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Autore: Arshatt    17/04/2014    3 recensioni
Diverse storie che si intrecciano all'interno del mondo di FF12, mescolando i vari paring e relazioni tra i personaggi principali. BalxAshe, BalxFran, AshexBasch, PeneloxVaan. Multi rating XD, dipende dal capitolo. Ultimo capitolo rating VERDE.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashe, Balthier, Basch, Fran
Note: Lemon, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo
Capitoli:
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Aggiornamento notturno.. Come avrete notato i tempi di pubblicazione tra un capitolo e l'altro diventano sempre più lunghi. Me ne scuso ma la mia vita è sempre più movimentata di questi tempi e faccio un pò fatica a trovare il tempo per scrivere. Ad ogni modo è per ora nei miei intenti portare a termine la storia, per cui spero che ci sarà ancora qualcuno che avrà voglia di vedere come andrà a finire in futuro e nei prossimi mesi. =). Buona lettura.



“Dove mi trovo..? Perché sono qui..?” erano le domande che continuava a porsi, guardandosi in giro smarrita.

Non ricordava nulla di quanto fosse accaduto prima di risvegliarsi sul pavimento di quello strano corridoio. Si trovava al secondo piano di una grande abitazione, a giudicare dalla scalinata che intravedeva lungo il fondo. Intorno a lei c’erano un paio di porte serrate, delle pareti finemente decorate ai bordi e addobbate da alcuni ritratti paesaggistici.

Le lampade a muro erano in metallo pregiato intarsiato, come quelle che aveva già visto nelle dimore dei nobili dove più volte si era intrufolata, nella sua carriera di aviopirata. Era forse la casa di un aristocratico, questa?  Iniziò a convincersene. Mosse qualche passò lungo la navata, attirata dall’unica porta che sembrava non essere chiusa a chiave.

Poggiò delicatamente una mano sull’uscio e ne varcò la soglia. Era una stanza di medie dimensioni, illuminata da una vetrata a mosaico che proiettava un gioco di luci suggestivo.  L’arredamento ricordava quello di una camera da letto, anche se non c’era traccia di nessun baldacchino matrimoniale. In cima al settimanile in ciliegio c’era un vaso in vetro con dentro un grosso mazzo di fiori profumati sui toni del rosa e del lilla. Sullo stelo di uno di essi era presente un bigliettino, pensò che probabilmente dovesse trattarsi di un omaggio floreale, donato al proprietario da un amico.

Avanzando di qualche passò, notò due culle vuote in vimini, adornate da graziosi veli e merletti, legati tra loro con fiocchi di nastro color corallo. Sul tappeto ai piedi delle ceste, erano sparsi orsacchiotti e peluches di ogni tipo. Non ebbe più dubbi quindi, era una camera per bambini.

Notò anche la presenza di una porta comunicante, da cui provenivano alcuni rumori. Se qualcuno era li, non doveva trovarla, almeno finchè non avesse capito cosa stesse accadendo, cosi si nascose dietro ad un pilastro, vicino alla porta d’ingresso.

Pochi istanti più tardi, la porta si schiuse lasciando intravedere la figura di un uomo con in braccio un neonato. C’era qualcosa di familiare in lui ma non riusciva a distinguerne bene i tratti dalla sua posizione.

Indossava tipici abiti da nobile, in stile arcadiano per l’esattezza. Si trovava forse nei territori dell’Impero?

La sua domanda non tardò a ricevere risposta, quando l’uomo iniziò a canticchiare a bassa voce una cantilena. Era di spalle mentre dava da mangiare al neonato con un biberon, ma quella cadenza, Fran la conosceva bene.

Era un accento, inconfondibile. Lo avrebbe riconosciuto tra mille.

Senza che se ne fosse resa conto, il suo cuore d’un tratto aveva accelerato il ritmo e un leggero tremore aveva preso a pervaderla. Spostò in fretta lo sguardo pieno di stupore sul bambino che vedeva a mala pena, avvolto da uno scialle di lana. Solo qualche ciuffetto biondo fuoriusciva dal piccolo berretto sul suo capo.

Poi tornò sull’uomo, aveva la fede.

“Ti piace proprio eh, tesoro mio?” esclamò dolcemente lui, osservando il piccolo bere con gusto il suo latte.

