Capitolo 9
Quella
sera stessa Sora ricevette una mail sul cellulare e questa volta decise
di
leggerla.
“Conosco un posticino tranquillo non troppo lontano dalla
scuola. Una mia amica
ha detto che ci fanno delle ottime cioccolate calde. Se ti va un
po’ di compagnia,
alle 19.00 io sarò lì. Rumiko.“
Senza perder tempo afferrò il cappotto e uscì di
casa.
-
Ciao.
–
-
Ciao.
Sono felice che tu sia venuta. –
-
Anch’io.
–
La
rossa si sfilò il cappotto e l’appoggiò
ad una sedia vicina. Erano sedute allo
stesso tavolo dell’altra volta. Entrambe stringevano le tazze
fumanti tra le
mani arrossate, nel tentativo di scaldarsele.
-
Mi
dispiace. – esordì Sora.
L’altra
non disse nulla, limitandosi a guardarla.
-
Non
avrei dovuto evitarti in quel modo. Tu mi hai parlato col cuore, ti sei
confidata nella speranza di ricevere sostegno, non di essere
abbandonata. Mi
spiace davvero. –
-
Non
devi, dico sul serio. Anch’io avrei dovuto capire quanto la
cosa ti avesse
scioccata. Sono stata egoista: invece che lasciarti del tempo per
riflettere, ti
sono stata col fiato sul collo. –
-
No,
non sei stata egoista. Ti sei solo preoccupata per me. Le tue
attenzioni mi
hanno fatto piacere. –
-
Hai…
hai parlato con lui ? –
-
No
– sospirò – ma presto lo
farò. Ho deciso di lasciarlo. –
-
Non
voglio che la vostra relazione finisca a causa mia. –
-
Non
è colpa tua. Quello che è successo ieri mi ha
solo aperto gli occhi. Vedi,
quando sono tornata a casa ci ho pensato e ho capito che…
non ci ero rimasta
tanto male perché Yamato
mi aveva
tradita, ma per il semplice fatto di esser stata tradita. Non
sopportavo di
esser stata presa in giro in quel modo, di esser stata rifiutata
in quel modo… -
-
Non…
-
-
Aspetta,
lasciami finire, per favore. Mi sentivo abbattuta, ma poi è
subentrata la
rabbia. In quel momento non ce l’avevo né con te,
né con lui, bensì con me
stessa, proprio per essermi lasciata andare in quel modo.. Insomma, si
tratterà
pur sempre di un ragazzo, ma è solo
un ragazzo! Mi ero fatta dominare da quella situazione piatta,
continuavo a
farmi cullare dalla sicurezza di quel rapporto, che
“rapporto” non era più. –
-
Vuoi
dire che non provi più nulla per lui? –
-
Gli
voglio ancora bene, si capisce, ma come amico… La nostra
relazione non aveva
più senso perché non avevamo più nulla
da dirci, nulla da fare… ci eravamo così
abituati a stare insieme, che eravamo diventati ciechi a tutto il
resto. Quando
l’ho capito ho deciso che avremmo fatto meglio a lasciarci.
–
-
Ti
piace qualcun altro? –
-
No,
non penso. –
-
E
Taichi? Lui tiene molto a te. – disse senza malizia.
-
Lo
so e anche io gli voglio molto bene, ma… oggi è
venuto a casa mia. –
-
Ed
è successo qualcosa? –
-
Abbiamo
litigato. –
-
Avete
litigato?! –
-
Già,
o meglio io ho litigato e lui ha
accusato ogni colpo con pazienza. –
-
Cosa
gli hai detto? –
-
Che
avevo aperto finalmente gli occhi e che anche lui avrebbe dovuto farlo.
–
-
A
proposito di cosa? –
-
Di…
di lui, della propria vita. Taichi è rimasto un bambino e
sembra intenzionato a
non voler crescere. –
-
La
sindrome di Peter Pan. –
-
Esatto.
Ho cercato di fargli capire che le persone cambiano e che anche lui era
cambiato. –
-
E
Taichi cos’ha detto? –
-
Che
lui non sarebbe mai cambiato e che, se volevo parlare con un vecchio
amico,
avrei potuto rivolgermi a lui. –
Rumiko
parve riflettere un attimo.
