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Autore: Tati Saetre    01/04/2014    12 recensioni
Edward ha 30 anni, capo della Cullen Media Group, è un uomo presuntuoso, egoista e viziato.
Isabella ha 28 anni, direttrice di una delle Gallerie d'arte più famose di New York, è in cerca dell'uomo della sua vita.
Che cosa li accomunerà per il resto delle loro vite?
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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“Toglitelo dalla testa

Terzo capitolo - Cambiamenti

22 Settembre 2001

 

“Toglitelo dalla testa. Non mi guardare così.” Edward puntò un dito contro Isabella, mentre usciva dalla casa dei suoi genitori.

L’avvocato se ne era andato da qualche minuto, mentre i signori Hale e i signori Cullen erano rimasti in casa, discutendo di quello che era appena successo.

Due settimane prima Isabella Swan era la dirigente di una delle più famose Gallerie d’Arte di New York. Ora, era una donna senza un lavoro e con due bambine sulle spalle.

Cosa dovrei togliermi dalla testa, Edward?” Lo sfidò, avvicinandosi di qualche passo.

Non aveva mai sopportato Edward Cullen. Al liceo era il capitano della squadra di basket, era fidanzato con la cheerleader più bella della scuola e lasciava una scia di ragazze innamorate dietro di sé. Mentre Isabella era piena di brufoli, occhiali spessi come il fondo di una bottiglia e qualche kilo di troppo. Il solito cliché.

Peccato che sembrava veramente una soap opera americana: lui la disprezzava e lei lo odiava. E questo odio reciproco durava da più di dieci anni.

“Amo Emma e Mia, Isabella. Immensamente. Ma la risposta è no. Non possiamo prenderci cura di loro. Siamo le persone meno adatte in questo mondo, per Dio!” Alzò le mani al cielo, esasperato.

Edward era arrabbiato con Alice.

Come aveva potuto fargli una cosa simile?

Isabella si stropicciò gli occhi. “Credi che io sia pronta ad una cosa del genere, Edward?” Disse, abbassando la voce. “Non lo sono. Non ho figli, e per quanto mi piacciano i bambini, ora non sono una mia priorità. Ma… Alice era la mia migliore amica, Edward. Tua sorella. E le ha lasciate a me. A noi. Cosa pensi che debba fare?”

“Lasciarle a mia madre.” La risposta di Edward era stata secca e precisa.

Bella scosse la testa. “C’è un motivo perché Alice e Jasper hanno deciso di fare una cosa del genere.”

“Un motivo che non ha il minimo senso, Isabella!” Quasi urlò, alzandosi le maniche della camicia fino ai polsi. “Non mi interessa cosa pensassero quei due quel giorno. Isabella, stiamo parlando di Jasper ed Alice. Due ragazzi di nemmeno venti anni che si sono sposati a Las Vegas. E che hanno avuto la brillante idea di lasciare le loro figlie a noi due. Indicò prima lui, e poi Bella.

Magari Jasper ed Alice non ci avevano pensato bene. Forse, avevano pronunciato i primi nomi che gli passavano per la testa.

“Adoro tua madre, Edward. Esme è una donna fantastica. Ma non posso lasciarle a lei, quando so che Alice ha voluto lasciarle a me. E’ come… tradirla.”

“Oh, fantastico.” Edward camminò avanti e indietro, prima di tornare davanti a Bella. “Vediamo se ho capito bene: vuoi crescere due bambine di sette e tre anni, da sola. Forse senza un lavoro, perché entrambi non sappiamo cosa succederà ora che abbiamo perso il vecchio. Senza nemmeno una casa in cui stare con le bambine, nulla. Tutto questo non ha senso, e lo sai anche tu.

“A casa di Alice e Jasper.” Disse Bella.

“Come?”

“Eri uscito. L’avvocato ha detto che Alice e Jazz hanno lasciato la casa a noi.

“Non ci credo.” Sussurrò Edward, esasperato.

