Capitolo
14.
Aprii gli occhi. Attorno a me, solo un calore intenso
e una luce bianca, che accecava. Sbattei più volte gli occhi
per abituarmi alla luce che c'era attorno a me. Dopo di che, sentii
dei mormorii indistinti e delle immagini colorate, piuttosto informi,
davanti a me. Non riuscivo a capire bene cosa fossero, e non riuscivo
a sentire; avevo come un ronzio nelle orecchie e una grande
confusione in testa. Un'immagine più o meno chiara si
materializzò davanti a me, anche se mi sembrava che girasse e
tremasse un po'.
Mi parve di riconoscere i tratti del viso di mio
fratello.
"Sai che cosa sei? Una cretina! Sei una cretina!"
esclamò quest'ultimo. Non sorrideva, e la sua voce era
stridula. E io ero viva.
"Non ho mai visto tanta
scemenza in vita mia!" continuò.
Cominciai a vedere e
a sentire meglio; a tornare in me. Riacquistai la consapevolezza di
avere un corpo, di essere stesa sul letto della mia camera e che mio
fratello Edoardo era seduto sul letto accanto a me, e mi guardava
mentre si lamentava e imprecava sotto voce. Aveva qualcosa in mano,
che non riuscii a capire.
"E-edo..?" mormorai.
Mi
sentivo ancora debole, vedevo sfocato. La testa mi faceva male e mi
girava. E avvertivo un bruciore al polso destro. Edoardo mi guardò,
serissimo in volto.
"Adrienne?" chiese, "allora mi
senti."
Socchiusi di un poco gli occhi, e annuii
impercettibilmente.
"Vorrei proprio sapere che cosa cazzo ti
è saltato in mente," disse, rimanendo impassibile,
"tagliarti, per.. per.." La voce gli tremò e non
riuscì a continuare.
Sospirai, cercando di deglutire.
"Non.. non lo so.."
Anche Edoardo sospirò.
"Quando vorrai, e se vorrai.. dovrai spiegarmi un po' di
cosette, non ti pare?" chiese.
"Forse lo farò.
Adesso non me la sento proprio.." risposi.
Annuì.
"Certo." Chiusi gli occhi, sentendomi sfinita. Edoardo mi
afferrò per il gomito destro. Lo sentii maneggiare per dei
minuti con qualcosa, forse con quel che aveva in mano. Lo sentii
girarmi il braccio, e appoggiarmelo sulle sue gambe. E poi, un
bruciore fortissimo sul polso.
"Ahia!" urlai, aprendo
gli occhi e alzandomi a sedere di scatto, ritraendo il braccio.
Lo
guardai. Aveva in mano un batuffolo e una bottiglietta d'alcool
etilico.
"Scusami," disse, "ma devo
disinfettarti."
Il mio sguardo cadde sul mio polso. Era tutto
arrossato, e aveva un taglio proprio al centro, di un rosso intenso.
Sembrava essersi rimarginato, ma era ancora rosso e bruciava. Mi
riprese il braccio. Io strinsi con l'altra mano il cuscino, per aver
qualcosa da tormentare mentre operava, anziché urlare.
Dopo qualche minuto di sofferenza, finì.
"Ecco fatto,"
disse, sembrava quasi soddisfatto di sé stesso, "però
dovresti coprirlo con qualcosa. Se qualcuno lo vede, comincerà
a farsi domande." Chiuse la bottiglietta e mi guardò.
Riflettei.
"Senti, nel mio armadio dovrebbero esserci delle
bandane e dei foulard. Prendine uno, no?" chiesi. Stavo
riprendendo decisamente coscienza. Edoardo si alzò, andò
verso l'armadio. Ci rovistò dentro, e poi ne uscì una
bandana nera con dei piccoli disegnini celesti. Di solito le usavo
d'estate, tenendole fra i capelli. Tornò a sedersi accanto a
me, mi passò la bandana. Con lentezza, e sforzandomi
immensamente, la legai al polso destro, a mò di abbellimento.
Mi sentivo veramente uno straccio.
"Mi hai fatto prendere un
colpo, lo sai?" disse all'improvviso, sfiorandomi il viso con il
dorso della mano, "quando ti ho vista lì, sul pavimento
del bagno, quasi in un lago di sangue.. Ho temuto il peggio. Ho perso
la testa. Non ti ho portato in ospedale perché non volevo che
i nostri genitori lo sapessero, sai. Ma avrei dovuto farlo,
immagino." continuò, guardandomi con rimprovero, ma con
aria rassegnata.
Sospirai. Ero stata un'idiota, e ora mi sentivo
terribilmente in colpa. Il mio obiettivo non era far preoccupare mio
fratello, l'unica persona che ormai mi era rimasta. Non dissi nulla,
solamente abbassai lo sguardo fissandomi le mani. Edoardo sospirò.
