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Autore: IamNotPrinceHamlet    18/04/2014    2 recensioni
Seattle, 1990. Angela Pacifico, detta Angie, è una quasi 18enne italoamericana, appassionata di film, musica e cartoni animati. Timida e imbranata, sopravvive grazie a cinismo e ironia, che non risparmia nemmeno a sé stessa. Si trasferisce nell'Emerald City per frequentare il college, ma l'incontro con una ragazza apparentemente molto diversa da lei le cambia la vita: si ritrova catapultata nel bel mezzo della scena musicale più interessante, eterogenea e folle del momento, ma soprattutto trova nuovi bizzarri amici. E non solo.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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E’ da mezz’ora che cammino avanti e indietro per casa con una scarpa di Angela in mano, senza sapere bene che cazzo fare. Ho provato a chiamarla un paio di volte, ma non risponde nessuno. Evidentemente deve ancora tornare a casa. Oppure sa che sono io e non ha intenzione di parlarmi. E come biasimarla? Vado in camera mia, mi siedo sul letto e ritento una terza volta. Niente. Lascio cadere telefono e scarpa sul tappeto e mi alzo per andare a prendere le sigarette sul tavolo della cucina, che però sono finite. Torno in camera, lancio il pacchetto vuoto contro la parete e apro il cassetto comodino per prenderne uno nuovo e mentre rovisto in cerca dei miei cilindretti alla nicotina trovo la cosa più sbagliata in cui potevo imbattermi: la polaroid di me e Angie ieri al Moore, prima del concerto. La prendo e resto come paralizzato a guardarla, finché non mi lascio cadere sul letto, sempre con la foto tra le mani, dimenticandomi della mia voglia di fumare. Ed è così che Layne mi trova quando rientra inaspettatamente, per fortuna non troppo presto, altrimenti mi avrebbe anche visto piangere come un coglione.

“Jerry? Che cazzo ci fai qui? Pensavo sareste rimasti da lei” mi domanda mentre si affaccia alla porta della mia camera con circospezione.

“Invece sono qui” rispondo senza spostare lo sguardo dalla fotografia.

“Dov’è la mia cognatina?” chiede sottovoce, restando sulla porta “Se volete posso levare le tende e…”

“Puoi rimanere, lei non c’è”

“Come non c’è? Non mi dire che l’appuntamento è già finito? Ok che domattina deve alzarsi presto, ma-”

“L’appuntamento non è neanche iniziato” rispondo dopo un lungo sospiro. Ora come ora affrontare Layne mi spaventa quasi quanto affrontare Angie, ma so che devo fare entrambe le cose.

“Cioè?” Layne entra finalmente nelle mia stanza e si siede sul letto di fianco a me “Che cazzo hai combinato?”

“Come fai a sapere che io ho combinato qualcosa?”

“Che cazzo hai fatto?” insiste alzando la voce.

E io non posso che confessare le mie colpe, riferendogli per filo e per segno la successione degli eventi del pomeriggio e della sera, e non mi sono mai vergognato tanto in tutta la mia vita.

“… e prima ho provato a chiamarla, ma lei non risponde. Dio, sono un idiota, che cazzo ho fatto!” concludo così il mio racconto, affondando la faccia nel cuscino.

“Hai provato? Tu ci hai provato? Beh, continua a provare, cazzo!” mi fa piacere che Layne mi inciti a non arrendermi, ma stavolta non credo che chiedere scusa sarà sufficiente.

“Non è in casa, e se c’è non mi vuole parlare. Non vorrà parlarmi mai più, né tantomento vedermi, ho mandato tutto a puttane, non capisci? Sono fottuto!”

“Certo che lo capisco, ma sinceramente ora come ora non me ne frega un cazzo” sbotta alzandosi dal letto e guardandosi attorno come per cercare qualcosa.

“Eh?”

“Non mi interessa di come stai tu, Jerry, o meglio, mi interessa di più come sta lei” spiega uscendo dalla mia stanza.

“Beh sarà incazzata come una iena, si sentirà ferita e…” balbetto seguendolo con passo incerto.

“E se le fosse successo qualcosa? Non ti è nemmeno passato per la testa, eh? Dove vuoi che vada senza scarpe, in giro di notte, con questo tempo?”

“Oh cazzo” improvvisamente realizzo tutto e corro di nuovo in camera per recuperare il telefono. Quando torno in soggiorno lo sguardo di Layne mi fa capire che era la stessa cosa che stava cercando lui. Premo il pulsante per ricomporre l’ultimo numero chiamato e aspetto una decina di squilli prima di attaccare.

“Chiama Chris” suggerisce il mio amico, che muore chiaramente dalla voglia di prendermi a calci nel culo, ma si sta trattenendo per pietà.

“Chris?”

“Sì, magari è lì. O magari troviamo Meg”

Meg, un’altra che vorrei affrontare il più tardi possibile. Quella non avrebbe senz’altro remore a prendermi a calci. Vado in cucina e cerco il numero di Cornell appuntato sul frigorifero, chiamo e mentre il telefono squilla non so chi augurarmi di trovare dall’altro capo del filo.

“Pronto?” risponde l’inconfondibile voce di quello stronzo di Gossard.

No, va bene tutto, ma Stone no.

“…”

“Pronto? Allora! Cos’è? Uno scherzo del cazzo? Ah-ah, che ridere, mi sto divertendo un mondo”

“…” continuo a tacere e Layne mi guarda malissimo.

“PRONTO? Chris, non sarà che il tuo telefono di merda si sta rompendo?” Gossard alza la voce e a questo punto Layne non può non essersi accorto che sono effettivamente al telefono con qualcuno.

“Nah, è solo che nessuno vuole parlare con te, Stone” qualcuno commenta in lontananza, mi pare Cameron.

Attacco nel momento in cui Layne sta per strapparmi il telefono dalle mani.

“Ma che fai? Sei un idiota o cosa?”

“Ha risposto Stone, che cazzo dovevo fare?” provo a giustificarmi, mentre Layne ricompone il numero.

Le urla di Gossard portano Layne ad allontanare il ricevitore dall’orecchio e arrivano forte e chiaro anche a me.

