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Autore: Belarus    15/04/2014    3 recensioni
Un Drago Celeste che nobile non è mai voluta essere, una fuga bramata da sempre e un mondo del tutto sconosciuto ad allargarsi ai piedi della Linea Rossa. Speranze e sogni che si accavallano per una vita diversa da quella che gli è da sempre stata destinata. Una storia improbabile su cui la Marina stende il proprio velo di silenzio, navi e un sottomarino che custodiscono un mistero irrivelabile tanto quanto quello del secolo vuoto.
#Cap.LXXXV:" «Certo che ci penso invece! Tornate a Myramera e piantatela con questa storia dello stare insieme! Io devo… non potete restare con me, nessuno di voi può. Sparite! Non vi voglio!» urlò senza riuscire o volere piuttosto trattenersi.
Per un momento interminabile nessuno accennò un movimento in più al semplice respirare e solo quando Aya fu sul punto di voltarsi per andare chissà dove pur di mettere distanza tra loro, Diante si azzardò a farsi avanti.
«Ci hai fatto giurare di non ripetere gli errori passati. I giuramenti sono voti e vanno rispettati.» le rammentò. "
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eustass Kidd, Nuovo personaggio, Trafalgar Law
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Teru-Teru Bouzu '
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Titolo: Teru-Teru Bouzu
Genere: Avventura; Romantico; Generale {solo perché c’è davvero di tutto}.
Rating: Arancione {voglio farmi del male, oui.}
Personaggi: Nuovo personaggio; Eustass Capitano Kidd; Killer; Trafalgar Law; Heart Pirates.
Note: In ritardo ancora una volta, prometto che tenterò di far prima e riuscire in orario, ma tra la febbre e lo studio il tempo vola. Comunque, ci sono anche questa settimana e con un nuovo capitolo piuttosto lunghetto! Ma soprattutto, c'è Kidd! L'ho rimesso a lavoro almeno per questa volta, perché tornerà tra un po', eppure lo farà con stile, ve lo assicuro. Per Aya c'è una piccola svolta, del tutto decisiva e un ricordino che vi chiedo di leggere con mooolta attenzione... Detto ciò, ringrazio come sempre il buon cuore di tutti quelli che mi seguono imperituri, chi continua ad aggiungersi e chi passa solo per fare una capatina! Siete adorabili, davvero, grazie!
Alla prossima settimana con un bel time skip!






CAPITOLO XXVI






I risvegli a bordo del sottomarino degli Heart per Aya erano quanto mai insoliti e nonostante fossero trascorsi già parecchi giorni da quando vi si era ritrovata e molti di più da quando non sentiva gli strepiti della ciurma di Kidd che cadeva giù dalle brande, non era ancora riuscita ad abituarsi al silenzio che vi regnava. Ogni mattina, quando apriva gli occhi, non mancava mai di fissare per interminabili secondi il soffitto in metallo chiedendosi se dall’altra parte della porta grigia vi fosse ancora qualcuno. Quel giorno però, aveva appena fatto in tempo a riconoscere il rombo muto del Grande Blu che premeva contro gli oblò, prima di scoprirsi con un giornale in mano e in compagnia.
Si stropicciò assonnata gli occhi, fissando una volta ancora la taglia che campeggiava in un angolino insieme a molte altre e incrociò le gambe, poggiando il foglio sul tavolo cui le era permesso di sedersi per qualche oretta. Le dava una strana sensazione rivedersi in piedi, con gli stivali per metà affondati nella neve sporca e la schiena coperta di sangue. Le prudevano i punti e qualcosa nel suo stomaco si era aggrovigliato per qualche secondo, quando aveva letto il proprio nome impresso a caratteri scuri, eppure non sapeva se sentirsi orgogliosa o allarmata.
«Aya-sama non aveva detto che a voi è tutto concesso?» sbottò Shachi, fissandola con insistente preoccupazione.
Spostò in silenzio lo sguardo verso la barella dove lui e Penguin si erano poggiati, riservandogli un’occhiata impassibile.
«Spioni.» li accusò, facendoli trasalire.
«Sumimasen!» si scusarono dispiaciuti, mostrandole la cima dei cappelli.