"Mangiamo qualcosa?" chiese.
"Non ho fame.."
risposi, piano.
"Adrienne, dovresti mangiare qualcosa. Stai
diventando davvero magra." insistette lui.
"Tu che ne
sai?" chiesi, irritata. Perché erano tutti fissati con
questa storia del mangiare? Stavo benissimo.
Edoardo mi afferrò
il polso sinistro. "Riesco a prenderti tranquillamente il il
polso, e hai il braccio magro, non vedi? Fra poco ti si vedranno le
ossa. Guarda da te come ti sei ridotta." rispose.
Scossi la
testa. "Sto bene."
"No, tu non stai bene."
ribatté.
Arricciai le labbra. "Non devi preoccuparti
così per me, Edo.."
Appoggiai la testa alla spalliera
del letto, e lui mi guardò severamente. "Come puoi dire
cose del genere? Sei mia sorella. Ultimamente non ti riconosco più.
Cosa ti è successo? Sei diventata un'altra persona... che fine
ha fatto quella luce che vedevo nei tuoi occhi?" Rabbrividii e
gli occhi mi si riempirono di lacrime. Ero davvero triste, e non
sapevo come rispondere. "Mi.. mi dispiace.." mormorai
soltanto.
Mio fratello mi sorrise, come se volesse rincuorarmi.
"Io sono qui, e scommetto che passerà presto."
disse.
Alzai le spalle, corrugando la fronte in un'espressione
triste. Non ci credevo per niente. In quel momento quella situazione
mi sembrava totalmente priva di vie d'uscita. Come quando si percorre
una galleria infinita, e non riesci a scorgere la luce che segnala
l'uscita, e rimani col fiato sospeso fin quando non la vedi. Io stavo
trattenendo il fiato da settimane, ormai.
"Lo spero."
dissi, cercando di sorridere.
"Vedrai."
***
Alla
fine Edoardo mi costrinse a mangiare qualcosa assieme a lui. I nostri
genitori non erano in casa, ma non gli chiesi dove fossero. C'era
troppa pace in casa, per poterla rovinare con una domanda del genere.
Come promesso, guardammo un film assieme. Servì davvero a
distrarmi da ciò che era successo e da ciò che avevo
fatto.
Mio fratello era uno zuccherino.
E io mi sentivo un
mostro per aver pensato di voler morire, non mi meritavo tutte quelle
attenzioni.
Verso le sei del pomeriggio, entrambi ci ritirammo
nelle nostre stanze per svolgere i compiti per casa. Io non mi
ricordavo se ne avessi e comunque non avevo intenzione di farli.
Rimasi un'infinità di tempo a guardare il soffitto bianco con
della musica nelle orecchie, poi lessi un po’, cercando di
pensare di meno.
Finché, dopo un'oretta, sentii delle voci
al piano di sotto. Arrivavano un po’ attutite, perché
avevo la porta chiusa.
Pensai che i miei genitori fossero
ritornati. Invece, notai che le due voci si facevano sempre più
vicine, e che erano due voci che quasi urlavano. Voci maschili.
Il
mio secondo pensiero fu che qualche amico di mio fratello era venuto
a fargli visita e che stavano discutendo abbastanza animatamente, per
chissà cosa.
Finché la porta della mia camera non si
spalancò. Spalancai anche io gli occhi, alzandomi a sedere sul
letto.
Edoardo ed Alex erano in piedi uno di fronte all'altro, si
urlavano addosso. Mio fratello spingeva via violentemente Alex,
cercando di spostarlo; e Alex faceva altrettanto. Sembravano che
fossero sull'atto di ammazzarsi a botte, da come urlavano e anche da
come si guardavano in cagnesco.
Non appena individuai Alex, venni
invasa da un'ondata di panico, dalla testa ai piedi.
"Lasciala
perdere, vattene via!" urlò mio fratello.
"Non
prima non di averle parlato!" ribatté Alex.
Edoardo
era più alto e chiaramente più forte di Alex. Perse la
pazienza e lo spinse forte per le spalle. Alex cadde a terra. Io
guardavo la scena, terrorizzata ed inerme. Mio fratello
all'improvviso si accorse di me e mi guardò, rivolgendomi uno
sguardo a occhi sgranati. Avevo un groppo in gola, ma riuscii a
dirgli qualcosa.
"Mandalo via," dissi, "..non
voglio parlargli."
