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Autore: MartynaQuodScripsiScripsi    13/04/2014    1 recensioni
[I Dalton]
Al penitenziario arriva una giovane detenuta che i Dalton prendono sotto la loro protezione, magari anche perché cercano nuove idee per evadere.
Tra un tentativo di evasione e un altro nascerà una solida amicizia che si trasformerà in qualcosa in più...in mezzo a pazzie di ogni genere per evadere da quel benedetto penitenziario!
Genere: Comico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’OCEANO…EVASO


 

Il giorno dopo Nicole tornò in cella con il cuore che batteva all’impazzata. Infatti rubare un lenzuolo non era così facile come aveva previsto. Ming Li Fu l’aveva quasi beccata.
Entrata, batté due volte sul muro. Il blocco di cemento che avevano staccato il giorno prima cadde e al suo posto apparve la faccia di Joe.
“Hai il lenzuolo?” le chiese.
Nicole annuì e glielo passò.
Joe iniziò a strapparlo in strisce e a legarle insieme.
“Ehi, Nicole, prova a venire qui!” disse Averell.
Con un po’ di fatica, la ragazza passò dal buco del muro. Si accorse solo ora delle sbarre alle finestre.
“Oh, no! E le sbarre?” esclamò preoccupata.
“Ah, quelle non sono un problema. Le abbiamo segate già da un po’…” la calmò Jack.
Si avvicinò alla finestra e con un colpetto le fece cadere, sotto lo sguardo stupito di Nicole.
Intanto Joe aveva finito di annodare le strisce del lenzuolo, le attaccò al troncone di sbarra e si calò giù.
I suoi fratelli lo imitarono, tra gridolini eccitati.
Nicole fu l’ultima. Presa la corda, ebbe un attimo di esitazione. Fuori dalla finestra c’era la prateria sterminata del Nevada, senza muri, guardie, palle al piede e tutto il resto. Solo libertà.
Si chiese cosa avrebbe fatto dopo.
Probabilmente sarebbe scappata dall’altra parte del mondo sotto un falso nome, ma le sembrò troppo drastico.
O sarebbe tornata a casa, ma i suoi genitori il suo furto non lo avevano preso affatto bene. Si ricordò le loro facce al processo…tristi, deluse e furiose.
“NICOLE!!”
Nicole si riscosse, prese la corda e scese giù. L’aria fresca della notte la avvolse, provocandole brividi lungo la schiena che sapevano di libertà.
“EEEH!!! Siamo liberi!!!” ruggì Joe e si mise a correre.
“Sssshhh! Cosa urli, che ci sentono!” lo rimbeccò Nicole, che peraltro si era spaventata.
“Ma figurati, urla tutte le volte che esce e nessuno l’ha mai beccato, anche se si fa per dire…” ribatté William.
 Nicole non ne era affatto convinta ma rimase zitta.
“Smettetela di parlare, si ritorna dalla mamma!” strillò Joe, e tutti e quattro i fratelli Dalton persero la testa e iniziarono a correre come dei cretini. Nicole li imitò perché sinceramente non sapeva dove andare.
Ma a un certo punto si stancarono e si fermarono, ansimanti e stanchi per la lunga corsa.
Nicole si sedette su una roccia, ma si sentì un tintinnio di qualcosa che cadeva per terra.
“Oh no! Ho perso un orecchino…” esclamò inginocchiandosi per cercarlo.
Stava tastando qua e là quando sbattè contro qualcosa. Alzò subito la testa e vide un’enorme faccia dall’espressione minacciosa.
“AAAAHHHH!!!!” gridò, tirandosi bruscamente indietro.
I fratelli Dalton si agitarono.
“Nicole, che succede?!” strillò Averell girandosi.
Il faccione si mise a ridere come un pazzo, mentre Nicole lo guardava terrorizzata e cercava di dire ad Averell che c’era un mostro.
“Oh, NOOOO!!! Non è possibile, ancora quegli indiani impiccioni!!” esclamò Joe battendosi una mano in fronte.
“Indiani?” ripeté Nicole perplessa.
“La viso pallida ha ragione! Sono un indiano e mi chiamo Vero Falco!” la informò il faccione.
“Non ci romperai le uova nel paniere anche oggi! Correte!” urlò Joe.
“Ma Joe, sono stanco…” obiettò Averell.
“Non me ne importa niente! Tutte le volte che incontriamo questi dannati indiani, finiamo sempre nei guai!”
“Perché?” chiese Nicole.
“Perché, in un modo o nell’altro, ci fanno sempre tornare al penitenziario!”
“Il viso pallido nevrastenico ha ragione!” Dicendo questo, Vero Falco materializzò un arco da dietro la schiena e incoccò una freccia.
Come lo vide, Nicole andò in panico.
“AAAAHHHHH!!! Ma questo è un pazzooo!!!!!” urlò mentre correva verso il penitenziario.
“NO! Non per di là, Nicole!!!”  strillò Jack. Voleva aggiungere dell’altro ma sentì una freccia sfiorargli i capelli e andò in panico anche lui, perciò scappò.
Ormai le frecce piovevano e i restanti fratelli Dalton corsero via come perseguitati di altri tempi. Solo che Joe urlava:
“DOVE ANDATE, IMBECILLI?!”
Ma chi lo ascoltava più?

