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Autore: Rhona    29/03/2014    1 recensioni
[Storia in revisione grammaticale e stilistica, alcune volte con l'inserimento di scene di passaggio e simili. Pubblicazione nuovi capitoli ancora in corso, ma a rilento.]
I romani: un popolo colto, erudito, padrone del mediterraneo ed oltre. Potenti uomini conquistatori che non esitano a commettere genocidi in onore di Roma, capitale del mondo intero.
I barbari: guerrieri, selvaggi, forse anche cannibali, che combattono per la loro terra, ma per difenderla, non per ampliarla.
E poi c'è lei. Chi è lei? Non è barbara, ma si oppone a chi la chiama romana... Non è romana, ma si arrabbia se la si chiama selvaggia...
Romani contro barbari: non è la guerra di due popoli; è lo scontro di due mondi opposti eppure tanto vicini.
**** Attenzione: il rating e gli avvertimenti potrebbero cambiare.
Genere: Drammatico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana
Capitoli:
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Capitolo VI


 
ROMA

 
 
Marco adorava i banchetti pubblici del padre: erano l’occasione perfetta per far colpo sulle giovani donne dell’aristocrazia! C’erano diverse tavolate, piene di ogni genere di cibi e bevande. Dopo tre giorni in questa situazione si sentiva gonfio come un tacchino ripieno... e il banchetto durava altri quattro giorni! La popolazione, gente perbene o gentaglia che fosse, ronzava sulla tavola come le mosche sul miele. Iolanda Quintilia passeggiava con alcune altre donne. Riconobbe Lucilla Drusa, Aemilia Flavia e Giulia Tullia che le parlavano. Aveva adocchiato Aemilia Drusa per un po’ di tempo, ma poi ci aveva ripensato, spostando gli occhi dal suo seno piatto a quello prosperoso di Cecilia, la puttana. Molti dei suoi coetanei o concittadini non gradivano la vista di un seno prosperoso, quanto a lui invece... be’... lo apprezzava parecchio. Iolanda non aveva certamente il fisico giunonico e l’incedere flessuoso di Cecilia, ma aveva un bel viso. Entro sei mesi sarebbe stata sua, ne era sicuro. Il vero problema ora era ristabilire la sua dignità in ambito militare... L’imperatore era a combattere contro i barbari del Nord-Est, i sarmati forse; aveva suggerito a Titurio di prendere il posto lasciato da Marco e, come se non bastasse, c’era che cominciava ad ignorarlo del tutto fra la nobilitas. Tutti sapevano, tutti parlavano, tutti aggiungevano un piccolo dettaglio per ingigantire la notizia... Alla fine la versione più accreditata era quella in cui Marco supplicava senza ritegno  il capo svevo Vaughan per risparmiargli la vita. E poi Vaughan non era neppure uno svevo! Vaughan... Vaughan... Vaughan... ormai si sentiva parlare solo ed esclusivamente di lui, neppure fosse stato l’erede all’Impero! Un immensa rabbia lo pervadeva ogni volta che sentiva pronunciare il suo nome. Non l’aveva mai visto di persona, ma pensava di averlo intravisto durante la battaglia: altissimo, muscoloso con il viso dall’espressione dura. Ficcò in bocca due acini d’uva e masticò sprezzante. «Ho  notato che mi guardavate.» Si voltò e scoprì Iolanda Quintilia. Aveva i capelli acconciati preziosamente. La tunica era lunga e verde. Aveva un velo di seta dello stesso colore sulla testa, fermato con un gioiello bronzeo. Portava bracciali preziosi alle braccia bianche e sfoggiava le sue solite labbra tinte di rosso purpureo. Trangugiò gli acini in fretta, e senza fare versi. «Siete una donna perspicace, Iolanda.»          
«Posso chiedervi perché?» chiese civettuola, mettendo il mostra il collo e i polsi della mani.
«Oltre ad essere perspicace siete anche molto bella.» sfoggiò il suo sorriso più seducente.
«State cercando di sedurmi, Marco?»
«E ci sto riuscendo?» le continuò a sorridere.
Lei fece spallucce, indicandogli con lo sguardo un uomo. Gli ci volle un po’ per riconoscerlo, ma capì che si trattava dello stesso uomo che tempo prima, ai Fori, la stava ammorbando mentre faceva sfoggio del suo sapere su Cerere. Marco non avrà avuto una gran cultura, ma almeno aveva una certa sensualità nel parlare e nei movimenti. Fissando Iolanda negli occhi scrollò le spalle e chiese: «Quindi?»
«Mio padre crede che sia il miglior partito a che io possa aspirare: pesino meglio di voi. Lui è già senatore, voi no...»
