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Autore: Raven_Phoenix    25/03/2014    1 recensioni
Mello non sa cosa sia il significato di "vivere". Nel campo Rom in cui ha sempre vissuto nessuno si cura di cosa pensi o cosa faccia, l'importante é che porti un profitto alla comunità rimanendo sempre in fondo alla lista come un bravo cagnolino. Gli é sempre andata bene così pur di restare vivo, e non pensa nemmeno che possa esistere qualcosa o qualcuno che possa aiutarlo.
///
"Perché una persona come lui guardava proprio me?
Eravamo due opposti, lui trasmetteva emozioni da tutti i pori, io non trasmettevo proprio niente se non pena. Cosa l’aveva spinto a perdere una manciata di secondi della sua vita per guardarmi?
(...)
Poi sorrise.
Un sorriso abbagliante, pieno di tutta la carica e la positività che potesse avere in corpo… bellissimo.
La voce di un uomo ruppe quel momento, aveva chiamato un nome da lontano che non ero riuscito a capire, troppo distratto da ogni minimo particolare di quel ragazzino. Lui si rialzò senza smettere di sorridere, e mi regalò un’unica, cortissima frase.
-Contro i pensieri cattivi.- e dopo di questa si voltò scappando via."
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: L, Light/Raito, Matt, Mello, Near, Ryuuk, Un po' tutti | Coppie: L/Light, Matt/Mello
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Hellouuuuuu >__< 
Ebbene sì, sono riuscita anche a trovare un po' di tempo per postare un nuovo capitolo di questa ff u.u ripeto anche qui per chi non avesse visto nel capitolo precedente ma ho avuto qualche problemino e questa ff la davano come una oneshot quando non lo era XD perciò eccomi di nuovo qui ^^
Devo dire di essere personalmente soddisfatta di come mi stia uscendo questa ff *gongola* spero piaccia a tantissime persone!
Vi lascio al nuovo capitolooo! Buona letturaaa!




Capitolo 2:
 
 
Non avevo fatto un sogno assurdo dove ero il principe del più bel castello del mondo, semplicemente mi ero ritrovato a camminare per una strada, con come unico pensiero andare a fare la spesa. Una cosa assolutamente inutile, non trovate? Però quando mi svegliai avvertivo ancora quella sensazione di spensieratezza, in quel mondo il mio unico problema era se prendere il latte scremato o senza lattosio.
Dio, ero proprio patetico perfino nei sogni.
Quella mattina feci più fatica del solito ad alzarmi, desideroso di rimanere a letto a sognare ancora un po’, ma con il trambusto che c’era di fuori era praticamente impossibile. Uscii dalla roulotte constatando che quello sarebbe stato un altro giorno grigio senza sole. Iniziavo a sentire l’aria fresca e pungente che stava aprendo le porte all’autunno, e mi domandai se non fosse già arrivato il momento di battere tutti sul tempo ed andare ad accaparrarmi una di quelle giacche un po’ rattoppate che chiudevano nell’ultima baracca che fungeva da “ripostiglio” e nasconderla da qualche parte, prima di rimanere a bocca asciutta. Mi stavo già programmando l’azione quando una voce bassa e grattata mi chiamò.
-Mihael, tu che sei in giro con le mani in mano.-
Sospirai prima di voltarmi e vedere Romeo che si avvicinava con il suo solito tintinnio di mille catenelle massicce al collo, per non parlare dei tre denti d’oro che sfoggiò quando fece uno dei suoi sorrisi marci.
Avete presente un maiale in sovrappeso infilato in una orrenda camicia a righe in procinto di esplodere? Ecco, quello era Romeo.
-Dimmi.- dissi cercando di sembrare ben disposto a qualunque cosa quel viscido ammasso di lardo volesse.
Era così, più erano importanti più rotoli di grasso sfoggiavano, sarebbe stato bello farli rotolare giù da una valle e vedere chi arrivava prima in fondo immaginandomeli esplodere come dei gavettoni alla fine della corsa.
Che cazzo di pensieri facevo quella mattina?!
-Avremmo bisogno di qualcuno che vada a prenderci delle sigarette, hai capito?-
Rubare delle sigarette, e lo chiedevano a me perché sapevano che la povera signora del chiosco poco distante dal campo aveva un debole per me.