Stringeva e ammirava quel fagottino con l’incanto di chi non aveva mai visto nulla di più bello in vita sua. Fino a quel momento aveva creduto di conoscere ogni suo sguardo, dal più falso al più sincero, eppure quello non lo aveva mai visto sul suo volto prima d’ora. Quell’espressione cosi profondamente innamorata e rapita, non l’aveva mai avuta per nessuno, neppure per lei.

Non aveva bisogno di sapere altro, per capire. La sua felicità era inversamente proporzionale all’immensa amarezza che stava provando dentro di lei, in quel momento.

Poco dopo entrò un’eccentrica bangaa, probabilmente una domestica a giudicare dall’abbigliamento.

“Signor Ffamran, sua moglie l’aspetta di sotto. Ha detto di sbrigarsi, altrimenti arriverete tardi all’appuntamento” gli raccomandò la donna.

“Arriviamo subito, Manila. Altrimenti chi lo sente lo..  -zio-.. vero, tesoro mio?” disse sorridente, avviandosi verso la porta.

Involontariamente, Fran calpestò un giocattolo per terra. Balthier si arrestò un attimo come se qualcosa lo avesse distratto per un secondo  ma non gli diede molta importanza e proseguì  verso una vita, di cui lei non sembrava averne mai fatto parte.

 

***



Si era risvegliata sul freddo pavimento metallico della sua cabina, a causa degli schiamazzi provenienti dal corridoio all’esterno.

“Sveglia!! Abbiamo da fare oggi!” continuava ad urlare, Nono.

“Abbiamo capito, non c’è bisogno di gridare cosi.. Non siamo mica al mercato!” si lamentò scocciato, un assonnato Balthier.

“Vedi di muovere il sedere, tu! Vi aspetto nella cabina di pilotaggio, per gli ultimi preparativi prima della gara!”

Era già mattina? Si domandò ancora intontita Fran. Guardò dalla finestra e a giudicare dall’altezza del sole, dovevano essere all’incirca le 10:00, mancavano solo un paio d’ore alla gara. Non ricordava esattamente cosa fosse successo la notte prima ma aveva ben chiaro in mente cosa aveva visto, durante lo stato di incoscienza.

Quando vide la pietra Omice riversa per terra, fuori dalla sacca dove lei stessa l’aveva riposta settimane fa, tutto le fu chiaro. Era successo di nuovo, il cristallo era stata la causa di quella bizzarra visione.

Mentre ci ripensava, Balthier bussò alla porta.

“Fran, sei pronta? Il nanetto è impaziente di parlarci..” esclamò, da dietro il portello.

“S-si..arrivo”

“Ti aspetto di sotto..” disse l’uomo, liquidandosi in fretta.

Doveva darsi una mossa, non era tempo di farsi prendere dai pensieri. Afferrò la pietra con un fazzoletto e la rimise al suo posto. Cercò frettolosamente di ricomporsi, pettinando e legando i lunghi capelli argentati e sistemando l’ armatura scura.

Le occhiaie sul viso e quella strana sensazione di malessere che avvertiva, erano il preludio di un pessimo inizio di giornata, se lo sentiva.

 

***

 

L’area in cui si sarebbe svolta la gara era piuttosto estesa e complessa. Era caratterizzata da una fitta catena montuosa particolarmente ostica da sorvolare a bassa quota. Se non fossero stati nel deserto del Nam Yensa, il problema si sarebbe potuto aggirare facilmente, volando ad alta quota ma le rare volioliti ritrovate da Nono e Bijou non lo consentivano, a causa delle misteriose energie che aleggiavano su quei territori.

Nono aveva scelto quel particolare luogo per sfruttare le capacità di avionautiche di Balthier, sperando di mettere in difficoltà Vaan che era ancora un principiante. L’abilità del pirata, guidato dalle ottime doti da navigatore di Fran, gli avrebbe garantito la vittoria, non aveva dubbi.

Dopo aver dato le ultime indicazioni ai rispettivi team, i due moguri erano scesi dalle loro aeronavi, preparandosi a dare il via da terra.

Nelle cabine di pilotaggio i due piloti e le loro rispettive compagne osservavano con attenzione i gesti dei loro ingegneri, pronti ad attivare i motori.

“Che te ne pare ?” domandò a Fran, rivolgendosi al paesaggio che avrebbero dovuto sorvolare.

“..Mm.. Forse.. da quelle aperture concentriche sulle rocce, si può ricavare un passaggio facilitato..” disse con un po’ di incertezza, che non era da lei.

