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Autore: mooarless    08/04/2014    3 recensioni
La verità è che non c'è verità, che nessuno se ne va mai per davvero e nessuno resta per sempre anche se per lei Non c’era stato nessun addio.
Una mini Long su ciò che accadrà dalla 3x12 in poi rivisitato e rivisto da me. È principalmente una Rumbelle ma farò accenni anche ad altri personaggi di OUAT.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Belle, Neal Cassidy/Baelfire, Signor Gold/Tremotino, Sorpresa, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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"I'm Fine"
I wish you knew, how i feel inside.




Caro Rumple,
Se leggi questa lettera vuol dire che ce l’ho fatta, che sei vivo e stai camminando con la tua solita aria per Storybrooke tanto stranito quando indulgente.
Se la stai leggendo significa che una Rossa tutto fuoco e salsedine ti ha recapitato questo oggetto, ormai, è la nostra piccola postina con le pinne. (Anche se non è questo il caso)
E sono certa che tu l’abbia persino fissata - per momenti - male, ma lei ti avrà certamente sorriso.
Ha un sorriso per tutti. Un po’ come me.
È stata l’unica che non mi ha fatto domande, l’unica che mi ha creduta in una occhiata.
È sempre stata l’unica amica che ho conosciuto poco ma ha dato tanto.
Tuo figlio sta organizzando il tuo funerale, non sono riuscita a impedirlo, dopo di esso lui partirà alla ricerca di Emma e tuo nipote. 
Io ero sicura che in un modo o nell’altro ti avrei portato indietro.
Non importava come o quando.
Lui voleva indietro la sua famiglia e partire per il Tallahassee. 
Il negozio è in ordine, la tua casa è pulita e ti aspetta.
Ho lasciato una tazza di the e un panino nella solita posizione sul tavolo, ogni giorno li sostituivo perché ogni giorno poteva essere quello giusto.
Se hai fame sai cosa fare a meno che tu non voglia andare a terrorizzare la gente da Granny’s, potrebbe essere effettivamente divertente. (Non farlo senza di me, voglio vedere le facce stupite di chi mi prendeva per pazza.)
I tuoi vestiti e le tue camicie fresche di lavanda ti aspettano, lo so, ora ti stai chiedendo perché la Lavanda e non c’è un reale motivo, volevo soltanto che il tuo ritorno avesse il profumo della freschezza. 
Della Lavanda.
Di novità.
Ricordati che Neal ha portato a casa una gattina, non spaventarla, si chiama Duchessa trattala bene è uno zuccherino, solitamente si acciambella accanto all’attaccapanni secondo me anche lei sta aspettando il tuo ritorno.
Ho imparato a cucinare una torta buonissima e l’ho chiamata “non ti scordar di me” , ce n’è una fetta in frigo accanto al the freddo alla pesca.
Per favore sta attento quando entrerai in salotto sto riordinando e i miei libri sono un po’ ovunque, ma credo che questo non è una novità. 
Ricordati che alle 20:00 è pronta la cena.
Tua,
Belle. 

P.S. I love you.




La nuvole verde si era dissolta scivolando negli ultimi rivoli attorno a Belle e poi nella terra, si era insinuata oltre la dimensione del Reale e aveva lasciato l’immagine riflessa di due occhi come i suoi nell’aria.
Poi più nulla.
Poi c’era lui.
Rumple. 
Era possibile descrivere la perfezione?
Era possibile ricordare ogni tratto così vivo come non mai, era possibile che per lei non se n’era mia andato? Si.
Per lei era sempre stato lì, per lei non era mai scomparso e non si era mai sacrificato…il destino quella volta, probabilmente, li aveva voluti insieme.
Li aveva voluti complici.
Allora perché Belle non riusciva a dire nulla? Perché riusciva soltanto a piangere e a tremare? Perché lo stomaco si stava rivoltando e una leggere nausea iniziava a rendere quel momento stupendo, quello più teso?
Sembrava che tutto il suo corpo era stato sconvolto dal tocco della strega.
Aveva chiuso gli occhi e lentamente quella sensazione densa di disagio la stava abbandonando, la mente si era liberata delle mille preoccupazione.
Era certamente felice ma mancava qualcosa.
Mancava l’esplosione delle emozioni che non riusciva davvero a riportare a galla, sembravano sparite tutte assieme e improvvisamente ricordava tutto.
Improvvisamente si stava maledicendo della sua dimenticanza, non aveva più un cuore.
“Rumple”
L’aveva chiamato ed aprendo gli occhi, l’orrore si era chiaramente palesato sul volto di Belle.
Nemmeno l’ansia riusciva a scalfirla, nemmeno la paura o l’attanagliante necessità di urlare.
Era vuota.
Vuota come il posto che Rumple occupava e che , ora, aveva la stessa consistenza del nulla.
L’aveva sognato?
La corsa all'indietro era stata quasi folle, aveva sbattuto contro così tanti rami che l'abito, il volto e le mani ne trattenevano i segni. 
Era stata la disperazione a muoverla verso il centro cittadino. 
Sempre quella di cui si stupiva sentire lontano, doveva essere più incisiva di così. 
Doveva giungere ai bordi del bosco laddove aveva seppellito il suo cuore, dove Regina le aveva detto di cercare.
C'era?
Le dita nella terra, le unghie sporche e i movimenti rapidi facevano di quella ricerca l'obbiettivo primario. 
L'idea di non trovarvi nulla era di pugno in pugno sempre più vivida, sempre più presente. 
Ma poi ecco. 
Un cofanetto, aprirlo non era stato difficoltoso. 