Quando aveva raccontato quella storia, nella cabina con lei era presente solo Trafalgar, ma non era difficile credere che quei tre avessero sentito tutto, magari dalla parte opposta della porta. Tralasciati gli scarsi risultati che riscontrava nello scoprire quando la Supernova arrivava per cambiarle le medicazioni, Aya non riusciva a sentire nessuno muoversi in quel sottomarino. Percepiva distintamente lo scricchiolio del metallo e quell’insistente eco cupo che giungeva dagli oblò, ma ciò che accadeva oltre quella porta per lei era un mistero.
«Non importa, è giusto che sappiate… in effetti, ai Nobili mondiali è concesso tutto.» rifletté, concedendo loro un sorriso, prima di tornare a studiare il volantino.
«Allora perché la taglia? Insomma, non dovrebbe poter fare ciò che vuole?» insistette ancora, mentre Aya serrava appena i denti attorno al labbro inferiore.
I suoi genitori non avevano fatto altro nella loro vita se non ripeterle quelle parole. Le aveva udite e lette talmente tante volte da sentirle impresse a fuoco nella mente ed era certa che quella fosse la consuetudine.
I Nobili mondiali avevano la facoltà di prendere qualsiasi decisione senza che nulla fosse loro rimproverato, nel loro sangue scorreva il diritto a scegliere della vita di chiunque in quel mondo. Potevano ciò che neanche le più alte cariche potevano, compivano atti che per qualsiasi altro individuo sarebbero stati impossibili e condannabili. Ai Dragoviani tutto era dovuto, tutto permesso, eppure quella taglia era lì a sbandierare il rimprovero del Governo per le sue azioni e Aya non riusciva a non percepire in quella tacita dimostrazione di supremazia un ché di noto e già vissuto.
Si chiese se il ricordo che le affiorava prepotente alla mente non fosse solo un’elaborazione fantasiosa e plagiata della sua mente.
«Dillo.» ordinò perentoria la voce di Trafalgar, richiamando inevitabilmente la sua attenzione.
Allontanò le iridi ambrate dal foglio, osservandolo, mentre la fissava dalla parete su cui aveva poggiato le spalle.
«Cos’è che non torna?» proseguì, mettendo nuovamente Aya nella scomoda posizione di dover ammettere tutto.
«Tu come fai a sapere che c’è qualcosa che non mi torna?» chiese, sollevando un sopracciglio con curiosità.
«Ti mordi il labbro.» le fece notare, ammorbidendo appena il tono.
Quella era un’abitudine che aveva preso da bambina e che non l’aveva più abbandonata. Era nata per opera di Ko che non faceva altro che ripeterle di mordersi la lingua piuttosto che ribattere ai rimproveri della sua famiglia ed erroneamente, da quel momento Aya aveva imparato a serrare i denti attorno alle labbra prima di dar voce a tutto quello che le passava per la testa. Non le riusciva sempre di trattenersi, ma era diventato un gesto inconsulto che a malapena notava da sola.
«Comincia a scocciarmi il modo in cui mi guardi.» confessò in una mezza risata, stringendo le braccia al petto.
Da quando si erano incontrati per la prima volta ad Awashima, Aya aveva avuto la netta impressione che fosse abituato a osservare e studiare chiunque, traendo le proprie conclusioni senza perdersi in chiacchiere inutili.
«Senchō si accorge di tutto perché è un bravo dottore!» annunciò Bepo con orgoglio, annuendo con il capo peloso.
Gli sorrise di rimando, trovandosi ormai pienamente d’accordo.
Non aveva studiato medicina e a Marijoa non c’era nessun libro nella sua biblioteca che parlasse di quell’argomento, ma era ovvio pensare che ogni buon medico dovesse notare sintomi cui il paziente non badava e per Trafalgar certe abitudini dovevano essere quanto mai evidenti.
«È indubbio che ai Draghi Celesti sia concessa ogni cosa, ma ho il sospetto che su certi punti il Governo sia intransigente… può darsi però, che io veda le cose in maniera distorta, in fondo non so nulla di taglie!» ammise, sollevando le spalle – per quanto le fosse possibile con i punti ancora tesi tra le scapole –.
«Intransigenti devono esserlo di sicuro quelli della Marina, la taglia l’hanno messa.» commentò Penguin, storcendo il naso con disturbo.