-Ok.- dissi come un automa girando i tacchi e dirigendomi già verso la mia meta di malavoglia.
Non avevo proprio voglia di vedere quella vecchietta con la vista malandata sorridermi e riempirmi di complimenti mentre io appena si voltava sfilavo i pacchetti di sigarette dallo scaffale infilandomeli nelle tasche interne della mia felpa larga, ma almeno quello mi sarebbe valso il pranzo.
Mentre percorrevo la strada mi ripetevo continuamente “stai andando a fare la spesa come nel sogno” cercando di distrarmi, e per un attimo mi immaginai davvero con dei vestiti normali senza buchi diretto verso il supermarket. Grazie a questo pensiero riuscii a fare il mio lavoro, e pochi minuti dopo stavo già uscendo dal chiosco con una decina di pacchetti di sigarette infilati un po’ qua e un po’ là.
-Ruguardati, caro!- mi stava urlando la signora, tanto per dare un colpo in più ai miei sensi di colpa.
Svoltai forse un po’ troppo velocemente l’angolo e andai a sbattere contro a qualcuno finendo quasi gambe all’aria.
Stavo valutando se dire un “Mi scusi” o “Guarda dove vai!” a giudicare dalla persona, ma non mi venne da dire assolutamente niente, rimasi li imbambolato.
Avevo riconosciuto immediatamente quegli occhi verdi, non avevo bisogno di vedere altro per capire chi fosse.
Il ragazzino del cioccolato.
Cosa ci faceva li, proprio davanti a me? Perché su tutto il perimetro di una città grande come quella il destino aveva deciso di farmelo incontrare di nuovo? Qualcuno lassù voleva punirmi di sicuro, non c’era limite alla vergogna che voleva farmi provare.
Era strano… mi sembrava avesse una luce diversa rispetto alle altre persone, non sapevo dire il perché.
-Ma… sei tu.- disse il ragazzo sgranando ancora di più i suoi smeraldi.
-Co… cosa?- farfugliai io dimenticando improvvisamente buona parte del mio dizionario.
-Tu sei il ragazzo che stava fuori dal supermarket ieri!- disse mettendosi quasi a strillare.
“Merda, merda, merda! Questo vuole chiamare la polizia e dire che sono un truffatore!” pensai cercando di trovare alla svelta una soluzione.
-Va bene, va bene! Ora però stai calmo.- dissi indeciso se tappargli direttamente la bocca, ma c’era troppa gente nelle vicinanze, se avessi fatto un gesto simile mi sarei ritrovato in manette ancora prima di poter dire “ah”.
-Che bello! Sono felice di vederti, e sembra che tu stia meglio! È merito del cioccolato, vero?- riprese a parlare meravigliandomi di quante parole potessero uscire in mezzo secondo dalla sua bocca.
Che?! Felice di vedere ME?
-Sì, beh… è vero, sto meglio. Ieri avevo una brutta influenza.- dissi cercando comunque di fornirgli una scusa valida per l’avermi visto quasi moribondo il giorno prima ed ora in piedi perfettamente sano, meglio essere sempre prudenti, non era mai una buona cosa fidarsi di quei mocciosetti che puzzavano di figlio di papà, anche se c’era qualcosa in lui che mi diceva di non doverlo vedere così negativamente.
-Oh, bene! Lo vedi? Io lo dico sempre a tutti, la cioccolata risolve sempre tutto! Infatti quando ci vedono giù di corda ci regalano una tavoletta per ravvivarci la giornata, e funziona sempre.-
Quel ragazzo aveva decisamente qualche problema.
-D’accordo, grazie per la lezione culinaria fa figli dei fiori.- dissi cercando di farla sembrare una battuta per concludere il discorso e darmela a gambe il più velocemente possibile, quel ragazzo era talmente allegro da inquietarmi senza contare che se ci avessi messo troppo per portare le sigarette a Romeo sarebbero stati guai seri.
-Ti consiglio di fartene una bella scorta per le evenienze, almeno per un po’ sei a posto.-
-Magari…- mormorai alzando gli occhi al cielo; ok, non era inquietante, era soltanto di una ingenuità allucinante.