-
Ho
capito. – disse poi – Ma sei sicura di
ciò che gli hai detto? –
-
In
che senso? –
-
Lui
è di sicuro cresciuto, su questo non ci sono dubbi. Tutti
prima o poi si
sviluppano. Però la trasformazione può essere
più o meno evidente, non trovi?
Crescere non vuol dire per forza cambiare e Taichi l’ha
capito, forse meglio di
noi. Probabilmente lui è molto più maturo di
quanto tu possa pensare. Tanto
maturo da aver volontariamente
deciso
di non cambiare interiormente. –
-
Ma
perché non dovrebbe? –
-
E
perché sì? Alla gente lui piace così
com’è e se questa sua condizione gli permette
di aiutare gli altri e di essere al contempo onesto con se
stesso… -
-
Forse
hai ragione tu, ma sta di fatto che avevo bisogno di una pausa.
È sempre stato
così premuroso nei miei riguardi, così presente
in ogni momento… -
-
Che
hai avuto bisogno di stare un po’ per conto tuo. –
La
rossa annuì e Rumiko le sorrise.
-
Ti
capisco, sai? Questi uomini vogliono fare tanto i protettivi, ma dopo
un po’
diventano assillanti. – le strizzò un occhio con
fare complice.
-
Secondo
me hanno quasi bisogno di starci
addosso in questo modo. Pensano di essere indispensabili! –
scherzò Sora.
-
E
poi finiamo noi a far loro da
balie!
– sospirò l’altra.
Sora
rise e le afferrò una mano.
-
Sono
felice di poter di nuovo parlare con te. Non avrei mai permesso ad un ragazzo di dividermi dalla mia nuova
amica. –
-
Grazie,
anch’io ne sono felice. –
-
Per
un po’ niente più uomini. –
Era
il 13 di Dicembre, una data che segnò l’inizio di
una lunga serie di
cambiamenti. Quel giorno Rumiko e Sora si presentarono a scuola
insieme, cosa
che non passò inosservata agli studenti
dell’istituto. Si sa, infatti, che le
voci circolano in fretta, specialmente se si tratta di un idolo delle
teenagers: secondo i pettegolezzi il biondino aveva tradito la rossa
con la
vicina. Cos’era successo poi era un mistero, si sapeva solo
che nessuna delle
due si era presentata alle lezioni il giorno seguente, cosa che aveva
alimentato le voci di corridoio.
Quando le ragazze attraversarono il cancello principale, si ritrovarono
alcune
centinaia di occhi curiosi puntati addosso.
“Che schifo di situazione!” sbuffò
Rumiko, una volta raggiunto il proprio
banco.
-
Mi
dispiace. – le sussurrò la rossa – Le
voce peggiori sono tutte rivolte a te. –
-
Lo
so. Non che me ne importi qualcosa di quel che pensano questo branco di
pettegoli, ma non mi piace che mi si sparli alle spalle…
mentre sono in
ascolto. –
-
Vedrai,
presto questa storia verrà archiviata. –
cercò di tirarla su di morale.
-
Lo
spero proprio. – poi si volse a guardarla negli occhi
– Ma non sentirti
obbligata a fare quella cosa per
me,
chiaro? –
-
Non
ti preoccupare, l’avrei fatto comunque. –
-
E…
quando? Quando glielo dirai? –
-
Al
primo intervallo lo prenderò da parte. –
-
Ho
capito… -
-
Non
ti sentirai ancora in colpa, vero? –
-
No,
tranquilla. –
Ma
sapeva di non esser totalmente sincera.
Yamato era rimasto un attimo sorpreso nel ritrovarsele davanti
così… allegre.
Conversavano tranquillamente, come due buone amiche. Poi lo stupore
aveva
lasciato il posto ad un sorriso. D’altronde che altro avrebbe
potuto aspettarsi
da una ragazza come Sora? Non per niente era la prescelta
dell’Amore! Sembrava
quasi che le due ragazze fossero più vicine di prima e la
cosa non poteva che
fargli piacere. Ma non si faceva illusioni sul futuro che avrebbe avuto
il suo
legame con le due ragazze. Bastava ascoltare le voci di corridoio.