«Ed è anche alta.» fece eco Shachi, sporgendosi sul tavolo su cui Aya aveva abbandonato le due pagine di giornale che recavano i listini per dare un’altra sbirciata.
«Aya-sama vale più di voi due insieme.» rilevò il vice con tono piatto, spingendo i compagni a rizzarsi all’interno delle tute bianche con imbarazzo.
Spostò lo sguardo sulla propria immagine, leggendo con attenzione le righe che vi erano state redatte sotto e l’ammontare della taglia cui poco aveva badato sino a quel momento.
Da quel giorno per il Governo mondiale e per i cacciatori di taglie la sua testa valeva quindici mila berry.
Rilesse il proprio nome, guardò nuovamente l’immagine, le cifre scure e una risata le sfuggì incontrollata e prepotente, scuotendole le spalle ancora indolenzite.
«Aya-sama… non rida…» mugolarono intristiti Penguin e Shachi accanto a lei, mentre si portava una mano alla bocca tentando inutilmente di zittirsi da sola.
«Gomen’nasai! Non rido di voi!» assicurò con occhi lucidi, sentendo le guance avvampare.
«Cos’hai da ridere allora?» s’intromise Law, fissandola stranito.
Ricambiò l’occhiata, cercando di controllarsi, ma più pensava a quel foglio più sentiva la propria voce ridere come non faceva ormai da un po’.
«Mi piacerebbe vedere Killer in questo momento!» confidò, scuotendo incredula i riccioli rossi.
La sua testa non valeva neanche la metà della taglia che le avevano affidato e a dir la verità, Aya aveva sempre concordato con il vicecapitano della ciurma di Kidd quando le diceva che non se sarebbe mai guadagnata una. Non era brava a combattere, non aveva mangiato un frutto del diavolo, non c’era nulla in cui riuscisse in particolare ed era impensabile che con le sue capacità riuscisse a valere persino mezzo berry lì nel Grande Blu, ma la Marina non era d’accordo a quanto pareva. La sua fuga e la presunta ribellione all’Ordine stabilito le erano valsi un angolino tra le migliaia di pirati che solcavano quelle rotte, sperando un giorno di giungere nel Nuovo Mondo e trovare il fantomatico tesoro di Gol D. Roger.
Era diventata ciò che sua madre aveva sempre temuto e odiato senza neanche impegnarsi nel farlo, adesso doveva solo rispettare la promessa fatta a Kidd e trovare il proprio posto in quel mondo, lontano da Marijoa e dai Draghi Celesti.



Il corridoio che conduceva alle cabine era sempre piuttosto buio, ma con il tempo che imperversava fuori, la luce aveva quasi smesso di raggiungerlo e salvo che non si conoscesse affondo la nave, si rischiava di finire contro una delle pareti ormai fradice che lo costituivano. Per Killer camminare lì però, era diventata un’abitudine cui prestava ben poca attenzione e se anche non vi fosse stato uno spiraglio di sole a battere sul ponte, avrebbe comunque riconosciuto la porta della cabina del capitano anche nella più totale oscurità.
Diede appena un colpo con la punta delle scarpe, prima di far scattare la maniglia e superare la soglia.
«È arrivato il giornale.» annunciò con tono pesante, richiudendo la porta alle proprie spalle.
Kidd sollevò greve lo sguardo, indossando la pelliccia abbandonata ai piedi del letto.
«Che dice di tanto preoccupante da non darmi due cazzo di minuti per vestirmi?» gracchiò scocciato, agguantando gli stivali scuri.
«Che da oggi vali trecento milioni.» comunicò, mostrando il listino delle taglie che era apposto in coda a ogni quotidiano.
Il rosso non sollevò neppure lo sguardo e Killer si costrinse a ricorrere alla pazienza che aveva allenato in lunghi anni di conoscenza.
«Eustass Capitano Kidd, trecento milioni di berry, vivo o morto.» lesse per intero, conscio che il comunicato della Marina lo avrebbe riscosso e attirato quanto bastava.
«Chi ho fatto fuori ieri?» lo sentì chiedere con un velo di divertimento, avanzando verso di lui.
«Nessuno e non è il caso che tu la prenda tanto alla leggera.» lo rimbrottò paterno, facendogli aggrottare la fronte coperta dagli occhiali di cuoio.
