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Autore: Alkimia    14/07/2008    2 recensioni
Una mia personalissima idea di come potrebbe continuare la storia del Fantasma dell'Opera, la fanfic comincia dove il film si interrompe, la sera del Don Juan. Erik è in fuga dopo l'addio di Christine ma alcuni incontri imprevisti gli mostreranno la prospettiva di una nuova esistenza, perchè anche il Figlio del Diavolo ha diritto a una vita normale...
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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AVVISO:
Rieccomi, dopo più di una settimana. Scusate il leggero ritardo ma la preparazione di un piccolo viaggio mi ha tenuta impegnata.
A proposito di tempo, ci tenevo a dire una cosa... il prossimo aggiornamento è previsto per l'inizio della settimana prossima. Per il mese di agosto penso che la fanfiction andrà in vacanza insieme a me (o quanto meno, non credo che aggiornerò settimanalmente), ma spero che l'interruzione degli aggiornamenti non vi faccia credere che mi sia dimenticata di questo mio lavoretto e che abbia intenzione di lasciarlo incompiuto. Spero che a settembre, dopo la pausa vacanziera, ritornerete a seguire la mia storia.

Come al solito grazie ai lettori, a chi ha recensito e ancora una volta grazie a Ilaria, la mia efficientissima betareader che in questi giorni, oltre a trovarsi annegata nei risultati della mia fantasia bacata ha avuto a che fare anche con lunghe mail da logorroica quale io sono ^^
(me si inchina facendo svolazzare le code del frak e depone una rosa rossa listata di nero sulle vostre scrivanie, poi ritorna mesta e silenziosa nel suo antro sotterraneo e vi lascia all'ultimo parto mentale prodotto, augurandovi buona lettura)

I remain, gentlemen, your obedient servant...

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CAPITOLO NONO

“Spero di aver preso tutto” pensò Colette fissando le valige sistemate ai piedi del letto, l'anziana domestica fece la lista mentale delle cose da prendere, gli abiti della sua padrona e della bambina, i gioielli, gli oggetti per la toiletta, alcuni giocattoli di Vivianne... l'indomani sarebbero ripartite per Parigi e non voleva rischiare di aprire le valigie scoprendo di aver lasciato qualcosa in Provenza.
“Penso proprio che ci sia tutto” concluse soddisfatta,
in quel momento sentì la porta aprirsi alle sue spalle e dei passi entrare rapidamente,
“Buon giorno madame” disse notando che Diane era appena arrivata
la marchesa guardò le valige già chiuse
“Oh... ehmm... scusa Colette, hai già preparato i bagagli, sei stata bravissima, ma... ecco, io avrei bisogno delle scarpe più comode, le hai già messe via?” disse
l'anziana donna fece mente locale e non riuscì a trattenere una smorfia quasi angosciata: quelle scarpe erano sul fondo di uno dei bauli!
“Si, madame, ma ve le prendo subito...” disse incerta
“Lo so, ti faccio penare, mi dispiace- mormorò Diane con dolcezza- la mia buona Colette!”
“Preferisco le pene che patisco con voi per via della vostra vitalità- rispose ironica la domestica- che non quelle che patirei in una casa di qualche vecchia nobildonna isterica e annoiata”
la marchesa ridacchiò, e guardò con affetto la donna che toglieva delicatamente i vestiti piegati dalla valigia, dopo qualche minuto Colette depose sul pavimento le scarpe che la sua padrona le aveva chiesto,
“Grazie” mormorò Diane sedendosi sul letto per indossarle
“Se posso permettermi, madame, credevo che oggi sareste rimasta in casa, dov'è che andate?” domandò la domestica
“Torniamo al circo, Vivianne vuole salutare quel musicista di cui parla in continuazione” spiegò la marchesa
Colette la guardò perplessa per un istante, per poi tornare a risistemare i bagagli che aveva appena dovuto disfare,
“Si, lo so... non dovrei, avanti, dillo” aggiunse Diane, conosceva fin troppo bene la sua cameriera per non comprendere al volo ogni sua espressione,
“Perdonate l'impertinenza, madame... ma non credevo l'avreste data vinta alla bambina anche stavolta” concluse la domestica
“Stai dicendo che vizio troppo mia figlia?”
