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Autore: marig28_libra    01/04/2014    1 recensioni
Lutti, incertezze, paure, lotte. La vita dell'apprendista cavaliere si rivela assai burrascosa per Mu che ,sotto la guida del Maestro Sion, deve imparare a comprendere e ad affrontare il proprio destino. Un destino che lo condurrà alla sofferenza e alla maturazione. Un destino che lo porterà ad incontrare il passato degli altri cavalieri d’oro per condividere con essi un durissimo percorso in salita.
Tra la notte e il giorno, tra l’amore e l’odio, Mu camminerà sempre in bilico. La gioia è breve. La rinuncia lacera l’anima. Il pericolo è in agguato. L’occhio dell'Ariete continuerà però a fiammeggiare poiché è il custode della volontà di Atena ed è la chiave per giungere al cielo infinito.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aries Mu, Aries Shion, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'De servis astrorum'
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Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.”


( E. Montale )

 

 

Lanciare fiamme era inutile. Far ruggire i pugni altrettanto.

Volare oltre il crepuscolo? Impensabile. Poeticamente penoso.
Umiliante. 

Ikki s’imprigionava in un mutismo collerico, in una stasi che non concedeva fantasie né piani fuggitivi.

A bordo della Kamikaze*, una nave shuinsen* che risuonava della minacciosità del Giappone feudale, egli osservava la titanica sponda della Groenlandia…
L’orizzonte , infestato dalla catalessi della notte polare, mescolava e sciupava un mare basalto di schiuma latrante e vermicolare.
I ghiacciai, un timballo di calce, zucchero e amido, parevano il diadema di una fata morta annegata…

La coscienza si ammortiva nell’ascoltare la musica altalenante dei galleggiamenti ombrosi… Le onde si stempiavano contro la  prora del vascello, agile origami  di legno affusolato ed elegante che scandagliava il freddo nell’attesa di un assalto…Le vele quadrate dell'albero maestro e di poppa cascavano dalle altitudini  crestate di bandiere simili a fisarmoniche aguzze che secavano le molecole ventose. Il timone sfilettava i baccelli di bave che disperdeva nell’immensità della corsa acquatica… 

Non  poteva fare nulla.
Ormai la firma era stata deposta.

Ikki si chiedeva perché fosse finito in quella situazione, in quella schiavitù…Non riusciva a capacitarsene…Si odiava eppure si giustificava, si sferzava eppure si leniva le ferite…Era impossibile definire un bianco o un nero.
Era stato lui stesso ad accettare un patto di sottomissione.

Marciava, con lentezza frustrata, avanti e dietro il ponte di coperta * . La chioma boscosa, un’eruzione di ciuffi marini, sbuffava selvatica tra gli urti dei venti artici. I fiocchi di neve la salavano preziosamente come orecchini smarriti da stelle depresse.
Il bel viso, dall’incarnato lievemente scurito, non aveva alcunché di leggero e primaverile: nonostante portasse vigorosamente quindici anni e le guance, il naso e la bocca fossero scolpiti da fine e indomita maestria, la gioia adolescenziale non trapelava.
Sotto le sopracciglia folte si fossilizzavano increspamenti o lampi di sinistra apatia: gli occhi blu erano pianeti che pesavano troppo, brillando di un’indigenza adulta, una tristezza riottosa che invecchiava invisibile isterilendo arature di sorrisi.
Il corpo , slanciato e già  ben formato,  non aspettava altro che irrobustirsi maggiormente per esplodere in una violenza atletica priva di danze dolci e disciplinatrici.
Un logoro cappotto, di un virulento color ruggine, pareva ingrossasse le membra in un’eroicità delusa e avvizzita…Dei pesanti pantaloni neri e un paio di scarponi grigiastri palesavano sdruciture e polvere incrostata , irrecuperabili  cicatrici di una ribellione eviscerata.
 
- Allora ragazzo mio? L’aria polare ha raffreddato i tuoi bollori da belva?

Al suono di quella voce radiofonica e sarcasticamente ilare, il giovane si voltò con la fonte crucciata.
Dal boccaporto* era comparso un uomo di trentotto anni che sorrideva sciatto, quasi si scocciasse a rendere gradevole la sua bocca velenosa.

- Che bisogno c’era di pestare i tuoi compagni? – redarguì con snaturato affetto-  Stavano solo scherzando…

L’adolescente restò zitto guardando con repressa brutalità il proprio interlocutore…Doveva abituarsi a  vederlo, studiarlo, subirlo…
Alla fine rispose con la sua voce tenorile d’intemperie e stagni d’inchiostro:
 
- È così difficile farsi i cavoli propri?

- Oh, Ikki…quanto sei pesante…

- Se io non rompo le scatole agli altri, gli altri non le devono rompere a me. Basta.

- Ti conviene controllare gli ormoni rabbiosi… Fai parte di una squadra.

- Non faccio parte di nessuna squadra.

- Cominci con le solite scemenze?

- Anche se ho deciso di soffrire la puzza tua e quella dei tuoi sgherri, non significa che sia diventato il vostro compagnone di brigata.