«E perché mai non dovrei?» ringhiò roco, con i muscoli del collo tesi a causa del nervosismo.
«L’hanno alzata senza motivo.» fece presente, senza scomporsi più di tanto.
«Per così poco non c’è da pensare, avranno berry da spendere, c’è altro?!» ribatté scocciato, superandolo per uscire in corridoio e raggiungere il ponte come ogni giorno.
Non era una grande variazione in fin dei conti e Kidd non avrebbe avuto problemi neanche a gestirne una ben più onerosa, ma la cosa continuava a non convincerlo completamente, anche se c’era la possibilità che il Governo stesse aumentando le taglie delle Supernove prima che giungessero alle porte del Nuovo Mondo. In fondo oltre a quella di Kidd era aumentata anche la sua, quella di Trafalgar, di quel ragazzino dal cappello di paglia che continuava a far parlare e del suo vice.
«Aya.» sputò fuori, spingendo Kidd a voltarsi indietro.
«Eh?» bofonchiò distratto, prima che Killer abbandonasse il giornale tra le sue mani.
Lo osservò in silenzio, mentre il suo iniziale momento d’incredulità mutava in un ghigno e in una risata sguaiata.
Quando aveva sbirciato le taglie in fondo alle pagine, aveva stentato a riconoscerla ridotta a quel modo e in parte non ne era stato lieto, ma Kidd doveva saperlo che a lui piacesse o no.
Lo vide tornare a ghignare dopo un po’ e sollevare lo sguardo dal giornale, per portarlo su di lui con soddisfazione.
«Dillo, su! Me lo voglio sentire dire!» gracchiò divertito, squadrandolo dall’alto in basso.
Non credeva completamente in quello che stava per ammettere ed era quasi sicuro, dopo una veloce chiacchierata con Wire, che ci fosse qualcos’altro, ma i fatti dicevano il contrario.
«Forse avevi ragione.» concesse suo malgrado, mentre Kidd esplodeva in una nuova risata.



Scese la grande scalinata del primo piano rischiando più e più volte di mancare l’appoggio e rotolare giù trascinando con sé il lungo tappeto, ma era convinta che se anche si fosse rotta un piede in quel preciso istante, si sarebbe rialzata continuando a correre come se nulla fosse accaduto. Saltò gli ultimi con i richiami allarmati di Ko alle proprie spalle e le occhiate sconvolte delle guardie poste innanzi al salone dove si era riunita la sua famiglia, ripetendo mentalmente a se stessa che avrebbe chiesto scusa per tutto non appena sarebbe rientrata.
«Aya! Aya dove stai andando?! Non vedi chi è venuto a trovarci?» la richiamò immediatamente la voce stridula di sua madre dal tavolo che era stato allestito per gli ospiti, quando vi passò innanzi con passo frettoloso.
Fu obbligata a voltarsi ed esibirsi in una riverenza, sopportando gli sguardi grevi dei propri genitori e quello disgustato di Hana che continuava a squadrarla come se al posto di sua sorella ci fosse chissà quale abominio.
«Scusate la scortesia, ma non posso restare.» recitò impeccabile, sforzandosi persino di rivolgere un sorriso di cortesia a Charlos e suo padre.
«Come prego?» balbettò sua madre, con quella tipica smorfia che Aya aveva imparato ad associare a se stessa.
«Sono dispiaciuta, ma non posso restare con voi, devo andare.» mentì, muovendo un passo indietro per allontanarsi.
«Aya, non dire sciocchezze, siediti.» la bloccò ancora, serrando le mani candide sulla tovaglia inamidata.
Vederla seduta a quel tavolo era l’ultima delle cose che si sarebbe augurata sua madre, di quello era più che certa e non dubitava neanche del fatto che avesse mentito dicendo magari che lei non era in casa, ma dopo la sua comparsa non avrebbe permesso che se ne andasse mancando di rispetto ai loro ospiti.
«Non posso o farò tardi!» perseverò, ignorando le suppliche di Ko rannicchiata alle sue spalle.
«Tardi per cosa?» sputacchiò Charlos, quando lei si volse dirigendosi verso la porta.
«Oggi c’è la riunione degli Shicibukai al palazzo del Governo!» comunicò entusiasta, non riuscendo a trattenersi oltre.