Balthier aveva notato che era distratta e nervosa, una cosa piuttosto insolita per la viera, sempre molto concentrata durante i loro voli in aeronave. Le lanciò un’occhiata per richiamare la sua attenzione ma lei sembrò stranamente non cogliere il messaggio, fissava il panorama davanti a loro quasi come fosse imbambolata.

“Si parte!” esclamò deciso, alla visione del gesto del via, messo in atto da Nono.

Azionò i motori, mantenendo una velocità costante, simile a quella della Dreamer di Vaan e percorrendo una traiettoria lineare. Non voleva far capire troppo in fretta all’avversario, la sua intenzione di cambiare direzione per accorciare il percorso. Vaan gli stava alle calcagna, in attesa di trovare il momento giusto per sorpassarlo.

“Dimmi quando il vento è favorevole per la virata..” disse a Fran, restando concentrato sui comandi.

La donna trasalì d’un tratto dai suoi pensieri, tornando a quanto stava accadendo nel mondo reale.

“Fran..” le fece fretta Balthier, vedendola tardare nella risposta.

“Adesso!” gridò lei, indicando con la mano di virare a sud ovest.

Il pirata effettuò subito la manovra, senza batter ciglio. Tuttavia il suo istinto e la sua esperienza da pilota gli suggerivano che qualcosa non andava in quello spostamento. Nonostante l’incertezza, si era affidato alle indicazioni della sua compagna con completa fiducia, tenendo le dita incrociate.


Purtroppo i suoi dubbi trovarono presto conferma nella mutata espressione sul volto della sua partner. La distrazione aveva lasciato velocemente posto alla disperazione di chi era appena divenuto cosciente di aver commesso un imperdonabile quanto inevitabile, errore di valutazione.


“Dannazione!! Troppo stretto!!” esclamò Fran.

Il violento sfregamento della carrozzeria della Strahl, lungo le pareti della cavità rocciosa, ne fu la testimonianza lampante.

“Maledizione!” urlò rabbioso, Balthier cercando di non perdere il controllo dell’aeronave.

“Questo rumore… Il motore secondario sull’ala destra… è andato..” ammise sconfortata, lei.

“Dobbiamo rallentare, altrimenti collasserà anche quello principale.. e sarebbe parecchio sgradevole!” aggiunse lui, seccato.

“E’ colpa mia.. Non ho calcolato bene le coordinate..” disse lei, scuotendo la testa incredula.

In tanti anni di navigazione insieme, le scelte sbagliate commesse da Fran erano stati eventi più unici che rari, sempre molto accorta e meticolosa sul lavoro, tanto da spingere spesso il pirata a fidarsi più del suo giudizio che del proprio. Eppure stavolta qualcosa non aveva funzionato, dovette costatare stupito l’uomo.

“Lascia perdere! Ci penseremo dopo..  Stiamo perdendo terreno e ci siamo ormai giocati il vantaggio della scorciatoia.. Non ci resta che tornare in superficie..”

 

Proseguendo in direzione della rotta principale, alcuni scossoni improvvisi sopraggiunsero.
 

“Cosa diavolo succede adesso..??”

“…. Garuda!..” esclamò preoccupata, Fran.

“Non ci credo… c’è un dannato nido qui sotto!”

Il povero pirata si era appena reso conto di aver sorvolato un covo di feroci e fastidiosi uccelli Garuda. Le madri, attirate dal rumore dei motori, si erano precipitate in volo per proteggere i loro piccoli, speronando il velivolo con le loro possenti zampe.

“..Non possiamo continuare cosi, ci abbatteranno! Prendi i comandi, vado di sopra a sistemarli!” disse l’uomo, imbracciando il suo fucile.

Fran non ebbe il tempo di dire nulla che si ritrovò tra le mani lo sterzo della Strahl, nel tentativo di compiere manovre disperate, per divincolarsi dalla morsa delle bestie ed evitare lo schianto. Udì alcuni spari e schiamazzi, provenire dall’esterno dell’aeronave. Il timore per l’incolumità di Balthier crebbe quando infine lo sentì urlare di dolore.

 

D’improvviso accadde qualcosa d’inaspettato, un’altra aeronave sfrecciò sulle loro teste compiendo dei movimenti rotatori intorno alla Strahl. Gli uccellacci spaventati, avevano iniziato ad allontanarsi liberando il veicolo dalla loro morsa.

Fran riconobbe la carrozzeria azzurra e la particolare forma a rondine di quell’aeronave. Non solo Vaan era riuscito a raggiungerli, ma li aveva anche appena salvati da un probabile incidente. Assicuratosi di aver messo al sicuro i suoi amici, era poi sfrecciato via, in direzione del traguardo.