- Ti atteggi tanto da lupo solitario e indistruttibile ma è chiaro che sei colato a picco da un pezzo.

- Perché non schiatti in seduta stante?

L’uomo afferrò il ragazzo per le mandibole.
 
- Vedi di abbassare la cresta, bimbetto incazzoso – gli ordinò spingendolo via con blando disprezzo - Dovresti essermi grato…Se non avessi avuto la misericordia di prelevarti dall’isola di Death Queen, ora saresti fregato.

Si chiamava Takashi, soprannominato “ Taka” , il falco.
Era il capitano della Kamikaze. Un professionista di maciullamenti  psichici.

Vestito d’una cotta lamellata, coperta sulle gambe da un hakama* nero, camminava con placidezza guerresca e tronfia esaltando la statura che soggiogava, gelida e birbonesca, il  prossimo. I suoi capelli verdi, analoghi ad antico muschio di roccia, erano una matassa fiera e scombinata che sghignazzava oltre le spalle…l’attaccatura dei ciuffi frontali disegnava il vertice di un lieve triangolo che incorniciava una fronte ampia e cementificata.
Il viso, un po’ quadrato e affilato, possedeva un naso limato e due occhi blu  oppressori e matematici brillantati d’ inconfutabilità.  

- Hai ucciso il tuo Maestro due mesi fa…- dichiarò il guerriero aridamente - vorresti essere giustiziato dal Grande Tempio? Vorresti vagare come quel cane miserabile di Ohen* ? Lui e la sorella-fidanzata hanno alle costole i soldati di Atena e inoltre… i segugi di Ade, Rhadamantis ed Eaco,  li stanno seguendo…Poveracci…scappare dalla Vergine Pallade per farsi appioppare dal Re degli Inferi…Quale tristezza…

- Tu e Don Avido non vi siete lasciati mettere il guinzaglio proprio da Ade?

- Ragazzo. Un conto è comportarsi da servi della gleba chinando il capo, un conto è essere mercanti e cercare gli empori migliori per arraffare preziosissima grana. È necessario commerciare, tessere rapporti con altri venditori…Scambiare merci, accrescersi…diventare potenti. 

- Splendido. È una gara a chi riesce a mangiare di più.

- Non bisogna accontentarsi di sopravvivere ma di vivere al meglio. Come si dice… il tempo è denaro e più compriamo palazzi in quest’enorme monopoli, più siamo al sicuro e invincibili.

L’adolescente tentava di non finire con le spalle al muro ma sapeva di sembrare una volpe chiusa in un angolo col pelo irto e un ringhio tremolante sulle labbra.

- Se mi fossi buttato in un vulcano, avrei guadagnato veramente qualcosa…

Takashi inarcò le sopracciglia in un’espressione che fingeva sbigottimento e indignazione.

- Te ne esci con queste bestialità?! Che cosa penserebbe di te il piccolo Shun?!

I pensieri sbraitarono tenerezze remote che tamburellarono ridicole, bugiarde, avvilenti…

Ikki desiderava non avere nulla da perdere perché la vergogna era infinita: sarebbe stato più semplice subire quelle angherie beffeggianti…calpestare un sentiero di ragni e scarafaggi con l’unica direttiva di campare miseramente e andare a morire in un qualche sperduto angolo di mondo…

I ricordi lo condussero a quando aveva undici anni, a quando il rapporto col Maestro non si era drammaticamente demonizzato e il Giappone poteva apparire, di tanto in tanto, al di là dei mari lontani…


Era un madido pomeriggio di dicembre, pasticciato qua e là da barbe grigiastre di nuvoloni e angiomi di patacche dorate…i distretti bucolici, che sopravvivevano severi all’avveniristica e dattilografata confusione di Tokyo, se ne stavano in disparte travolti ancora dal genuino scrosciare delle stagioni… Fuori la palestra dell' orfanotrofio Kido, una struttura raffinata e melanconicamente intimidatoria, si vedeva la pioggia granellare confusamente assieme al Sole.

- Devi usare anche la spalla! – esclamò Ikki- il tuo pugno così non fa niente!

Shun guardava costernato il fratello maggiore che aveva le mani aperte davanti a lui…Gli stava insegnando le mosse  base del karate e quelle palme,  su cui aveva debolmente impresso le  nocche,  parevano scudi di titanio…

- Forza! – venne incitato – colpisci! Su!

Il bimbo strinse la bocca minuta  in un’espressione d’incerta concentrazione…Aggrottò la fronte cercando di far apparire il visetto angelicato, femmineo e fuori luogo più battagliero che poteva…
I morbidi capelli verdi riflettevano la luce oscillante del maltempo soleggiato che proiettava i rettangoli delle finestrate sul tatami* dello stanzone…

- Avanti, Shun!

Il fratellino lanciò pugni maldestri che cigolarono uguali a ruote d’un carro che dovevano smontarsi da un istante all’altro.
Gli avambracci di Ikki emisero qualche esigua favilla di traballamento restando solidi e duri...

- Le spalle! Le spalle! Non sto sentendo quasi nulla!