Non
gli importava delle insinuazioni sul suo conto, ma non sopportava che
le due
diciottenni venissero beffeggiate: Sora era considerata una
“povera sfigata” e
Rumiko una “rovina-famiglie” e pure peggio.
Al solo udire quelle parole, aveva sentito la rabbia montargli dentro e
aveva
dovuto fare appello a tutto il suo autocontrollo per riuscire a
contenerla. La
colpa di tutto ciò era solo
ed esclusivamente sua,
perciò si era
ripromesso di porvi rimedio al più presto. Non sapeva ancora
come, ma avrebbe
trovato il modo di farsi perdonare.
Accanto al cantante sedeva Taichi, anche lui pensieroso. A quanto
pareva Sora e
Rumiko si erano riappacificate e il loro rapporto sembrava
più profondo che
mai. Il giorno prima era passato a casa Kitamura ma non aveva trovato
nessuno:
a quanto pareva la ragazza era uscita. Poi era venuto a sapere dalla
sorella
che Daisuke l’aveva preceduto, con l’intento di
portare l’amica a fare un giro.
Subito si era preoccupato: ci mancava solo che quel casinista ci si
mettesse in
mezzo a far precipitare del tutto la situazione! Poi aveva sollevato le
spalle
sconfitto: infondo le cose non potevano degenerare più di
così!
Tuttavia quella mattina si era dovuto ricredere. Ovviamente non poteva
essere
sicuro che si trattasse dell’operato del ragazzo, ma stava di
fatto che le due
giovani si erano riappacificate e che stavano chiacchierando come non
avevano
mai fatto.
“Forse non tutto il mal vien per nuocere!”
pensò speranzoso. Ma gli bastò
voltarsi verso il suo compagno per ricordarsi che c’erano
ancora delle cose in
sospeso che andavano chiarite.
Finalmente suonò il tanto atteso intervallo e Rumiko
lanciò una rapida occhiata
alla compagna. Sora sembrava tranquilla e le sorrise dolcemente,
allentando un
po’ la sua tensione. Possibile che fosse lei
a sentirsi agitata?! Il pensiero la spinse a serrare la mascella
stizzita.
Non si voltò neanche quando l’amica si
alzò e si avvicinò al biondo. Solo
quando uscirono dall’aula si azzardò a guardarli
con la coda dell’occhio. Fu
allora che incrociò un identico sguardo nocciola.
Erano in terrazza e, dopo essersi accertati di non avere ascoltatori
indesiderati, Yamato si sedette a terra, appoggiando la schiena contro
la
cancellata di sicurezza. Non guardava lei, in piedi davanti a lui. I
suoi occhi
celesti scrutavano il cielo lontano, come se vi potesse scorgere
qualcosa di
inaspettato.
Sora si sedette accanto a lui e sospirò.
-
Hai
sempre guardato il cielo con quello sguardo, come a frugarlo in cerca
di
qualcosa. E mi sono sempre chiesta cosa fosse quel qualcosa. Sai, ne
sono sempre
stata un po’ gelosa. –
-
Di
cosa? –
-
Del
tuo cielo. Del tuo mondo. –
Silenzio.
-
Mi
dispiace. – sbiascicò lui, grattandosi il capo
imbarazzato.
-
No,
tu sei fatto così. In fondo questo tuo lato enigmatico mi
piaceva. – gli
sorrise.
-
Ti
piaceva? –
-
Mi
piace ancora, ma ho capito che non mi basta. Vedi, tu sei sempre stato
così
assorto… però sapevo che non ero io
l’oggetto dei tuoi pensieri. E io merito di
più. Merito un ragazzo che pensi a me costantemente, che mi
sussurri frasi
dolci, che mi coccoli, che mi porti a vedere il tramonto in riva alla
spiaggia…
–
-
Io
non credo di esser fatto per queste cose… –
-
Lo
so. E so che possono sembrarti sciocchezze per gente sdolcinata, ma
è ciò che
vorrei dal mio ragazzo. –
-
Perciò
hai deciso di lasciarmi per cercare il tuo principe azzurro, giusto?
–
-
Sì.
