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Autore: PiGreco314    05/04/2014    5 recensioni
Dopo aver letto Hunger Games sono totalmente impazzita. L'ho amato, ma una domanda continuava ad assillarmi: (mini-spoiler) "come hanno fatto Katniss e Peeta a riavvicinarsi?"
Metto a vostra disposizione una mia personale risposta a questa domanda e spero vi piaccia :3
A chi dunque sia interessato ai fatti che potrebbero essere accaduti dal rientro nel distretto 12 all'epilogo auguro buona lettura :3
P.S. È la mia prima ff, siate buoni!
Tratto dal primo capitolo:
"Riesco a stento a ricordare l'ultima volta che le sue labbra hanno sfiorato le mie. Poi il tepore della coperte mi assorbe completamente e io scivolo di nuovo nel sonno, mentre sento il tocco leggero della mano di Peeta e il suo profumo. Haymitch ha ragione - è l'ultima cosa che risco a pensare, insieme alla risposta all'ultima domanda che mi ha rivolto.
- No, non c'è bisogno che mi ricordi che ho un motivo più che valido per andare avanti. Peeta. -"
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Gale Hawthorne, Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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Quando ero malata era soprattutto Prim a prendersi cura di me; non che alla mamma non importasse, credo piuttosto che sapesse che preferivo la compagnia di Prim. La mia paperella.
Sento il mio cuore mancare.
La mia Prim è stata divorata dal fuoco, il fuoco della ribellione a cui ho dato vita. La mia Prim non c'è più.
La ribellione è finita, io sono qui ma lei è andata via per sempre.
Lacrime calde e silenziose mi bagnano il viso, l'immagine del mio sogno ancora in testa; non era un incubo, ma è stato altrettanto doloroso.
C'era Prim che mi preparava un infuso con un miscuglio di erbe, mentre la mamma la osservava silenziosa, muovendo leggermente la testa in cenni di approvazione: la prima volta che lasciava preparare un infuso a Prim completamente da sola.
Ero stata fuori a caccia tutta la giornata, in pieno inverno e con temperature da gelo, ma avevamo bisogno di cibo e Prim iniziava di nuovo a scomparire nei suoi vestiti.
L'ultima cosa che ho visto è lei che mi porgeva la tisana con una mano mentre l'altra controllava la mia fronte. Proprio come ha fatto Peeta, nella baracca.
Peeta. Dov'è?
Ancora stordita per il sonno, la febbre e il ricordo del sogno cerco di dare un contorno a ciò che mi circonda; sono nel letto della mia stanza, sotto le coperte. Allungo un braccio ma Peeta non c'è. D'altronde perché dovrebbe essere qui? Non so rispondermi eppure una vocina dentro di me dice che è così che dovrebbe essere.
Con fatica immane provo a mettermi a sedere per poter guardarmi intorno. Sono sola, così mi abbandono ancora un po' ai ricordi di mia sorella, di ogni singolo graffio che ha curato, del primo infuso che ha preparato per me.
Il tutto si accompagna alla febbre che è decisamente peggiorata, lo sento.
Il sonno prova a trascinarmi di nuovo a sè ma ho paura di cedervi: e se questa volta Prim non stesse preparando l'infuso ma stesse bruciando viva?
Al solo pensiero mi lascio scivolare per sprofondare nel letto, come a voler scomparire per sempre.
Ho fatto di tutto per poterla salvare, ho partecipato agli Hunger Games per lei. La mia vita in cambio della sua. Io sono sopravvissuta, lei no.
È tutto così ingiusto - penso, trattenendo a stento le lacrime, mentre mi riaddormento mio malgrado.
 