Il piccolo si arrestò abbattuto, lasciando dondolare le  esili braccia lungo i fianchi.
I  grandi occhi glauchi fissarono le stilizzate cascate di serenità turchese dipinte sulle pareti della palestra dove si alternavano linee di bambù e fiori boschivi.

- Shun! Dai!

- Non ci riesco.

- Smettila…devi solo esercitarti…

- No.

Il bambino si sedette a gambe incrociate per terra, immaginandosi di diventare un fungo inestirpabile e mogio…Ikki sbuffò grattandosi i capelli…Non era la prima volta che assisteva a un comportamento simile…Lo  pseudo-allievo veniva spesso preso in giro dagli altri compagni  perché non sapeva picchiare e finiva sempre in lacrime con le ginocchia sbucciate e lividi dappertutto…Dicevano che era  la “ sorellina” frignona del  più forte degli orfani combattenti…

- Ascolta- disse il fratellone inginocchiandosi – secondo te a un anno sapevo già tirare calci e pugni? Mi alzavo dalla culla e facevo Bruce Lee?

Shun sorrise con slavato divertimento…Restava zitto ad ascoltare…Nello sguardo un’amabile mestizia, una consapevolezza un po’ senile dei propri  limiti…

- Sono finito un sacco di volte col muso per terra! Da quando siamo stati portati  qui, nel Palazzo del Signor Mitsumasa, ho cominciato ad allenarmi e alla fine ho imparato tante mosse e  tecniche…

L’ apprendista piccino , investito da una scia di sole diamantino, fece brillare , nello sguardo, intelligenza inquieta.
 
- Perché dobbiamo farlo?- chiese con paura diffidente - Perché dobbiamo sapere lottare? Perché a un certo punto il Signor Kido  manda i bimbi ad esercitarsi in altri posti?

Preso contropiede, il ragazzetto reagì sperando di non tradire tracce d’incertezza:

- Dicono che da grandi dovremmo diventare…cavalieri…

- Io non capisco questa storia…ci parlano di Atena….ma chi è? Non l’abbiamo mai vista…se io non vedo non imparo. E io non voglio lottare.

Shun era delicato ma dotato di una ferrea acutezza …La sensibilità gli aveva permesso di conoscere, prima degli altri coetanei,  l’alfabeto kanjii * , scrivere correttamente e analizzare ansiosamente le parole che viaggiavano tra i minuti.
Il fratello rimaneva in soggezione e a momenti tardava a fornirgli un certo tipo di risposte:

- Hai ragione…però…tutto questo ti deve servire… Anche se alcune cose sono stranissime dobbiamo essere forti. Hai visto quanti scemi esistono? Hanno cervelli di gallina e tu non devi farti spingere da loro! Nessuno può distruggere il tuo spazio! Devi stare in piedi!

- Ikki…io non sono come te…non sono come Seiya, Hyoga e Shiryu che già stanno fuori di qui…

- I muscoli e la testa ce li hai! Non serve che diventi un leone terribile e scannatore!

Il bambino grattava sconsolato il tatami…
Il suo custode, però, lo prese con energico affetto per le spalle: 

- Shun…devi essere il Re del tuo Castello. Difenderti! Difenderti!

- Ma non posso fare male agli altri...

- Non si tratta di menare a destra e a manca! Bisogna respingere solo chi ci attacca…purtroppo lo fanno in molti…perché non sono tutti bravi. Crescono tanti mostri e se noi sapremo combattere non avremo nulla da temere.




Ikki si sentiva un insetto pateticamente irreale…Era stato il peggior scialacquatore di lealtà poiché non aveva compreso a fondo l’incomunicabilità del destino, il destino che rivolta continuamente le carte e svela quanto la realtà sia un ingarbugliato intestino pieno di tumori…nessuna colonscopia poteva mai veramente attuarsi…   


- Fidati…hai scelto la via giusta…- sorrise lugubremente bonario Taka - Il Santuario è un despota mascherato da moralista che incatena con giuramenti di torture. Ade, coi suoi fumi mortiferi, è un banchiere che ti dona l’immortalità per vincolarti ad un mutuo infinito di dissanguamenti in ogni era…Gli specter possono risorgere ma portano sempre un cappio al collo. Siamo loro  alleati con la differenza  che non possediamo catene. Quando fiutiamo una gallina dalle uova d’oro dobbiamo sfruttarla a regola d’arte…siamo Cavalieri Neri, rinnegati da qualsivoglia regno, da ciascun dio. Non ci servono un tempio, una città, leggi in cui credere. Mentre gli altri guerrieri sventolano stupidamente gli stendardi delle proprie patrie, noi siamo liberi. Liberi di stringere patti, annullare contratti, far scomparire prove, sopprimere. 

- Dunque…con te sarei libero? Libero?! Ma sparati in bocca…

- Sotto l’egida di Atena saresti in grado di fuggire?

Gli occhi del capitano pulsavano affini a oceani pieni chiazze petrolifere…Fulminavano, viaggiavano troppo velocemente per essere catturati, prevenivano ogni tranello, calpestavano ogni scintilla d’ingenuità. Quando incedevano lentamente era per far assaporare un senso di sconfitta e stoltezza a chi tentava di sfidarli.

