Avevano dei sospettati, ma nessuna prova. L’ex moglie aveva protestato la
sua innocenza fino all’ultimo. Forrester non poteva essere accusato senza delle
prove.
Beckett rifletteva sul caso, domandandosi quale fosse il ruolo dell’alieno.
Secondo i due bambini, era uscito dalla finestra della casa della vittima.
Secondo le registrazioni della banca, una figura con la testa a triangolo e la
pelle grigia era comparsa nel vicolo.
Due testimonianze fragili ma, nello stesso tempo, che concordavano tra loro
in modo impressionante. Quella creatura grigia era esistita veramente: che
fosse un alieno venuto dalle profondità della galassia oppure no, di certo era
reale.
Il telefono la riscosse dai suoi pensieri.
«Beckett.»
«Kate, sono Lanie. Abbiamo qualche risultato. Il signor Mack è stato ucciso
dai proiettili, su questo non c’era proprio nessun dubbio. Il colpo che gli ha
trapassato il cuore è stato fatale. Dai fori di entrata abbiamo stabilito che
l’assassino era alto, tra il metro e ottanta e i due metri.»
«Ho un sospettato che è molto alto.»
«Sì, e c’è un alieno che sarebbe ancora più longilineo.»
«Molto divertente, Lanie.»
«Beh, Kate, dobbiamo ammettere che questi alieni sono fortunati. Non fanno
fatica a tenersi magri e in forma. L’ultimo alieno grasso che ho visto è Jabba
the Hutt di Guerre stellari…»
«Lanie…»
«Ah, c’è un’altra novità. Viene dai laboratori della scientifica. Ti
ricordi quel sasso che ha preso in mano Castle sulla scena del crimine, vicino
al cadavere?»
«Certo che lo ricordo. Se Castle ha inquinato le prove, gli faccio una
scenata che si ricorderà per il resto della vita!»
«Tranquilla Kate, per una volta Castle non c’entra. Secondo i cervelloni
della scientifica, quella pietra arriva da un meteorite.»
«Arriva da che cosa?» domandò
Castle poco dopo.
«Da un meteorite» ripeté Beckett rassegnata.
«Forse l’alieno era venuto per quella pietra…» disse lo scrittore.
«Sapevo che l’avresti detto.»
«Però, se era quello il suo obiettivo, perché l’ha abbandonata?»
Lei lo guardò speranzosa. Non era un bambinone a tempo pieno.
«No. Non ha senso» continuò il romanziere. «L’alieno… sì, hai ragione, forse
era un uomo vestito da alieno… era lì per un’altra ragione.»
Beckett prese la giacca dalla spalliera della sedia e la infilò.
«Dove vai?»
«A fare il mio lavoro. È inutile farsi troppe domande, bisogna indagare. Il
vecchio metodo è sempre il migliore: recarsi sul posto e verificare di persona.
Vieni anche tu?»
Parcheggiarono davanti al palazzo dove abitava la vittima.
«Secondo Forrester c’è una lavanderia cinese nei paraggi. Troviamola.»
Fecero un giro dell’isolato.
«Guarda, Beckett. C’è davvero!»
La detective annuì ed entrò nel negozio.
«Polizia di New York. Ha mai visto questo signore?»
Il titolare del negozio strinse gli occhi a mandorla.
«Sì. Visto. Lui cliente.»
«Ha portato qualcosa da lavare, recentemente?»
«Sì, sì…»
Il cinese si consultò con un suo collaboratore nella loro lingua.
«È venuto due giorni fa» confermò.
«Il giorno dell’omicidio» osservò Castle. «Il suo alibi funziona.»
«Ha portato anche…»
Dopo un nuovo flusso di parole in mandarino, il titolare del negozio spiegò
a fatica che Forrester aveva portato delle cose da lavare, aveva pagato in
contanti e in anticipo e aveva lasciato alcuni sacchi pieni di abiti da
buttare.
«Cosa significa?»
I due cinesi spiegarono che spesso i clienti lasciavano loro dei vecchi
abiti. Li ritiravano per un tanto al chilo e poi vendevano tutto ad un loro
parente che gestiva un’azienda di riciclo di materiali tessili.
Forrester aveva consegnato loro alcuni sacchi, appunto, di vecchi abiti.
«Lui attore. Così ha detto a noi. Buttato vecchi costumi di scena.»
«Costumi? Che tipo di costumi?»
«Molti diversi.»
«Possiamo vederli?»
Il cinese annuì. Il loro parente sarebbe arrivato quella sera a ritirare il
materiale. Ordinò al suo collaboratore di portare i detective al deposito.
«Mi sento in una scena di “Agguato a Chinatown”» osservò Castle mentre
percorrevano il vicolo sul retro del negozio.
«Non ho mai sentito questo film.»
«Infatti non esiste. Potrei scrivere io la sceneggiatura.»
«Qui. Ecco.»
Il cinese mostrò loro un cassonetto e si mise in un angolo a testa bassa ad
aspettare.
Beckett guardò sconsolata la montagna di sacchi.
«Oh, no! Ci saranno centinaia di chili di vestiti.»
«È impossibile sapere cosa abbia consegnato Forrester.»
«Accidenti a lui e ai suoi costumi. Per un attimo avevo sperato di poter
trovare qualcosa di utile.»
Castle si sporse dentro il cassonetto.
«Maleodorante e malsano. Chissà cosa combinano con questa spazzatura.»
Kate gli fece un cenno. Attento a
quello che dici. Il cinese potrebbe ascoltarci.
«Naaa… non parla la nostra lingua. Prova a chiedergli se ha visto un
costume da alieno dentro questa montagna di roba.»
«Sì. L’ho visto.»
Kate e Castle si voltarono. Era proprio il cinese ad aver parlato.
«Parli la nostra lingua?»
«Sì. Piuttosto bene, in realtà.»
Aveva solo un leggero accento.
«Avete detto di un costume teatrale da alieno?»
«Esatto! L’hai visto?» domandò Kate.
«Sì, l’ho trovato due giorni fa mentre buttavo alcuni sacchi.»
«È la prova di un delitto. Dobbiamo sequestrarlo subito.»
«Non è lì dentro. L’ho tenuto io, mi piaceva. Ma non ditelo al padrone.»
L’uomo fece strada verso un ripostiglio dove teneva le sue cose.
Nel frattempo, Castle borbottò: «Da quando i cinesi si travestono da alieni
per il loro carnevale? Ho sempre visto dragoni, maschere, ma alieni mai…»
Beckett gli diede una gomitata.
Lo scrittore fece un gesto che voleva dimostrare che al cinese mancavano
circa quaranta centimetri d’altezza per riempire il costume, pensato per una
persona molto più alta.
NdA
Okkei! Questo era quello che avevo in mente per l'alieno. Non poteva essere diverso, non credete? Però la mia mente malata ha escogitato altri colpi di scena, esattamente come nei migliori episodi della serie, dove fino all'ultimo non si capisce chi è il colpevole.
Come sempre, grazie molte a chi legge. A presto!