«Mi raccomando Belle.»
«Ho capito, prendo il cuore e lo accompagno.»
«Più lentamente lo farai minore sarà lo shock causato.»
«D'accordo, ma lo può fare anche chi non possiede la magia ?»
L'espressione di Regina aveva preso una piega decisamente insofferente.
«Ma non ti ha insegnato proprio niente, Rumple?!?» 


Il fatto che adesso avesse un cuore cambiava tutto, il mondo aveva preso un colore diverso. Poteva percepire molte cose, prima fra tutte un’immensa calda violenta impossibile Gioia.
Era una Felicità con la F maiuscola e non c’era niente, nessuno, anima viva o morta a poter spegnere il fuoco che le serpeggiava dentro.
E dio, non ricordava nessun momento più piacevole della consapevolezza di avercela fatta di aver ingannato chiunque fosse quella donna dalla pelle verde e lo sguardo di ghiaccio.
Non c’era niente, in verità , di più piacevole del suo ritorno anche se adesso ripensandoci lui era sparito.
Ancora.
Ma no.
No. 
Non davvero lei lo sentiva nel cuore - quel cuore pieno di una luce accecante - , se lo sentiva addosso. 
Dentro.
Poteva rintracciare la scia della sua presenza ed era per lo stesso motivo che Belle si era messa a correre, infilando vie sconosciute e uscendo per caso dalla vegetazione più fitta, si era immessa in una delle strade della cittadina e correva come se non avesse un corpo.
Era l’anima che si allungava verso il proprio pezzo mancante, era l’anima che in un balzo s’avvicinava alla necessità che il piano di provenienza le imponeva.
Un’anima non poteva starsene a lungo divisa era per lo stesso motivo che le chiamavano “anime gemelle”, perché sentivano la mancanza l’una dell’altra.
Perché vicine erano perfette.
Perché Rumple e Belle, vicini erano perfetti.
Era per lo stesso esatto motivo che sulla strada principale della cittadina un uomo - senza bastone - si aggirava fiero diretto all’unica destinazione a lui congeniale, era per la stesso identico pensiero che una donna stava facendo altrettanto dall’altro capo della strada.
Era il destino che mischiando le carte li aveva posti uno opposto e parallelo all’altro ed era per lo stesso motivo che entrambi - alzando lo sguardo - si erano visti.

Dall’altro capo della strada c’era Ariel, aveva appena fermato Rumple e gli aveva consegnato la lettera era stato questione di minuti perché lui la leggesse.
E lei si stava già allontanando, una decina o forse una trentina di passi e la rossa si era voltata verso il luogo dove aveva lasciato Mr.Gold in lettura.
Aveva finito di leggere e una figura in un cappottino color Vinaccia stava già attraversando la strada incurante del pericolo, nessuna automobile si era frapposta alla loro riunione e la scena che si era dipinta come un quadro romantico, aveva quella toccante sensazione del Vero Amore.
Erano pennellate avvolgenti quelle che si definivano, colorate di una tremolante passione che scivolava in un abbraccio stretto, in braccia che diventavano nodi. In lacrime scivolate per caso nello spazio frapposto, nell’aria, nell’aria c’era l’odore di una imminente pioggia.
Quando il viola, il rosso scuro e l’azzurro erano impattati contro il nero e il marrone la magia del momento aveva reso quella tela reale.
Loro erano reali.
Ariel aveva l’emozione che le era scivolata sulle guance ed era felice.
Felice della felicità di quell’abbraccio in corsa, di quell’uomo che aveva raccolto la donna e le aveva fatto fare un giro su sé stessa, prima di affondare il capo nei capelli di Belle.
La sirena a quel punto - volgendosi per dare la giusta pace alla coppia riunita - aveva canticchiato sulla strada del ritorno, ogni passo corrispondeva a una nota di una melodia inventata ispirata alla “Bestia” e alla sua Bella.