-Perché dici così?-  chiese guardandomi accigliato mettendosi una mano tra i capelli rossi arruffandoseli, sottolineando ancora di più la sua aria da alienato.
-Amico, mi hai guardato?- dissi indicando il mio abbigliamento.
-Ma… la cioccolata dovrebbe essere un diritto di tutti i bambini, i tuoi genitori non te la danno?- chiese esterrefatto, sembrava avessi appena detto una eresia.
-Vai a dirlo a quelli che per miracolo mi tengono con loro.- borbottai immaginandomi che vita potesse essere quella dove ti regalavano cioccolata un giorno si e un giorno no… paradisiaco.
-Dimmi dove abiti e glielo dirò eccome!- urlò gonfiando il petto in una patetica imitazione di uno di quei cartelloni sul nuovo film di Batman.
Scoppiai letteralmente a ridere.
-Tu sei matto.- dissi prima di girare i tacchi e andarmene.
Quello scricciolo con i capelli rossi era talmente iperattivo e solare da farmi quasi venire il mal di testa, mi chiedevo in che razza di famiglia vivesse per essere così.
-Verrò con te e parlerò con tua madre, ok?- proseguì imperterrito.
-Se vuoi trovare mia madre buona fortuna, prova in qualche clinica psichiatrica o direttamente al cimitero.- dissi rincarando la dose di acidità sperando che questo mio asso nella manica servisse a farlo sparire, e in base al silenzio che ci fu dopo le mie parole dovevo avercela fatta.
Proseguii per la mia strada scuotendo la testa.
-Certo che ne esiste di gente strana.- mormorai tra me e me.
Non avevo neanche finito di pensarlo che udii uno scalpiccio frenetico di scarpe da ginnastica dietro di me.
-E chi ti cura non te lo da il cioccolato?-
Sbuffai senza fermarmi e cercando di ignorarlo.
Continuò a seguirmi blaterando altre frasi senza senso, di quanto fossero belle le magliette a righe, se ne avessi una, se avessi qualunque cosa a righe, quale fosse il mio passatempo, mi elencò tutti i suoi curandosi di dirmi uno a uno tutti i nomi sei suoi videogames.
-Tra l’altro tu come ti chiami?- disse dopo il suo monologo cadendo dalle nuvole.
“Non rispondere, non rispondere, non rispondere…”
-Io sono Matt.-
Sospirai.
-Mihael.-
-Non è un nome che ti si addice molto. È così… ruvido.- commentò mentre mi affiancava.
-Che?!- lo squadrai non potendo credere che avesse appena avuto anche da ridire sul mio nome.
-Sì, per te ci vorrebbe qualcosa di più dolce, capisci?-
-Veramente NO.- risposi decisamente seccato.
Eravamo arrivati ai confini del campo e lui non era ancora sparito dalla mia vista.
-Ecco, io vivo qui. Contento?- dissi indicando i cancelli malandati che segnavamo l’inizio delle roulottes e baracche.
Finalmente si zittì, e rimase li impalato a fissare quel poco che si riusciva già ad intravedere. Doveva aver fatto finalmente due calcoli e aver capito l’abisso che ci fosse tra la mia “famiglia” e la sua che gli regalava cioccolata per tirarlo su.
-Con i tuoi?- chiese con un filo di voce.
-Mi hai sentito prima?- scossi la testa spazientito –Non ho nessuno che mi possa comprare della fottuta cioccolata.-
-Nemmeno un fratello o una sorella?-
-No.-
Si chiuse di nuovo nel silenzio facendo sparire ogni traccia del suo sorriso, anzi, per un momento vidi passare una vena di tristezza dei suoi occhi.
-Inizia a piovere, meglio che tu vada a casa, non voglio avere anche un raffreddore sulla coscienza.- dissi quando improvvisamente sentii una goccia finirmi sulla tempia.
Non riuscii nemmeno a vedere i suoi movimenti da tanto si era mosso veloce, e me lo ritrovai addosso.
Mi stava… abbracciando?
Era impossibile, chiunque non avrebbe mai avuto il coraggio di toccare me, talmente sporco da non riuscire quasi a capire di che colore avessi i capelli. Il suo profumo invase le mie narici: era dolce ma con una punta delicata di agrumi. Mi pervase completamente per un attimo, tanto che per un millesimo di secondo desiderai che non se ne andasse.