Nel frattempo Balthier era sceso nuovamente nella sala di pilotaggio, con un’espressione dolorante e innervosita sul volto. Il pivellino lo aveva appena superato, senza considerare la brutta ferita che si era procurato al braccio.


Sanguini.. fammi vedere” provò a dirgli Fran ma lui la scacciò.

“Lascia perdere, piuttosto non posso guidare in queste condizioni.. Dovrai prendere tu il comando fino alla fine. Proseguiamo per il percorso canonico, niente deviazioni. Perderemo ma almeno torneremo tutti interi!” ordinò, autoritario per poi allontanarsi verso il bagno, alla ricerca di qualche benda e del disinfettante.
 

Fran non aggiunse nulla, si limitò ad eseguire il comando, amareggiata dalla sua stessa negligenza. Eppure la sua mente continuava ad essere altrove, non riusciva a non pensare a ciò che aveva visto, quella notte.


***

 

Alle prime luci dell’alba, Ashe aveva lasciato la sua stanza per dirigersi nella cripta funebre della famiglia reale.  Ogni qualvolta che si sentiva giù di morale e in difficoltà andava a pregare sulle tombe dei suoi cari, affinché le dessero la forza e il coraggio di andare avanti. Stavolta però lo stato d’animo che la spingeva a quella visita era diverso. Aveva riflettuto a lungo durante quelle interminabili giornate e sentiva il bisogno di condividere le sue riflessioni con chi ormai poteva ascoltarla solo attraverso i sussurri del vento, geloso custode delle sue confidenze.

Scesi i gradini che portavano alla cappella sotterranea, si soffermò a fare la riverenza sulle tombe dei suoi amati fratelli, porgendo su di esse un fiore in segno di affetto. Quando fu davanti  al sepolcro del padre, gli donò un bacio e una preghiera, dove gli raccomandava un riposo sereno e una benedizione per la loro Dalmasca. Tuttavia si trattenne per un tempo breve e proseguì verso il feretro del defunto marito, a cui era indirizzata quella visita.

Quando vi fu dinanzi s’inginocchiò, porgendo sul freddo legno una delicata rosa bianca. Accarezzava quel coperchio come se fosse il corpo dell’amato Rasler, fino a raggiungere l’altezza del cuore, dove il suo palmo si soffermò, quasi volesse stabilire un legame con lui attraverso quel tocco.

“Mio caro Rasler, era da tanto che non venivo a trovarti.. Devi perdonare questa sbadata donna per le sue mancanze e per il suo perdersi troppo spesso in oneri politici e fragilità dell’età..

Mio amato.. questo regno che avremmo dovuto guidare insieme, assorbe ogni aspetto della mia vita ormai. Ogni tanto mi chiedo se le cose sarebbero state diverse, se solo ti avessi avuto ancora accanto..

Ti ricordi quando, la notte prima del matrimonio sgattaiolai nella tua stanza per chiederti se anche tu provassi le paure e i dubbi che mi assalivano, in vista dell’enorme responsabilità che da li a poco ci avrebbe investiti..? Io non ho mai dimenticato ciò che mi rispondesti.. Dicesti che  -chi aveva un destino da compiere, non aveva tempo per preoccuparsi della paura - .. All’iniziò non compresi e tornai nella mia camera.. Mi sentivo cosi avvilita dalla mia debolezza..

Poi il giorno delle nozze e il nostro passaggio in carrozza attraverso la folla.. E’ stato li che ho capito.

Un destino.. come lo avevi definito tu.. è una missione da cui dipende una speranza .. e questa non alberga mai solo in un cuore. Noi eravamo la speranza del nostro popolo che altro non ci domandava, se non di tenerla viva..

La speranza è un dono… E’ ciò che mi ha tenuto in vita quando ho perso tutto…

…Perderla era l’unica paura di cui dovessi preoccuparmi, non è cosi Rasler?

Custodirò questa lezione fino alla fine, te lo prometto.


Mio caro Rasler, in questa cripta ci sono molti pezzi del mio cuore segnato da mille crepe ed è giusto che lasci qui anche il suo ultimo brandello..

Quest’anello… ho bisogno che tu lo custodisca per me.. C’è stato un tempo in cui credevo che il legame luttuoso che simboleggiava, mi avrebbe protetta da certi sentimenti che non volevo più provare.. Cosi non è stato.