- Vuoi sapere che fine ha fatto Shun? E ‘ stato spedito nell’isola di Andromeda.

Il ragazzo impallidì violentemente con una valanga di ghiaccio e aceto che gli devastò le vie del cuore e del cervello…

- No…Non lo possono fare…

Il fratellino aveva manifestato una scintilla di cosmo soltanto l’anno prima e adesso, ad appena nove anni compiuti, era stato mandato in un lembo di terra infernale quanto l’isola di Death Queen…Una ripugnante condanna a morte…Ikki aveva appreso la sorte che toccava a certi ragazzini che non possedevano un’energia molto potente…La soluzione: debellarli alla stregua di germi scomodi e inservibili.

- Lui…non è adatto…morirebbe! Maledizione!

Il giovane fracassò il parapetto della nave, svuotando i polmoni  tumefatti da anidride massacrata.
 Si sentì peggio di prima, con le costole che minacciavano di staccarsi dallo sterno una per una…
L’ ossigeno invernale  si mostrò  evirato di sanità liberatrice e vivificante…

- È per questo che hai fatto bene a venire con me, Ikki!- eruppe perfido e consolatorio il comandante della nave-  Non desidero assolutamente che tu e tuo fratello conduciate una vita da carcerati o da servi!

- Balle! Balle! Te ne strafotti di noi! Vuoi solo far filare i tuoi progetti di merda!

- Sono seriamente preoccupato. Come puoi dubitarne? Perché ti sarei venuto a salvare?

- Sai dove te le puoi ficcare le tue premure?

Taka assestò un pugno all’adolescente.

- Ti sto offrendo la tua via! Ti sto aprendo un mondo per lasciarti combattere indipendente e imprendibile!  Tu e Shun vivrete di nuovo assieme senza falsi precetti, servitù di patti celesti! Ci arrivi, cretino?! Non sarete assoggettati a nessuno!

Ikki si asciugò il rivolo di sangue dalla bocca e sputò aspramente in mare.
 
- È bello sentirti dire queste cose…- sentenziò rauco sminuzzando le lacrime nel fegato -  Non  so se commuovermi o vomitare. Scompari per dieci anni e all’improvviso ti materializzi trascinandomi in questo schifo. No…Shun non finirà in questo modo…non dovrà vedere niente…

Sì…doveva patire ma preservare ancora una briciola di sana e sanguinante determinazione…
Gli restava l’unica luce, l’unico legame di sangue, la proiezione dell'integrità che gli veniva decomposta dai vermi dei compromessi…

Lo avrebbe salvato. Almeno lui.

- A cosa stai pensando, genio? – canzonò il falco-  Andare a liberarlo da solo? Per mandarlo in quale direzione, poi?

- Troverò un dannato posto in cui non potrà conoscere la tua lurida faccia!

- Ikki…sono il vostro protettore numero uno, il solo che ha le chiavi per farvi respirare. Sono vostro padre.

Padre…padre…
Il ragazzo preferiva strozzarsi la trachea piuttosto che chiamare quel rapace antropomorfo “ papà”…Sarebbe stato meraviglioso ripudiarlo e dargli dell’impostore ma la sua identità era inequivocabile. Da quando si era di nuovo imbattuto in lui, lo aveva riconosciuto…Condividevano fastidiosamente gli stessi occhi, gli stessi tratti poderosi e armonici delle guance…La stessa  possanza armigera che, inevitabilmente, era destinata a fare terra bruciata senza scrupoli.

- Ahimè sono stato costretto a sacrificare molte cose – recitò drammaticamente l’uomo-  ma credimi l’ho fatto per te, per Shun, per Suzuna…

- Tu non hai mai visto la mamma incinta! Non sai che lei continuava a ordinarti la roba stupida e paziente! Diceva che saresti tornato, mi tranquillizzava…nessuno poteva essere tanto assurdo da lasciare una casa…La mamma era incapace di credere …Amava…Amava ottusamente…

- Povera la mia mogliettina….le raccomandavo sempre di non fidarsi troppo dei raggi del sole…un giorno ci sono, un altro svaniscono…Mi auguro che Shun non abbia preso da lei…Era una ragazza deliziosa, bellina da matti, buona…troppo…Ha finito per conquistarmi…ti assicuro,  Ikki, l’ho adorata con tutto me stesso…

- Già. Non ti sei degnato neanche di cercare la sua tomba.

- Non ho bisogno di lapidi per ricordare tua madre e comunque sono venuto da te, figliolo. Sei ancora in tempo per fuggire al destino. Le tue stelle possono fare  a meno di norme divine. Non seguono le orbite del sistema solare. Gli dei, in realtà, faticano a governare gli astri perché sono meschini quanto gli uomini…Hanno la grande furbizia di dipingersi alla maniera di sovrani invincibili ma non capiscono l’universo intero. In questi anni non ho fatto altro che preparare il tuo campo di gloria e comprenderai  che Shun non sia l’agnellino molle che molti credono…tu non sai cosa lo attende.