“Ehi, Stone, calmati, sono io! Layne… Che succede? … No, veramente è la prima volta che chiamo… Sì… va beh, come va? … Sì, insomma, non proprio…” il mio coinquilino parla tranquillamente, senza lasciar trasparire la sua preoccupazione, e io aspetto di capire dove vuole andare a parare. E aspetto di sentire altre grida da parte di Stone “Beh, sai, ho litigato con Demri… ma no, solite cose… comunque, volevo sapere se stasera facevate qualcosa… mm mh… e chi c’è? … Ah capito… e Angela? … ah sì? E da dove spunta questo? E non si è ancora vista? Mmm ok… senti, ora ci penso, al massimo passo o vi raggiungo lì”

Layne attacca e mi riferisce che Angela non è lì e la versione ufficiale è che sia da un suo compagno di università a studiare, anche se Gossard non ne era molto convinto. E figuriamoci, al segugio non sfugge mai niente!

“Hai litigato con Demri?” gli chiedo a bruciapelo.

“Sì, ma non è la cosa che mi preoccupa di più al momento” replica stizzito prendendo le chiavi della macchina.

“Che si fa ora?”

“Si fa che tu resti qui e continui a chiamarla, mentre io provo ad andare a casa sua, magari nel frattempo torna”

“Vengo anch’io”

“No, tu è meglio che non vieni, perché se Angela non si fa viva mi vedrò costretto a dire la verità a tutti e se fossi in te non vorrei essere nei paraggi in quel momento” spiega aprendo la porta e facendo per uscire.

“Dillo, avanti! Tanto lo so che muori dalla voglia di dirlo” esclamo seguendolo fuori dall’appartamento.

“Cosa? Cosa dovrei dirti?” mi chiede incredulo, bloccandosi nel bel mezzo del corridoio.

Te l’avevo detto, Jerry! Che me l’avevi detto, che ho mandato tutto a puttane, esattamente come avevi previsto”

“Cristo, Jerry, lo vuoi capire che non ruota tutto attorno a te? Non me ne frega un cazzo di cos’hai fatto! Ora mi interessa solo che quella ragazza stia bene, dopodiché avrò tutto il tempo del mondo per insultarti e dirti quanto sei stato stronzo”

“Ma io…”

“Continua a chiamarla, se la vedo ti faccio sapere” Layne scompare nell’ascensore e io non faccio nemmeno in tempo a rispondergli, anche se non credo che la mia riposta gli interessasse poi molto. Rientro in casa e recupero il telefono, a cui mi attacco per mezz’ora senza soluzione di continuità. A un certo punto, stanco di non avere risposta e disperato per la situazione, le lascio anche un paio di messaggi più o meno deliranti in segreteria. La chiamo e la richiamo, forse cento volte, mi fermo solo quando il telefono comincia a squillarmi in mano. E’ Layne, che mi chiama da una cabina. Dice che mentre cercava parcheggio ha visto Angela rientrare nel palazzo con Eddie. Non mi curo nemmeno di interrompere la comunicazione, afferro la giacca e le chiavi della macchina e mi precipito fuori.

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“Perdonami se sono indiscreto, ma cosa ci facevi lì tutta sola?” mi decido a dire qualcosa, anche perché quel silenzio carico di tensione che ci portiamo dietro da quando siamo partiti mi sta uccidendo, tanto più in un ambiente ristretto come l’abitacolo del mio pickup.

“Aspettavo l’autobus” Angela mi risponde senza muoversi di un millimetro, tenendo ancora la faccia rivolta verso il finestrino e dandomi le spalle, come dal momento in cui è salita.

“Quello l’ho capito, ma… perché eri lì?” insisto, ma non ottengo risposta e allora tiro a indovinare “Non c’è casa di Jerry da quelle parti?”

“Sì” risponde secca lei, quasi senza lasciarmi finire la domanda.

“Avete… avete litigato?” azzardo sapendo che se anche non dicesse niente, in questo caso avrei comunque avuto una risposta.

“Una specie” borbotta lei dopo un po’.

“Niente di irrecuperabile, spero…” continuo io coi piedi di piombo, non oso nemmeno accendere la radio per evitare possibili reazioni negative.

“Oh, è del tutto irrecuperabile invece!” esclama lei con voce leggermente strozzata.

Questo è il momento in cui dovrei chiederle cos’è successo, ma ammetto che non ho il coraggio di essere diretto. Allora continuo a girarci attorno.

“Perché?”

“Beh tu dovresti saperlo, meglio di chiunque altro” improvvisamente si volta verso di me, pur non guardandomi direttamente, e non posso non notare che ha gli occhi lucidi, nonostante il volto impassibile sotto il trucco e il mezzo ghigno che sta cercando di produrre.

“Io? Che c’entro io?”

“C’entri. Ora abbiamo una cosa in comune, sai? A parte i calzini a righe, intendo…”

“Cioè?” le domando, rivolgendole uno sguardo perplesso mentre sono fermo a un semaforo, anche se non posso evitare di sorridere brevemente ricordando la storia dei calzini.

“E pensa che ne abbiamo parlato giusto ieri, assurdo!”

“Ma di cosa?”

“Solo che la natura non mi ha dotata della strumentazione necessaria per poter pisciare nella sua macchina, come hai fatto tu” aggiunge con una risata forzata.

E finalmente, nello stesso istante in cui scatta il verde, capisco.

“Vuoi dire che…?”

“Jerry si scopava un’altra” risponde tornando a guardare fuori dal finestrino.

“Oh cazzo”

“Già, oh cazzo mi pare un’espressione più che adatta”

“Ma…”

“Si scopava un’altra mentre io lo aspettavo in un ristorante di merda perché avevamo un appuntamento!” esclama fissando la strada di fronte a sé, incominciando a gesticolare nervosamente.

“Mi dispiace”

“No, in realtà il ristorante non era di merda, era figo, pure troppo, e alla fine mi sono dovuta pagare il conto da sola!”

“Addirittura?”

“Già. E poi sono andata da lui pensando a chissà cosa potesse essergli successo… e invece lui si divertiva con questa tizia”

“Che stronzo!”