“Non mi permetterei mai, madame...”
Diane rivolse a Colette un sorriso indulgente per toglierla dall'imbarazzo,
“Stai dicendo che vizio troppo mia figlia- ripetè la marchesa, e stavolta non era una domanda- lo so, so come la pensi... vizio mia figlia e lo faccio con piacere, perché so che verrà un giorno in cui Vivianne avrà degli obblighi, come li ho avuti io, voglio che faccia ciò che vuole, finché è in tempo per farlo”
“Siete la madre più affettuosa che un figlio potesse desiderare, madame” concluse Colette fissando negli occhi la sua padrona.

*

Maurice Chatelet era chiuso nella sua tenda a contare il denaro ricavato nelle ultime settimane in Provenza. Non era mai stato un uomo venale, si rapportava con i soldi come con le altre cose: era un uomo libero che non amava i vincoli. Non gli importava dei guadagni, aveva scelto di mettere su un circo quando era ancora molto giovane, lavorava la terra affidatagli da un grande duca di Francia, poi un giorno un incendio aveva distrutto quelle proprietà e lui, con una moglie e un figlio in fasce era stato costretto a reinventarsi l'esistenza. Voleva creare qualcosa che fosse suo, e che dopo una vita quasi da schiavo gli permettesse di viaggiare. Il circo era un mestiere che comportava fatiche e rinunce, e che non gli avrebbe certo garantito di fare fortuna e vivere nell'opulenza, ma era un'occupazione che gli aveva sempre dato da vivere e lo aveva tenuto al riparo dalla miseria. Lui, e tutta la sua grande famiglia.
A Maurice non importava arricchirsi purché avesse il necessario per mettere del pane in tavola e comprare vino nei giorni di festa, eppure aveva notato che negli ultimi due mesi i guadagni del suo circo si erano quasi raddoppiati. Non era un caso, era merito di Erik. La musica di quell'uomo aveva stregato tutta la Francia, in qualsiasi posto si fermassero si spargeva subito la voce di quel musicista dalle doti così straordinarie e molta gente accorreva al circo solo per sentirlo suonare, in tanti tornavano nelle sere successive per riascoltarlo.
L'uomo pensò a quanto fosse stato fortunato a incontrare quel singolare personaggio sulla sua strada, ma la sua tenda si aprì e la comparsa di suo figlio lo strappò ai suoi pensieri.
“Tra qualche giorno ripartiamo” annunciò Maurice mentre Alain si andava a sedere di fronte a lui,
“Ah, si. Dove si va stavolta?” chiese il ragazzo
“Non lo so figliuolo, in qualche paese qui nei dintorni... anche se...”
“Anche se?”
“No, sono sciocchezze” borbottò Maurice con un gesto vago
“Sono un pagliaccio, ci lavoro con le sciocchezze, mi piacciono molto” insistette il ragazzo con un sorrisetto
“Anche se pensavo... la nostra fama sta aumentando, e sai, pensavo che nei prossimi mesi magari potremmo aspirare a qualcosa di più di questi paesi di provincia”
“Stai pensando a...”
“Si ci sto pensando...”
“Parigi” mormorò Alain con aria sognante
“Penso che forse, tra qualche mese... a Parigi ci sarà una grossa festa e se riuscissimo a essere lì, chissà, potrebbe essere la nostra fortuna” concluse Maurice con lo sguardo acceso da un entusiasmo gioviale.
Alain uscì dalla tenda di suo padre con l'aria inebetita e contenta per la prospettiva di poter andare a Parigi, era tutta la vita che sognava un'occasione del genere,
“Ahia!” esclamò quando finì per sbattere contro qualcuno
“Alain! Che strano vederti senza il tuo costume da pagliaccio” disse una voce gentile
il ragazzo si fermò e guardò davanti a sé la persona con la quale si era scontrato,
“Voi... madame, scusate ero sovrappensiero” disse con una punta di imbarazzo riconoscendo Diane
“Ciao Alain!” fece eco la voce di Vivianne che si parò davanti a sua madre
“Ciao piccola... che piacere rivedervi... ma cosa ci fa una signora come voi in un posto come questo?”
