Questo capitolo non mi
convince molto... Ma non ho più voglia di aspettare!
Chiedo gentilmente a tutti
quelli che leggono di commentare, in negativo, su qualunque cosa non funzioni.
Ovviamente ringrazio Suikotsu che ha commentato il primo capitolo, ma vorrei
sentire anche una seconda opinione (e magari una terza, una quarta, una
quinta...).
Capitolo
2 - Preda
Una scarsa luce filtrava attraverso
gli alberi, molto fitti e intricati. La foresta era molto buia e si riuscivano
appena a vedere i tronchi delle piante. Non esisteva nessun sentiero e da quasi
trecento anni neanche una persona aveva percorso quell’antica selva. Gli uomini
se ne tenevano alla larga e i pochi temerari che vi si erano addentrati non
erano più tornati indietro.
Eppure un solitario
viaggiatore camminava in mezzo agli alberi. Aveva un mantello e un cappuccio
verde. Portava in mano un bastone che si biforcava, si attorcigliava e si
riuniva. Il suo volto era nascosto da un cappuccio cosicchè si vedevano solo
gli occhi verdi. Portava guanti. Il suo nome era Arellon ed era un mezzelfo.
Era giovane, ma non era inesperto. Sapeva dei pericoli della Grande Foresta
Oscura, ma doveva prendere quella via. Di certo il suo nero inseguitore aveva
già raggiunto la locanda e perciò non aveva molto vantaggio. Se avesse percorso
uno qualunque degli altri sentieri sulle montagne sarebbe stato raggiunto e,
con ogni probabilità, ucciso. In ogni caso voleva essere prudente: stava
camminando vicino ai margini della foresta senza arrischiarsi a entrare troppo
nel folto.
“Qui Eldacil non mi seguirà
mai.” pensò con sicurezza guardandosi intorno “Eppure non riesco a liberarmi
dalla sensazione di non essere solo...”
Infatti gli sembrava di
sentire dei rumori simili al frusciare di foglie al vento. Ma non c’era vento.
Sua nonna gli aveva raccontato che un tempo la foresta era molto frequentata da
viaggiatori e mercanti che narravano aver visto grandi reami e città. Erano
abitate da driadi, centauri ed elfi tutti quanti caratterizzati da una
carnagione chiara a causa del fatto che vivevano nel folto della Foresta, dove
non c’era altra luce se non quella debole e fioca creata dalla loro magia. Poi
c’era stata la Guerra delle Follia e gli esseri che là dimoravano si erano
nascosti e da tre secoli la Foresta era muta e silenziosa. I suoi abitanti
erano svaniti, come inghiottiti dall’oscurità. Non si sentivano più i canti
delle driadi nè il nitrire dei centauri nè le odi degli elfi rivolti ai grandi
alberi come le querce, i castagni, i pini e le sequoie. Gli uomini erano
convinti che quelle strane creature fossero morte. Eppure temevano ancora i
rami e le fronde che si protendevano come artigli pronti a catturare gli
incauti viaggiatori.
Alcune ore prima aveva
chiesto ad alcuni pastori sulle Montagne Verdi se era sulla strada giusta per
la Grande Foresta Oscura. Un pastore guardandolo stupito gli aveva
chiesto:-Straniero, forse tu cerchi la morte? Oppure abiti in quella selva
maledetta?- Gli aveva risposto che voleva solamente attraversarla e allore il
pastore lo aveva guardato preoccupato e gli aveva indicato la strada verso Sud.
-Quella è la via, signore.- E pensò:“Deve essere un perseguitato o un disperato
per voler passare di là!”
Arellon continuava a
camminare accanto a quegli enormi alberi. Si sentiva stanco, ma doveva
raggiungere un corso d’acqua per essere sicuro per avere le prove di quello che
pensava.
Ma ormai doveva essere
diventata notte perchè l’oscurità era aumentata e quindi ci si poteva perdere
continuando a camminare. Non era sicuro accendere un fuoco, si correva il
rischio di essere visti e di offendere le creature della foresta bruciando una
parte della loro terra. Così il silenzioso viaggiatore si fermò e si sedette.
Mangiò un poco del pane che aveva preso alla locanda il giorno prima.
Poi provò ad ascoltare i
rumori della foresta. Apparentemente si sentiva solo il frusciare leggerissimo
delle foglie, ma esattamente come poche ore prima gli sembrava che ci fosse
qualcuno che lo osservava.
Ma chi poteva essere?
Eldacil? No, non era possibile. Prima di tutto, non avrebbe mai pensato che lui
avrebbe corso il rischio di percorrere un sentiero così oscuro e pericoloso. E
poi sapeva che Eldacil odiava e temeva la Grande Foresta.
Allora chi? Forse le guardie
del re Gardon? Impossibile! Anche se lo avevano notato e lo credevano sospetto
avrebbero abbandonato la pista non appena si fossero accorti che si era
addentrato fra quegli alberi.
Doveva sapere chi lo seguiva.
Purtroppo non aveva trovato un corso d’acqua e perciò la magia non sarebbe
stata completa. Ma almeno avrebbe saputo quanti lo seguivano e con quali
intenzioni.