– pausa – Quattro anni fa ero convinta di averlo
trovato in te. Ma mi
sbagliavo. Tu sei un bravo ragazzo, gentile e pieno di riguardi verso
le
persone a te più importanti, onesto con tutti… -
-
Non
mi pare di esserlo stato, negli ultimi tempi. – fece con
amarezza.
-
Non
sono arrabbiata con te, se è questo che pensi, o almeno non
più. In fondo era
inevitabile che prima o poi succedesse. Potevi essere tu come potevo
esserlo
io. –
-
No,
tu non l’avresti mai fatto. –
-
Avete
tutti un’opinione troppo alta di me! – sorrise
divertita – Guardate che sono
anch’io un essere umano, soggetto alle leggi della natura!
–
-
Ed
è naturale tradire la
propria
ragazza? –
-
Yamato,
- disse dolcemente – la natura ci insegna che non si
può comandare i
sentimenti. E te lo dice una prescelta dell’Amore! –
Ancora
silenzio.
-
La
verità è che pensi sempre agli altri prima che a
te stessa. Anche ora, sei
disposta a perdonarmi nonostante abbia fatto una cosa orribile!
–
-
È
così orribile ciò che hai fatto? In fondo il tuo
scopo non era ferirmi e
umiliarmi… -
-
…Come
sono riuscito a fare comunque! – sbottò lui.
-
Seguire
il proprio cuore non può essere un crimine. –
proseguì senza dar peso alle sue
parole – E se lo fosse, penso che dovrebbero macchiarsene
molte persone. –
-
Non
so cosa ho seguito io, ma di sicuro non dovevo farlo. –
-
Hai
solo fatto un errore… non vorrai abbatterti per
così poco! –
-
Però
le ho detto delle cose terribili, l’ho giudicata senza averne
alcun diritto.
Lei si è fidata di me e io l’ho rifiutata. Ho
persino cercato di cambiarla, ti
rendi conto?! Ho tentato di farla tornare la persona che era, quando
è evidente
che lei non ne avesse la minima intenzione! –
-
Yamato…
-
-
Da
quando l’ho conosciuta non faccio altro che ferirla! Dico
sempre la cosa
sbagliata al momento sbagliato, riesco a farla infuriare almeno una
volta al
giorno… il che non è normale! Non mi sono mai
comportato così e giuro che non
lo faccio apposta! – buttò la testa
all’indietro – Ogni volta mi riprometto di
non farlo più, ma poi succede di nuovo. Non so
perché, so solo che mi manda
fuori di testa, che riesce a far emergere i miei aspetti peggiori come
non ci
riesce nessun altro! Però mi piacerebbe che tornasse a
sorridermi, lo vorrei
sul serio… – si volse a guardarla –
Pensi che sia possibile? –
-
Non
lo so, ora dipende solo da te. –
-
È
questo che mi spaventa di più. –
-
Yamato
Ishida saventato ?! Questo
sì che ha
dello straordinario! – rise la rossa.
-
Sono
serio. –
-
Beh,
se sei così spaventato significa che ci tieni davvero a
lei… Perciò, se quella
ragazza è tanto importante per te, ti consiglio di non darti
per vinto. –
Lui
annuì e la giovane si alzò. Il ragazzo la
trattenne per un braccio.
-
Grazie,
per avermi ascoltato. E… scusami, se puoi. –
Lei
si limitò a sorridergli. Stava per lasciare la terrazza,
quando venne richiamata
ancora dalla sua voce.
-
Come
hai detto? –
-
Ho
detto che mi dispiace, che la nostra relazione non abbia funzionato
come
avrebbe dovuto. Sono stato bene con te. Te ne sono grato. –
-
È
stato un piacere. – e scomparve oltre la porta.
Sora
si fermò a metà della gradinata,
un’espressione indecifrabile sul viso.
Si erano lasciati, eppure non era stato affatto doloroso, forse
perché entrambi
stavano già guardando al futuro. Era stata sorpresa nel
sentire Yamato parlare
in quel modo dell’amica: era chiaro che la sua mente era
molto confusa, ma il
suo cuore? Possibile che non si rendesse conto di ciò che
provava? Una cosa era
certa: nei suoi confronti non aveva mai avvertito nulla di simile.
