Terzo capitolo -
Cambiamenti
22 Settembre 2001
“Toglitelo
dalla testa. Non
mi guardare così.” Edward puntò un dito
contro Isabella, mentre usciva dalla casa dei suoi genitori.
L’avvocato se ne
era andato da qualche minuto, mentre i signori Hale e
i signori Cullen erano
rimasti in casa, discutendo di quello che era appena successo.
Due settimane prima
Isabella Swan era la dirigente di una delle
più famose Gallerie d’Arte di New York. Ora, era una donna senza
un lavoro e con due bambine sulle spalle.
“Cosa
dovrei togliermi dalla testa, Edward?” Lo sfidò,
avvicinandosi di qualche passo.
Non aveva mai sopportato
Edward Cullen. Al liceo era il capitano della squadra
di basket, era fidanzato con la cheerleader più
bella della scuola e lasciava una scia di ragazze innamorate dietro di
sé. Mentre Isabella era piena di brufoli, occhiali spessi come il fondo
di una bottiglia e qualche kilo di troppo.
Il solito cliché.
Peccato che sembrava veramente una soap opera americana: lui la
disprezzava e lei lo odiava. E questo odio reciproco
durava da più di dieci anni.
“Amo
Emma e Mia, Isabella. Immensamente. Ma la risposta è no. Non
possiamo prenderci cura di loro. Siamo le persone meno adatte
in questo mondo, per Dio!” Alzò le mani al cielo, esasperato.
Edward era arrabbiato con
Alice.
Come aveva potuto fargli una cosa simile?
Isabella si
stropicciò gli occhi. “Credi che io sia pronta ad
una cosa del genere, Edward?” Disse, abbassando la voce. “Non lo
sono. Non ho figli, e per quanto mi piacciano i bambini, ora non sono una mia
priorità. Ma… Alice era la mia migliore
amica, Edward. Tua sorella. E le ha lasciate a me. A noi. Cosa pensi che debba fare?”
“Lasciarle a mia
madre.” La risposta di Edward era stata secca e precisa.
Bella scosse la testa.
“C’è un motivo perché Alice e Jasper hanno deciso di
fare una cosa del genere.”
“Un motivo che non
ha il minimo senso, Isabella!” Quasi urlò, alzandosi le maniche
della camicia fino ai polsi. “Non mi interessa
cosa pensassero quei due quel giorno. Isabella, stiamo parlando di Jasper ed Alice. Due ragazzi di nemmeno venti anni che si sono
sposati a Las Vegas. E che hanno avuto la brillante idea di lasciare le loro
figlie a noi due.” Indicò prima lui, e
poi Bella.
Magari Jasper ed Alice non ci avevano pensato bene. Forse, avevano
pronunciato i primi nomi che gli passavano per la testa.
“Adoro tua madre,
Edward. Esme è una donna fantastica. Ma non posso lasciarle a lei, quando so che Alice ha voluto
lasciarle a me. E’ come… tradirla.”
“Oh,
fantastico.” Edward camminò avanti e indietro, prima di tornare
davanti a Bella. “Vediamo se ho capito bene: vuoi crescere due bambine di
sette e tre anni, da sola. Forse senza un lavoro, perché entrambi non
sappiamo cosa succederà ora che abbiamo perso il vecchio. Senza nemmeno
una casa in cui stare con le bambine, nulla. Tutto questo non ha senso, e lo
sai anche tu.”
“A casa di Alice e
Jasper.” Disse Bella.
“Come?”
“Eri uscito.
L’avvocato ha detto che Alice e Jazz hanno lasciato la casa a noi.”
“Non ci
credo.” Sussurrò Edward, esasperato.
“Lo vedi? Hanno
pensato a tutto. Tutto.”
“Non posso prendermi questa responsabilità, Isabella. Il lavoro
mi ucciderà, ora. Dobbiamo trovare una nuova sede, devo
trovare un nuovo personale qualificato. Il lavoro è sempre stato e
continuerà ad essere la mia priorità.