Angie mi guarda, poi tace improvvisamente, come se d’un tratto si fosse resa conto di aver detto troppo. Si agita un po’ sul sedile mentre cerca, o fa finta di cercare, qualcosa nella sua borsa e l’occhio mi cade inevitabilmente sulle sue ginocchia scoperte, incorniciate da un tessuto verde leggero. Le dona come colore.

… Ma che cazzo, Vedder? Ti sembra il momento?!

“Mi dispiace tanto, Angie, non so che dire…” aggiungo cercando di levarmi dall’impaccio, risultando sicuramente di grande aiuto.

“Non dire niente” ribatte lei. Appunto.

“E invece devo dire qualcosa, cazzo! Perché… perché è anche colpa mia” sbotto dando un pugno sul volante.

“Colpa tua? Che cazzo c’entri tu?” chiede porgendomi il pacchetto di liquirizie che ha appena estratto dalla borsa.

“Sì, perché… ecco… io lo sapevo” ammetto allungando la mano verso le caramelle, ma riuscendo ad afferrare solo il vuoto, perché lei allontana il sacchetto.

“Lo sapevi?” domanda con gli occhi fuori dalle orbite.

“Sì, beh… non è che lo sapessi con esattezza, ma li ho visti, li ho visti insieme” confesso, come avrei dovuto fare da subito.

“Ma quando?”

“La sera che siamo andati al Crocodile e tu non sei venuta, l’ho visto con questa tipa…”

“Che? Ma Jerry non c’era al Crocodile, lo so perché era con me e-”

“Infatti, non era nel locale. L’ho visto sul tardi, che passeggiava per strada con questa ragazza”

“Sul tardi?”

“Sì, poco prima che ce ne andassimo. Pensa che sul momento l’avevo scambiata per te!”

“Cosa? Per me? Hai problemi di vista?” mi chiede con una risata che sembra quasi vera.

“Beh, scusa, da lontano, vedo Jerry con una ragazza piccolina coi capelli lunghi neri… pensavo fossi tu! Quando si sono avvicinati e l’ho inquadrata bene ho fatto appena in tempo a nascondermi” continuo, ma con la coda dell’occhio vedo che Angela ha cambiato espressione, di nuovo “Comunque, insomma… Volevo dirtelo, ma poi ho visto che le cose tra voi si erano sistemate, per quanto ne sapevo magari tu ne
eri già al corrente e avevate appianato la questione e-”

“Capelli neri?” mi chiede lei, freddamente.

“S-sì, perché?”

“E lunghi?”

“Sì, lunghi e lisci” rispondo confuso, senza capire il perché dell’ostinazione su questo dettaglio.

A meno che… MERDA. Non dirmi che non era la stessa?

“Capito” Angela incrocia le braccia e si gira nuovamente verso il finestrino.

“Avrei dovuto dirtelo”

“Non eri tenuto a farlo”

“Sì, ma avrei dovuto”

“Non erano affari tuoi”

“Ma-”

Angela si volta di scatto e accende la radio, alzando il volume a palla: la voce di Morrisey è il chiaro segnale del fatto che la conversazione è ufficialmente terminata. Almeno quella verbale.

 Punctured bicycle

on a hillside desolate

Nessuna ruota bucata stavolta, solo un tacco rotto e l’attesa in solitudine su una panchina desolata, ma per il resto il parallelo calza.

When in this charming car

this charming man

Why pamper life’s complexities

When the leather runs smooth on the passenger seat?

Qua il parallelo va a farsi benedire, perché io non mi sento affatto affascinante, soprattutto con i jeans gremati e i capelli umidi di neve, e perché i sedili della mia macchina non sono in pelle ed è già tanto che abbia trovato un quadratino di spazio libero per far sedere Angie. Nel frattempo vedo che la passeggera sta facendo oscillare appena la testa a tempo con la canzone, anche se continua a guardare altrove.

I would go out tonight

but I haven’t got a stitch to wear

Beh Angie lo straccetto da mettere per uscire lo ha trovato. Canticchio sottovoce mentre con la coda dell’occhio vedo che ha iniziato a muovere anche le ginocchia. Difficile per una batterista resistere al ritmo, eh? Sì… diciamo che è questo il motivo per cui gliele sto guardando.

A jumped-up pantry boy

who never knew his place

He said: “Return the ring”

He knows so much about these things

A questo punto canto a voce più alta e Angela si gira, mi guarda negli occhi per non più di un secondo lanciandomi un sorriso triste e poi volge lo sguardo alla radio, seguendo le parole della canzone solo col labiale.

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Mi ero dimenticata di quanto mi stesse sulle palle questa Violet, fortunatamente ci ha pensato Chris a invitarla e ricordarmelo. Mentre divido l’ultima birra rimasta con Matt, la diva si sta cimentando nel racconto minuto per minuto delle sue disavventure sciistiche e aeree in quel di Salt Lake City, ci manca solo che tiri fuori le diapositive delle vacanze e siamo a posto. Per lo meno la performance dell’oca ha il potere di distogliere lo sguardo al vetriolo di Mike da me per qualche minuto. Io non ho ancora capito che cazzo vuole. Solo perché stasera non è qui si è dimenticato di avere una ragazza? Qualcuno suona alla porta proprio mentre Miss California ci sta raccontando un aneddoto simpaticissimo a proposito di uno sventato scambio di valige sul nastro portabagagli dell’aeroporto. Ci alziamo praticamente tutti per andare ad aprire, ma io sono più veloce e mentre mi avvicino alla porta mi riprometto di stampare un bacio in fronte a chiunque mi abbia salvata da quella trappola mortale.

“Eddie, ciao! Finalmente sei arrivato!” lo saluto e penso che come persona da baciare non mi è andata affatto male.

“Oh ehm, ciao Meg. Ho giusto bisogno di te, devo dirti-” Eddie comincia a farfugliare qualcosa, ma viene subito investito da un ciclone che forse deve aver fatto il mio stesso silenzioso giuramento, ma per altri motivi, e per questo gli si butta al collo dribblandomi e riempiendogli una guancia di rossetto.

“Auguri Eddie!” cinguetta la bionda.

“Err… grazie” risponde lui con una faccia a metà tra l’imbarazzato e l’infastidito.

