticata viveva un po’ come un senzatetto, ma la maggior parte del tempo stava da Tom. Simone le aveva comprato dei vestiti, ma aveva preferito non portarseli. Voleva farcela.
Arrivata ad Amburgo scese dal treno. Aveva ancora un’ora e mezza prima del decollo, decise così di andare a prendersi un caffè al bar della stazione. Appena entrata le si aprì il cuore, riconoscendo un viso familiare.
“BILL!” gridò così forte che tutti si girarono.
Spaurito si girò anche il moro, ma non riconobbe la ragazza che aveva urlato il suo nome. La vide venire verso di lui e non sapeva cosa fare.
“Bill! Non mi riconosci?! Sono Corinna.”
“Corinna… sei così diversa. Che fine ha fatto il rosso dei tuoi capelli?”
“Dovevo cambiare. Staccarmi. Ma tu  come mai sei qui? Sono anni che tutti cercano di trovarti!”
“Mi hanno fatto uscire qualche giorno fa dall’istituto. Volevo tornare a Berlino (da Tom avrebbe voluto dire), ma non ho abbastanza soldi.”
“Te li do io.”
“Non ti preoccupare Corinna, non devi…”
“Sì che mi preoccupo, ma sai come sta Tom?”
“Non mi hanno mai permesso di mettermi in contatto con lui. Mai…”
E le lacrime iniziarono a scendere copiose su quelle guance candide.
“Non piangere Bill. Ora puoi tornare da lui. Io fra poco parto per l’America. Vado a recuperare Andreas.” disse la ragazza con una luce di speranza che le illuminava gli occhi.
 
I due ragazzi si abbracciarono e si salutarono. Corinna partì per l’America, mentre Bill tornò in stazione a prendere l’agognato biglietto. Non ci poteva credere, avrebbe rivisto Tom. Dopo tre anni. La gioia lo invase e non poteva smettere di sorridere.
 
20.45
Dling dlong!
Tom era sdraiato sul divano. A casa non c’era nessuno. Sia Simone che Gordon erano al lavoro e ora che Corinna era partita era davvero solo. Così, quando sentì suonare il campanello si spaventò un po’. Chi poteva essere? Per un attimo ebbe il timore che l’amica avesse deciso di tornare. Fece suonare il campanello ancora un paio di volte poi si decise ad alzarsi per andare ad aprire.
La persona che si ritrovò davanti gli gelò il sangue nelle vene, per poi farlo bollire.
“Bill…”
“Sì…”
“Ma, come? Come hai fatto?”
I ragazzi si sederono in salotto e il moro raccontò dell’incontro avuto con Corinna ad Amburgo.
Tom sentiva contrastanti sentimenti dentro al petto, da una parte era felice di rivedere Bill, dall’altra non avrebbe mai voluto aprire quella porta. E Bill se ne accorse. Sentì la freddezza con cui gli parlava, con cui interagiva con lui. Nella sua testa si era fatto un’immagine completamente diversa del suo ritorno a casa. Si era immaginato Tom che gli correva incontro, al rallentatore, con le lacrime agli occhi. E i baci, specialmente quelli si era immaginato. E invece erano distanti, non solo fisicamente, ma anche spazialmente.
Tom non ce la fece più. “Perché sei tornato?”
“Come perché? Che domande mi fai Tomi?”
“Non chiamarmi Tomi…”
“Cosa ti succede?”
“E hai il coraggio di chiedermelo?”
Bill era interdetto, spaventato e triste allo stesso tempo. Come poteva il suo ragazzo, o quello che riteneva tale, rivolgersi al lui in quella maniera?
“Te ne sei andato e mi hai lasciato qui da solo.”
“Mi sa che ricordi male, mi hanno trascinato via da te se ben ricordi.”
“Potevi far sentire. Scrivermi, io l’ho fatto ma non avevo un cazzo di indirizzo a cui mandare tutte quelle lettere.”
“Ma non sapevo dove ero. L’ho scoperto solo quando mi hanno fatto uscire.” Un attimo di silenzio. Bill vedere la delusione negli occhi del rasta. “Tom, noi ci amiamo, ti ricordi? Io dipendo da te e tu da me.” Tom sembrava colpito da quelle parole. Certo che se lo ricordava. Bill gli prese la mano, e avvicinò lentamente il suo viso la suo, ma Tom lo allontanò. “No, Bill, no… Io sto con una persona ora.”
Tutto si sarebbe aspettato, ma non quello. Non quella notizia. Abbassò lo sguardo, ferito. “Chi è?” “Fred.” Tom sapeva che sarebbe stata dura per lui accettare che stava con il ragazzo che lo aveva fatto soffrire, che lo aveva spaventato e aveva cercato di dividerli.
“Va bene.” Ma la verità è che niente andava bene. Le lacrime iniziarono a scendere da quei dolci occhi color nocciola, ma le asciugò con un movimento brusco della mano. Si alzò dal divano e uscì come era arrivato. Tom gli urlò di tornare indietro, ma non funzionò. Quel gesto gli fece male al cuore e si pentì di essere stato tanto freddo con lui. Bill non aveva colpa di quello che era successo.
 
Il moro corse al parco, in quello stesso parco in cui aveva chiesto a Tom di diventare il suo ragazzo e pianse tutte le lacrime che aveva. Si era avverato il suo peggior incubo. Fu ancora più doloroso di quando fu portato via. Quel giorno Tom lo aveva lasciato con amore, adesso lo aveva ricevuto con distacco e niente poteva ferirlo di più di essere ignorato dalla persona che amava. 
  
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