- Che significa?!

Takashi scese il ponte di poppa, come si stesse recando a un ballo di gala.

- Significa che siete figli miei, Ikki – si fermò a un tratto -  Figli di un armigero dalle risorse illecitamente divine.

Ridacchiò con la tonalità melodiosa di un vecchio giradischi riprendendo a calpestare i gradini della scala.
Il figlio, adirato di spaesamento e angoscia, lo raggiunse impetuosamente costringendolo a voltarsi.

- Vuoi dirmi che diamine…

Ricevette un dispotico e irrisorio spintone.

- Prepara la tua armatura, imbecille. Comincia a espandere il cosmo. Tra mezz’ora sbarchiamo. Don Avido conta su di noi. Questa missione non deve fallire.

   

 

Un cinguettio scricchiolò pallidamente sorpreso nell’immobilità dell'aurora…
L’azzurro cupo taceva atavico nel cielo senza ancora disgelare qualche sussurro di raggio…

Il Castello di Eurialo, la grande fortificazione eretta dal tiranno Dioniso, si perdeva con le sue rovine di spine dorsali tra le maree ingiallite e ammaccate della campagna siracusana.

Alcuni muri si ergevano ancora massicci e imponenti con la mestizia di dinosauri fossili desiderosi di attenzioni moderne…
Tra spume di erbe aggrovigliate , enormi molari di pietra esibivano  smalto deperito quasi fossero mendicanti dai gloriosi passati bellici ormai cariati.

Nella sua tenda, Aphrodite ascoltava , già sveglio,  la noia rinsecchita di quella pigra pace …Per iniziare direttamente gli addestramenti speciali con Death Mask, aveva deciso di non soggiornare più nell’albergo in città e attenersi al regime spartano dell'accampamento…
Nonostante le apparenze da raffinato aristocratico,  egli in realtà era dotato d’una tempra d’acciaio frutto degli addestramenti nel Polo Nord.
La mattina poteva cominciare con la consueta sfiancata di lotte per terminare , con l’ allegrezza delle aspettative carnali, dopo il crepuscolo…

Lo svedese e l’amico adoravano consumarsi con i calori dei corpi femminili…Il primo esaltava magistralmente la malizia ermafrodita, giocando con atteggiamenti eleganti da gran dama per mutarsi in cacciatore virile e vivace, il secondo adoperava la cruda e scolpita avvenenza di soldataccio mercenario per  spolpare di baci e orgasmi le concubine che gli si stendevano sotto.  
Erano delizie irrinunciabili, macchie virulente che prudevano la pelle con eccitazione ipnotica…Ci si poteva vuotare dalle coltri delle angosce, si partiva in una magica dimensione dove esistevano profumi di strategie seduttrici e risate simposiache.
Sulla lingua fiumane amarognole e agrodolci di qualche marsala o whisky, nel petto  rimbombi elettrici e dementi di cuore, presso il ventre la nera e meccanica golosità di sudante  possesso .

Fuoco. Fuoco vitale.
Fuoco d’incubo…di felicità d’incubo.

Molte volte Aphrodite pensava e , quando la ragione e la vuotezza d’aria autentica s’impantanavano  nello stomaco, ogni cosa s’illuminava ospedaliera e asettica.
Quel giorno  si era destato con un’indigestione di dannosa coscienza, insopportabile, difficilissima da trascurare,  far tacere…
Era semplicemente una parte di ego che emergeva da doloranti brodami…Era l’io sparpagliato, bestemmiato e umiliato che si nascondeva magrissimo per poi urlare verità rocciose e troppo catramanti…

Il cavaliere dei Pesci, esasperato dal grasso silenzio mattutino, sfuggì via dalle tiepide coperte…Si tolse la maglietta che aveva usato per dormire e indossò una casacca di stoffa per coprirsi in fretta le  toniche nudità che adesso trovava vergognose. S’infilò il kardiophylax, le coperture degli avambracci, un paio di stivali e uscì dalla tenda…

Si sgranchì nervosamente la schiena, il collo e i polsi respirando infastidito l’aria fresca…
L’estate siciliana , che si srotolava in un’anomala e bruciacchiata mitezza, lasciava agognare l’inverno di ottobre, quell’appetibile rigidità che doveva iniziare a infiltrarsi ancora tra le dermatiti degli alberi e delle nuvole e che invece stagnava onirica e scellerata.

- Ehilà! Buongiorno salmone svedese!

Aphrodite sospirò voltandosi alla propria destra.

- Oh – rispose  intorpidito – salve granchione della malora.

Death Mask sghignazzò, infantilmente grezzo,  mangiucchiando una brioche alla crema  e  trangugiando  latte da una borraccia.

- Ho una bella scortona di crafen nella mia tenda! – rivelò giulivo- vuoi favorire? Sono la fine del mondo! Bombe libidinose di calorie , l’ideale per caricarsi e pompare! 

- Se sei tu il pasticcere , meglio di no…ci manca solo un attacco di diarrea…

- Stai sereno amoruccio…non voglio nuocere al tuo pancino…tutto comprato!