Mi sa che anche a lui non sta molto simpatica, cosa che, automaticamente, mi rende ancora più simpatico lui.

“Dimmi che hai portato la birra e ti riservo lo stesso trattamento di benvenuto!” esclama Chris avvicinandosi minacciosamente e allargando le braccia.

“Eheheh sì, l’ho portata, ma direi che basta il pensiero, ok?” ironizza Vedder mentre cerca di staccarsi l’ameba di dosso.

“A proposito di basta il pensiero… tra una cosa e l’altra non ho fatto in tempo a prenderti un regalo… mi perdoni?” aggiunge Violet che improvvisamente ha assunto un tono di voce da bambina, ancora più fastidioso del suo solito, e si è messa a giocare coi bottoni della giacca di Eddie.

“Non c’è problema, non ti preoccupare” il poverino riesce a sciogliersi dalla presa a ventosa di Violet e, dopo aver salutato gli altri, a raggiungere la cucina, dove deposita le birre.

Mentre cammina continua a lanciarmi delle occhiate strane e a questo punto lo seguo. Che deve dirmi? Quando siamo soli mi fa un rapidissimo resoconto di una situazione a dir poco agghiacciante: Angela ha litigato con Jerry, lui l’ha raccatata per strada e ora è chiusa fuori di casa perché non ha le chiavi. E non ha le scarpe. Troppe informazioni da digerire tutte insieme! Tra tutte, non so perché, stupidamente, mi incuriosisce di più quella delle scarpe. Che cosa ne è stato? Le avrà tirate in testa a Jerry? Evidentemente se lo meritava. Sono lì che cerco di pensare a un modo, una scusa per sgattaiolare fuori dall’appartamento, quando Stone fa capolino in cucina, seguito alla spicciolata dagli altri, man mano che la conversazione procede.

“Che cosa state confabulando voi due?” domanda. Il suo tempismo continua a sorprendermi!

“Niente” rispondiamo quasi in coro.

“Niente… un niente che ha a che fare con Angie?” insiste lo stronzo.

“Ma… veramente…”

“Dai, che sta succedendo? E che c’entrano le scarpe?” Gossard procede nell’interrogatorio. Ma che cazzo, possibile che senta sempre tutto?!

“Beh ecco… ok, diglielo Eddie” dico mettendo nei casini il mio complice, che mi lancia un’occhiata omicida e inizia a balbettare.

“Io? Ehm… ecco…”

“C’entra il tizio con cui è uscita stasera?” domanda Matt allungandomi un assist senza saperlo.

“Sì! Esatto! E’… è proprio quello il problema” confermo con un entusiasmo forse un tantino eccessivo, che mi fa guadagnare un’occhiata perplessa da parte di Eddie.

“Problema? Perché? Che ha fatto questo tizio? Devo picchiare qualcuno? Chi è? ” il prode Mike, paladino di non si sa che cosa, decide di farsi avanti.

“Ma no! E’ solo che… beh a questo punto tanto vale dire la verità: non era un appuntamento di studio”

“Ma no! Ma dai! Non l’avevamo capito!” Matt ridacchia allungandosi sul tavolo. Ma tu da che cazzo parte stai?

“E già, è uscita con questo suo compagno…” Eddie ha capito dove voglio andare a parare e si unisce alla recita per renderla più realistica “Però in realtà, non ci è uscita…”

“Cioè? Io non ci sto capendo un cazzo” commenta Stone, che non molla finché non capisce e non sa tutto di tutto, e questo già lo so da quando lo conosco.

“Le ha tirato il bidone, non si è presentato! E lei ora è… beh, è molto giù” continua Vedder spalleggiandomi.

“Caspita, è tremendo! Sarà sconvolta! Beh, per lo meno, immagino che lo sia, a me non è mai successo” Violet sente il bisogno irrefrenabile di aggiungere questo ulteriore dettaglio relativo alla sua vita.

“E adesso dov’è? E che c’entri tu?” chiede Chris indicando Eddie.

“Beh io…”

“Eddie l’ha incontrata per strada e le ha dato un passaggio. Per fortuna direi, se no con questo tempo chissà quando e come tornava!” spiego levandolo dall’impaccio.

“Ah! L’ha incontrata per caso! Bella botta di fortuna eh” Stone mette su un ghigno che non mi convince.

“Già… ehm, comunque ora è meglio che vai da lei…” Eddie si rivolge direttamente a me e mi offre una scappatoia.

“Eh già, oltretutto non ha le chiavi quindi ha proprio bisogno di me, in tutti i sensi” aggiungo ridacchiando non so neanch’io perché e uscendo di filato dalla cucina, seguita dal piccolo capannello.

“Ma sì, che vada affanculo questo stronzo! Dille di venire con noi, glielo facciamo dimenticare in cinque minuti quell’uomo inutile!” suggerisce Chris, ma dubito che Angie sia in vena di uscire in questo momento.

“Non lo so, non credo se la senta… lo sapete com’è fatta, no? Vado” scappo fuori al volo, chiudendomi la porta dietro le spalle e correndo verso casa mia, sperando che nessuno decida di seguirmi.

Per fortuna che non c’è Jeff, dopo un racconto del genere credo che avrebbe sfondato la porta e avrebbe raggiunto Angela prima di me per farle sputare il rospo, ovvero il nome del bastardo misterioso da prendere a calci nel culo. Quando giro l’angolo del corridoio la vedo, seduta per terra, con le spalle alla porta e le ginocchia piegate, e non si muove neanche quando le arrivo a un passo.

“Angie! Che caz-”

“Apri la porta” mi chiede freddamente, senza guardarmi.

“Ma che è successo? Che ha fatto quell’imbecille?”

“Prima apri la porta, poi te lo dico” insiste guardandomi e alzandosi subito dopo.

Angie non è una che esprime tranquillamente le sue emozioni, tantomeno quelle negative. Non l’ho mai vista piangere e ho sempre creduto che una cosa del genere non sarebbe mai successa. Infatti, non succede nemmeno adesso, ma quelli che mi fissano sono occhi che stanno chiaramente per coprirsi di lacrime o, almeno, vorrebbero tanto farlo, se non ci fossimo questa porta chiusa ed io a impedirglielo.