Prese il bastone e tracciò un
cerchio intorno a sè, per quanto l’oscurità gli permetteva. Poi prese da una
tasca del mantello un sacchettino che conteneva delle foglie di forma
circolare. Gli erano state date alcuni anni prima da sua nonna che a sua volta
le aveva ricevute da suo nonno il quale le aveva avute in dono dal grande
stregone elfico Olidos. Avevano un’enorme valore e potere, ma non le aveva mai
usate. Sua nonna gli aveva spiegato che servivano ad entrare in comunione con
l’ambiente circostante e a percepirne i pensieri. La terra rivelava il numero
dei passi che la calpestavano, gli alberi, eterni e saggi, sapevano dire le
intenzioni e i fini di tutto ciò che vedevano e l’acqua mostrava l’aspetto di
coloro che le passavano vicini. Era molto pericoloso però, perchè si correva il
rischio di perdersi e di diventare parte dell’ambiente.
Per un po’ rimase lì a
pensare se davvero fosse il caso di usarle, ma, quando era sul punto di lasciar
perdere, sentì un dolore acuto al palmo della mano sinistra. “Oh, no! Non posso
più esitare.” pensò e addentò una foglia. Poi incrociò gambe e braccia e chiuse
gli occhi. Sentì una ventina di passi felpati a poca distanza da lui a sinistra
e un incedere duro e veloce poco più lontano a destra. Percepì un odio
immotivato e feroce alla sua destra e una curiosità unita a rabbia a sinistra.
Vide che l’individuo alla sua destra bramava di prenderlo e ucciderlo mentre
quelli a sinistra volevano solo catturarlo, almeno per il momento, ma neanche le loro intenzioni sembravano amichevoli.
Poi successe una cosa che non
si aspettava. Sentì due voci confuse nella testa. -Molti ti seguono...
vattene... continua la tua strada... abbandonala subito... qui non ti accadrà
nulla di male... ti uccideremo orribilmente... resta... muori!-
Arellon si riscosse dal suo
stato di trance mandido di sudore. Gli spiriti della foresta non erano tutti
della stessa opinione, mancava la sintonia. Ecco perchè gli alberi e i rami si
intrecciavano e crescevano gli uni sopra gli altri: era come se ci fossero due
anime che si contrastavano. Una era amica di ogni forma di vita, mentre l’altra
odiava tutte le cose estranee che mettevano piede nella foresta. “Chissà cosa è
accaduto qui... Di certo qualcosa di orribile che ha turbato la solidità degli
alberi.” pensò mentre si rialzava per cancellare il cerchio. Decise che forse
era meglio riposare e pensare la mattina dopo a cosa fare.
Per sua fortuna, gli esseri
misteriosi che lo osservavano non approfittarono del suo sonno per catturarlo,
ma si limitarono a sorvegliarlo. Quando fu mattina, una luce verde riuscì a
passare attraverso gli alberi e svegliò il viaggiatore che, dopo aver
sbocconcellato un altro po’ del suo pane, riprese il cammino. Per tre giorni
proseguì nella foresta senza che succedesse nulla.
Poi nel pomeriggio del quarto
giorno, dopo aver camminato intorno ad alberi secolari e a giovani arbusti,
arrivò in una radura. Gli sembrò strano che ce ne fosse una in mezzo a una
foresta selvaggia. Gli parve davvero bizzarro, ma la attraversò. Non poteva
fare altrimenti: a sinistra gli alberi erano troppo intricati per passare e lo
stesso valeva a destra. Forse avrebbe dovuto cercare un’altra strada, ma
correva il rischio di perdersi nel buio e di essere catturato dalle misteriose
creature o di uscire dal bosco e di essere ucciso da Eldacil. Così avanzò
attraverso le erbe alte e i cespugli ed entrò nella radura. Aveva una forma
circolare e l’erba era molto bassa, come se fosse stata tagliata. Era
circondata da pini e querce altissimi e maestosi in mezzo ai quali si
nascondeva una timida e piccola betulla. Dopo il cerchio di alberi crescevano
una fila di cespugli rigogliosi e una di fiori meravigliosi di tutti i colori
dell’arcobaleno. Quando arrivò a metà della radura, davanti alla quercia più
alta e grande, sentì un dolore acuto alle gambe, come se lo avessero colpito
con un frusta. Poi non riuscì più a muoverle. Le guardò e vide che erano legate
da delle funi che sembravano di legno. E infatti erano le radici del pino che
aveva dietro di sè ad una distanza di tre metri. In preda al panico agitò il
bastone cercando di pronunciare una semplice magia per liberarsi. Ma non aveva
ancora finito di parlare che i rami della quercia che aveva di fronte gli
avevano già avvinghiato il torace e le braccia. Alzò la testa verso il cielo
divincolandosi disperatamente nel tentativo di liberarsi, ma gli servì solo ad
accorgersi che gli altri alberi stavano unendo le loro fronde per oscurare la
radura. Aprì la bocca per gridare, ma le foglie della quercia si mossero fulminee per tappargliela. I cespugli e i fiori mutarono, sfoderando come artigli centinaia di
spine e si colorarono di rosso, rosso sangue. Prima che il buio più totale
calasse nella radura, Arellon sentì delle voci.
-Lo abbiamo preso!-
-Andiamo ad avvisare Iselia.-
-Non lasciamo nessuno a
sorvegliarlo?-
-No... Anche se riuscisse a
fuggire ci penserebbero gli alberi a fermarlo.-
Poi ci fu solo l’oscurità.