- Per fortuna.

- Tiè scassa minchia !Fatti una bevuta.

Il siciliano porse rudemente la fiaschetta all’amico che lo fissò con una smorfia alterata e disgustata.

- Preferisco fare colazione dopo…   
 
- Mbeh? Che è quella faccia? – esclamò Cancer con spazientita curiosità.

 Il giovane sorseggiava, stipato di ribollimenti, l’ alcova marina che si appiattiva in un lividore ignavo e grigio d’insulsaggine.

- Sta sera…- mugugnò lui faticosamente - sta sera non so se voglio andare a quella festa, lì alla villa di Emma…*

- Ti senti bene, Aphro?

Fish voltò le spalle al compagno massaggiandosi la fronte affinché la stizza si potesse allentare.

- Dai! Che ti piglia?- lo sobbalzò Death - Non hai dormito bene? Ti è mancato il tuo soffice lettuccio da principino?

- No…mi so adattare agli insetti che finiscono nei capelli o nelle mutande.

- Perdonatemi, altezza! Non so dove trovare  maggiordomi che vi vengano a fare shampoo e bidè!

- Deficiente.

- Aphro! Sei peggio d’una femmina mestruata! Cos’è sto scoglionamento?

- Niente, Death, niente! Tranquillo…

- Tranquillo? Se prima hai sparato quella boiata stratosferica? “ Sta sera non so voglio andare alla festa…” Ieri eri più infoiato di un montone e dicevi che ci saremmo trombati le più gnocche delle invitate e mò? Fai  il pensatore penitente?  Che ti frulla?

- Sai…mi piacerebbe ragionare solo col pendaglio che ho tra le cosce, ma c’è anche un cervello qui in alto, che a te non funziona tanto…

- Bene, mister mentaloide, visto che hai un quoziente intellettivo superiore al mio …saresti così cortese da spiegarmi cosa ti sei spippettato  ieri prima di coricarti?

Aphrodite si sedette svigorito su un masso, per non pensare alla terra che roteava e sfuggiva alle sue comprensioni.

- Sono già abbastanza drogato di mio…non ho bisogno di fumarmi erbacce strane per avvelenarmi il sangue…

Chinò il capo lasciando dondolare, con vano smarrimento,  i lunghi capelli azzurri  l’unico annacquamento angelico che l’ornava di celestina spossatezza…Gli occhi traslucidi si socchiusero tra le falde piumate delle ciglia nere…

- Mi sento pesante, Death...come se le ossa e i muscoli fossero usurati…Sono già stanco senza neanche essere arrivato ad una meta, una meta sensata che bruci l’immondizia che ho dentro…

Cancer piegò la bocca con  perplessa aria di scherno, mettendosi a braccia conserte ed espirando ruvidità cavernicola:

- Quindi? Ti metterai a fare l’eremita tra le montagne sperdute? Per favore! Dacci un taglio con ste’ minchiate…Perché complicarti la vita?

- Cavolo! Non ti viene la nausea a fare sesso con delle troie da quattro soldi?!

- Mi pare che le troie da quattro soldi ti abbiano sollevato il morale più di una volta…

- Hai ragione…mi  gaso alla grande  ma…dopo? Dopo?! Come…ti vedi?

- Aphro…una chiavata non ha bisogno di congetture filosofiche…te la godi con una, passi delle belle orette e poi stop! Quando finisce un film non ti sorbisci i titoli di coda! Te ne esci dal cinema!  Hai avuto la fica, punto. Domani ce ne sarà un’altra. Sarebbe patetico se ci facessimo seghe sulla tazza del cesso…

- Per me non fa alcuna differenza.

Aphrodite stirò le labbra perfette in una gelatura fuligginosa mentre sotto il palato si sfilacciava una  scremata acidità:

- E’ come masturbarsi con bambole di carne e sangue…vai con una tipa, sudi, sputtani la tua eccitazione e alla fine ti senti più svuotato di una vescica morta…vuoi solo rivestirti e svignartela dal letto.

Death alzò teatralmente gli occhi al cielo, scuotendo la testa e sbattendo una mano sulla coscia.

- Porca miseria…Non dirmi che t’intrippi ancora per Artemis* ?!

- La sfrutto schifosamente…La sovrappongo a ogni sgualdrina…sforzando d’immaginarmi che faccio l’amore con lei…con lei e basta…

- Mio dio, Aphro…non puoi maciullarti le viscere  per quella donna in eterno! Non è normale…lei…lei…oh! Non so come definirla…è una creatura che ti fa bollire il sangue, ma ti spezza in due se osi solo pensare a come è fatta sotto i vestiti…E’ un demone. Lascia stare…Abbiamo una vita di merda, se vuoi inguaiarti con la tua Maestra, con una sacerdotessa guerriero , sei proprio apposto…

- Death! Io sono cresciuto con Artemis! La conosco da quando avevo cinque anni! Ho vissuto con lei! Ho iniziato tutto con lei… Capisci? Vidi come nascono le rose nel gelo impensabile,  imparando a combattere con esse…compresi la bellezza…non quella che colgo in mia madre che sa sedurre ogni uomo…non quella che vedevo quando giocavo nelle stanze troppo grandi della mia villa a Stoccolma…Quando mi abituai ad andare al Polo Nord…volli vedere la primavera germogliare nell’inverno eterno.