“Va bene”

Apro la porta e Angela lancia subito sciarpa e giacca sul divano, dirigendosi verso camera sua a tutta velocità. Per lo meno, è quello che penso, ma il rumore dell’acqua della doccia mi fa capire che è in bagno, a cercare con tutta probabilità di lavare via questa brutta serata. Ma cosa diamine ha fatto quel cogione? Non si è presentato all’appuntamento, come ha detto Eddie? Che idiota! Sto per buttarmi sul divano quando vedo il numero 2 lampeggiare sul display della segreteria telefonica. E se fossero messaggi di Jerry? In quel caso non dovrei ascoltarli… forse… beh, tanto lo saprò comunque tra poco, che male c’è ad avere un’anteprima? E ad ogni modo questa è anche casa mia, quindi questo è anche il mio telefono. Premo il pulsante per sentire il primo messaggio:

Angie… Angie, cazzo, rispondi! Rispondi rispondi rispondi se sei in casa, ti prego, prendi il telefono! E se non sei ancora a casa chiamami appena arrivi, devo parlarti! E’… è tutta colpa di quella stronza e dellla merda che mi ha dato, io… io non volevo, non me la sarei mai scopata da sobrio, credimi… Dammi almeno modo di spiegare, cazzo. Te ne sei andata così, senza dire niente… non si fa così! Ci sei? Piccola… VUOI PRENDERE QUESTO CAZZO DI TELEFONO?!”

Il messaggio continua con altri momenti più o meno deliranti, Jerry sembra matto e alterna frasi di scuse a risate isteriche e urla incazzate. Premo il pulsante per riascoltare il messaggio dall’inizio, perché credo di non aver capito bene. E invece ho capito. Si è scopato un’altra? Brutto pezzo di… Il secondo messaggio è sempre suo, si scusa del messaggio precedente e pare avere un tono più pacato e invita Angela a richiamarlo perché è preoccupato. Adesso è preoccupato, lo stronzo. Cancello i messaggi e vado a sedermi sul divano. Lo so, non spettava a me decidere se Angie avesse il diritto o meno di ascoltarli… ma l’ho deciso lo stesso, secondo me non meritavano un secondo della sua attenzione e le avrebbero fatto solo più male. Dopo un po’ Angela si ripresenta in soggiorno, coi capelli mezzi asciutti e mezzi bagnati, struccata e in pigiama, con l’asse da stiro tra le mani.

“Che ci devi fare con quello?” chiedo perplessa.

“Secondo te? Surf in salotto? So che per te potrebbe essere un oggetto sconosciuto, ma lo dice la parola stessa, che si fa di solito con un asse da stiro?” ironizza Angela, aprendolo e sistemandolo accanto al divano. Sono abituata al sarcasmo di Angie e lo adoro, ma stavolta mi sembra di sentire una puntina di acidità in più. Immagino che sia sconvolta per Jerry e lascio correre.

“Vuoi stirare adesso?”

“Brava, risposta esatta! Devo stirare le ultime cose da mettere in valigia, nonché il tuo bucato, altrimenti come farai quando non ci sono? Lancerai la moda stropicciata?” continua uscendo brevemente e tornando subito dopo armata di ferro.

“Cos’è successo con Jerry?” le chiedo, visto che lei sarebbe capace di fare finta di niente e non tirare mai più fuori l’argomento.

“Niente” risponde scomparendo di nuovo, per poi riapparire con una modesta pila di indumenti.

“Angela…”

“Niente che tu non sappia già dopo l’ascolto di quei messaggi” aggiunge con tono aspro.

“Come fai a-”

“Prima c’era il 2 che lampeggiava, ora c’è un bello 0. Non sono stupida”

“Lo so… Dai, Angie, racconta”

“Non c’è molto da dire…”

Angie mi fa un riassunto molto stringato dell’accaduto e io rimango a bocca aperta. Mi dispiace solo che le scarpe le abbia semplicemente buttate, anziché usarle per spaccare il cranio di quello stronzo di Cantrell.

“Oh cazzo…” commento mettendomi le mani nei capelli.

“E’ decisamente l’espressione più gettonata stasera” accenna una specie di risata, mentre si da da fare su una delle sue maglie.

“Non mi sarei mai aspettata una cosa del genere!”

“Come no? Stiamo parlando di Jerry dopotutto, no?” replica sempre ridacchiando.

“Che vuol dire?”

“Lo sanno tutti com’è Jerry, no? Lo so anch’io, l’ho sempre saputo, quindi perché stupirmi” risponde facendo spallucce e continuando il suo lavoro.

“Che c’entra? Lui stava con te e-”

“Ahahahah stava con me! Figuriamoci!” commenta scuotendo la testa.

“Angie…”

“Non è mai stato con me, nulla è mai stato vero, niente di niente! Monica, la fantomatica ragazza coi capelli neri che ha visto Eddie… e scommetto che anche la bionda di cui accennavano ieri i ragazzi sarà stata una delle sue puttane!”

“Che schifo…”

“Ha continuato a fare come ha sempre fatto. E il bello è che io non gli ho mai chiesto di smettere. Ma va beh, ormai è andata” alza di nuovo le spalle mentre mette da parte una maglia e sistema dei pantaloni sull’asse.

“Mi dispiace, Angie”

“Ci credo che ti dispiace: è colpa tua” alza gli occhi e mi punta brevemente con uno sguardo che mi fa raggelare il sangue.

“C-cosa?” balbetto incredula.

“E’ colpa tua” ribadisce annuendo e armeggiando col ferro.

“Mia?!”

“Certo, tua. Sei tu che mi hai riempito la testa di stronzate su Jerry, su quanto gli piacevo, sul dargli una possibilità… tutte cazzate. Se non fosse stato per te non mi sarei mai lasciata andare e non sarei in questa situazione di merda. Ecco perché è colpa tua” spiega senza un briciolo di emozione, in contrasto con il contenuto del suo discorso.

Colpa mia? Che colpa ne ho se Cantrell ha fatto lo stronzo con te?!

“Ma io… io che ne sapevo, pensavo fosse sincero!”