«Allora preferite un senatore panciuto con vent’anni più di voi, piuttosto che un giovane ufficiale dell’esercito come me?»
«Ex-ufficiale dell’esercito.»
«Non temete: presto tornerò al mio posto fra i ranghi dell’esercito.»
«Allora vi aspetterò.» andò a nascondersi dietro una colonna. Marco la seguì. «Ma allora vuol dire che vi interesso...»
Lei rispose con un sussurro «... può darsi...» Marco si avvicinò al suo viso. Protese leggermente le labbra e Iolanda fece lo stesso. Chiusero gli occhi. Le posò le sue labbra sulla bocca, prendendole la vita e spingendola contro il suo bacino. Una mano gli si poggiò sulla spalla.  «Potrei conferire con mio figlio in privato?» si staccò dal bacio in fretta. Riconobbe sul volto di Iolanda un’espressione rammaricata e imbarazzata. Le guance che le avvamparono per la vergogna la rendevano ancora più desiderabile... Tennero entrarmi lo sguardo basso.
La sentì deglutire. «Certo senatore.» accennò ad un inchino col capo e si allontanò. Marco fissò le labbra purpuree, la vita sottile e le gambe snelle che gli erano appena sfuggite. Il padre aveva un’espressione accigliata. La fronte già rugosa era ancora più corrugata. Era sicuramente per il suo comportamento: si rendeva conto di aver fatto una cosa rischiosa; soprattutto per la reputazione di Iolanda... Attese che Iolanda fosse lontana e cominciò a parlare. «Figliolo, ho parlato con il senatore Quintilio.»
«Riguardo cosa?!» chiese stralunato.
«Non ho voluto avvisarti, ma ho proposto a Quintilio un matrimonio fra te e Iolanda.» rispose serio.
Marco sorrise inconsapevolmente, in riflesso ad una gran trepidazione interna «E cos’ha detto?»
«Ha detto che nonostante tu sia un giovane di buona famiglia, dopo l’onta della sconfitta contro i germani, non acconsente.»
Marco credette di perdere un anno di vita. Iolanda era bella, ricca e con un padre molto potente -come il suo d’altronde- e perdere un matrimonio del genere era sicuramente gravissimo. «Mi hai deluso, Marco Giulio: la nostra famiglia è da sempre stata una delle più antiche, importanti e potenti di tutto l’Impero. Un anno fa, Quintilio non si sarebbe neppure sognato di rifiutare un matrimonio fra te e una delle sue figlie. La tua incompetenza in campo militare ci sta attirando verso la rovina. Di questo passo non ci sarà più neppure una rozza popolana disposta a sposarti! Titurio ti bette i bastoni fra le ruote, e una volta era uno dei più validi alleati della famiglia. Hai gettano sdegno e miseria sulla mia gente.» scuoteva la testa, commiserandolo.
Marco sentì una sensazione di rabbia e impotenza salirgli in corpo. «Padre, io ho fatto tutto quello che potevo: ma i sassoni sono stati molto forti. Avevano uomini meglio addestrati, conoscono la loro terra. L’ideale per cui combattono gli fa dimenticare anche la paura.»
«Non mi interessa dei sassoni!» gridò il padre «Tu, sei tu il problema! Non ti ho forse insegnato che la gloria in battaglia è il più importante di tutti i valori? Avresti dovuto scappare, farti uccidere, suicidarti piuttosto che tornare da perdente! Invece sei tornato per crogiolarti nei piaceri della vita mondana! Perché è questo che sai fare: le belle donne e i giochi sono le uniche cose a cui presti attenzione: sei una vergogna per me e per tutta la tua famiglia! Ho sempre taciuto perché credevo che la crepa che avevi inflitto all’onore della gens non fosse poi così grave: ma mi sbagliavo... Io non sono più tuo padre!»
Guardandosi intorno capì che tutti avevano l’attenzione su di lui: Iolanda lo guardava stordita. L’espressione fredda e calcolatrice sul volto del padre lo fece gelare. Doveva uscirne vincitore, ma come? «Se questa è la vostra volontà, padre, io la eseguirò!» disse per guadagnare tempo.
«Me ne andrò di casa e non mi rivedrete più, fino a quando non avrò ristabilito l’onore della mia famiglia.» se ne andò, tagliando la folla e passando accanto a Iolanda Quintilia. «Vi aspetto ai Fori, domani alla mezza.» sussurrò quando le fu accanto.  Sentì il suo sguardo seguirlo per diversi passi, poi intuì lo sdegno generale che doveva aver causato. Avrebbe potuto tentare di partire dal basso: diventare soldato e salire di grado dopo. Ma la battaglia in prima linea non faceva per lui. L’unico modo per tornare in auge in fretta era un matrimonio importante. E cosa c’era di più facile di sedurre una donna per uno come lui?
 