- Splendide poesie, amico mio. Buone per pulirti il muso quando sanguini e non vuoi capire che il mondo è infiocchettato di sogni unti, bisunti e nauseanti…Si impacchetta tutto di cazzate sentimentali per evitare di trovare un vero inceneritore che bruci la spazzatura. Sarebbe concretamente troppo costoso…troppo audace…è più facile rincoglionirsi con fantasie smonche. Non costano un accidente e si smaltiscono nel nulla.

Aphrodite incartocciò le fini sopracciglia in una polverosa collera. Svelò i denti in una specie d’amareggiato e nostalgico sogghigno.

- Al diavolo, Death! Tu almeno hai potuto provare qualcosa di vero…hai avuto al tuo fianco una luce piccola, potente…Andavi sempre da lei ogni notte…ti sembrava stranissimo ma sapevi di essere felice…

Death divenne scuro e vetroso di tempesta. Le leggere rughe che gli disegnavano gli zigomi parvero inspessirsi in una vecchiezza astiosa.

- Turati il tuo forno dentato.

- Cominciavi a capire molte cose…cose che Serse non ti ha mai voluto spiegare. O forse l’avrà fatto…insozzandoti la realtà più del dovuto…

- Non rompermi il cazzo coi tuoi sillogismi poetici.

- Razza di scemo! Ti è stata data un’altra possibilità! Potevi conoscere un’altra vita! Recuperare qualcosa!

Cancer, preso da un raptus di rabbia, ruppe in mille pezzi la borraccia che aveva in mano.

- Stronzate, Aphro! Stronzate allo stato puro!

- Fu solo una stronzata che Agata si fosse quasi ammazzata per te?!

Il ragazzo, vituperando d’incandescenza gli occhi blu, sferrò un terribile manrovescio all’amico.

- Non tirare in ballo quella cretina! È finita…ho fatto finire tutto! Tutto!

- Sei un coglione…

- Il coglione sei tu che speri di aggrapparti all’amore per non marcire nel tuo letame! Svegliati!

Con le gengive vermiglie di sangue e lo sguardo d’aggressività perlacea, Aphrodite colpì il compagno in pieno viso.
 
- Sei un invertebrato. Pensi di correre come una belva, ma strisci come un verme…dillo che è troppo difficile per te farti crescere le ali.

- Fottiti.

- Dillo che ti pisci sotto!

Gli antagonisti urlarono e si aggrovigliarono in un lampeggiante ballo di scazzottature  e calci…Orbite di insulti sputati in svedese, in italiano e in greco contornarono quelle giravolte di lotta libera puerilmente vichinga e isterica.
Era così che i due cavalieri mettevano alla prova il loro affetto: quando i maceramenti dei dolori giungevano ai limiti, il testosterone legiferava selvaggiamente e dettava condizioni di confronti leonini.

Aphro e Death si menavano non perché fossero realmente  in disaccordo ma perché sapevano entrambi di aver ragione sui martiri che infliggevano alle loro anime…
Si sarebbero voluti comportare da ragazzini vergini, tornare indietro, annullare l’insudiciamento dei propri corpi…
Erano  fantasie tragicomiche e irrealizzabili…fino a quando fossero esistite l’indemoniata contraddizione, l’allettante meraviglia dello squallore, la paura di assicurare la purezza , ritenuta ottusamente fragile ,  nessuna concreta espiazione si sarebbe realizzata.

Un dannatissimo circolo vizioso.
Una girandola che bruciava e bruciava futili desideri di pulizia…

I due amici cessarono di sbattersi da una parte all’altra…Concludere qualcosa era impossibile.
Si staccarono, sofferenti e schiumanti di stordimento, l’uno dall’altro…

Death si avviò verso le mura orientali di Dioniso crepitando gravemente…     

- Non voglio pensare, Aphro…- raspò  con voce da demone condannato - io sono morto…ho deciso di ammazzarmi…Agata… Agata era troppo.

Lo svedese lo squadrò colmo d’accigliata afflizione:

- Troppo?Troppo per tentare di non finire a pezzi?!

L’amico si fermò bruscamente e si girò congestionando :
 
- Il cielo…Lo puoi toccare?! No! Il cielo non lo tocchi neanche se voli nell’atmosfera, neanche se esci dalla Terra e neanche se viaggi tra le galassie! Il cielo non potrai mai prenderlo…Non lo avrai mai tra le mani!

Aphrodite annuì in silenzio, placandosi con tetra tenerezza.

- Già…- disse dopo un po’- è  un infinito che non perdona.

Il volto di Cancer dipinse un’ombra meditabonda, un’ansia rassegnata e sottilmente impaurita…

- Che destino…- ridacchiò sgonfio e annerito-  ti rendi conto che il frammento d’infinito che ho dentro…mi serve solo per evocare le anime dall’Aldilà? Dimmi, Aphro…come posso fermarmi a pensare? Io sono spacciato.