“Mia figlia voleva fare qualche saluto, domani partiamo torniamo a casa nostra, a Parigi” spiegò la marchesa
“Anche il nostro circo forse sarà a Parigi il mese prossimo” disse Alain con un sorriso
“Che bello, così posso tornare a vedervi!” esclamò Vivianne
“Lo spero proprio” commentò il ragazzo accarezzandole la testa
“Alain potremmo parlare con il violinista, Vivianne ci terrebbe moltissimo a salutare anche lui”
il giovane si grattò il mento con aria imbarazzata
“Ne siete certa madame? Cioè... siete proprio certa di voler parlare con Erik?”
“Ah ho notato che è un arrogante pieno di sé, ma mia figlia ci tiene così tanto”
“Mamma, non dire queste cose cattive del mio angelo!” la rimproverò la bambina
“Ehm... no madame, Erik non è poi così male, è solo... timido”
“Timido?!- esclamò Diane sarcasticamente- bhe, se la timidezza non lo ha costretto a murarsi vivo potremmo vederlo?”
Alain si rimproverò di non essere stato più furbo e aver detto subito che Erik non c'era, ma ormai sarebbe stata una scusa poco credibile, e poi avrebbe fatto troppa fatica a dire di no a quella donna così bella e gentile e a quella bimba così adorabile,
“Si... temo, ehmm, credo di si...” concluse incerto il ragazzo mentre faceva cenno a Diane e a sua figlia di seguirlo.

Erik era fuori alla sua tenda seduto su una radice che sporgeva dal terreno, ai piedi di un grosso pioppo. La comparsa improvvisa di Alain non fu motivo di disturbo, per la prima volta dopo tante settimane l'uomo era riuscito a godersi il silenzio senza pensare a niente.
Alzò lo sguardo verso il ragazzo che era in piedi davanti a lui,
“Mi dispiace, premetto che mi dispiace, anzi ti dirò di più, GIURO che mi dispiace” esordì Alain alzando le mani
“Ti dispiace per cosa?” domandò Erik
“Mi dispiace per averle portate di nuovo qui... ma suvvia, sono la coppia di madre e figlia più dolci che si siano mai viste in giro, non sei d'accordo anche tu?”
“Sono solo una donna e una bambina...”
Erik sbuffò intuendo subito di chi stesse parlando Alain, il quale si dileguò un secondo dopo con la speranza di evitarsi qualsiasi tipo di rimprovero anche stavolta,
“Non vi arrabbierete con lui spero” disse Diane arrivando davanti ad Erik, lanciando un'occhiata divertita al ragazzo che scappava via
“Buon giorno, madame” bisciò Erik con tono inespressivo
“Buon giorno!” rispose la bambina con entusiasmo
Erik si soffermò a guardarla per qualche secondo, era davvero una bambina graziosa, gli fece venire in mente l'immagine di Christine da piccola, quando fu portata all'Opera da madame Giry non era tanto più grande di lei, un senso di calore e tenerezza colpì Erik allo stomaco come un pugno... tenerezza, non nostalgia dovette ammettere l'uomo, mentre quasi involontariamente un sorriso lieve rivolto a Vivianne affiorava sulle sue labbra.
“Vedo che dopo il riposo notturno siete un pò più affabile monsieur” scherzò Diane notando quel sorriso
Erik si scosse come se fosse stato rimproverato, poi guardò la donna e si degnò di alzarsi in piedi, guardò la donna in viso sostenendo il suo sguardo con una strana occhiata velata di sfida. La marchesa non sembrò né intimorita né infastidita dal modo in cui il musicista la stava guardando, semplicemente si concesse di osservare ancora una volta gli occhi dell'uomo, le iridi che qualche sera prima le erano sembrate di uno strano colore di verde quasi tendente al grigio adesso apparivano di una brillante tonalità di azzurro, merito, probabilmente, della luce del sole che li illuminava in maniera diversa di quanto aveva fatto la fioca luce delle candele quella sera nella tenda. Per un attimo l'espressione e lo sguardo di Diane palesarono una strana impressione nel notare la strana alchimia di inquietudine, malinconia e furore, un fuoco che sembrava provenire direttamente dall'animo di quell'uomo tanto singolare e scontroso.