Io amo ancora una volta, Rasler.. e ammetterlo è stato più difficile di accettare che è rivolto ad un uomo che non mi vuole.. Ma le cose stanno cosi e non voglio più fingere con me stessa…

Mio dolce principe, l’animo di quella ragazza fragile, onesta e ingenua di cui sei stato il primo amore, la felicità e l’immensa disperazione.. Sarà per sempre racchiuso in questa fede d’oro.. ed è accanto a te che vuole rimanere.

La giovane che conoscevi è divenuta una donna diversa adesso… Una parte di me rimarrà sempre ferma al momento in cui ci siamo amati.. ma l’altra parte sente che deve andare avanti perché porta nel suo nuovo cuore di adulta la speranza di poter assaporare di nuovo un po’ di autentica felicità.


Questo è un addio, amore mio..

Sarai sempre con me, anche se in modo diverso…

Ti prego di proteggerci da lassù”.


Tirare fuori quelle parole l’aveva resa colma di commozione ma trattenne le lacrime, quel commiato segnava per lei un inizio e non doveva essere triste, Rasler non avrebbe voluto.

Si sentì alleggerita, finalmente era andata avanti.

 

***

 

Erano giunti alla taverna delle nuvole fluttuanti solo in tarda serata. Stanchi del viaggio e della giornata appena trascorsa, avevano scelto di festeggiare con un’abbondante cena a base di carne e fiumi di vino rosso che Balthier si era offerto di pagare, vista la sua sconfitta.

La faccenda non sembrava averlo particolarmente colpito nell’orgoglio e al contrario dei suoi amici si era messo a suo agio in fretta, lanciandosi in sfide con le carte e giochi ai dadi con gli ospiti più loschi della locanda. Nonostante le due bottiglie di vino che si era scolato, le sue doti di baro non lo avevano abbandonato e in poche ore era riuscito a ripulire buona parte delle tasche dei suoi malcapitati sfidanti. Due donnine spregiudicate nell’abbigliamento e nell’atteggiamento, sedevano sulle sue gambe ansimando come oche giulive ad ogni vincita.

Vaan, Penelo, Fran e i due moguri erano rimasti in disparte a osservare lo spettacolo che Balthier e le sue amichette stavano dando in tutto il locale.

“Ma come cavolo fa a vincere sempre, quell’idiota? Con tutto l’alcool che ha bevuto, non dovrebbe nemmeno distinguere più i numeri..” si lamentava il povero Vaan, reduce da una clamorosa sconfitta a carte.

“C’ha i suoi  -trucchetti-  kupò… Comunque quello che ha bevuto è niente in confronto a quello che è in grado di reggere kupò!” esclamò sconsolato, Nono.

“E’ solo un gran furbone, kupò! E per gli Deii, fate smettere di sghignazzare quelle due galline, kupò!! Vorrei tirargli il collo, kupò..” ribatté infastidita, Bijou.

“Non è strano che Balthier dia spettacolo in questo modo..? Di solito è più discreto..” constatò, una perplessa Penelo.

“Discreto lui? Ma se è mister vogliostarealcentrodellattenzioneperchèiosonoilprotagonistadiquestastoria??.. puff” rispose seccato, Vaan.

“Il vino e il gioco d’azzardo tirano fuori il peggio di lui, kupò…” ammise sconfortato, il meccanico.

“Fran che ne pensi? Dici che dovremmo intervenire…?” domandò intimidita, la ragazza.

La viera era rimasta in silenzio tutto il tempo, con la testa persa in chissà che pensieri. Non aveva commentato in nessun modo la performance di Balthier, a cui era da tempo abituata.

“Non dovete preoccuparvi per lui.. A lui non importa di noi.. fatevi la vostra serata in allegria.. “ sentenziò, prima di finire il suo drink e dirigersi verso l’uscita.
 
“Fran dove diavolo vai??!”
cercò di fermarla, uno sbigottito Vaan.

“Faccio due passi.. E smettetela con questo irritante atteggiamento da balie” esclamò con un’insolita aggressività.

“Che modi… Mi chiedo che cavolo le prenda tutto d’un tratto…”

“Strani tipi questi tuoi amici, Vaan! Kupò”

“E’ la prima volta che sento usare quel tono a Fran… Non so che pensare..” disse imbarazzata, Penelo.

“Non preoccupatevi per loro, kupò… Sanno badare a loro stessi, kupò… più o meno..” affermò, Nono portando sulla fronte una zampa, in segno di rassegnazione per la stranezza dei suoi amici.