Il sole iniziò a sgusciare a levante, versando le leggiadre palpitazioni dei raggi  sul  Mediterraneo annaspato e sulla mummificata natura di natron verdastro.
Gli occhi mareggiati del Cancro si ferirono di sciabordii arancioni, addolcendosi depressi in una nobiltà perduta e ripudiata.
 
- Nel paradiso c’è troppo ossigeno…Io vivo tra i vulcani…Non voglio più amare. Se riprendessi a respirare…finirei di esistere anche nella morte.

 

 

 

 


Note esplicative:

Kamikaze*: in questo caso non è inteso nell’accezione di “ terrorista suicida” ma nell’originale significato giap. di “ kami” divinità scintoista+ “ kaze” “ vento divino” .

nave shuinsen*: navi mercantili a vela giapponesi dotate di armamenti che potevano viaggiare nel XVII sec con un permesso distribuito dallo Shonugato Tokugawa. Tale permesso era un sigillo rosso, appunto lo“ shuinsen” , il “ sigillo vermiglio”. La kamikaze prende come modello questo tipo d’imbarcazione. 

ponte di coperta*:  ponte che copre la parte superiore della nave.

boccaporto*:  apertura quadrangolare sul ponte della nave che immette nell’interno o nelle stive.

hakama*: indumento, indossato sopra il kimono, usato anticamente dai samurai per proteggersi le gambe quando cavalcavano. ( esistono quelli aperti sul davanti e quelli a forma di gonna per le cerimonie e le arti marziali. Taka indossa quello aperto tra le gambe dei samurai )

tatami*: dalla voce giap. “ stuoia” , nel judo ( e nelle arti marziali) materasso che viene adoperato per gli allenamenti e per le gare.

kanji*: sono i caratteri di origine cinese usati nella scrittura giapponese per rappresentare le varianti morfologicamente invariabili delle espressioni e buona parte delle radici dei sostantivi.


Note inerenti ai capitoli precedenti:

- Vorresti vagare come quel cane miserabile di Ohen? *: vedi CAP 3- l’aspro viso della lotta ( prima comparsa di Ohen) ; CAP 4 – fuga nel buio, CAP 5- conchiglie di storie: cercando l’orizzonte, CAP 14 – gli ultimi rintocchi dell'uragano


- sta sera non so se voglio andare a quella festa, lì alla villa di Emma…* :  vedi CAP 7: la rosa e il teschio
- Non dirmi che t’intrippi ancora per Artemis?* vedi sempre CAP 7.


Nota importante sul cap 18: l’età di Pandora è stata modificata ( a quattordici anni) per ragioni di coerenza temporale…( scusate la grezza, ho apportato questa correzione ragionando sull’entrata in scena di Ikki…)


Note personali:

ciao a tutti!!! Perdonate l’irregolarità dell'uscita dei capitoli dell'Occhio dell'Ariete!! >.< avrei dovuto aggiornare a febbraio ( essendo bimestrale) ma col fatto che ho concluso a gennaio una fic su Lady Oscar, col fatto che ho scritto il cap 3 di Io, figlio dell'inferno, col fatto che ho fatto tre esami si è tutto sballato…e ahimè si sballerà ancora un pochino…
Ho deciso di concludere una storia ( sempre su questo fandom) piuttosto vecchiotta che languisce da troppo e che dovrei postare ( incrociamo le dita) tra aprile/ maggio…
Di conseguenza Io, figlio dell'inferno e L’occhio slitteranno…Non dovrete aspettare chissà quanti mesi…Direi che la situazione si stabilirà tra maggio/ giugno XD XD

Spero che stiate apprezzando gli sviluppi di questa ingarbugliata avventura…In ogni capitolo spunta fuori qualcosa di nuovo…Avete  visto comparire Ikki e il suo simpaticissimo papà Taka! Essendo un AU con marchio di certificazione WHAT IF  ho apportato alcune modifiche cercando tuttavia di attenermi, per diversi aspetti,  alla trama originale...Ovviamente molte cose qui non sono state spiegate al 100% ma verranno appositamente svelate  nel susseguirsi degli eventi…le matasse si devono sciogliere gradualmente ^^ Ho desiderato presentare questi due nuovi e importantissimi personaggi nel loro travagliato e buio rapporto…Ikki e Takashi li vedremo in azione nel prossimo capitolo ( con tanto di descrizione delle loro armature ;) lasciate come chicche ) e inoltre…stop! Non spoilero altro!

La parte di Death e Aphro doveva essere nel cap 20 ma è stata anticipata qui! ^^ ho voluto introdurre  la psicologia più sofferta di questi due ragazzi che non hanno fatto delle gran figure nei capitoli precedenti…XD non scordatevi i nomi di Artemis e Agata…soprattutto Artemis…

Spero che possiate continuare a gradire! Ce la metto sempre tutta!

Un mega grazie per la pazienza con cui seguite!!

Un salutone!! ^____^

 


 
   
 
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