“Mi sembra che l'altra sera ci fossimo già detti tutto, madame” disse Erik con voce ferma, ponendo fine a quella silenziosa guerra di sguardi,
“Non esattamente, io non vi ho chiesto scusa per esservi piombata davanti all'improvviso... e voi non mi avete chiesto scusa per avermi mentito”
l'uomo dondolò il capo senza dire niente
“Siete forse uno di quegli individui che non sopportano i complimenti? Il vostro amico mi diceva che non amate ricevere gli ammiratori dopo il vostro spettacolo” aggiunse la marchesa
“Diciamo che non amo riceve persone in generale, ma so bene che è una prerogativa di voi nobili prendervi tutto ciò che volete infischiandovene delle attese altrui” rispose lui scoccandole un'occhiata eloquente di rimprovero
Diane ridacchiò per stemperare la tensione, era lì per sua figlia, ma se fosse dipeso da lei non si sarebbe trattenuta un minuto di più con quell'uomo, tuttavia non voleva dargli la soddisfazione di mostrasi in alcun modo offesa o colpita dalla sue parole,
“Complimenti per la diplomazia! Comunque, non temete questa è l'ultima volta che veniamo a importunarvi, domani partiamo, torniamo a Parigi”
“Capisco...”
Erik sentì su di sé lo sguardo della bambina, sembrava che la piccola pendesse dalle sue labbra; era davvero così facile ottenere la riconoscenza e la simpatia di qualcuno, o forse erano i bambini ad essere meno complicati e più corretti degli adulti?
I bambini non hanno pregiudizi” pensò Erik tra sé e sé e si decise a dare attenzione a Vivianne e lasciar perdere la donna,
“Dunque, piccola, non so ancora il tuo nome” le disse cercando di essere gentile
lei sorrise contenta di aver finalmente ricevuto l'attenzione del suo eroe, Diane fu grata al cielo che quell'uomo di fosse degnato di parlarle e quasi si stupì di come avesse cambiato così facilmente umore e tono,
“Mi chiamo Vivianne” rispose la piccola
Erik spostò lo sguardo sulla donna
“... Diane de Valois” disse questa accennando un sorriso, prima che il musicista le chiedesse di presentarsi,
“Duchessa?”
“Marchesa”
“Perchè porti la maschera?- domandò all'improvviso Vivianne- quando ti ho incontrato quella sera non l'avevi”
“Ho fatto un voto quella sera stessa- mentì Erik con la prima scusa che riuscì a trovare, poi cercò un modo per cambiare argomento- dunque Vivianne, tu vivi a Parigi?”
“Si, in una bella casa insieme alla mamma... anche il papà ogni tanto, non c'è quasi mai, viaggia sempre per lavoro... a volte mi manca”
Vivianne lo guardava con gli occhi più limpidi che lui avesse mai visto, in effetti non aveva mai avuto a che fare con un bambino, a parte Christine, ovviamente... Erik accarezzò la guancia rosea della piccola
“Evidentemente perché ha un lavoro molto importante- le disse- le cose più importanti sono quelle che portano più problemi di solito”
“Bhe, si... ma non dovremmo essere più importanti io e la mamma?”
a quella domanda Diane sussultò, Erik la guardò come se fosse indeciso su cosa dire alla bambina, la donna notò una punta di imbarazzo sul viso di quell'uomo che sembrava sempre così duro e sicuro di sé
“Sono certo che tuo padre tiene te e tua madre nel suo cuore alla stessa maniera con cui si conservano dei diamanti in uno scrigno” concluse
“E tu che ne sai?”
