2.
Si favoleggiava che l'Enterprise potesse raggiungere curvatura
9,99. Era certa che si trattasse di una delle solite menzogne
della Federazione, ma doveva esserci qualcosa di vero poiché il
capitano Picard l'aveva chiamata poco più di un giorno e mezzo
dopo che lei aveva dato ordine di lanciare quel siluro modificato
mentre la Jaj'lw vibrava paurosamente a curvatura 9,7 per dare il
massimo slancio all'ordigno inerte.
L'addetto al teletrasporto le disse di aver agganciato l'Enterprise
e di essere pronto ad attivare. Prima di mandare l'androide sulla
nave aliena a lavorare con Mog'var, voleva vederlo. K'tann le aveva
raccontato le gesta dell'ufficiale federale durante il loro recente
scontro con i pirati.
Quando il bagliore del teletrasporto si fu spento, Brell ebbe davanti
a sé il famoso comandante Data. Finalmente, si disse cercando di non
lasciar trasparire emozioni. Alto, massiccio, la pelle cerea e gli
occhi quasi bianchi. Era l'umano meno... umano che le fosse mai
capitato di vedere.
- Chiedo il permesso di salire a bordo.
L'androide la stupì parlando perfettamente il giusto dialetto klingon,
ma lei si riprese subito. Meglio così: avrebbe parlato più volentieri
con quella creatura artificiale.
- Avanti, comandante Data – lo esortò.
Lo vide guardare con freddezza le due guardie armate fino ai denti,
come se avesse semplicemente constatato la loro presenza. Poi, sollevata
da terra una valigia standard della Federazione, Data scese dalla pedana
del teletrasporto.
- Il comandante Brell, suppongo. Mi aspettavo di essere trasportato
direttamente sulla nave aliena. È un piacere incontrarla in queste
circostanze che definirei...
- Comandante Data! - lo interruppe bruscamente Brell, pensando annoiata
ai danni che avevano fatto gli umani programmando quell'androide. Lo
avevano istruito a parlare a vuoto proprio come facevano loro.
L'androide si zittì e con uno scatto della testa si volse verso la giovane
comandante klingon, dedicandole tutta la sua attenzione.
- Cosa sta portando a bordo della mia nave? - disse puntando il dito contro
la valigia che Data teneva disinvoltamente per la maniglia.
- Una unità di elaborazione e moduli di memoria isolineare – rispose l'androide
senza esitare. Aprì la bocca per fornire maggiori dettagli ma Brell fu più
rapida di lui.
- Lavorerà con il mio ufficiale Mog'var e si dovrà attenere alle sue
indicazioni.
Data cercò di approfittare della pausa che seguì l'ultima parola, ma il
comandante klingon non gliene diede modo.
- Qapla' – gli disse accompagnando l'augurio con un inequivocabile gesto
della mano. Abbandonò l'angusto locale del teletrasporto senza attendere
una risposta. A Data non rimase altro che tornare sulla pedana e attendere
l'attivazione.
Mog'var bestemmiò ad alta voce dentro il casco della tuta che si stava
appannando nuovamente. Con la visuale offuscata non riusciva a distinguere
bene tutti i geroglifici alieni e doveva muoversi continuamente per inquadrarli
distintamente.
Era solo sulla nave da carico aliena: era stata frugata da cima a fondo ma non
era stato trovato nessun membro dell'equipaggio: nemmeno un cadavere o una
chiazza di sangue. Nulla. Di conseguenza i guerrieri che erano saliti a bordo
convinti di combattere e razziare erano rapidamente tornati a bordo dello sparviero,
lasciandolo lì. Era da quasi due giorni che lavorava su quella console aliena
cercando di tradurre quella lingua impossibile. Si era fermato solo per dormire
il minimo indispensabile, mangiare e ricaricare la tuta. Gli facevano male i
polmoni a causa della miscela che stava respirando. Nonostante tutto quel tempo
trascorso al lavoro sul computer alieno, si era fatto solo una vaga idea di quello
che poteva essere la grammatica della lingua di quelle misteriose creature. Non
era nemmeno riuscito a capire se aveva di fronte una interfaccia a comando vocale
o se si trattava di un programma frattale: la sensazione di girare sempre in tondo
senza arrivare mai da nessuna parte stava ormai scaldando il suo sangue klingon. Era
uno scienziato prima che un guerriero, data la sua età, ma ciò non significava che
la sua scorta di pazienza fosse infinita. Mise nuovamente mano al traduttore della
Federazione e lo azzerò del tutto. Era la terza volta che lo faceva e non aveva
ancora ottenuto nulla. Era propenso a pensare che se avesse riprogrammato in modo
nuovo la matrice di traduzione ampliando il buffer di memoria...
- Salve. L'ufficiale scientifico Mog'var, suppongo.
Il klingon sobbalzò all'udire quella voce nuova uscire così squillante dalla radio
della sua tuta da vuoto. Si voltò per istinto nella direzione giusta, con una mano
che già era scattata verso il disintegratore che portava alla cintura della tuta. A
poca distanza da lui galleggiava in assenza di gravità il comandante Data,
impeccabile nella divisa della Federazione. Privo di tuta
spaziale.
- È un piacere per me incontrarla. Ho letto con molto interesse la sua relazione
dello scorso anno sulla diminuzione dell'inquinamento da curvatura nello spazio
intorno a Qo'nos. Vorrei complimentarmi anche per...