«Cosa hai dato alla Strega per liberarmi?»
«Oh…Rumple, non puoi proprio evitare di preoccuparti? Credi di essere l’unico qui a saper fare patti?? mh?»
Belle aveva fatto una leggere smorfia di disappunto e aveva fissato il folletto con fare piuttosto intimidatorio.
«Figurati, Dearie. Ma l’allieva non può batter il maestro…»
«Si da il caso che tra tutte le allieve che hai avuto io non mi sono mai arrogata di questo titolo, in definitiva non sono la tua Allieva.»
«Mh. Hai proprio ragione Mrs. Gold.»
Belle si era fermata improvvisamente sgranando gli occhi su un Rumple decisamente molto allegro, un sorriso spiccato di una derisione quasi “malvagia”. 
«Oh Dearie, Non ti allarmare. Scherzavo.»



«Per carità non cadere. PER FAVORE NON CADERE.»
Stava scongiurando uno scaffale, mentre tra le braccia Belle portava una quantità spropositata di Libri…una decina? Una ventina? Bhè, erano così tanti che la superavano in altezza ma la cosa peggiore era la precaria posizione dello scaffale che straboccava di altri tomi. 
Era tornata la “normalità” per quanto non fosse normale come tutti la intendevano.
Erano passate quattro settimane e Belle era estremamente felice.
Rumple continuava a cercare suo figlio con Regina e lei era occupata con la sua solita biblioteca.
La distrazione era sempre stata una componente - come con chip - che faceva parte di tanto della principessa, infatti ci era voluto un piede messo malamente per inciampare.
Un passo lungo e si vedeva già proiettata in una rovinosa, no, DISASTROSA caduta.
«AHHHHHHHNNN»
Aveva cacciato un urlo che le era morto tra le labbra quando si era accorta che i propri libri fluttuavano nell’aria - lei era rovinata al pavimento - ma i libri erano li.
Fermi. 
Perfettamente in ordine.
«Rumple quante volte ti ho detto che non amo la magia, mh?»
Silenzio.
Aveva ancora lo sguardo puntato sui libri mentre si alzava e si sistemava l’abito con discrezione, nell’esatto attimo in cui aveva cercato la fonte della magia attuata proprio nella sua libreria la pila di libri si era scomposta  crollando senza grazia ai piedi della donna.
«Mh. Non è divertente sai?!»
Aveva già messo le mani sui fianchi attendendo la risatina divertita del folletto ma questa non era arrivata, anzi. 
Più occhieggiava gli scaffali cercando la figura di Gold e più i libri sfilavano fuori dalla loro sede, rendendo il locale un campo di battaglia per lettori folli abituati a lanciare i libri un po’ qua e un po’ la se non graditi.
Belle in preda ad una crisi di nervi aveva scavalcato tutti i volumi e si era lanciata in una camminata frettolosa verso il negozio del suo fidanzato, aveva persino dimenticato la porta aperta.