Stranamente,
però, non aveva provato risentimento. Ora che la loro
relazione era stata
troncata, si sentiva quasi… sollevata?
Ritornò con la mente alle due versioni che aveva sentito e
corrugò un poco la
fronte. Di sicuro quei ragazzi avrebbero finito per far pace, ma era
difficile
dire quanto ci sarebbe voluto. Si augurava solo che il biondo riuscisse
a porre
rimedio al danno fatto.
Ormai mancava poco più di una settimana alla fine delle
scuole e lo spirito del
Natale sembrava vivo in ogni cittadino che si avventurasse per le vie
affollate
della città. Rumiko era seduta su un muretto, vicino al
grande abete che era
stato addobbato nella piazza del centro. I locali erano tutti ultra
affollati
ed era stato impossibile trovare un tavolo. Perciò il suo
compagno di shopping
estremo si era offerto di prendere delle bevande calde da bere all’aria fresca. Peccato che
l’aria in
questione fosse un paio di gradi sotto zero e che le avesse fatto
arrossire il
naso e le gote, cosa che lei non poteva sopportare.
Sospirò, sconsolata. In fondo di cosa si lamentava, visto
che era stata lei
stessa a concedere al quindicenne delle altre uscite? Però
non poteva negare di
divertirsi molto in sua compagnia. A pensarci bene, dunque, quegli
ultimi
giorni non erano stati affatto male. Dopo aver troncato la sua
relazione, Sora
sembrava essere più felice che mai, come se si fosse tolta
un peso. Anche le
voci di corridoio stavano diminuendo. L’unica macchia nera
ora sembrava essere
il rapporto tra la rossa e Taichi. Dalla loro discussione non avevano
affrontato
più l’argomento e quasi non si parlavano. Non che
uno dei due serbasse rancore
per quelle parole, ma piuttosto a causa dell’imbarazzo.
Comunque la cosa non la
preoccupava più di tanto: di sicuro si sarebbero
riconciliati molto presto.
E poi c’era lui, che più che un problema era un
pensiero costante. D’altro canto
era difficile che fosse altrimenti, dato che si vedevano tutti i
giorni. Non si
parlavano, non ci provavano nemmeno, come se improvvisamente fossero
diventati
due perfetti sconosciuti. Però… nonostante
mantenesse accuratamente le
distanze, lui… la guardava. La osservava costantemente, sia
che si trovassero a
lezione, che si incrociassero sul pianerottolo, che si trovassero sullo
stesso
bus. Non la spiava, semplicemente la guardava in ogni momento, tanto
che anche
nei suoi sogni si era ritrovata di fronte a quelle silenziose iridi
azzurre.
Quello sguardo era così indecifrabile che qualche volta si
era ritrovata ad
arrossire fino alla punta delle orecchie. Il che era assurdo, visto che
lo detestava.
Non gli avrebbe mai perdonato le
sue
azioni e tuttavia…
-
Ecco
la tua cioccolata! Bevila calda, così ti riscaldi!
– la raggiunse di corsa Daisuke.
-
Difficile,
visto che sono completamente assiderata. – sbuffò
lei, accettando comunque la
bevanda e borbottando un “grazie”.
Daisuke
si sedette accanto a lei e sorseggiò la sua cioccolata.
-
Sai,
nonostante tu sia tanto scontrosa, mi piaci molto! – disse
sorridente.
-
Grazie
del complimento. –
Lui
le si appoggiò ad una spalla. Lei lo lasciò fare.
Poi lui cominciò a strusciarsi
e lei gli diede una piccola spinta per scollarselo di dosso.
-
A
momenti mi facevi rovesciare tutto! – si lagnò
Daisuke.
-
Ti
sta bene! Così impari ad approfittare della mia gentilezza.
–
-
Ma
perché sei così cattiva? –
piagnucolò il quindicenne.
-
Se
sono così cattiva puoi anche a fare a meno di me, no?
– e fece l’atto di
alzarsi.
-
No,
no, stavo scherzando! –
-
D’accordo,
ma scherzi a parte, mi spieghi perché ci tieni tanto a
uscire con me? –
-
Perché
mi piaci! –
-
Ho
detto: scherzi a parte. –
-
Davvero!