“Certo, dopotutto Jerry è un noto esempio di affidabilità, come potevi dubitare di lui?”

“Beh, anche tu ti sei fidata! Sembrava cambiato sul serio stavolta e-”

“Io mi sono fidata perché mi hai spinto tu. Senza il tuo utilissimo intervento io non sarei neanche mai uscita da questa porta, anzi, se non fosse stato per te a quest’ora sarei ancora nella mia stanza in quel buco di pensione, nel mio guscio, al sicuro, e nulla di tutto questo sarebbe successo” continua con una freddezza che mi ferisce di più delle parole stesse.

“Quindi tutta la nostra amicizia va a puttane per colpa di Jerry? Tutto quello che abbiamo vissuto insieme, gli amici, i concerti, le feste, il lavoro, i nostri discorsi… improvvisamente diventa tutto inutile?” a un certo punto sbotto perché credo stia esagerando.

“Meg…”

“Né io né i ragazzi contiamo più niente? Solo perché uno stronzo ti fa soffrire?”

“Io non sto soffrendo!”

“Certo”

“Certo! E’ solo… è un casino… Devi andartene” conclude posando brevemente il ferro.

“Eh?”

“Devi andare dagli altri e portarli via. Non dovevate uscire?” mi chiede incrociando le braccia.

“Sì, dovremmo andare al Ballard Firehouse, ma-”

“Ok, andate allora”

“Io resto con te”

“Col cazzo!” esclama dando un pugno all’asse da stiro, che traballa per un attimo e mi fa sudare freddo. Ci manca solo che si scotti col ferro, allora si che la serata si concluderebbe in bellezza.

“Angie, ho capito che sei incazzata con me”

“Non è per quello. Se resti qui con me si faranno delle domande, ti ricordo che tra queste persone c’è anche un certo Stone che è in lizza per il premio di detective dell’anno”

“Già”

“Se c’è una cosa per cui in questo momento dovrei ringraziare il Signore, se ci credessi, è l’avermi fatto prendere la saggia decisione di mantenere il più assoluto riserbo su questa pagliacciata tra me e Jerry. E visto che per tutto questo tempo la cosa è andata miracolosamente bene, non voglio che la cosa si venga a sapere proprio adesso che rischierebbe di trasformarsi in un disastro di proporzioni bibliche”

Il ragionamento di Angie non fa una piega, se rimanessi qui, soprattutto dopo la storia che io e Eddie gli abbiamo imbastito, i ragazzi si precipiterebbero a casa nostra per parlare con lei e la verità potrebbe saltare fuori.

“Hai ragione”

“Oh vedo che ti è tornato un po’ di senno!” Angie continua col suo atteggiamento incattivito nei miei confronti e ormai mi rassegno al fatto che probabilmente non riuscirò nemmeno a salutarla decentemente prima che parta.

“Senti, ora vado e cerco di portarli via il più presto possibile. Metti anche che a quel cretino di Jerry venga in mente di presentarsi qui e piantare qualche casino…” aggiungo alzandomi e lo sguardo con cui la mia coinquilina mi fulmina brevemente mi fa capire che lei a questa eventualità non ci aveva pensato.

“Vai subito, è meglio” dice tornando al suo lavoro.

“Ciao Angie, torno presto”

“Torna quando ti pare”

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Diciamolo: Eddie come attore fa veramente pena e in genere anche Meg, ma quest’ultima sta decisamente migliorando. Quando rientra da Chris e Matt, dopo il presunto colloquio con la povera piccola, sedotta e abbandonata, sembra sul serio sconvolta! La faccia scura, il sorriso tirato… sono quasi tentato di crederle. Ho detto quasi.

“Angie è molto giù, come prevedibile. E poi domattina parte, non vuole far tardi”

“Va beh, passiamo a salutarla e poi andiamo” Matt prende la giacca e tutti gli altri lo imitano, tranne Meg.

“NO!” urla lei dal nulla, facendoci quasi prendere un colpo.

“Come no?” chiede il batterista.

“Ehm no, meglio di no…”

“Già, meglio di no, non è esattamente di buon uomore… Anche con me prima è stata un po’, come dire…” Eddie interviene per aiutare colei che gli sta reggendo il gioco.

“Scorbutica” la ragazza completa il suo pensiero.

“Esattamente”

“Scorbutica?” chiedo perplesso.

“Sì, insomma… E’ incazzata nera, non vuole vedere nessuno” chiarisce Meg, che finalmente indossa la giacca.

“Neanche noi?” domanda McCready col broncio.

“Già, noi che c’entriamo?” aggiungo io.

“Beh, dai, magari vuole stare un po’ da sola, dovremmo rispettare la sua volontà” Violet parla anche se nessuno le ha chiesto il suo parere.

“Va beh, dai, abbiamo capito. Andiamo e lasciamo Puffetta alle sue pene d’amore!” sentenzio e mi avvio verso la porta.

Voglio proprio vedere dove vanno a parare con questa commedia.

“Ok” Mikey fa spallucce e mi segue, così come tutti gli altri.

Sono davanti all’ascensore quando Vedder esce dall’appartamento per ultimo insieme a Chris e all’immancabile Violet, abarbicata alla sua spalla. Non posso fare a meno di notare che rivolge uno sguardo verso il fondo del corridoio che porta all’appartamento di Angie. Guarda un po’ che caso! Fuori dal condominio incontriamo Layne, che da quel poco che capisco, è un altro che non ha avuto una gran serata. Decidiamo come dividerci tra le macchine e quando mi metto al volante del van comincio ad avere il sospetto che la storia del compagno di università paccaro sia vera o che forse quello con cui Angie ha litigato sia proprio Eddie. Ma vengo subito smentito.

“Ehm… ragazzi io… io non vengo” borbotta Vedder richiudendo la portiera dal lato del passeggero senza salire.

“Cosa?! Perché?” più o meno tutti gli chiediamo spiegazioni, ma la più infervorata è senz’altro Violet, anche perché probabilmente ha alzato il culo da casa sua soltanto per vedere il bel cantante.

“E’ che… non mi pare giusto lasciare Angela da sola, magari potrebbe aver bisogno di parlare con qualcuno…”

Lo sapevo, lo sapevo! E questi guitti da strapazzo pensano di farmela? Tsk, illusi.