Per quanto le ami entrambe, non posso.”
“Non sto dicendo
che lo devi fare, Edward.” Disse Bella, mettendo una mano sopra la sua.
“Devi solo mettere una firma, per fare in modo che sia solo io a
prendermi cura di loro. Le potrai
vedere ogni volta che vorrai, non me la prenderò. Ma
non posso lasciarle ai tuoi genitori. Sono sicura che Alice aveva un motivo
valido, per fare una cosa del genere. Lascia solo… che me ne prendi cura
io.”
Edward tolse la mano
dalla sua, portandosela alla testa.
“E ce la farai?
Crescere due bambine, da sola?”
“Sì, Edward.
Ho dei soldi, un fondo che ho aperto anni fa. E poi, non ti chiederei mai
niente. Ma lasciale a me. Non mettere in mezzo i tuoi
genitori, o quelli di Jasper. Le cose andrebbero solo a finire male.”
“Sei sicura?”
Bella annuì, alla
fine non molto sicura di quello che stava facendo.
Due bambine sotto la sua
tutela. Per sempre.
“Resteremo a casa
di Alice e Jasper. Affitterò l’attico in cui vivo ora. Non
sarà un problema, Edward.”
Cercò di
convincerlo, guardandolo fisso negli occhi e senza sbatterli.
“Okay.”
Sussurrò infine lui. “Andiamo a dirlo ai miei.” Ed insieme, si diressero verso l’interno della casa.
“Tu non sai cosa
stai facendo, tesoro.” Isabella sbuffò pesantemente.
“Sì che lo
so.”
“Io e tua madre
siamo riusciti a malapena a crescere una bambina, Bells.”
“Non
è vero.
Guardami ora. Non sarei mai diventata così se non fosse stato per voi.
Beh, più grazie a te che alla mamma.” Disse Bella, sistemandosi
meglio la cornetta fra l’orecchio ed il collo.
“Emma
e Mia sono due bambine fantastiche, Bells. Le adoro immensamente, ma non era
meglio che rimanessero con Esme? Tesoro, hai solo ventotto anni.” Charlie mise
molta enfasi quando pronunciò l’età di sua figlia.
Per lui, era sempre la
sua bambina.
“Papà, ho già ventotto anni. Alice
avrà avuto i suoi buoni motivi, lo sai. Voglio tenerle
con me.”
“Lo sai che
sarà un lavoro a tempo pieno, vero? Avrai due bambine. Non potrai
lamentarti, stancarti o darle indietro, Bells.
Resteranno con te per sempre.”
Isabella sorrise,
pensando al suo futuro già progettato.
Sapeva benissimo che il
giorno dopo la sua vita sarebbe cambiata. Sapeva anche
che poteva farcela, perché Alice contava su di lei.
“Lo so, papà. Non c’è bisogno che me lo
ripeti. E non vedo l’ora che vieni a trovarmi per qualche giorno.”
“A metà
Novembre sarò a New York, tesoro. Promesso.”
“Perfetto. Allora
ci sentiamo in settimana. Saluta Sue.”
“Certo. Ciao Bells.”
“Ciao
papà.”
Bella riattaccò,
buttò il telefono sul letto e lo seguì subito dopo.
La maggior parte dei suoi
vestiti era già stata messa in valigia con l’aiuto di Leah, che non aveva voluto sentir ragioni.
Jacob invece
l’aveva aiutata ad impacchettare le sue
cianfrusaglie, i quadri ed i libri, e li aveva già portati nella nuova
casa.
A casa di Alice e Jasper.
Perché Bella
sapeva benissimo che quella sarebbe rimasta per sempre la casa dei suoi
migliori amici.
Il letto era spoglio, con
solo un cuscino sopra. Nel pomeriggio aveva messo un annuncio online e si era
recata all’agenzia immobiliare.