 
TERRE DEI SASSONI
 
 
Se ne andarono di notte, scappando senza far rumore. Cecilia arrancava nella neve con fatica. Vaughan, Fearchar e Olaf erano restati indietro per bruciare il villaggio una volta sgombrato. Si era quasi sentita in colpa per aver pensato male di Olaf, dopo aver visto la ferita al braccio che si era procurato per salvare Vaughan e Fearchar. Camminava a fianco di Mathilda, come l’aiutava a non cadere con il pancione. A quanto gli aveva detto il marito sarebbero rimasi per poche settimane ospiti della popolazione limitrofa, per poi –una volta costruite le nuove case- si sarebbero stabiliti in una terra più ad Est. Per quanto riguardava la terra  da conquistare non era un problema: la loro popolazione vantava il più grande esercito di uomini meglio addestrati di tutte le tribù della zona, se non di tutte quelle germaniche. Sentì come uno scricchiolio dietro di lei. Voltandosi vide tutte le case in fiamme, torce accese nella notte buia che rischiaravano la strada e mandavano chiari messaggi ai romani: avete fallito. Di Roma, doveva ammettere, le mancava il clima temperato: ma per il resto era infinitamente più felice lì. La nostalgia del clima italico veniva soprattutto in quel momento: costretta ad una lunga camminata della neve alta, di notte, investita dal vento gelido dell’Ovest ed era anche incinta oltretutto.  «Stai bene, Cicilia?» sentì il fiato caldo di Vaughan sul suo collo. Annuì, aggiungendo a parole «È troppo freddo!»
Vaughan sorrise. «Da quando sei arrivata non hai fatto altro che lamentarti del freddo!»
«A Roma ti scioglieresti.» lo punzecchiò.
«Non credo che andrò mai a Roma!» disse lui per tutta risposta. Le cinse le spalle con il suo braccio forte.
«Per tua fortuna: se avresti provato a lamentarti del caldo ti avrei picchiato!» scherzò. Appoggiò la
Vaughan rise. «Brynhildr è con  Ada?» Ada era risultata essere l’anziana donna dai capelli rossi. «Si, io non riesco a portarla in braccio.» posò una mano sul ventre che cominciava ad essere prominente.
Lui le strinse le spalle e le sorrise. «Vado a prenderla io, la teniamo con noi, è meglio.» E si allontanò fra la massa di persone in cammino. Se lo ritrovò davanti ad aspettarla, con la piccola Brynhildr addormentata fra le sue braccia. Le sorrise di nuovo. «Sei stanca?»
«Un po’, ma posso continuare. Mi dispiace un po’ di dover bruciare tutto: non ci sono stata per molto, ma il villaggio era la mia casa.» ammise, voltandosi a guardare le casa accese.
«Quella nuovo sarà migliore: più grande e più sicura. La costruiremo in modo diverso, più facile da abbandonare in caso di bisogno, ma con delle difese. Fossati, trappole e quant’altro.»
«Dovreste costruire delle mura come facciamo al sud. Lo fanno anche in Gallia, non vedo perché qui non dovreste.» suggerì.
«Difficilmente restiamo in un posto molto a lungo: siamo nomadi. Nello scorso villaggio siamo rimasi per due anni.»
«E non hai mai pensato di stabilirti i  un posto senza muoverti?»
«No, per la verità sono sempre stato bene così.» le sorrise e, senza preavviso, la baciò. Le piaceva baciarlo: poteva anche essere spietato in guerra, ma con lei era l’essere più amabile e buono della terra. L’avrebbe reso felice, sì: meritavano di essere felici. Staccatasi dal bacio lo guardò intensamente e lo baciò si nuovo. Brynhildr si svegliò e cominciò a piangere, e Vaughan sorrise mentre si staccava da Cecilia:  «È  proprio una donna.» attese la sua reazione «Rompiscatole già appena nata!»
 


 


***Spazio Autore***
Mi scuso per il ritardo... ma dover scrivere di Marco Giulio Flaviano mi rimane davvero pesante! Vi annuncio che questo sarà uno degli ultimi capitoli della prima parte della storia... (No, no: non finisce qui!!)
  
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