Il negozio dei pegni non distava troppo dalla sua libreria e non ci aveva messo nemmeno troppo visto lo slancio.
Aveva afferrato la maniglia come se dovesse strapparla dalla propria sede ed era entrata senza accertarsi nemmeno se l’uomo fosse solo o meno, ma era evidente che Belle in quel momento non sembrava curarsene.
«Qualsiasi cosa tu abbia fatto alla mia biblioteca, SAPPI, che non è divertente. Così come è esageratamente frustante che tu sparisca come un folletto dispettoso, dopo aver creato tutto quel macello nella biblioteca! Cos’è stamattina non mi pare di aver messo nel caffè cianuro, quindi di cosa ti stai vendicando? MH?!»
Aveva rigorosamente cacciato la porta indietro facendo quasi traballare gli infissi, all’interno della stanza Regina si era lasciata sfuggire una boccetta contenente chissà che diavoleria e Gold aveva alzato lo sguardo sbigottito.
«Dearie…Di cosa stai parlando?»
L’espressione di lui era chiaramente un enorme punto interrogativo, Regina era divertita.
Aveva quel ghigno stampato in volto di una curiosità malsana, mentre lui stava scivolando oltre il bancone per avvicinarsi a Belle.
Ogni passo, però, era uno sguardo furioso che non lasciava spazio ad un avanzata maggiore.
«Di cosa sto parlando? Ora le uniche due persone che sanno usare la magia decentemente in questa cittadina sono qui e non mi dirai che stavate facendo i piccoli chimici eh?!»
«Mh, Belle ma ti senti bene?»
«MI SENTO BENE?!?! HO L’ARIA DI QUELLA CHE SI SENTE MALE?!»
Era calato il silenzio. 
Belle stava letteralmente sfiammando di un nervosismo che non doveva appartenerle fino in fondo.
«Non fa niente. Continuate pure.»
Dopo di che si era voltata ed era uscita con lo stesso slancio dal negozio senza dare alcuna spiegazione, semplicemente se n’era andata.
«Ma?»
Mr. Gold era sempre più sconvolto dalla reazione della donna e si era girato verso Regina in cerca di una qualche risposta.
«Non guardarmi. Avrà il ciclo.»

Belle era tornata in libreria aveva preso un grosso respiro ed era entrata aspettandosi di dover passare le restanti quattro ore a sistemare e a tirare a lucido la libreria, invece, con suo immenso stupore tutto sembrava più ordinato di prima.
Gli scaffali avevano le loro etichette e tutto era maniacalmente come prima.
“Forse non si meritava quella sfuriata.»
Aveva abbozzato un sorriso e si era lasciata andare sulla sedia della scrivania, improvvisamente stanca e spossata.
Aveva sistemato la testa tra le braccia e si era addormentata così, profondamente.

«Belle?» 
«Belle?»
«Mhghfh ancora cinque minuti.»
Il bacio delicato di Mr. Gold si era depositato sulla guancia di Belle.
«Rumple? Mh. Che ore sono?»
«Sono le dieci di sera, ti sono venuto a cercare perché non sei tornata per le 20 e mi sono preoccupato.»
«Ah. Mh, ero stanchissima.»
«Su dai, vieni a casa. Ho preparato la cena.»
Si era alzata faticosamente e si era appoggiata al braccio dell’uomo.
«Ah, Scusami per oggi. Non so davvero cosa mi è preso è che c’era un disordine in questa Libreria e poi quando sono tornata era tornato come prima. Sei stato tu?»
«No, Belle. Di nuovo no.»

Due Settimane dopo.

Il campanello della sua abitazione stava suonando da una decina di minuti e Belle stava desiderando intensamente di sprofondare ancora un po’ nelle lenzuola.
«RUMPLE VAI AD APRIRE.»
Solo dopo aveva realizzato che l’uomo era uscito prima per andare a lavoro mentre lei, incurante, aveva stranamente saltato la sua giornata lavorativa, aveva divorato una colazione per cinque e si stava trasciando fuori dalla lenzuola nuovamente.
Quel pomeriggio era stato decisamente dedicato all’ozio, aveva sempre sonno e sempre fame come avesse perennemente il ciclo.
In verità era persino ingrassata complice di un nervosismo che non aveva origine o meglio, Belle sapeva benissimo cosa la rendeva nervosa.
Di chi era il cuore che era stato sacrificato per Rumple?
Lei non lo sapeva e si era fidata di Regina ma il pensiero non l’aveva abbandonata, aveva paura che la Luce del suo cuore si fosse per qualche ragione macchiata.
«Eccomi. Eccomi.»
Aveva aperto la porta socchiudendo appena gli occhi per la luce accecante del giorno.
«Ehi, Ma dormivi?»
«Mhmlml No. Entra dai, non stare sulla porta.»
Ariel si era fatta strada piombando in una penombra occludente.
«Belle se te ne stai qua dentro comincerai a diventare bianca come un cadavere.»
«Hai ragione, sono un po’ di giorni che non mi sento bene.»
«L’hai detto a Rumple?»
«No. Non voglio che si preoccupi, credo sia una mancanza di vitamine. Mi accompagni a farmi la prescrizione?»
«Certo.»
«Manterrai il silenzio con lui?»
«Muta come un pesce.»