Lo aveva scoperto il giorno prima, mentre gironzolava per la piazza, ascoltando la conversazione di due dei soldati che pattugliavano le vie e da quel momento non era più riuscita a toglierselo dalla mente.
Aveva letto che il Governo mondiale sceglieva non ciclicamente dei pirati particolarmente in vista per collaborare nelle proprie operazioni. Si trattava di uomini che a tutti gli effetti rimanevano criminali, le loro azioni non venivano cancellate, ma le taglie si congelavano non appena divenivano membri dei Sette e da allora erano soliti appoggiare la Marina nella sua lotta alla pirateria.
Non le piacevano traditori e voltagabbana, ma non aveva mai visto qualcuno che non fosse un Drago Celeste andar via da Marijoa come se nulla fosse e non poteva permettere che quell’occasione le sfuggisse adesso che gli Shicibukai le erano così vicini.
Divorò il vialetto che serpeggiava attraverso il giardino e si precipitò in strada ricominciando a correre con il sorriso a premere prepotente sulle labbra. Attraversò la lunga via con i polmoni che minacciavano di scoppiare e solo quando ebbe raggiunto la grande piazza con la fontana, rallentò ricomponendosi e riprendendo a respirare normalmente. Cacciò via una ciocca dal viso e imboccò la biforcazione che conduceva al palazzo del Governo, ma passare di lì le parve di colpo un’impresa più ardua del previsto.
C’erano troppi marines a ostruire il passaggio e a giudicare dai giacconi poggiati alle spalle, non si trattava dei semplici soldati che camminavano ovunque per Marijoa.
«Permesso, permesso, scusate…» tentò cocciuta, sperando che tanto bastasse a farne scostare qualcuno.
«Dove va Signorina?» la bloccò dopo il primo passo un capitano, tenendo accuratamente lo sguardo basso.
«Devo andare al palazzo del Governo.» palesò con un mezzo sorriso, sentendo qualcuno chiamarla dalla piazza.
«Oggi non è possibile, siamo dolenti.» ribatté senza pensarci troppo, chinandosi maggiormente.
Non era consueto che un marine si ribellasse al volere di un nobile e per quanto fastidioso fosse da ammettere, Aya avrebbe di gran lunga preferito che quei burattini prendessero coscienza un altro giorno.
«Ma-» si ostinò, spingendo l’uomo a sollevarsi per indicarle la via da cui era arrivata.
«Le vostre richieste saranno ascoltate non appena il palazzo sarà nuovamente accessibile Signorina, le do la mia parola, ora mi permetta di riaccompagnarla a casa.» troncò, porgendole il braccio affinché il messaggio fosse più chiaro.
Si scoprì a gettargli un’occhiataccia e si morse l’angolo del labbro inferiore, cacciando indietro l’irritazione che aveva preso a montarle nello stomaco. Ispirò affondo e sollevò il viso, decisa a convincere il marine a farle spazio e permetterle di raggiungere la via d’accesso al palazzo del Governo, ma Ko che l’aveva seguita fin lì la afferrò malamente per il polso tirandola con il capo basso.
«Hime-sama, Hime-sama, eccovi! Andiamo, vostro padre è in pena per voi.» finse con viso cupo, trascinandosela dietro verso la piazza.
«Ko, non tirare! Ci sono i pirati, voglio vederli!» lamentò con tono lieve, affinché nessuno dei soldati lì attorno le sentisse.
«Non puoi, la Marina non ti lascerà passare, io non ti lascerò andare.» sussurrò con occhi lucidi, stringendo la presa sino a che ad Aya non sfuggì un lamento.
Non capiva proprio perché Ko la stesse portando via quando era l’unica persona a sapere dei suoi sogni, le sembrava un’assurdità, ma era convinta che si stesse sbagliando, che magari fosse solo in pena, convinta che l’impresa le fosse impossibile quanto la fuga da Marijoa.
Si volse indietro con il braccio ormai dolorante e i piedi che inciampavano, scoprendo la massa di soldati serrarsi lungo la via e qualcosa tra i palazzi attirò la sua attenzione, spingendola a opporre resistenza.