 

***

 

Era ormai notte fonda quando la taverna aveva iniziato a svuotarsi. Persino Balthier alle prese con i suoi flirt amorosi, divenuti sempre più espliciti a causa dell’ubriacatura, aveva scelto di abbandonare finalmente il tavolo e dirigersi in camera, affiancato dalle due donne che gli avevano tenuto compagnia tutta la sera.

“Balthier… Fran non è ancora tornata..” lo avvisò preoccupata Penelo, cercando di ignorare le pietose condizioni in cui era.

“E quindi, in che modo la cosa dovrebbe interessarmi? Dolcezza.. Fran sa cavarsela benissimo da sola.. Ho altre signorine di cui preoccuparmi stanotte.  Au revoir!” esclamò sornione, mentre palpava il sedere di una delle due donne  e si avviavano verso l’uscita.

“E’ proprio un cretino..” sbottò scocciato da quell’atteggiamento da spaccone, il povero Vaan.

“Devi andare a cercare Fran.. è molto tardi e fuori potrebbe essere pericoloso, persino per una come lei..” lo supplicò, Penelo.

“Sei sicura di quello che dici? Stiamo parlando di Fran..  non di una ragazzina indifesa..” ribatté perplesso, il ragazzo.

“Ma possibile che tu non l’abbia capito?.. Quando è andata via era sconvolta, per questo ha reagito in quel modo.. Il comportamento di Balthier deve averla ferita…”

“Secondo me ti stai preoccupando troppo e inutilmente… Fran e Balthier sono compagni da anni, non penso che certe cose la scandalizzino più di tanto..” cercò di dissuaderla.

“Fidati di me… Io sono una donna, posso capirla.. E’ già da diverso tempo che tra loro il rapporto sembra essersi incrinato.. Non si tratta delle conquiste amorose di Balthier… Devi andare a cercarla, per favore, Vaan..”

“E va bene… Se il tuo istinto ti suggerisce questo, non mi opporrò.. Forse ho un’idea su dove potrebbe essere andata…”


 

***

 

Si era diretto a passo svelto verso la Terrazza Celeste di Kaf, mosso solo dal suo intuito di aviopirata. Anche se conosceva Fran ormai da qualche anno, non poteva certo dire di conoscerla bene, a causa del suo carattere introverso. Difficilmente si apriva sui suoi sentimenti o pensieri con gli altri, era una donna di poche parole tuttavia non si poteva dire lo stesso dei suoi occhi. Comunicava molto più con gli sguardi che con le parole, era una cosa che aveva imparato standole accanto.

Ricordava di una notte nella giungla di Golmore, dove in disparte dal gruppo, si era appartata nell’unica area da cui era visibile il cielo ed era rimasta ad osservarlo per ore, in silenzio e immobile. L’aveva scovata per sbaglio mentre faceva un giro di ricognizione nei pressi  del luogo dove avevano deciso di sostare per la notte. Aveva uno sguardo carico di commozione e malinconia, era la prima volta che la vedeva cosi fragile da quando si erano incontrati, lei che si mostrava sempre forte e imperturbabile.

Era rimasto per qualche minuto imbambolato a fissarla, finchè la mano di Balthier non si era poggiata sulla sua spalle e i loro occhi non si erano incrociati. Quelli minacciosi del pirata gli stavano suggerendo di dileguarsi di corsa e non disturbare la sua compagna e fu cosi che fece, senza batter ciglio.

Non era stata l’unica volta in cui l’aveva vista isolarsi a guardare il cielo, probabilmente in qualche modo questo “rito” l’aiutava ad esorcizzare il suo dolore. Dunque se Penelo ci aveva visto giusto sul suo turbamento, non poteva che essere in quel luogo dove si poteva osservare uno dei più bei panorami notturni di tutta Ivalice.


Il suo istinto non lo aveva tradito, Fran era proprio lì, seduta ai piedi di quel precipizio avvolto da una strana leggenda secondo la quale chi cade da lì, si risveglia sulla sabbia della costa Phon.  “Speriamo che non voglia buttarsi giù, sarebbe un bel guaio!” pensò per un secondo, quasi divertito dall’immagine di quella scena tragicomica.
Non aveva una bella cera e non sembrava molto lucida, soprattutto a giudicare dalla bottiglia vuota di bujerberio accanto a lei. Dove l’aveva presa? Si domandò ma dopotutto ormai non aveva più molta importanza, considerando che se l’era già scolata.
 