Approfittando di quell'attimo di
distrazione di mio fratello, Alex si rialzò in piedi, spinse
Edoardo con tutta la forza che aveva. Edoardo barcollò
soltanto, ma non ebbe i riflessi pronti per fermare Alex, che
s'infilò nella mia stanza e chiuse la porta a chiave,
ansimando. Ero in trappola. Sentii mio fratello che gli urlava di
uscire, e poi il silenzio. Alex mi guardava negli occhi, mi sembrò
di scorgere un velo di preoccupazione e ansia nel suo sguardo. Si
appoggiò la porta alla schiena, riprendendo fiato, le guance
rosse. Deglutì.
"Non guardarmi," dissi
all'improvviso, rivolgendogli uno sguardo truce, "non parlarmi,
e soprattutto non toccarmi."
"Se solo tu mi lasciassi
spiegare.." iniziò.
M'infiammai di rabbia. "Non
c'è niente da spiegare! Quel che ho visto mi è
bastato."
Mi ritornò in mente l'immagine di Alex e
Melissa che si baciavano. Sentii una stretta al petto, e scossi la
testa per cancellare quell'immagine che oramai mi ossessionava.
Sapevo che comunque Alex non avrebbe mollato così
facilmente.
"Io invece credo proprio che ci sia, sai?"
ribatté, continuando a guardarmi e stando immobile
dov'era.
"Non m'importa," dissi, "non ho intenzione
di sentire ancora una tua sola parola."
Tremavo, e neanche mi
accorsi di avere i pugni chiusi. Continuavo a guardarlo con rabbia,
come se volessi incenerirlo con lo sguardo. I tratti di Alex
s'indurirono. "Adrienne, per favore, non fare così
adesso.. non fare la bambina." A quelle parole, persi la
pazienza. Scattai in piedi, raggiungendolo. Mi sentivo rossa in viso.
Vedendomi avvicinare, fece qualche passo verso di me.
"Lo sai
che cosa sei? Sei uno stronzo!" urlai, in preda al furore,
spingendolo indietro, "Non hai mai capito un cazzo.. e di me non
te n'è mai importato! Alla faccia della migliore amica,
della cosa a cui tenevi di più..! Ma fammi il piacere!"
Lo spinsi ancora una volta. Alex rimase senza parole, mi guardò
negli occhi con un'espressione spaesata. Ma oramai che avevo
iniziato, non volevo più fermarmi.
"Di che cosa che te
n'è importato, alla fin fine, me lo dici? Solo dei tuoi
sentimenti e di raggiungere i tuoi scopi! Di me, e che ti amassi
tanto, troppo, chi se ne frega? Ma vaffanculo, Alex! Tu e la
tua ipocrisia, la tua falsità, tutte le cose che mi hai detto!
Tutte bugie, tutte stronzate!" urlai ancora.
Sentii le
lacrime arrivarmi agli occhi, ma richiamai a me tutto il mio
autocontrollo per non piangere davanti a lui. Mi guardò
ancora, serio, dopo mi parve di vederlo sorridere. Ricominciai ad
arrabbiarmi. Allora presi a tempestarlo di pugni sul petto, e
scoppiai a piangere. "Ti odio!" gli urlai addosso. Ma, Dio,
quanto lo amavo, allo stesso tempo. Alex mi prese per entrambi i
polsi, per fermarmi. Strinsi gli occhi per il dolore al polso destro,
ma non dissi niente. Si avvicinò al mio viso e mi sussurrò.
"Davvero?"
Annuii. "Sì, davvero."
"Allora
ridimmelo." disse.
Il suo sguardo mi oltrepassò da
parte a parte, mi fece rabbrividire. Lo odiavo sì, ma solo per
quello che mi aveva fatto: per il resto, continuavo ad amarlo, in una
maniera folle e sconsiderata.
"Ti odio, ti odio."
dissi all'improvviso, ancora una volta. Gemetti di dolore per il
bruciore al polso, e chiusi gli occhi. Si avvicinò ancora,
poggiò la sua guancia contro la mia, e per l'ennesima volta mi
sussurrò all'orecchio. Mi strinse forte i polsi e il dolore
sembrò diventare ancora più forte, atroce,
insopportabile.
"Vedi, Adrienne? Ho raggiunto un altro mio
scopo, e hai fatto tutto da sola." sussurrò.
Spalancai
gli occhi, trattenendo il fiato. Mi dava sui nervi vederlo così
freddo e calcolatore nei miei confronti, e mi faceva male ciò
che aveva detto. Deglutii; il bruciore al polso mi faceva lacrimare
gli occhi.
Così lo strattonai violentemente, allontanandolo
da me e costringendolo a lasciarmi i polsi. Ritornai a respirare.
Fu
un attimo.
Il nodo della mia bandana si sciolse, e quest'ultima
cadde a terra, scoprendo il mio taglio sul polso. Era rosso rubino, e
sembrava che da un punto all'altro stesse per riaprirsi. Tenni lo
sguardo basso, deglutendo sonoramente. Alex guardò me,
avvicinandosi lentamente, poi lo vidi guardare il mio polso
tagliato.