“E deve parlare proprio con te?! Può restare Meg, no?” chiede Violet sempre più arrabbiata.

“A volte è più facile aprirsi con una persona che si conosce da meno tempo, vero Eddie?” intervengo in aiuto del nostro principe azzurro, anzi, principe di flanella visto l’abbigliamento.

“Eh già, verissimo. E comunque siamo già molto amici” Eddie continua con le sue giustificazioni e se non bastasse la sua totale incapacità di risultare credibile quando mente, il suo continuo grattarsi la testa conferma il fatto che sta raccontando un sacco di cazzate.

L’amico del college non c’è mai stato: Angie è uscita con Vedder, punto. Questo spiega anche come mai lui sia sparito per tutto quel tempo. Resta solo da capire se la parte del bidone e del litigio sia vera o se è solo un’altro atto della commedia, un pretesto creato ad arte per restare da soli anche stanotte, ma in fondo poco importa.

“Sì, poi io ci ho già provato e non ho ottenuto grossi risultati” aggiunge Meg, complice di questa pantomima tragicomica.

“Ma è il tuo compleanno! Se è una vera amica non ti permetterà di rovinarti la serata con lei, non credi?” Violet non molla il colpo, ma gioca una carta sbagliata.

“Ho già festeggiato abbastanza se è per questo. Buona serata!” Eddie fa ciao ciao con la mano, rivolge lo stesso saluto verso la macchina di Layne e si allontana verso il portone.

“Beh potrei restare anch’io, magari posso darle qualche consiglio utile…” Violet blatera qualcosa, ma io ho già messo in moto e sono già partito alla volta del Ballard.

Mi dispiace, tesoro, ti è andata male stavolta.

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Quando sento suonare alla porta sbuffo, pensando si tratti di Meg. Sì, ok, forse sono stata un po’ dura con lei. Razionalmente so che non è colpa sua, almeno non del tutto. Una spintarella tra le braccia di Jerry me l’ha data però, non può negarlo. Il campanello suona di nuovo e a quel punto mi viene in mente che Meg ha le chiavi, perciò non avrebbe bisogno di suonare. Chi cazzo è allora? I ragazzi? O peggio, Jerry? Mi avvicino alla porta e maledico il bastardo che l’ha progettata con lo spioncino troppo in alto, faccio un bel respiro e la apro, scoprendo l’identità del mio visitatore.

“Che ci fai qui?” domando a Eddie, quando lo vedo appena fuori dalla soglia.

“Ehm ciao, posso entrare?”

“No”

“Dai”

“Ho da fare, sto stirando”

“Va beh, allora resto qui” ribatte sedendosi sul mio zerbino.

Alzo gli occhi al cielo, questa serata si sta rivelando ben più complicata del previsto.

“Gli altri non ti stanno aspettando?”

“No, sono andati senza di me”

“E perché?”

“Boh, si vede che gli sto antipatico” risponde sfoggiando un accenno di faccia da schiaffi.

Non mi tentare, Vedder, non è giornata.

“Stai antipatico anche a me, quindi vattene” faccio per chiudere la porta, ma lui la blocca con un piede e con uno scatto quasi felino si alza e si introduce in casa mia scavalcandomi.

Chiudo la porta rassegnata e, prima di raggiungere il simpaticone in soggiorno, passo davanti allo specchio dell’ingresso e realizzo che ha appena visto un altro dei miei pigiami imbarazzanti, quello azzurro con i micro-cani. Sulla maglia ce n’è uno enorme che guarda la luna e dalla sua bocca esce  un fumetto che dice “Love me”… bella merda. Menomale che oggi ho già la dignità sotto le scarpe e non me ne frega un cazzo di perderla ulteriormente.

“Non ti va, non so, di parlare un po’?” mi chiede dal divano su cui si è piazzato, mentre fissa il televisore cercando di capire cosa sto guardando.

“No, parlare è l’ultima cosa che ho voglia di fare in questo momento, tantomeno con te”

“Perché?”

“Perché non sei tenuto a farlo” rispondo tornando ai miei panni da stirare.

“Tenuto? Che vuoi dire?”

“Siccome ieri ti ho ascoltato, ora tu ti senti in dovere di fare lo stesso con me. E magari ti senti pure in colpa perché non mi hai detto di quella ragazza. Ma non devi, non è colpa tua. Non mi devi niente. E poi non c’è molto da dire, davvero, non è successo niente

“Non mi sento in obbligo di fare nulla, ho solo pensato potesse servirti una persona con cui parlare. E comunque non direi che non è successo niente…” replica inarcando un sopracciglio.

“Ma sì, voglio dire… certo che è successo qualcosa, ma… insomma, mi passerà! Mica era una cosa seria, dopotutto…” aggiungo distrattamente, mentre mi dedico a una delle mie camicie preferite.

“No?”

“Nah”

“A me pareva di sì”

“Beh ti sbagliavi”

“E sì, come la volpe con l’uva…” mormora levandosi la giacca.

“Non direi, io sono troppo stupida per essere una volpe e Jerry non è un grappolo d’uva, al massimo è un grappolo di merda. O di malattie veneree. Cazzo, ora che ci penso, un altro regalo per me da aggiungere sotto l’albero: un bel test per le MST. Felice Natale, Angie!” commento amaramente.

“Lo vedi che hai bisogno di parlare?” insinua levandosi le scarpe e sistemandosi più comodamente sul divano. Va beh, fai pure con comodo!

“Ma non con te”

“E con chi? Dimmi con chi vuoi parlare e io te lo procuro” dice scattando di nuovo in piedi.

“Eddie, per favore”

“Cosa?”

“Non puoi lasciarmi in pace e andartene?”

“No”

“E perché?”

“Perché… beh… ecco…” si avvicina a piedi scalzi verso di me, continuando a fissare il televisore e i sottotitolo che scorrono sotto alle immagini del film. D’un tratto sospira e mi guarda “Ok, mi arrendo, ti dirò la verità”

“Che sarebbe…?” gli chiedo confusa.