“Fran… è molto tardi, sono venuto per portarti alla locanda dove alloggiamo…” provò a dirle con calma, avvicinandosi alle sue spalle.

“Sei venuto solo a perdere tempo, Vaan…” disse flebile e assonnata, la viera.

“Non avrai intenzione di rimanere qui al freddo tutta la notte..? “ 

“Ma cosa te ne importa…?”

“M’importa eccome… e poi Balthier sarà preoccupato, non vedendoti ancora tornare..”

Al suono di quel nome, un risolino isterico le uscì, come incontrollato.

“Come sei ingenuo, Vaan… dopotutto sei rimasto sempre il solito ragazzino.. Vai via se non vuoi passare dei guai..” provò a minacciarlo, con la testa barcollante.

“Ah si? Perché sennò me le dai di santa ragione..? Ma guardati, non ti reggi in piedi.. Quell’aria sbattuta e la puzza di alcool.. Non ti ho mai vista ridotta cosi! Ora ti riporto a casa, che tu lo voglia o no.. Non sei nelle condizioni di badare a te stessa..”  esclamò severo e risoluto lui, sperando di risvegliare in lei un pizzico di orgoglio.

Tentò di afferrarla per le braccia e le gambe, per prenderla in braccio ma non fece in tempo a sollevarla che la donna cercò di allontanarlo, spingendolo via.

“No! Non voglio!! Non c’è nessun posto dove tornare per me.. Vattene!”urlò sconvolta e con la voce tremante.

“Che cavolo dici?! Fran!.. Non sei lucida.. Lascia che ti riporti nella tua stanza.. Qualsiasi cosa sia successa tra te e Balthier, vedrai che si risolverà! Andiamo…” provò a persuaderla di nuovo mentre con le braccia tentava di agguantarla, per portarla via da lì.

“Tu.. Tu non capisci! Ci sono cose che non possono cambiare..” sbraitò ancora, spintonandolo.

Il povero Vaan cadde all’indietro, tirandola con sé. Erano finiti in una strana posizione, con lui col sedere poggiato per terra e le mani strette intorno ai fianchi di Fran che era piombata col muso dritto sul suo petto, come in un goffo abbraccio.

“I-io.. non…” balbettò lui, mortificato e preoccupato per la sua reazione, per averle involontariamente messo le mani addosso.

Fran non permetteva mai a nessun uomo che non fosse Balthier, di sfiorarla. Si aspettava da un momento all’altro l’arrivo inesorabile di un ceffone ben assestato.

“Nessun legame rimane per sempre.. Resta solo la solitudine a tenere compagnia a quelle come me..” sussurrò, amara.

Con grande stupore del ragazzo, Fran non si era mossa dalla sua posizione. Era rimasta tra le sua braccia, come un cucciolo agonizzante, abbandonato allo sconforto. Provava una certa tenerezza a vederla cosi indifesa.

“Se n’è andato anche lui.. Alla fine, se n’è andato..” continuava a ripetere, singhiozzante.

Vaan non riusciva a capire di cosa parlasse ma doveva trattarsi di qualcosa che l’aveva ferita molto. Istintivamente la strinse a sé, in un abbraccio voluto stavolta.

“Fran… So che non sei abituata a contare sulle persone.. Ma io e Penelo ti vogliamo bene.. e gli amici non si lasciano mai nel momento del bisogno.. Devi fidarti di me.. Non sei da sola.. Vedrai che domani andrà meglio.. Torniamo a casa..” cercò di consolarla, accarezzandole dolcemente la testa.

La donna non disse nulla ma smise di opporre resistenza, lasciandosi sollevare in braccio dal ragazzo. Un mal di testa martellante la opprimeva, chiuse gli occhi nella speranza di attenuare il dolore. Intanto Vaan si avviava verso il vicolo, quando il rumore provocato da un oggetto scivolato per terra, lo trattenne. Uno strano libriccino era caduto dalla piccola tracolla che Fran portava sulla spalla. La donna non si era accorta di nulla, ormai l’effetto soporifero del liquore stava facendo effetto. Lo raccolse, infilandolo in una tasca dei pantaloni e proseguì per la locanda.



***



Osservava distrattamente la pallida luna della notte, fuori dalla finestra. La luce delle stelle non riusciva a schiarire il buio del cielo così come il caldo abbraccio di Muriel pochi minuti prima, non era riuscito a scaldare il freddo del suo cuore.