“Lo vedi? Hanno pensato a tutto. Tutto.”

“Non posso prendermi questa responsabilità, Isabella. Il lavoro mi ucciderà, ora. Dobbiamo trovare una nuova sede, devo trovare un nuovo personale qualificato. Il lavoro è sempre stato e continuerà ad essere la mia priorità. Per quanto le ami entrambe, non posso.”

“Non sto dicendo che lo devi fare, Edward.” Disse Bella, mettendo una mano sopra la sua. “Devi solo mettere una firma, per fare in modo che sia solo io a prendermi cura di loro.  Le potrai vedere ogni volta che vorrai, non me la prenderò. Ma non posso lasciarle ai tuoi genitori. Sono sicura che Alice aveva un motivo valido, per fare una cosa del genere. Lascia solo… che me ne prendi cura io.”

Edward tolse la mano dalla sua, portandosela alla testa.

“E ce la farai? Crescere due bambine, da sola?”

“Sì, Edward. Ho dei soldi, un fondo che ho aperto anni fa. E poi, non ti chiederei mai niente. Ma lasciale a me. Non mettere in mezzo i tuoi genitori, o quelli di Jasper. Le cose andrebbero solo a finire male.”

“Sei sicura?”

Bella annuì, alla fine non molto sicura di quello che stava facendo.

Due bambine sotto la sua tutela. Per sempre.

“Resteremo a casa di Alice e Jasper. Affitterò l’attico in cui vivo ora. Non sarà un problema, Edward.”

Cercò di convincerlo, guardandolo fisso negli occhi e senza sbatterli.

“Okay.” Sussurrò infine lui. “Andiamo a dirlo ai miei.” Ed insieme, si diressero verso l’interno della casa.

 

 

“Tu non sai cosa stai facendo, tesoro.” Isabella sbuffò pesantemente.

“Sì che lo so.”

“Io e tua madre siamo riusciti a malapena a crescere una bambina, Bells.”

“Non è vero. Guardami ora. Non sarei mai diventata così se non fosse stato per voi. Beh, più grazie a te che alla mamma.” Disse Bella, sistemandosi meglio la cornetta fra l’orecchio ed il collo.

“Emma e Mia sono due bambine fantastiche, Bells. Le adoro immensamente, ma non era meglio che rimanessero con Esme? Tesoro, hai solo ventotto anni.” Charlie mise molta enfasi quando pronunciò l’età di sua figlia.

Per lui, era sempre la sua bambina.

“Papà, ho già ventotto anni. Alice avrà avuto i suoi buoni motivi, lo sai. Voglio tenerle con me.”

“Lo sai che sarà un lavoro a tempo pieno, vero? Avrai due bambine. Non potrai lamentarti, stancarti o darle indietro, Bells. Resteranno con te per sempre.”

Isabella sorrise, pensando al suo futuro già progettato.

Sapeva benissimo che il giorno dopo la sua vita sarebbe cambiata. Sapeva anche che poteva farcela, perché Alice contava su di lei.

“Lo so, papà. Non c’è bisogno che me lo ripeti. E non vedo l’ora che vieni a trovarmi per qualche giorno.

“A metà Novembre sarò a New York, tesoro. Promesso.”

“Perfetto. Allora ci sentiamo in settimana. Saluta Sue.”

“Certo. Ciao Bells.”

“Ciao papà.”

Bella riattaccò, buttò il telefono sul letto e lo seguì subito dopo.

La maggior parte dei suoi vestiti era già stata messa in valigia con l’aiuto di Leah, che non aveva voluto sentir ragioni.

Jacob invece l’aveva aiutata ad impacchettare le sue cianfrusaglie, i quadri ed i libri, e li aveva già portati nella nuova casa.

A casa di Alice e Jasper.

Perché Bella sapeva benissimo che quella sarebbe rimasta per sempre la casa dei suoi migliori amici.