La febbre mi costringe a letto per un paio di giorni, sotto le premurose cure di Sae, che cerca di fare del suo meglio tra me, Peeta e la sua famiglia, e i continui rimbrotti di Haymitch, che in realtà non fa nulla se non materializzarsi nella mia stanza per qualche minuto e lamentarsi.
- Scappare nel bosco, che ideona… -
- …Tra tanti, di sicuro siete i due tributi più smidollati… -
- Vorrei tanto capire cosa ti salta in testa… -
Cose del genere. Dovevo immaginarlo che non avrebbe resistito a lungo senza farci un’altra ramanzina per la questione del bosco ma la mia insofferenza ha raggiunto ormai livelli inesplorati.
Tutto quello che so di Peeta è che anche lui è malato e che deve restare a casa a riposare, fine.
Volevo andare a fargli visita ma me l'hanno vietato ed ero troppo debole per poter disobbedire, anche se in realtà avrei voluto davvero: a quanto pare gli incubi hanno un loro modo particolare di manifestarsi quando si è febbricitanti e speravo che vedere Peeta avrebbe fatto da tranquillante. In fondo quando ho dormito con lui non ho avuto nessun incubo.
Il terzo giorno dal nostro rientro nel villaggio finalmente mi sento meglio, o almeno abbastanza in forma per andare da lui.
Così mi alzo e faccio una doccia, in modo da svegliarmi anche psicologicamente dandomi una bella rinfrescata, godendomi la sensazione dell’acqua fresca sul mio corpo intorpidito, districando l’ammasso informe dei miei capelli ancora bruciacchiati.
Li raccolgo nella mia solita treccia per provare a dargli un ordine e pesco dall’armadio uno dei caldi e comodi completi che Cinna ha disegnato e confezionato per me, mentre provo a reprimere i pensieri tristi e l’enorme senso di gratitudine che accompagna sempre il ricordo del mio vecchio stilista, dell’unico amico che ho avuto a Capitol, dell’uomo che avrebbe scommesso sempre e comunque su di me.
Quando finalmente scendo in cucina per mettere qualcosa nello stomaco, mi accorgo di essere completamente sola: mi aspettavo di trovarvi Sae ma non c'è.
In ogni caso mi sento decisamente meglio, almeno fisicamente, e soprattutto affamata, dato che gli ultimi due giorni li ho passati a bere brodino e a mangiare a stento due fette di pane.
Metto a bollire l'acqua per il tè, mentre cerco qualche biscotto. Ne trovo una scatola piena su un ripiano della cucina: sono bellissimi, ma un po' stantii.
Evidentemente Peeta ha cucinato qualcosa in più oltre al pane e alla torta, quella sera.
Divoro metà scatola ancora prima che il tè sia pronto. Quando finalmente stringo la tazza calda tra le mani vedo un movimento in un angolino della cucina: è Ranuncolo.
Quello stupido gattaccio in effetti non si faceva vedere da un po'.
Mi rabbuio mentre mi torna in mente il sogno di Prim e sento all'improvviso mancare l'aria. Dura un attimo ma poso ugualmente la tazza per andare ad aprire le finestra e il balcone della veranda per far passare l'aria.
Un venticello leggero mi sfiora il viso e i miei occhi incrociano le primule che Peeta ha piantato per me, per mia sorella.
Respiro a pieni polmoni l'aria mattutina, cercando di tranquillizzarmi osservando i primi boccioli. Ranuncolo sgattaiola tra i miei piedi e scompare tra i cespugli.
Richiudo tutto e finisco il mio tè in fretta, cercando di non pensare, mangio ancora qualche biscotto ed esco, percorrendo i pochi metri che separano la mia casa da quella di Peeta in una manciata di secondi.
Busso alla porta della casa di Peeta e dopo qualche istante mi apre Sae. Sembra sorpresa.
- Perché sei fuori? Dovresti stare al caldo o finirai con l'ammalarti di nuovo. Torniamo a casa tua - borbotta come risposta al mio saluto.
- Sae, voglio vedere Peeta - rispondo a mia volta.
- Adesso sta riposando, rientriamo a casa - insiste, mentre prova a spingermi delicatamente giù per i gradini davanti alla porta.
C'è qualcosa che non va.
- Sae, sai benissimo che non me ne andrò -
Ed è vero. Non me ne andrò più quando Peeta starà male, e ora deve esserlo abbastanza se Sae vuole impedirmi di vederlo.
- Lasciala entrare Sae - sento la voce di Haymitch alle sue spalle - l'ultima volta che ho provato a tenerli lontani lei è scappata nel bosco e stava per affogare nel lago e lui l'ha seguita a ruota. -
Sae è titubante.
- Ma il dottore... - accenna, ma io, ormai stanca di aspettare, sono riuscita a divincolarmi, ho spalancato la porta alle spalle di Sae e sono finalmente entrata.
Le sue parole però mi preoccupano.
- Potete dirmi cosa sta succedendo? - chiedo, innervosita; come sempre, non so mai niente mentre gli altri sembrano quasi divertirsi nel tenermi segreta qualsiasi cosa.
Haymitch si appoggia lentamente al muro e incrocia le braccia alzando lo sguardo su di me.
- Il ragazzo sta male, ecco tutto. Ha la febbre alta da quando siamo tornati, anche se ora ha smesso di tossire come un dannato. Il dottore è dell'opinione che stesse per buscarsi una polmonite. -
Resto in silenzio stordita, ma so che non è tutto. Haymitch mi nasconde qualcosa e lo capisco perché abbassa lo sguardo per cercare in apparenza la sua amata fiaschetta, come a voler evitare il mio.
- Cos'altro? - domando.
Hamitch apre la bocca per parlare ma si interrompe da solo; è strano, sembra quasi che non riesca a trovare le parole, e quelle di certo non gli sono mai mancate.
- È difficile da spiegare - riesce a dire infine - È come se avesse avuto un crollo psicologico. Quella cosa che è successa nel bosco, lui che si blocca sul nascere di un episodio in quel modo, è stato strano. Il dottor Aurelius non sa spiegarselo, teme che rivedendoti possa avere un altro crollo. Stupidaggini, dico io; se c'è una cosa da imparare da tutto questo è che non potete stare lontani. -
Haymitch distoglie ancora lo sguardo ma questa volta è tutto. Non gli rispondo ma mi dirigo direttamente verso le scale, per poter raggiungere la stanza di Peeta.
Il dottor Aurelius non ha capito proprio nulla, Haymitch ha ragione.
Apro la porta della sua stanza con delicatezza, per non far rumore; Peeta è ovviamente a letto. Sta dormendo ma sembra agitato, lo vedo rigirarsi tra le lenzuola. Mi siedo sul margine del letto, incerta sul da farsi.
Chissà quale incubo starà facendo, chissà se ci sono io dentro ad ucciderlo. Provo a carezzargli la testa, sistemandogli i capelli e toccando la sua fronte che è ancora calda. Peeta non si sveglia, ma la cosa sembra tranquillizzarlo. Mi appoggio con la schiena contro la spalliera del letto e resto ad accarezzarlo, mentre dorme con la guancia poggiata contro il mio fianco.
Dopo qualche minuto tuttavia si sveglia; alza lo sguardo intontito e dubbioso verso di me: - Katniss... Io... Come stai? -
Lo stringo forte mentre affondo il viso tra i suoi capelli.
- Sto bene, ora non ti preoccupare. Riposa - sussurro.
Peeta mi stringe a sua volta e mi fa un po' di spazio, così da permettermi di appoggiare le gambe sul letto.
- Resta con me - mi dice e le sue parole riescono a farmi scaricare la tensione della mattina, cacciando via i pensieri su Prim e il nervosismo di qualche minuto fa.
Questa volta è lui a chiederlo a me. Questa volta lo farò.
- Sempre - gli rispondo, e Peeta appoggia la sua testa sulle mie gambe, addormentandosi di nuovo.
 