«Sono lì! Guarda! Sono sicura che quello è un pirata!» esplose a gran voce, osservando incantata l’uomo che ciondolava per la strada centinaia di metri più giù con uno strano giaccone e che per un istante pareva essersi voltato a guardarle insieme a un altro tipo con un libro tra le braccia.
Provò ancora una volta a liberarsi, ma le dita di Ko si serrarono con maggior vigore e Aya sentì l’osso del polso scricchiolare sino a far male. Allontanò lo sguardo dal presunto pirata per posarlo sulla propria balia e si sentì improvvisamente in colpa.
«Moshi mo kumotte naitetara sonata no kubi wo chon to kiru zo.» l’ascoltò mormorare con insistenza e si chiese perché fosse tanto spaventata all’idea di lasciarla andare lungo la via che la Marina le aveva impedito di attraversare.


















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Note dell’autrice:
Le note di questa storia temo stiano raggiungendo l’intollerabile, ma il mio è un lavoro allegorico, comprendetemi e soprattutto compatitemi…

- Draghi e taglie: Il discorso che fa Aya e il punto su cui fa luce Shachi credo siano di facile comprensione, ma ci tengo a ripeterlo perché si tratta di una delle chiavi di questa storia. Ai Nobili mondiali è concessa ogni azione, ma come si è ben visto con Do Flamingo non sono esenti dal guadagnarsi una taglia qualora decidano di dedicarsi alla pirateria o collaborare con i pirati. È una sorta di rivincita che il Governo mondiale si prende stranamente nei loro confronti ed è per questo che non è ancora ben chiaro se essi siano al di sopra di ogni istituzione o se vi sia qualche cavillo ancora ignoto.
- Penguin e Shachi: Nel POV di Aya, Bepo sostiene che quindici mila berry siano una taglia maggiore dell’ammontare di quelle dei due compagni ed è l’elaborazione di una mia fantasia, pur basata su un preciso punto che spiego. Curiosando tra le taglie dei vari equipaggi mi sono resa conto che gli unici ad averne una precisa sono i Mugiwara, quella degli Heart come dei pirati di Kidd e via dicendo, partono dalla base della taglia del rispettivo capitano. Considerando che, la mia storia fa riferimento a eventi precedenti Sabaody per il momento e considerando che all’epoca le ciurme non avevano ancora le esperienze attuali, ho immaginato che quindici mila potesse essere una taglia abbastanza esigua da poter calzare con questo machiavellico discorso.
- Killer: Qui mi cito da me! Dunque, nei primi capitoli Aya riferisce che Killer sostenga lei non sarebbe in grado di guadagnarsi una taglia neanche se “sputasse in un occhio a un ammiraglio”. Ora questa simpatica scenetta non è avvenuta e non avverrà finché sarò mentalmente sana, ma la taglia c’è e mi sembra giusto che Aya e Kidd – strano sostenitore delle sue capacità dubbie – si siano presi una rivincita su di lui con quel giornale.
- Riunione degli Shicibukai: In questo caso mi appiglio a un piccolo aneddoto raccontato da Oda. Pare che alcuni anni prima dell’inizio della storia si sia tenuta una riunione mondiale per arginare le azioni di Dragon il Rivoluzionario. Tenendo conto che questo genere di incontri si tengono a Marijoa e che i Sette ne facevano parte, ho pensato che Aya non avesse potuto farsi sfuggire un’occasione simile per avvicinarsi a quel mondo che tanto agognava.
- Sguardo basso: I Marines e Ko – perlomeno in pubblico – tengono lo sguardo basso in presenza di Aya, seppur lei sia poco più che una bambina e ciò dipende dal suo essere un Nobile mondiale. Si dice che con i Draghi Celesti non si debba mai sollevare il capo e che incrociando il loro sguardo si muoia, ma su quest’ultimo punto non mi esprimo, è abbastanza sciocco da commentarsi da solo.
- Pirati: Dato che parlavo di Shicibukai credo sia logico comprendere chi siano i due che Aya scorge a distanza, ma per chi non volesse perdersi in simili elucubrazioni, chiarisco che si tratta di Do Flamingo e Kuma.
- Teru Bouzu: La traduzione al momento preferisco non fornirla perché mi servirà in seguito, chi non volesse crogiolarsi nel dubbio sappia che è comunque facilmente reperibile con una piccola ricerca.






  
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