Il letto era spoglio, con solo un cuscino sopra. Nel pomeriggio aveva messo un annuncio online e si era recata all’agenzia immobiliare.

Il fondo di cui parlava con Edward non era poi così sostanzioso, ed aveva bisogno di soldi. L’affitto l’avrebbe aiutata di molto, sia a lei che alle bambine. E non si sarebbe mai abbassata a chiedere qualcosa a Edward.

Capiva la sua decisione di non andare con loro, ma tutto o niente.

Se aveva deciso di continuare a vivere la sua vita per conto suo, lei non gli avrebbe mai chiesto nulla.

Con il pensiero che Edward l’aveva lasciata davvero da sola iniziò a chiudere gli occhi, cullata dal silenzio assoluto del suo attico vicino Central Park.

 

 

23 Settembre 2001

 

“Mi odieranno.” Isabella sistemò l’ultima candela sopra il ripiano del camino, guardando la foto di Alice e Jasper.

“Ti amano, Bella. Sei fantastica.” Urlò Leah dall’altra parte della stanza.

Erano a casa di Alice e Jasper.

A casa sua, ormai.

“Non sarò mai come Alice. Lei le adorava, Leah. Era la loro mamma. Non mi ameranno mai. Non si divertiranno, con me. Forse avrei dovuto ascoltare Edward, e lasciarle con Esme e Carlisle. Loro sono fantastici, ed i-”

Shhh.” Leah era tornata dall’altra stanza, e le prese una mano fra le sue. “Basta parlare. Stai vaneggiando. Ti hanno sempre adorata, lo sai bene. E scusa se te lo dico, ma Edward è stato un codardo.

“Edward aveva altre cose a cui pensare, Leah. Ha ragione.”

“Bella, non ci si tira indietro di fronte ad una notizia come questa. Edward è un codardo, e se ne pentirà amaramente.

“Smettila di parlare così, dovrebbero tornare da un momento all’altro.”

Erano le tre del pomeriggio. Leah aveva insistito per aiutare Bella a sistemare la casa con le sue cose, Jacob aveva delle commissioni da sbrigare al Pub e Edward si era offerto di andare a prendere le bambine a scuola.

“Da quant’è che lo difendi? Non era il tuo peggior nemico?”

Bella le lanciò un’occhiataccia. “Tu credi che possiamo tornare ad essere quelle due persone che non possono stare nella stessa stanza per più di cinque minuti, dopo tutto quello che è successo?”

Leah scosse la testa. “No. Guardati, sei già diventata un’altra persona. La indicò, sorridendo amorevolmente. “Ora, io me ne vado. E tu sarai perfetta, Bella. Ah, e cerca di dar fede a quello che hai detto: non ucciderti con Edward dopo due secondi. Leah non riuscì a sentire gli epiteti poco carini che Bella le lanciò, ma invece quest’ultima sentì benissimo la voce di una bambina sul portico. Poco dopo, si erano tramutate in urla dentro quella casa enorme.

“Zia Bella!” Emma buttò la giacca e lo zaino a terra, buttandosi tra le braccia di Isabella.

Hey, tesoro.” Le scostò quei capelli lisci e nerissimi da davanti al viso. “Com’è andata a scuola?”

Iniziò a raccontarle tutto quello che aveva fatto quel giorno a scuola: dai disegni al dettato che aveva svolto perfettamente.

Alice era rimasta incinta di Emma a soli diciannove anni, poco dopo il matrimonio. Quella bambina era una forza della natura, tale e quale a sua madre. Lunghi capelli neri, una corporatura esile ed una parlantina sciolta che non finiva mai.

Mia invece, aveva appena tre anni. Ed era uguale a Jasper: capelli biondi, grandi occhi marroni e due guance tutte da mordere.

“Tesoro, dov’è Mia?”