Caro Rumple,
Ultimamente ti sto scrivendo troppo e questa è soltanto una delle tante che non ti lascerò mai leggere, una di quelle che non ho lasciato al Castello.
Sai che c’è?
Non mi sembra ancora vero.
Sai avevo una scatola che riponevo tutte le sere nella tua stanza, ogni giorno la riempivo di una lettere o un oggetto così quando saresti tornato ti bastava leggere le mie parole. Le mie emozioni. Le mie giornate per essere assolutamente aggiornato su tutto, così non ti eri perso nemmeno un momento della mia vita.
Della vita al Castello.
Della vita qui.
Poi però non te l’ho mai data e tu non mi hai mai chiesto nulla, non lo so perché ho addosso questa continua ansia che mi mangia lo stomaco ma ogni volta che ti guardo ho la netta sensazione che possa essere l’ultima.
Così, oggi, trattengo a stento le parole osservandoti mentre dormi.
Ma non riesco, non riesco davvero ad esprimere ciò che in questi giorni mi sta accadendo.
Ariel mi dice che dovrei parlartene che andrà tutto bene.
Ma io so che più tu sai cose, più il destino ci separa.
La felicità... ho paura che mi sparisca dalle dita, scivolando riluttante in giù oltre il mio ventre.
Oltre le gambe.
Sai.
Sai sono ingrassata e tu non te ne sei accorto, sei impegnato nella ricerca di un figlio che non ti vuole quando io, qui, ho un figlio che cresce.
Ho un figlio ed ogni mattina mi alzo con l’ansia di un’enorme chiazza di sangue tra le lenzuola, ogni mattina mi domando come sia potuto accadere visto che non mi sfiori e mi preservi come una rosa in un giardino solitario.
Mi abbracci e crolli. Ogni notte, tranne quella.
Tranne quella notte di settimane fa dove credevo fosse un sogno, non so come sia potuto succedere ma è successo.
Sono in cinta e rivelarlo tra queste righe, adesso, è la liberazione più profonda di giorni.
Sono esattamente dieci settimane.
Dieci settimane che quando sono sola mi succedono cose…strane.
Ho paura che la Strega mi abbia fatto qualcosa, perchè inspiegabilmente quando perdo il controllo - sbalzi ormonali dice Ariel - succede qualcosa.
Magia?
Verde?
Questa creatura non può essere altro che figlia tua ma nonostante tutto sento questa tensione stringermi il respiro.
Cos’è?





«Ariel.»
«Belle, andrà tutto splendidamente. Vedrai, nessuno ti farà del male, attenderemo un altro po’ così che sia sicuro. Tu ti riguarderai e io passerò tutti i giorni in libreria. Ti aiuterò vedrai.»
«Io credo sia successo qualcosa a Neal.»
«Che significa?»
«Non lo so, me lo sento…Dentro.»





 
Eh si. eccomi qui, finalmente dopo secoli.
Non sono deceduta (non fisicamente, ancora), devo dire che scrivere questo capitolo è stato difficile non tanto per mancanza di idee quanto di tempo.
Ho avuto da fare con l'università, l'esame è andato bene ed era l'ultimo e tra poco arriva la fatidica data. 
Quindi sono stata un pò occupata, cosa dire?
Oltre all'essere mostruosamente in ritardo?
Non ho pensato ad una canzone per questo capitolo, l'ho scritto stranamente in silenzio tranne l'ultima parte che ero in compagnia di "Birdy".
Non sò descrivere se il capitolo è all'altezza delle aspettative, forse no. Forse tutta l'attesa non è valso il capitolo e mi dispiace davvero, ho cercato di imprimere tutto quello che volevo dire.
E spero di riuscire ad aggiornare presto riprendendo il ritmo di tutto.
È inutile dire che sono sconvolta dai Feels Zelena e sono assolutamente, incondizionatamente Team Wicked ma chi mi segue un pò sui vari Social ormai mi conosce.
Bhè. Basta ho scritto tantissimo come note di pseudo autrice, quindi lascio a commenti/critiche che sono assolutamente ben voluti...migliorare è tra gli obbiettivi di tutti.
Un mega bacio.
Martina.
  
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