La mia veglia procede tutta la mattina senza nessun intoppo; Peeta dorme, io gli accarezzo i capelli.
Per la prima volta dopo tanto tempo mi sembra di essere in pace; non importa se qualche giorno fa sono scappata nel bosco, se Peeta ha avuto un crollo emotivo, se stamattina il ricordo di Prim mi ha travolto per qualche istante. Ora sto bene, ora sento che il fuoco della distruzione che mi brucia dentro potrebbe davvero affievolirsi, come ho desiderato nella capanna.
Per la prima volta penso alla possibilità di poter passare ogni giorno così, con Peeta, accarezzandogli i capelli mentre dorme ogni mattina.
Ed è strano.
Sento Peeta rabbrividire e lo vedo stringere di più gli occhi. Un altro incubo. E se si svegliasse in preda a uno dei suoi attacchi? So che non se lo perdonerebbe.
Le carezze sembrano aver perso il loro effetto così provo a intonare la canzone della valle, a bassa voce, in un sussurro. Non so nemmeno perché lo faccio ma Peeta si tranquillizza e anche io; inavvertitamente mi ero tesa insieme a lui.
Il motivetto della canzone mi accompagna fino all'ora di pranzo, quando Sae entra in camera con un enorme vassoio.
Il mio stomaco brontola quando l'odore delizioso di uno stufato di carne arriva al mio naso.
Peeta si sveglia proprio in quell'istante, facendomi sperare che il tintinnio dei piatti sul vassoio abbia coperto il brontolio. Arrossisco quando Peeta mi rivolge un sorrisetto divertito, facendo morire la mia speranza sul nascere.
Per fortuna vengo salvata da Sae, che chiede a Peeta come si sente e gli porge il termometro, aggeggio che ho scoperto in questi giorni si usa per misurare la temperatura del corpo.
Per un attimo mi fermo ad osservare Sae la Sozza. Ha un'espressione stanca e quasi mi commuovo nel vedere quanto abbia preso a cuore anche Peeta, nonostante i pregiudizi che una vita intera nel Giacimento possa aver portato con sé.
Con la coda dell'occhio riesco a scorgere Haymitch che si appoggia allo stipite della porta, il suo solito sguardo torvo su Peeta.
Non posso fare a meno di pensare che Peeta finalmente stia ricevendo le adeguate attenzioni; le attenzioni che non ha mai avuto, né dalla famiglia, né da qualche amico, quelle che io per prima non sono stata capace di dargli perché troppo egoista.
Haymitch si accorge che lo sto osservando e mi rivolge uno sguardo da "dobbiamo parlare". Annuisco ma può aspettare. Per il momento il mio posto è qui.
La temperatura di Peeta è scesa di un po'. Lo vedo bere un enorme bicchiere d'acqua per inghiottire la sua razione di pillole mentre Sae e Haymitch ci lasciano di nuovo soli.
Peeta mi porge un piatto colmo di stufato.
- Per la ragazza in fiamme e il suo stomaco brontolone - mi dice, accennando un sorriso.
- Smettetela con quello stupido nomignolo - gli rispondo con tono offeso, dovuto in maggior parte all'imbarazzo per la questione dello stomaco più che per il nome, mentre afferro il piatto.
Peeta sembra colto alla sprovvista e il sorriso che aveva accennato va via, facendomi sentire in colpa.
- Scusa - mi dice infine, mentre si serve da solo versando lo stufato nel suo piatto.
- No, scusa tu. È che a volte vorrei davvero che questa storia della ragazza di fuoco finisse. Il fuoco brucia, uccide. -
La mia risposta sorprende anche me, ma è nulla in confronto a quella di Peeta.
- Ma riscalda anche. E illumina. - Un sorriso timido prova di nuovo a riaffiorare sulle sue labbra. - Ci permette di cucinare. Grazie al fuoco riesco a cucinare il pane e le focaccine al formaggio che ti piacciono tanto. - aggiunge e me ne porge una, afferrandola dal vassoio su cui si trova anche la pentola. Non le avevo notate. Peeta mi informa che risalgono sempre a quella famosa sera, quindi sarà un po' vecchia. Addento la focaccina, che è comunque buonissima - Sae deve averle riscaldate al forno per renderle più morbide - mentre rimugino ancora un po' sulle parole di Peeta.
- Grazie per essere rimasta - mi dice, e ancora non mi capacito di come riesca a parlare con così tanta naturalezza di qualsiasi cosa.
- Di niente - gli rispondo, trovando finalmente la forza di ricambiare il suo sorriso, mentre rubo un pezzettino di carne dal suo piatto.
 