Tu sei al secondo posto dopo la mia Hikaruccia. –
-
Daisuke…
-
-
Ok,
bene, ho capito. – sospirò –
C’è una ragazza della mia scuola che mi sta
rendendo la vita infernale… –
-
Non
posso credere che proprio tu possa dire una cosa simile! –
scherzò lei.
-
Ridi
pure, ma è una cosa seria! Non so come sia successo, ma un
giorno me la sono
trovata davanti alla classe e mi ha fatto una dichiarazione davanti a
tutti. Da
quella volta non riesco a levarmela di torno. –
-
Hai
fatto conquiste… – ghignò.
-
Ma
quali conquiste?! È una pazza del mio anno che non mi da
tregua! –
-
E
questa pazza…
è carina? –
-
Ehm…
non lo so, io non la sopporto! – arrossì in
maniera eloquente lui.
-
E
così, per sfuggirle, hai deciso di frequentarmi. –
-
Non
prendertela, tu mi piaci davvero, non ho mai voluto usarti…
–
-
Lo
so, tu sei un bravo ragazzo. – gli sorrise dolcemente.
Lui
arrossì.
-
Senti…
ti va di venire con me ad una festa? –
-
Ehi,
ora non montarti la testa! –
-
Per
favore! Devi accettare! –
-
Perché
devo ?! –
-
Beh,
perché ci sarà anche lei e se ci vedrà
insieme… -
-
Vorresti
farmi passare per la tua ragazza? Stai scherzando, vero? Non ci
cascherebbe
nessuno. –
-
Non
dobbiamo per forza essere fidanzati! Diciamo la verità, no?
Che tu sei mia
amica e che usciamo insieme… –
“Astuto…
ecco il perché di tutti questi appuntamenti!”
sorrise tra sé e sé.
-
Non
mi piace per niente. E alla mia reputazione non ci pensi? –
-
Ma
tu vieni in qualità di mia amica… Io
sarò il tuo cavaliere per una sera, tutto
qua! –
-
E
che festa sarebbe? –
-
La
festa di Natale della mia scuola, il 23 sera. Anche Tai ci
sarà, perché l’ha
invitato Hikari. –
-
Non
saprei… -
-
Ti
prego! Con te farei un figurone… Non posso lasciare che
Takeru mi rubi tutta la
scena! –
-
E
lui cosa c’entra? –
-
Ha
chiesto a suo fratello di suonare alla festa, così si
è procurato la band…
Capisci? Lui porta uno dei gruppi più famosi del Giappone e
farà da cavaliere
alla mia Hikarina! E io
non voglio fare la figura dello… -
probabilmente gli riusciva troppo difficile dirlo, perché
non proseguì.
Lei
ci pensò un attimo. Non che l’entusiasmasse
l’idea di andare ad una festa di
ragazzini e di avere come sottofondo la voce che meno desiderava
sentire, ma
come poteva dire di no a quel ragazzo che l’aveva tirata su
di morale del
momento del bisogno?
-
D’accordo.
– disse infine.
-
Davvero?
–
-
Davvero.
–
-
Sul
serio? –
-
Sul
serio. –
-
Non
mi stai prendendo in giro, vero? –
-
No,
ma se me lo richiedi cambio idea. –
-
Va
bene, non dico più nulla! –
-
Perfetto,
allora, per farti sdebitare, ora mi accompagni a comprare una cosa.
– sentenziò
alzandosi e cominciando ad incamminarsi.
-
È
un regalo? – le corse dietro lui.
-
Sì.
–
-
È
per me? –
-
No.
–
-
E
perché no? –
-
Perché
ti ho appena fatto un regalo. –
-
Ma
Natale è periodo di generosità! –
piagnucolò.
-
Sono
già stata fin troppo generosa. –
Ma
dentro di sé stava prendendo nota: comprare regalo a Daisuke.
Quella sera Rumiko tornò a casa carica di pacchi e
pacchetti, tanto che a
fatica riuscì ad infilarsi nell’ascensore.
Raggiunto il quarto piano si fermò
un attimo davanti alla porta 18, come se fosse combattuta. Poi
annotò qualcosa
a mente ed entrò a casa sua. Il Natale era davvero alle
porte…
Continua…