Il fondo di cui parlava
con Edward non era poi così sostanzioso, ed
aveva bisogno di soldi. L’affitto l’avrebbe aiutata di molto, sia a
lei che alle bambine. E non si sarebbe mai abbassata a
chiedere qualcosa a Edward.
Capiva la sua decisione
di non andare con loro, ma tutto o niente.
Se aveva deciso di
continuare a vivere la sua vita per conto suo, lei non gli avrebbe mai chiesto
nulla.
Con il pensiero che
Edward l’aveva lasciata davvero da sola iniziò a chiudere gli occhi, cullata dal silenzio
assoluto del suo attico vicino Central Park.
23 Settembre 2001
“Mi
odieranno.” Isabella sistemò l’ultima candela sopra il
ripiano del camino, guardando la foto di Alice e Jasper.
“Ti amano, Bella. Sei fantastica.”
Urlò Leah dall’altra parte della stanza.
Erano a casa di Alice e
Jasper.
A casa sua, ormai.
“Non sarò
mai come Alice. Lei le adorava, Leah.
Era la loro mamma. Non mi ameranno mai. Non si divertiranno, con me. Forse
avrei dovuto ascoltare Edward, e lasciarle con Esme e
Carlisle. Loro sono fantastici, ed
i-”
“Shhh.” Leah era tornata
dall’altra stanza, e le prese una mano fra le sue. “Basta parlare.
Stai vaneggiando. Ti hanno sempre adorata, lo sai
bene. E scusa se te lo dico, ma Edward è stato un codardo.”
“Edward aveva altre
cose a cui pensare, Leah. Ha ragione.”
“Bella, non ci si
tira indietro di fronte ad una notizia come questa. Edward è un codardo,
e se ne pentirà amaramente.”
“Smettila di
parlare così, dovrebbero tornare da un momento all’altro.”
Erano le tre del
pomeriggio. Leah aveva insistito per aiutare Bella a
sistemare la casa con le sue cose, Jacob aveva delle commissioni da sbrigare al
Pub e Edward si era offerto di andare a prendere le bambine a scuola.
“Da
quant’è che lo difendi? Non era il tuo peggior
nemico?”
Bella le lanciò
un’occhiataccia. “Tu credi che possiamo tornare ad
essere quelle due persone che non possono stare nella stessa stanza per
più di cinque minuti, dopo tutto quello che è successo?”
Leah scosse la testa. “No.
Guardati, sei già diventata un’altra persona.”
La indicò, sorridendo amorevolmente. “Ora, io me
ne vado. E tu sarai perfetta, Bella. Ah, e cerca di dar fede a quello
che hai detto: non ucciderti con Edward dopo due secondi.”
Leah non riuscì a sentire gli epiteti poco
carini che Bella le lanciò, ma invece
quest’ultima sentì benissimo la voce di una bambina sul portico.
Poco dopo, si erano tramutate in urla dentro quella casa enorme.
“Zia Bella!”
Emma buttò la giacca e lo zaino a terra, buttandosi tra le braccia di
Isabella.
“Hey, tesoro.” Le scostò quei capelli lisci e
nerissimi da davanti al viso. “Com’è andata a scuola?”
Iniziò a
raccontarle tutto quello che aveva fatto quel giorno a scuola: dai disegni al
dettato che aveva svolto perfettamente.
Alice era rimasta incinta
di Emma a soli diciannove anni, poco dopo il matrimonio. Quella bambina era una
forza della natura, tale e quale a sua madre. Lunghi capelli neri, una
corporatura esile ed una parlantina sciolta che non
finiva mai.
Mia invece, aveva appena
tre anni. Ed era uguale a Jasper: capelli biondi, grandi occhi marroni e due guance tutte da mordere.
“Tesoro,
dov’è Mia?”
“Sì
è addormentata in macchina. Si addormenta sempre in macchina, dopo l’asilo. Non
è possibile. All’asilo non si fa niente, no? Io all’asilo
non facevo niente, e mi annoiavo da morire. Ora che sono alle elementari e studio, non sono per niente stanca. Non
è vero, zia Bella? Tu ti stancavi
all’asilo?” Bella perse il filo del discorso, notando che Emma non
aveva nemmeno preso aria per finire il suo.
