Obliviate.
Wendell e Monica Wilkins erano persone assolutamente normali.
(Un bussare, inaspettato, alla porta, una strana anziana donna dall'aspetto severo, e improvvisamente un gatto e una voce giovane giovane che implora, dai papà, sarà fantastico, immagina quante cose imparerò! E magari finalmente avrò degli amici, e saranno tutti come me, e-)
Non erano da molto in Australia (e nessuno avrebbe saputo dire da quanto, esattamente -ma non importava, dopotutto), ma si erano integrati così bene che non si sarebbe quasi detto.
(Come se non fossero mai esistiti prima.)
Erano dei dentisti, tutti e due, e il loro studio -Dr. e Dr. Wilkins- di certo aveva un certo successo, anche perché era in una posizione favorevole e, francamente, i due coniugi erano proprio simpatici e gentili oltre che dei bravi dentisti -un poco troppo fieri della loro conoscenza e intelligenza, ma nessuno era perfetto.
(Erano il tipo di persone che avrebbe chiamato i figli con dei nomi strani e semisconosciuti trovati in classici solo per mostrare quante cose sapevano a tutto il mondo.)
A volte andavano al cinema, a volte a teatro (ma mai a vedere recite di opere di Shakespeare, per qualche ragione. La signora Wilkins, anche se ammetteva che erano belle, non riusciva a sopportarle), e di tanto in tanto a cena a casa di amici e conoscenti a parlare un po', pieni di sorrisi e di conversazioni brillanti.
(E venivano in mente altre conversazioni mai avute, a casa loro, non in due ma in tre.)
Ma proprio come Monica non riusciva a vedere “Il racconto d'inverno” senza scoppiare a piangere e Wendell doveva trattenersi dal sospirare -per la nostalgia? La mancanza? E di che cosa?- quando gli capitavano dei denti davanti un poco lunghi nelle bocche dei pazienti, non andava tutto bene.
(Qualcosa mancava. Qualcosa di importante.)
(Qualcuno.)
I due lo sapevano, lo leggeva Wendell negli occhi dell'altra quando si svegliavano contemporaneamente da un incubo (un sogno?), lacrime non cadute tra le ciglia e un volto impresso nelle retine; lo vedeva Monica la mattina dopo quando il marito faceva per scrivere una lettera e si bloccava, incerto, non sapendo a chi volesse scriverla.
(E quando la signora Wilkins notava quanto ricci e indomabili fossero i capelli del marito quando non se li tagliava per un po', e quando il signor Wilkins guardava la moglie negli occhi e riconosceva qualcun altro, e quando vedevano il naso di lui e la bocca di lei, e smettevano improvvisamente di parlare e rimanevano per un po' in silenzio, pensando la stessa cosa.)
E ancora, quando entravano in una libreria, e non avevano nessuno che corresse felice a esplorare ogni scaffale e tornasse con le braccia piene di libri e libri che secondo le leggi della fisica sarebbero dovuti cadere per terra al primo passo, mentre lei correva e correva verso di loro, un sorriso sulla sua faccia-
(Lei?)
(Obliviate.)
(Un lampo, e tutto è silenzio, spezzato solo da un singhiozzo trattenuto a stento e un mormorato “Mi dispiace,”)
(“,è per il vostro bene.”)
Note:
Grazie mille per aver letto questa piccola fic. Non è niente di speciale, penso, ma in ogni caso mi piacerebbe sapere cosa ne pensate e/o eventuali errori (so già che ci saranno almeno 20 inglesismi in qua e in là, ma perdonatemi, è quasi un mese che non parlo italiano.)
Il nome Hermione, in caso non lo sappiate, è proprio da una commedia (tragicommedia, penso?) di Shakespeare, quella che ho nominato. Tutte le informazioni sui genitori di Hermione (come ad esempio i nomi che usano in Australia) sono prese dai libri.
Lyu.