“Perché... anche nel mio cuore c'è una persona lontana”
“Perché non torni da lei?” domandò Vivian
Diane scrutava ancora il volto di Erik e lo vide vacillare davanti a quella domanda, capì che sua figlia si stava spingendo troppo oltre
“Vivianne, smettila di impicciarti negli affari altrui!” esclamò severa, la bimba chinò il capo e si morse il labbro con aria dispiaciuta,
in quel momento un ombra nera piombò dai rami degli alberi per atterrare ai piedi di Vivian con uno squittio sordo, Diane sobbalzò spaventata per la comparsa improvvisa invece la piccola non si mosse e osservò la scimmia che era saltata davanti a lei
“Che carina...” disse divertita, poi allungò le braccine verso di lei
“Vivianne, stai attenta, potrebbe morderti!” eclamò Diane
“Ecco un'altra prerogativa di voi nobili- borbottò Erik- vi spaventate sempre per le cose sbagliate! Gioca pure con la scimmietta se vuoi Vivian, tanto non morde...”
la bimba si mise a correre per il prato inseguendo Lalla che saltellava in ogni direzione, Diane restò a guardare Erik con aria crucciata
“Cosa avete contro i nobili, si può sapere?” protestò
“Ce n'è stato uno in passato con il quale ho avuto un piccolo bisticcio...” rispose l'uomo alzando le spalle
“Un piccolo bisticcio? Sembra che parliate del vostro peggior nemico!”
“In ogni caso, madame non sono cose che vi riguardano”
“No... comunque, non pensate che i nobili siano tutti uguali”
“Voi sareste diversa, madame?” domandò Erik con aria poco convinta
“Faccio del mio meglio per esserlo- rispose Diane decisa- però volevo ringraziarvi, siete stato gentile con mia figlia oggi”
“E' una bambina adorabile, e voi immagino siate una brava madre, a quanto ho capito l'avete cresciuta da sola”
“Mio marito è ambasciatore all'estero, purtroppo è il suo lavoro, non è colpa di nessuno”
“Si, certo, capisco...”
“Siete di Parigi anche voi?” chiese Diane nel tentativo di continuare la conversazione mentre osservava sua figlia divertirsi a giocare con la scimmietta,
“Mi è capitato di viverci per un po'” rispose Erik con noncuranza
“Alain ha detto che il circo tornerà a Parigi- disse Vivianne tornando accanto a sua madre e a quell'uomo- lo spero proprio, vorrei tanto venirti ad ascoltare di nuovo”
Erik ebbe un sussulto appena sentì quelle parole... tornare a Parigi? Se fosse tornato non sarebbe stato in grado di resistere all'impulso di cercare la sua Christine. Avrebbe voluto rivederla un'ultima volta, in tutte quelle settimane si era reso conto che era da lei che era scappato, ancora prima che dal pericolo di essere catturato e ucciso.
“Qualcosa non va monsieur?” domandò Diane notando l'espressione pensosa e persa dell'uomo il cui sguardo si era fatto ancora più malinconico
“Tutto bene, madame... auguro a voi e a vostra figlia un buon viaggio di ritorno” rispose Erik tornando a guardare la donna con la sua consueta aria fredda e decisa,
la marchesa provò di nuovo quella strana sensazione di disagio e malinconia davanti a a quello sguardo, poi prese per mano sua figlia,
“Saluta Vivianne, dobbiamo andare” le disse,
la piccola si liberò dalla stretta di sua madre e si mise davanti a Erik facendogli cenno di chinarsi, si alzò sulle punte e gli lasciò un bacio sulla guancia scoperta dalla maschera, non notò l'emozione che scosse leggermente l'uomo,
“Alla prossima volta Erik” gli disse sorridendo
il musicista sentì stringersi il cuore a sentir pronunciare il suo nome con una tale tenerezza, quel nome che per anni interi nessuno aveva conosciuto,
“Alla prossima volta, Vivianne” rispose
“Dunque attendiamo il vostro circo a Parigi, monsieur” aggiunse Diane
“Si, arrivederci, madame”.
   
 
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