“Vado a vedere
dov’è Mia.” Le puntò un dito contro. “Tu non
muoverti di qua, perché quando torno ci sarà una bella sorpresina
per te.” Emma saltò su entrambi i piedi, squittendo in modo
innaturale.
E’ proprio uguale ad Alice.
Intanto Bella uscì
dalla casa, quasi scontrandosi con Edward che teneva in braccio un fagottino
rosa.
“E’ crollata
in macchina.”
“Me l’ha
detto Emma.” Sorrise, lasciandolo entrare e chiudendo la porta. “La
porti su?” Edward annuì, dirigendosi verso le scale e salendo al
piano superiore.
“E’ vero che
tu e zio Edward resterete qui?” Isabella saltò letteralmente sul
posto, portandosi una mano sul cuore.
“Tesoro! Non lo fare mai più! Mi hai spaventata.” Lei rise sotto i baffi.
“Lo
so. Spaventavo
sempre anche papà, e mamma rideva insieme a
me.” Trotterellando si avviò verso la cucina, sedendosi su uno
degli sgabelli intorno al piano cottura.
“Vuoi fare
merenda?”
“Voglio pane e
nutella.” Bella aprì ben tre sportelli, prima di trovare quello
del pane e della nutella.
Ne spalmò un
po’ sulla fetta di pane, la mise in un piattino e lo posò davanti
ad Emma. Dopo, le versò del succo di frutta in un bicchiere di plastica.
“Allora.”
Incominciò, dopo essersi impiastrata tutto il viso di nutella e
briciole. “E’ vero che tu e zio Edward starete qui con noi?”
Isabella sospirò.
Non sapeva come dirle che soltanto lei sarebbe rimasta con loro, mentre Edward
era fuori da tutto questo.
“Tesoro.”
Iniziò, preparandosi mentalmente le parole da usare.
Perché era facile
parlare e convincere un uomo a comprare un quadro da centomila dollari, mentre
parlare con una bambina di sette anni era la cosa
più difficile al mondo?
“Soltanto se ti
comporti bene, mangi la verdura e vai a letto prima delle dieci.”
“Ma
mamma mi faceva andare a letto dopo i cartoni animati!”
“Io non sono
mamma.” Edward fece la linguaccia ad Emma,
mentre Isabella guardava estasiata il dibattito fra i due.
“Allora, vivete qui
o no?”
“Perché, a
te cosa cambia?” Domandò Edward, sedendosi accanto a lei e dandole
un pizzicotto sulla guancia.
“Soltanto per farvi
sapere che il bagno in fondo a destra è mio. Quello con la vasca da
bagno ed il sapone di Kiss Me
Licia.”
“Ho capito. Non
useremo il bagno in fondo a destra.”
“Oh, puoi anche
usarlo. Basta che non ti lavi nella mia
vasca e non usi il mio sapone.”
“Va bene, capo. Ora
perché non vai a fare un po’ di compiti? Sennò stasera ti
mando a letto prima della fine dei cartoni animati.”
Emma si alzò in un
batti baleno, si pulì la faccia alla belle e
meglio con un tovagliolo e salì al piano superiore.
“Ora come faccio a mandarla
a letto prima delle dieci?” Domandò Bella, posando il piatto ed il bicchiere nel lavello.
“Troveremo una
soluzione.”
“Troveremo?”
“Ah, devo andare a
prendere le mie cose in macchina.” Edward si alzò, dirigendosi
verso l’uscita.
“Hey! Mi spieghi cosa sta
succedendo?”
“Prima che me ne
dimentichi.” Edward si voltò, puntandole un dito contro. “La
camera con il balcone è la mia.” Disse infine, uscendo dalla casa
e lasciando Isabella con gli occhi allargati e la bocca dischiusa, in mezzo
alla cucina come una stupida.