- Sciocchezze! - esclamò subito. Era innervosito poiché l'androide della
Federazione non aveva bisogno di tuta mentre la miscela che respirava lui
puzzava e gli annebbiava il cervello. Sentiva la sua voce provenire dalla
radio, ma Data non stava trasmettendo col combadge e non muoveva la bocca
mentre parlava. D'un tratto Mog'var si scoprì pentito d'aver richiesto l'intervento
dell'ufficiale della Federazione: certamente lo avrebbe messo in ridicolo
decifrando la lingua aliena in poco tempo.
- Noto con dispiacere l'assenza di gravità artificiale – disse Data mentre cercava
di controllare i suoi movimenti per smettere di galleggiare e ruotare su se
stesso cambiando direzione a ogni movimento.
- Dove sono gli stivali magnetici? - lo apostrofò rudemente il klingon,
intenzionato a colmare in qualche modo il divario esistente tra lui e
l'androide.
- Onestamente nessuno mi ha avvisato di questo contrattempo... contatterò
immediatamente l'Enterprise e me ne farò mandare subito un...
- No! - esclamò Mog'var – nessuna trasmissione! Solo io sono autorizzato a
trasmettere e lei qui si trova in territorio klingon.
- Devo desumere che lei ha assunto il grado di comandante? - chiese Data con
tono che il klingon considerò al limite dell'insolenza. La finta inespressività
dell'androide lo infastidì: sapeva che era dotato di un chip in grado di emulare
le debolezze umane.
- Naturalmente – rispose Mog'var a denti stretti. Detestava perdere tempo in quel
modo.
- I miei complimenti, comandante Mog'var... certo un vascello insolito, ma non
privo di motivi di interesse che...
- Quando ha finito di galleggiare inutilmente, comandante Data, vorrei che lei
si dedicasse a queste... interessanti console...
Mog'var non attese la replica dell'androide: attivato un canale di comunicazione
con la Jaj'lw, chiese l'invio di un paio di stivali magnetici klingon.
- Quindi non puoi esserne sicuro?
- No, capitano – rispose il klingon guardandola negli occhi.
Tharnn era uno dei guerrieri più anziani a bordo della Jaj'lw. Serviva la sua
famiglia da molte generazioni e la sua fedeltà era fuori discussione. Suo padre
le aveva affidato il comando della Jaj'lw e assegnato Tharnn come capomacchina,
scorta e consigliere. Aveva il sospetto che riferisse di nascosto a suo padre, ma
non poteva esserne certa. Ma sapeva che poteva fidarsi di lui come della sua
bat'leth.
- Tharnn, questa missione è molto importante per me – disse mettendogli entrambe le
mani sulle spalle protette dalla corazza. Tharnn non si mosse, fermo come una statua
d'acciaio. Era più alto di lei e molto più imponente: nonostante le numerose ciocche
bianche apparse ormai da tempo tra i capelli e nella lunga e folta barba, il suo
aspetto era fiero e minaccioso.
- Sono stanca di vivere nell'ombra di mio fratello. Voglio mostrare alla mia famiglia
che sono degna di sedere alla tavola dei miei antenati.
Si allontanò dal suo ufficiale che non aveva mosso un muscolo né aggiunto una sola
parola al suo rapporto. Non aveva alcuna prova dell'infedeltà di Rasa'k, eppure suo
padre in persona l'aveva messa in guardia e Tharnn stesso si era detto d'accordo. Ma
evidentemente Rasa'k era abbastanza furba da aspettare un'occasione propizia. Né lei
né i suoi fedeli avevano osato manifestare le loro intenzioni finora. Ma quale momento
migliore di quello per un ammutinamento? La Jaj'lw aveva navigato sola nello spazio
vuoto senza poter comunicare per dieci giorni prima di incontrare il vascello alieno. Ora,
data la presenza dell'Enterprise era poco probabile che Rasa'k tentasse di prendere
il comando con la forza. Ma non se la sentiva di escluderlo.
- Tharnn, voglio che...
Un segnale acustico proveniente dall'impianto di comunicazione la interruppe. Era
Mog'var.
- Che vuoi? - lo interrogò rudemente.
- Comandante, abbiamo fatto dei progressi – il tono del suo ufficiale scientifico
era piuttosto teso e ne dedusse che qualcosa non stava andando per il verso
giusto.
- Abbiamo le mappe per la navigazione?
- No, sono state cancellate.
- BaQa'! Nave inutile! Torna a bordo! - sbraitò Brell battendo un pugno sul tavolo. Tharnn
si avvicinò per vedere lo schermo dove appariva l'immagine del viso dell'ufficiale
scientifico illuminato dalle spettrali luci rosse del casco.
- C'è un'altra cosa, comandante... l'androide Data ha parzialmente tradotto il linguaggio
alieno.
Per tutta risposta Brell ingiuriò l'androide e tutta la scala gerarchica da lui fino
all'Ammiragliato della Flotta Stellare.
- Apparentemente il controllo della nave aliena è affidato a una sofisticata intelligenza
artificiale – disse Mog'var come se non fosse mai stato interrotto.
- E quindi? - ruggì Brell.
- Apparentemente questa... entità è entrata nella testa del comandante Data e lo ha
paralizzato.