Dopo aver mangiato raccolgo posate, piatti e pentola sul vassoio per riportarlo giù.
- Torno subito - gli dico, e mi sembra quasi di scorgere un bagliore negli occhi di Peeta, già lucidi per la febbre. Mi giro rapidamente e raggiungo la cucina. Sae sta lavando i piatti, cui si aggiungono quelli portati da me ma Haymitch non c'è.
Ritorno da Peeta, che intanto si è disteso di nuovo, circondato dai cuscini.
Ci posizioniamo come stamattina, così torno ad accarezzargli i capelli. Ho scoperto che è una cosa che mi piace molto e ora capisco perché un tempo anche lui amasse farlo.
Mi impongo di non pensare al fatto di aver utilizzato un passato quando all'improvviso mi torna in mente una cosa.
- Peeta - lo chiamo, e lui apre gli occhi; li aveva socchiusi, probabilmente stava per riaddormentarsi.
- Nella capanna, prima che... - mi trattengo. Prima che ci baciassimo - continuo nella mia testa ma l'imbarazzo mi blocca.
- ... Sì, insomma, hai parlato di un patto. A cosa ti riferivi? - concludo, provando a nascondere il mio rossore. Non so perché mi sia ritornato in mente ora; durante la mia convalescenza ci ho ripensato diverse volte, ma da stamattina il pensiero era stato come rimosso.
- Non lo so nemmeno io di preciso - risponde, serio. - Vorrei solo trovare un modo per starti vicino senza farti del male, o senza spingerti a fartelo da sola. -
- Vorrei trovare anche io un modo per starti vicino senza farti soffrire - gli dico e mi sorprende il fatto che trovare il coraggio per dire queste parole non è stato poi così difficile, nonostante abbia ammesso a Peeta che vorrei stare con lui.
- Non so se troveremo mai un modo - riprende Peeta - o meglio, non so se riuscirò a trovare un modo. Ma lo vorrei. Anche perché non so se riuscirei a sopportare di nuovo l'immagine di te che provi a gettarti nel lago - rabbrividisce, e in un lampo di genio capisco che forse è proprio questo che lo ha fatto crollare nel bosco; in effetti stavo cercando di aiutarlo a ricordare proprio questa scena.
Come stamattina affondo di nuovo la testa nei suoi capelli, stringendolo e restiamo così per un po'.
Forse Peeta non è perduto.
Peeta ha avuto paura per me.
Peeta non sopporta l'idea che io possa morire, proprio come nell'arena.
Il vero Peeta almeno pensa questo. Il vero Peeta esiste da qualche parte.
No, il vero Peeta è tra le mie braccia, e si sta addormentando mentre gli accarezzo i capelli.