Così come si era avvicinato si allontanò e mi guardò dritto negli occhi, serissimo.
-Io ti aiuterò, costi quel che costi.- disse in tono sicuro.
-Aiutarmi? Per cosa?- chiesi spiazzato da quel cambio d’umore.
-Fidati di me. Devi solo resistere.- e dopo aver detto quelle ultime parole si voltò a se ne andò di corsa.
Lo osservai finché non ebbe girato l’angolo, rimanendo fermo ancora per un po’ nonostante avesse iniziato a piovere come si deve.
-Aiuto… chi ne ha bisogno.- dissi in ultimo dandomi una scrollata di spalle per tornare con i piedi per terra e a dirigermi rassegnato alla ricerca di Renato per consegnare il bottino
Se quel bimbetto con disturbi alla personalità credeva di potermi aiutare portandomi un altro quadratino di cioccolato o insegnandomi ad andare in bicicletta doveva essere rincoglionito forte, non c’era altra spiegazione. E poi… mi aveva abbracciato! L’ultima volta che avevo ricevuto un abbraccio era stato quando Giulian, uno dei vecchi ubriaconi, mi era letteralmente crollato addosso sotto i fumi dell’alcol, o forse in uno dei rari pomeriggi in cui ci era concesso giocare tutti insieme e inscenavamo le pubblicità che vedevamo sugli schermi in centro città, e a me era toccato uno di quelli smielosi che avevo interpretato con Hugo, un ragazzetto basso e tarchiatello che si era messo in testa il manico di una scopa come parrucca per sembrare una donna.
Ripensavo con un brivido alle ultime parole di quel Matt, avevo paura che da un momento all’altro si presentasse di nuovo al campo chiedendo ad Anita “Mihael può uscire a giocare?”, sia per quello che avrebbero potuto fare a lui sia per quello che avrebbero potuto fare a me. Fissavo i cancelli con ansia, ma lui non si ripresentò né quel giorno né il giorno dopo. Non lo rividi più nemmeno per caso al supermarket quando mi toccò tornare a fare la parte del menomato. Tirai un sospiro di sollievo, pensando che quelle parole doveva averle dette solo per non fare una brutta figura prima di darsela a gambe. Meglio così.
Con il tempo stavo dimenticando anche il sapor del cioccolato, e quei pochi sogni che avevo iniziato a fare diventavano sempre più corti e sfocati. Quella piccola insicurezza che mi aveva posseduto in quei giorni mi stava abbandonando, finalmente. Avrei potuto tornare a dare il mio cento per cento.
Dopo una settimana da quel bizzarro incontro, però, successe qualcosa di ancora più bizzarro. Avvertii già qualcosa appena sveglio, come una strana sensazione. Rimasi nervoso per tutto il giorno, finendo più volte con l’inciampare mentre portavo qua e là la legna per i vari fuocherelli, ricevendo immancabilmente una miriade di insulti. Era decisamente una giornata no, me lo sentivo. Ciononostante mi aspettavo spintoni e scappellotti, ma sembravano tutti troppo impegnati a guardare insospettiti i cancelli del campo per preoccuparsi di punirmi.
-Cos’hanno tutti oggi?- chiesi a Carlo, che sapeva sempre tutto anche senza volerlo.
-Pare ci sia una macchinona di quelle di lusso che si aggira da queste parti e che ogni tanto si fermi proprio qui davanti. Credo abbiano tutti paura di qualche retata, e fanno più che bene. Sapessi cosa ho visto nella roulotte di Sergio… roba cattiva, caro mio.- disse abbassando la voce e avvicinandosi di più a me.
-La polizia in incognito, dici?- domandai incuriosito.
-Macché! Quelli non vanno in giro con quei bestioni tirati a lucido. No, deve esserci dietro qualcuno di ancora più cazzuto, non so se mi spiego.-
-Tipo?-
-Che ne so, ciccio! Mi hai preso per uno acculturato dei ranghi dell’ordine?- disse per poi scoppiare in una delle sue solite risate rauche.
Anche se l’aveva detto tanto per dire, forse Carlo aveva ragione. Notai anch’io il Jeep gigantesco nero che ogni tanto accostava proprio davanti ai cancelli, ma con i vetri oscurati era impossibile riuscire a vedere se stessero guardando proprio dalla nostra parte.