“Sì è addormentata in macchina. Si addormenta sempre in macchina, dopo l’asilo. Non è possibile. All’asilo non si fa niente, no? Io all’asilo non facevo niente, e mi annoiavo da morire. Ora che sono alle elementari e studio, non sono per niente stanca. Non è vero, zia Bella? Tu ti stancavi all’asilo?” Bella perse il filo del discorso, notando che Emma non aveva nemmeno preso aria per finire il suo.

“Vado a vedere dov’è Mia.” Le puntò un dito contro. “Tu non muoverti di qua, perché quando torno ci sarà una bella sorpresina per te.” Emma saltò su entrambi i piedi, squittendo in modo innaturale.

E’ proprio uguale ad Alice.

Intanto Bella uscì dalla casa, quasi scontrandosi con Edward che teneva in braccio un fagottino rosa.

“E’ crollata in macchina.”

“Me l’ha detto Emma.” Sorrise, lasciandolo entrare e chiudendo la porta. “La porti su?” Edward annuì, dirigendosi verso le scale e salendo al piano superiore.

“E’ vero che tu e zio Edward resterete qui?” Isabella saltò letteralmente sul posto, portandosi una mano sul cuore.

“Tesoro! Non lo fare mai più! Mi hai spaventata.” Lei rise sotto i baffi.

“Lo so. Spaventavo sempre anche papà, e mamma rideva insieme a me.” Trotterellando si avviò verso la cucina, sedendosi su uno degli sgabelli intorno al piano cottura.

“Vuoi fare merenda?”

“Voglio pane e nutella.” Bella aprì ben tre sportelli, prima di trovare quello del pane e della nutella.

Ne spalmò un po’ sulla fetta di pane, la mise in un piattino e lo posò davanti ad Emma. Dopo, le versò del succo di frutta in un bicchiere di plastica.

“Allora.” Incominciò, dopo essersi impiastrata tutto il viso di nutella e briciole. “E’ vero che tu e zio Edward starete qui con noi?”

Isabella sospirò. Non sapeva come dirle che soltanto lei sarebbe rimasta con loro, mentre Edward era fuori da tutto questo.

“Tesoro.” Iniziò, preparandosi mentalmente le parole da usare.

Perché era facile parlare e convincere un uomo a comprare un quadro da centomila dollari, mentre parlare con una bambina di sette anni era la cosa più difficile al mondo?

“Soltanto se ti comporti bene, mangi la verdura e vai a letto prima delle dieci.”

Ma mamma mi faceva andare a letto dopo i cartoni animati!”

“Io non sono mamma.” Edward fece la linguaccia ad Emma, mentre Isabella guardava estasiata il dibattito fra i due.

“Allora, vivete qui o no?”

“Perché, a te cosa cambia?” Domandò Edward, sedendosi accanto a lei e dandole un pizzicotto sulla guancia.

“Soltanto per farvi sapere che il bagno in fondo a destra è mio. Quello con la vasca da bagno ed il sapone di Kiss Me Licia.”

“Ho capito. Non useremo il bagno in fondo a destra.”

“Oh, puoi anche usarlo. Basta che non ti lavi nella mia vasca e non usi il mio sapone.

“Va bene, capo. Ora perché non vai a fare un po’ di compiti? Sennò stasera ti mando a letto prima della fine dei cartoni animati.

Emma si alzò in un batti baleno, si pulì la faccia alla belle e meglio con un tovagliolo e salì al piano superiore.

“Ora come faccio a mandarla a letto prima delle dieci?” Domandò Bella, posando il piatto ed il bicchiere nel lavello.

“Troveremo una soluzione.”

Troveremo?”

“Ah, devo andare a prendere le mie cose in macchina.” Edward si alzò, dirigendosi verso l’uscita.

Hey! Mi spieghi cosa sta succedendo?”

“Prima che me ne dimentichi.” Edward si voltò, puntandole un dito contro. “La camera con il balcone è la mia.” Disse infine, uscendo dalla casa e lasciando Isabella con gli occhi allargati e la bocca dischiusa, in mezzo alla cucina come una stupida.

 

 

 

 

 

   
 
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