*******

Saaaalve :3
Eccomi qui, ancora viva nonostante tutto, e con un nuovo capitolo :3
Ve gusta? Spero proprio di sì ma come al solito vi invito a esprimere la vostra opinione in una recensione!
Lo scorso capitolo avete recensito un sacco... Devo di nuovo mettermi a implorare? XD O tipo boh, vi minaccio dicendo che non pubblicherò più nulla finchè non mi fate sapere che ne pensate? Ahahahahah XD (sì, fatemi credere di essere importante e che la mia fanfic sia la vostra ragione di vita ahahahah XD)

Vabè, pazzia a parte, ringrazio tutti tutti tutti :3 (recensori, persone che mi seguono/preferiscono/ricordano, la mia adorabile Ccch che mi aiuta sempre <3 )


Al solito eccovi il link della storia della mia Ccchhh, che è tipo la fanfic più fantabulosa del mondo: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2494551

Infine, perdonate il mio ritardo, ma mi sa che meglio di così non riuscirò a fare :/
Rimembrate sempre #moreshirtlessPeetaforeveryone

Love you so much, Sara :3
(oh, ve l'ho mai detto il mio nome? vabè, si intuisce dal nickname truzzo di quando ero una stolta giovincella XD)

May the odds be ever in your favor.


P.S. (15/04/14)
No ragazzi, cioè, boh. Sono triste. Prima recensite e poi mi appendete? T_T
Dai dai, che in questo preciso istante sto lavorando per voi, spronatemi un po'. Vi preeego, I need you! (buttarmi di nuovo a pietà servirà a qualcosa? XD)
Vogliatemi bene ♥ :(

May the odds be ever in your favor.
  
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