Spaventati a morte, i fratelli e Nicole arrivarono al penitenziario, presero la corda che penzolava dalla finestra e salirono in cella.
Joe era nero di rabbia.
“Quell’indiano impiccione! Proprio adesso che ce la stavamo facendo!”
Nicole era piena di sensi di colpa. Se solo fosse scappata dall’altra parte…
“Lasciamo perdere stanotte, sono stanco!” piagnucolò Averell.
“Beh, allora…vi lascio dormire…” mormorò la ragazza.
“Ciao.” disse Joe.
“Ciao…” disse Jack.
“Ciao!” disse William. 
“Buonanotte!!!” esclamò Averell.
Nicole si infilò nella sua cella, chiuse il buco e si mise a dormire.

L’indomani, la signorina Betty riunì tutti i detenuti per il quotidiano seminario.
“Gentili detenuti!” iniziò, con il suo solito fare allegro. “Siccome il seminario della danza della pioggia qualche tempo fa ha avuto un alto indice di gradimento, il signor Vero Falco è venuto ancora una volta a mostrarci come si fa a far piovere!”
Nicole, dietro a due colossi di un metro e ottanta, si alzò in punta di piedi e con sgomento si accorse che il faccione della sera prima stava sorridente a fianco della signorina Betty!
“Oh no! Il pazzo lanciatore di frecce!” pensò con un brivido.
Betty si spostò e Vero Falco iniziò la sua danza della pioggia.
Agitava le braccia e le gambe, girava su se stesso, roteava gli occhi, saltellava, e in più diceva cose senza senso. Sembrava un pollo cretino.
“Anga Anga Wakka Wakka Glù Hatta Hatta Glù Gu Gu…” declamava con un certo ritmo.
A un certo punto, un enorme nuvolone si formò sul penitenziario e, con un fulmine, iniziò a diluviare.
Nicole, fradicia, rimase impressionata oltre ogni dire. Allora non erano tutte scemenze, si disse.
Dopo pochi secondi tornò il sole, e un timido applauso risuonò per Vero Falco.
“E ora, gentili detenuti, tocca a voi!” esordì Betty, con un sorriso che le andava da un orecchio all’altro.
“Questa l’ho già sentita…” pensò Joe.
Immediatamente il penitenziario si trasformò in un manicomio.
Tutti i detenuti (tranne Joe) si sforzarono di imitare alla bell’e meglio Vero Falco, che se la rideva. Infatti non è che ci riuscissero tanto bene.
Tante nuvolette apparivano sulle teste dei detenuti, ma tutte si dissolvevano prima che cadesse una sola goccia d’acqua.
L’unico che se la cavasse decentemente era Averell, che dopo qualche minuto produsse un nuvolone che coprì mezzo penitenziario e scatenò una tempesta. Gli altri si rifugiarono dalla parte del bel tempo.
Ma si udì il rombo di un fulmine e la pioggia iniziò a cadere anche sulla parte soleggiata, causando l’indignazione di tutti.
“Averell, la mamma ha detto che non devi fare dispetti agli altri!” gli gridò William.
“Ma non sono stato io!” rispose Averell, offeso.
“Giusto! Sono stata io!”
Tutti si girarono e videro Nicole che contemplava la propria nuvola con espressione soddisfatta.
“Si allagherà tutto!” gemette qualcuno.
Improvvisamente a Joe venne un’idea per evadere.

Dopo che fu tornato il sole i detenuti ripresero a spaccare pietre o (nel caso di Nicole) lavare i vestiti insieme a un cinese.
La sera, Joe comunicò il suo piano ai fratelli e a Nicole.
“Quando il portone è chiuso, Averell e Nicole scateneranno una grande tempesta, il penitenziario si riempirà d’acqua fino all’orlo, noi galleggeremo fino al muro e usciamo!”
“Ma è un grande spreco di acqua, Joe! Poi la Terra diventerà un deserto totale!” obiettò Averell.
“Non dire scemate, l’acqua piovana viene dalle nuvole che vengono dal mare che viene dai fiumi che vengono dalle sorgenti che vengono dal ghiaccio che viene dall’acqua ghiacciata! È un ciclo: il ciclo dell’acqua! E l’acqua è sempre la stessa.” spiegò Joe, rosso per lo sforzo.
Averell rimase lì con una faccia perplessa. Poi disse:
“Non ho capito.”
“Lascia perdere, non capisci mai niente tu! Piuttosto, stai tranquillo che l’acqua non si spreca, ok?” strillò Joe.
“Per me, si può fare” dichiarò Nicole.