Fu di sera che successe.
Me ne stavo tranquillo a guardare un balletto improvvisato di alcune donne per far passare il tempo prima che il cielo diventasse del tutto scuro per ritirarmi a dormire quando improvvisamente un sacco di gente iniziò a radunarsi in direzione dei cancelli.
-Ehi, andiamo! C’è un tizio strano che è sceso da quel macchinone ed è venuto qui!- disse qualcuno facendo scattare tutti quanti all’istante.
Lo stomaco mi si contorse di colpo e quel presentimento si fece ancora più forte, e mi diressi a vedere lentamente, per paura che stesse per succedere qualcosa.
Si era già formato un bel gruppo che a semicerchio attorniava un tizio dall’aria parecchio insolita.
Era altissimo e magro, con un cappotto nero che lo faceva quasi sembrare un paletto, e in testa un cappello a cilindro. Strizzai gli occhi per cercare di vederlo bene in volto, e mi stupii nei constatare che doveva avere già una certa età. Si intravedevano dei capelli ampiamente brizzolati, e il suo viso era un tripudio di rughe. In equilibrio sul naso aquilino teneva un paio di occhialetti rotondi. Non riuscivo a capire quello che stesse dicendo mentre discuteva con Romeo, o meglio, lui cercava di parlare in maniera civile mentre Romeo gli sbraitava addosso a trecento decibel. Mi avvicinai cercando comunque di non dare nell’occhio finché non riuscii a captare la voce bassa e vellutata dell’uomo col cappotto.
-Buon signore, le posso assicurare di essere qui per buone intenzioni, non appartengo a nessun genere di autorità.-
-Ma certo! E io dovrei anche crederti! O mi dici immediatamente chi ti manda e la facciamo finita oppure ti prendo quel bel cappellino e ci faccio una fisarmonica.- sbottò Romeo avvicinandosi minacciosamente, affiancato da altri individui dall’aria non proprio socievole.
-Le ripeto di non essere qui con fini autorevoli, mi creda. Sono qui per una sola persona.- tutti iniziarono a guardarsi tra loro confabulando.
-Io quando avevo danneggiato quella vetrina ero sicuro non ci fossero telecamere.- disse uno alla mia sinistra, insieme ad altre frasi molto simili.
-E chi cerchi, sentiamo?- disse Romeo con la sua insopportabile faccia da schiaffi, piantandosi le mani sui fianchi e mettendo ancora più in mostra il suo grasso ventre.
Le parole che sentii successivamente erano le ultime che mai mi sarei aspettato di sentire, e allo stesso tempo quando raggiunsero le mie orecchie sentii come un abisso aprirsi sotto di me, lanciandomi nel panico più totale.
-Sono qui per un ragazzino di nome Mihael.-
 



Ed eccoci qui ^^ come vi sembra? Il povero Melluccio oltre ad essere in un posto terribile si ritrova anche un povero idiotino logorroico XD povero! Dal prossimo capitolo posso anticiparvi che ci saranno i primi cambiamenti radicali, molti di voi si saranno già fatti un'idea suppongo u.u
Vorrei inoltre scusarmi per la frequenza da bradipo con cui aggiornerò questa ff, ma al momento sono abbastanza presa dalla mia everyday life e anche dal fatto che questa ff é un po' in "secondo piano", ovvero voglio prima di tutto proseguire abbastanza regolarmente con "The city of the sweet flavors" e prendere con mooooolta più calma con questa. Però potrebbe essere che la situazioni si ribalti, ma si vedrà con il tempo, per ora lascio le tempistiche così, vogliate perdonarmi ^___^''''
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che i miei lettori aumentino, ci terrei tantissimissimo >____<
Ringrazio tutti quelli che hanno letto, recensito, messo nei preferiti, nei seguiti, ecc. Anche se non sembra siete già un buon numero e mi rendete una bimba tanto felice **
Fatemi sapere se vi piace, se non vi piace, critiche, complimenti, insomma tuuuuuuutto quanto u___u recensite recensite recensiteeee è____é
Al prossimo capitoloooo^^ sciauuuu!
  
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