"Che.. che cos'è quel taglio?" chiese,
con voce seria. Alzai lo sguardo verso di lui, guardandolo negli
occhi. Non dissi niente, ma forse fu proprio il mio sguardo colpevole
a tradirmi, o il fatto che ripresi a piangere.
"Cazzo,
Adrienne.. non è possibile.. ti ho spinta al suicidio.. sono..
un mostro.." balbettò, la voce gli tremava in maniera
incontrollabile. Le guance gli si colorarono leggermente di rosa, e
si tormentò le labbra.
"Lo sei." mormorai,
asciugandomi le lacrime sulle guancia con le dita. Mi chinai per
terra, riprendendo la bandana, e la riallacciai al polso, sperando
che non uscisse di nuovo sangue. Sospirai sentendomi di nuovo debole,
ora che tutta la rabbia che avevo in corpo era sparita.
"Adri..
ti giuro io non volevo.. non credevo.. ti prego, perdonami.."
mormorò, portandosi una mano sulla fronte e guardandomi.
Scossi la testa. "Ormai non importa più se mi hai fatto
del male. E' finita." dissi.
Alex tremò. Lo vidi
chiudere gli occhi e passeggiare avanti e indietro per la stanza.
"Che casino.. non avrei mai.. è tutta colpa
mia.."
Lasciava le frasi a metà, e parlava a voce
bassa; ma oramai quel suo sentirsi in colpa non serviva più a
niente. Se solo
avessi potuto portare indietro il tempo..
"Vorrei
solamente non essermi mai innamorata di te. Anzi, non avrei mai
voluto incontrarti e conoscerti. Mi hai fatto così tanto male,
che non puoi nemmeno immaginare.."
Alex sprofondò le
mani nelle tasche, voltandosi a guardarmi. "Riesco solo a farti
del male, sì, adesso ne ho la conferma." disse.
"Cosa
dovrei dirti, Alex? Lascia Melissa e ritorna da me? Hai scelto
lei, hai preferito lei. Hai preferito il suo amore piuttosto che la
mia amicizia. Naturalmente non riesci a fare convivere le due cose, e
forse credo che non ci riuscirei neanch'io. Quindi, è andata
così. Non ho più niente da dirti." Mi stupii da
sola per il mio autocontrollo e per la mia maturità,
soprattutto dopo quella sfuriata a dir poco imbarazzante di prima.
In realtà stavo morendo dentro, ma non volevo darlo a
vedere. Aveva deciso di lasciarmi definitivamente?
Benissimo: non
avrei fatto la parte dell'egoista, assolutamente no; se lui era
felice, andava bene, mi bastava semplicemente questo. Chissà
se lo sarei stata anch'io, senza di lui. Alex mi guardò fisso
per alcuni minuti, con uno sguardo vuoto, rimanendo con le labbra
socchiuse. Si fermò a mezz'aria come se volesse dire qualcosa,
ma non lo fece. Continuò a guardarmi per un po', dopo di che,
con lo sguardo fisso per terra, si avvicinò alla porta della
mia camera. Senza guardarmi, l'aprì, e dandomi le spalle,
uscì, andandosene.
Ecco che Alex, il mio migliore amico,
usciva di scena.
Eccomi
qui ad aggiornare! Sì, lo so, anche questo capitolo è
triste.. ma vi prometto che dal prossimo cap le cose cambieranno, ed
in meglio (:
Passiamo ai commenti. Mi raccomando, voi che leggete
ma non commentate.. fatelo =P
Gocciolina: grazie
mille (: mi fa piacere che anche tu leggi la mia storia.. non avevi
mai commentato, se non erro. Riuscire a descrivere le emozioni e
farle sembrare reali è molto difficile; ma se ci riesco non
posso che esserne contenta!
curix: LoL,
la definizione di 'essere squallido' per Alex mi piace X° povero
amore :°D beh, mi fa piacere che questo capitolo ti sia piaciuto
e che ti abbia emozionato. (L)
birri: ciao, come Gocciolina
mi fa piacere che anche tu mi leggi! Mi raccomando sconfiggi la
pigrizia e continua a commentarmi *_* ti ringrazio per i complimenti.
Betty O_o: lo
ammetto. Sei la mia commentatrice preferita! ADORO questi commenti
così lunghi. Sul serio. Ti ho accontentato? Ho postato il
capitolo 14 prima che potevo.. Sappi che, in tutto, i capitoli sono
25, più l'epilogo. Okay? (: ti ringrazio ancora una volta e ti
auguro buon viaggio (gggr, che invidia!) (L)
Ecco, ho
finito.
Alla prossima, gente (: e continuate a seguirmi!