Lei era rimasta stesa sul letto, avvolta solo da un lenzuolo bianco e con la schiena poggiata sulla spalliera, intenta a scrutare con lo sguardo le spalle nude di quell’uomo apparentemente cosi simile al suo amore perduto eppure totalmente diverso nei modi. Era stato un amplesso breve e appassionato, capace di distrarre i due amanti occasionali solo per pochi istanti, dai loro turbamenti interiori. Quella fame di amore che avevano creduto di poter saziare con quei baci e quelle carezze, non si era placata lasciandoli più insoddisfatti di prima.

“Va tutto bene..?” gli domandò delicatamente la donna, percependo in lui un certo turbamento.

Non rispose, probabilmente era cosi assorto nei suoi pensieri da non essersi nemmeno accorto della richiesta della donna. Dovette richiamarlo un’altra volta prima di attirare finalmente la sua attenzione. Basch si voltò lentamente, rimanendo a fissarla per qualche secondo con malinconica dolcezza.

“Mi dispiace.. mi ero allontanato col pensiero..” ammise, chinando il capo in segno di colpa.

“Eri lontano da qui fin dal principio.. non è cosi?” constatò lei, con compostezza, commentando velatamente la performance del suo amante.

Basch sospirò, sconfortato. A mente lucida non capiva nemmeno perché si fosse intrufolato in quel letto.

“Scusami… Ho molte preoccupazioni ultimamente e non sono sereno.. Tu non c’entri..” provò a spiegarsi.

“Non devi scusarti.. Dopotutto tra noi non c’è nessun legame… tranne Lily, s’intende.. ed è meglio che non sappia di questa notte, penso che sarai d’accordo con me su questo..”

“E’ già tutto abbastanza complesso per lei.. Non sarò certo io a complicarle ancora di più le idee.. Voglio bene a Lily..”

“A volte dimentico che nelle vene vi scorre lo stesso sangue.. Anche se lei non sa che sei suo zio, si è affezionata molto a te.. quasi come un padre.. “ affermò con rammarico, Muriel.

Ripensare a Noah e al grande amore che li aveva uniti e che ogni giorno rivedeva negli occhi della sua bambina, la faceva ancora stare male.

“Io non sono Noah, Muriel..Non lo sarò mai, nemmeno se indosso tutti i giorni la sua armatura e vivo la sua vita.. “

“Credi che non lo sappia..? l’ho amato così tanto da perdere la testa.. Lily è l’unica cosa che mi resta di lui.. Allevare una bambina da sola non è sempre facile.. Ma ce la caviamo..”

Ripensando a suo fratello e a quello che aveva lasciato, gli si stringeva un nodo in gola. In qualche modo si sentiva in colpa per quanto gli era accaduto. Se solo avesse fatto scelte diverse fin dai tempi della caduta di Landis e se solo avesse prestato più attenzione ai suoi sentimenti, forse Noah avrebbe percorso una vita diversa, alla quale lui stesso non avrebbe dovuto porre fine in quel modo.

Percependo il fragile stato d’animo dell’uomo, Muriel si sollevò dal letto, vestita solo del lenzuolo e poggiò la mano sulla sua spalla, lasciando incontrare i loro sguardi.

“Le decisioni prese da Noah riguardano solo lui e basta.. Non era un ragazzino.. tutt’altro! Se è arrivato a macchiarsi di crimini orribili dalle conseguenze inevitabili , è stato perché si è lasciato guidare dalla rabbia e il risentimento.. perdendo quasi il senno. Tu non c’entri.. ed è arrivato il momento che te ne convinci una volta e per tutte.. Io c’ho messo un po’, ma alla fine l’ho accettato..”

“… Grazie Muriel..” riuscì appena a dire.

“Posso farti una domanda.. Basch?”  chiese un po’ intimorita, lei.

Lui annuì, guardandola teneramente, in segno di rassicurazione.

“Chi è lei..?” domandò con schiettezza.

Anche se non aveva mai accennato alla presenza di nessuna donna nella sua vita, Muriel aveva compreso che dietro ai suoi tormenti c’era sicuramente una figura femminile dopotutto delle pene d’amore era ormai un’esperta.

“… Qualcuno di cui non mi è concesso nemmeno pronunciare il nome..” ammise con rammarico, senza dilungarsi troppo.

“Nessuno sta cosi in alto da non poter nemmeno essere nominato..”

“Non importa.. comunque non avrà un seguito…”

“Un amore impossibile dunque.. Ha un suono tristemente familiare..”

 

 

 

  
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