L’indomani mattina (era molto presto) si ritrovarono in un angolo del penitenziario per mettere in atto il loro piano.
“Dai, forza, fate questa danza della pioggia!” li esortò Joe, impaziente di fuggire.
“Ma Joe, non è elegante chiedere di danzare così!” replicò Averell, contrariato.
“Cosa intendi dire? E sbrigatevi, se ci beccano ci rimandano a lavorare!”
“Intendo dire che bisogna chiedere con gentilezza” lo informò Averell. Si girò verso Nicole e, con una faccia da schiaffi modello deluxe, le chiese:
“Permetti questo ballo?”
Nicole stette al gioco e ridacchiando, rispose:
“Con immenso piacere!”
Finalmente iniziarono a danzare.
“Anga Anga Wakka Wakka Glù Hatta Hatta Glù Gu Gu!!!” gridavano.
Jack e William si misero a ridere, mentre Joe fremeva dall’impazienza.
Finalmente arrivarono due nuvoloni neri neri, e iniziò a piovere così forte che non si vedeva due metri più in là.
Si formarono subito delle pozzanghere, ma era robetta.
“Così non va! Mettetevi a ballare anche voi!” ordinò Joe a Jack e William.
“Eeh?” esclamò Jack.
Senza giri di parole Joe li obbligò, ma al massimo producevano una nuvoletta che gli tirava un fulmine addosso e dovettero smettere.
Intanto Averell e Nicole avevano strafatto. Il cielo si oscurò, ci fu un fulmine immenso e il secondo Diluvio Universale si rovesciò sulla terra.
“Oh, che pasticcio…” gemette Nicole.
Ora c’era un centimetro d’acqua per terra, abbastanza per bagnarsi le calze (che tra l’altro erano già bagnatissime, quindi non c’era differenza) e per far pensare a Joe che il suo piano avesse qualche probabilità in più di riuscire.
“Ce la stiamo facendo! Continuate!” urlò.
“È al massimo!” rispose Averell.
“Rompiamo le tubature!!! Rovesciamo l’acqua dei rubinetti!!!”
“Questo è uno spreco.” commentò William.
Ma si precipitarono ugualmente tutti su una fonte d’acqua: Averell sul tubo di gomma delle docce comuni, gli altri cominciarono a riempire secchi e rovesciarli fuori.
Il penitenziario cominciava ad essere allagato sul serio.
Il Direttore Peabody intanto si era svegliato. Aprì la finestra per cambiare l’aria…ma tutta l’acqua gli entrò in camera e fu costretto a chiuderla per evitare un allagamento.
Pensò: “Che tempo orribile!”
Ormai fuori si nuotava invece che camminare. Ogni tanto, Averell e Nicole facevano la danza della pioggia (gli veniva male perché avevano l’acqua fino al collo) per non far smettere di piovere, ma sicuramente non ce n’era bisogno.
“Ho freddo, Joe!” gridò Averell.
“Ho freddo anch’io! Ma non possiamo fermarci ora!” rispose Joe, guardandosi le mani raggrinzite.
“E se la smettessimo di far piovere e per uscire salissimo sul tetto della lavanderia? Con tutta quest’acqua ci riusciremo facilmente e risparmiamo tempo!” propose Nicole, inquieta.
I Dalton riconobbero che era un’idea sensata e iniziarono a nuotare verso la lavanderia.
Erano a metà strada quando Pitt ed Emett si svegliarono.
Dalla finestra videro la massa d’acqua nel penitenziario e si spaventarono un bel po’.
“AAAAAAAHHH!!! Che facciamo?!” strillò Emett.
Pitt rispose:
“Innanzitutto apriamo il portone e facciamo uscire l’acqua!”
Uscirono fuori, sfidando le gocce che violentemente si abbattevano su di loro e lentamente il portone si aprì.
Con un boato, tutta l’acqua venne spinta fuori dal penitenziario, travolgendo i poveri evasori.
“NNNOOOOOOO!!!!!” vociferò Joe.
“AIUTOOOO!!!!!” gridò Nicole, terrorizzata.
Tra urla e strepiti, finirono tutti fuori.
L’acqua scivolò via nella pianura, mentre tra le nuvole appariva un timido raggio di sole e smetteva di piovere.
Non appena Pitt ed Emett si resero conto dei fratelli Dalton, si precipitarono a fargli la paternale.
“Era un altro dei vostri tentativi di evasione, non è vero? Avete provato a evadere con il favore del buio! Credo proprio che andrete in isolamento.” li sgridò Emett.
Joe si mise a ringhiare.
“La prossima volta, proviamo col fuoco?” chiese Averell.
“Averell, non parlare!”
In quel momento le guardie si accorsero che c’era anche Nicole.
Lei arrossì.
“Sono fregata” pensò.
“Ah, ci sei anche tu? No, non andrai in isolamento, non spiegare! Sei uscita per prendere un po’ d’aria quando sei stata travolta dall’acqua, giusto? Ora vi riaccompagniamo nelle celle e vi diamo dei vestiti asciutti.”
Nicole rimase interdetta. Ma era meglio così, anche se le dispiaceva un po’ per i suoi Dalton.
In silenzio, seguì docilmente Pitt nella sua cella, mentre Emett portava i Dalton in isolamento.

  
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