“Sono scappato per salvarmi: mi sto nascondendo” rivela lasciandosi cadere di nuovo sul divano.

“Salvarti? E da cosa?”

“Da chi vorrai dire…”

“Da chi ti stai nascondendo?”

“Da una ragazza”

“Da una ragazza?”

“Sì, si chiama Violet, forse non l’hai conosciuta. Comunque, questa tizia è insopportabile, una vera palla al piede, quando ci vediamo mi sta sempre appiccicata e-”

“… e tu hai paura di invaghirti di lei, giusto?” aggiungo con un mezzo sorriso.

“Cosa?! No no, non c’è pericolo!”

“Ammettilo, hai paura che sia la prossima a farti cascare nella rete”

“Per carità!” esclama con una smorfia.

“Eheh è così terribile? E’ brutta?”

“Beh, insomma, c’è senz’altro di meglio, ma non è una questione estetica…” spiega tornando a sedersi.

“Comunque, vuoi farmi credere che sei qui solo per sfuggire a questa Violet?”

“Esatto, consolare un’amica mi sembrava un’ottima scusa da rifilare a lei e agli altri per svignarmela” ammette prendendo uno dei cuscini del divano e si stemandoselo dietro la testa.

“Agli altri? Hai raccontato agli altri che-” il panico mi paralizza col ferro da stiro in mano, ma Eddie mi rassicura sul fatto che nessuno sa di Jerry e mi riferisce la versione data da lui e Meg ai ragazzi. Bene, ora devo pure inventarmi un compagno di università stronzo e sperare che nessuno (uno a caso, Gossard) pensi si tratti di Kendall o quel poveraccio è spacciato. Menomale che Jeff non è a Seattle o qualcuno se la sarebbe vista brutta, e non parlo solo di me.

“Allora, posso restare?” mi chiede alla fine del racconto.

“Mi stai usando semplicemente come pretesto per evitare una ragazza fastidiosa, vero?”

“Esattamente” conferma e io faccio finta di crederci.

“Ok, puoi restare. Ma ti conviene scegliere un altro film, non penso che questo sia il tuo genere” commento scuotendo la testa e piegando la camicia.

“Perché? E’ un horror? Meglio, dovevi consigliarmi quelli giusti, ricordi?” puntualizza prendendo la custodia della videocassetta dal tavolino.

“Ma è in italiano coi sottotitoli, magari ti risulta un po’ pesante…”

“No, figurati! Ti scoccia se lo rimetto dall’inizio?” domanda Eddie, poco prima che qualcuno suoni al citofono. Una, due, tre volte… e ancora, a ripetizione. Non ho bisogno di chiedere per sapere di chi si tratta.

“Ma no, tranquillo, fai pure” ignoro il citofono e Eddie fa lo stesso, impegnato nella ricerca del telecomando. Lo trova e stoppa il video, per poi mandarlo indietro.

“Vuoi una birra?” gli domando, non appena il citofono tace. Ma dopo il suo sì, non faccio in tempo ad arrivare in cucina ed è la volta del telefono.

Prendo il cordless, ma lo lascio suonare senza rispondere e senza far niente, e mi avvio in cucina. Tuttavia, appena sento la voce di Jerry che mi parla dalla segreteria, d’istinto premo il pulsante per terminare la conversazione. Lui chiama ancora e io riattacco. Poi richiama e attacco di nuovo. Porto la birra a Eddie e lo trovo intento a leggere la trama del film sul retro della custodia della cassetta. Apprezzo tanto il fatto che non dica niente, la cosa è già abbastanza imbarazzante così com’è. Eddie apre la sua lattina e io faccio lo stesso, ma l’ennesima chiamata di Jerry mi blocca poco prima del primisimo sorso.

Angie? Rispondi, tanto lo so che ci sei. Sono qua sotto e vedo la luce accesa dalla finestra… Voglio solo parlarti! Lo so che sei arrabbiata, ne hai tutte le ragioni, ma almeno dimmi qualcosa, sfogati! Mandami affanculo, dimmi che sono un bastardo, ma parlami, cazzo! Ti prego… rispondimi… Se non mi rispondi salgo su e giuro su dio che sfondo la porta!”

Questa è la più classica delle gocce che fanno traboccare il vaso. Ci manca solo che salga su, e poi? Cos’altro? Una bella scazzottata con Eddie? Già lo vedo, da dietro la custodia della videocassetta, che sbircia in direzione della segreteria con aria incazzata. Metto giù la birra sul tavolino, con grande sforzo perché non ho messo i sottobicchieri, prendo il telefono e rispondo secca:

“Aspettami, arrivo”

***

Tutto questo è ridicolo. Non ho mai fatto una scenata in vita mia, né tantomeno avevo intenzione di farne una adesso. A che serve? Seppellire Jerry sotto un mare di merda verbale mi farà sentire meglio? Magari ne ha più bisogno lui, per sentirsi adeguatamente punito e scaricarsi dalle spalle  il peso della sua coscienza sporca. Scendo tutte le scale fino al piano terra e già dagli ultimi gradini lo vedo attraverso il vetro del portone, in piedi con la sigaretta in una mano, delle chiavi nell’altra e una giacca troppo leggera per le temperature attuali. La novità è che non me ne frega un cazzo. Mi abbottono il cappotto che mi ero solo buttata sulle spalle al volo prima di uscire di casa e spero che il tutto sia breve e indolore.

“Angie” appena esco in strada, Jerry fa per venirmi incontro, ma devo sembrare molto decisa o molto incazzata, perché appena lo guardo lui si blocca.

La verità è che guardarlo in faccia mi costa una fatica assurda.

“Avanti, parla. Dimmi quello che volevi dire e facciamola finita” incrocio le braccia e aspetto trepidante l’inizio dello show.

“Io… io non so come cazzo sia successo! Mi ha portato della roba e…”

“Eri già fatto quando ha bussato alla tua porta?” gli chiedo interrompendolo subito.

“Beh, no, ma-”

“Allora l’hai fatta entrare tu, quindi questa scusa non regge”

“L’ho fatta entrare solo perché all’inizio pensavo fosse il Dottore, poi ho scoperto che l’aveva mandata lui per-”

“Eri fatto anche quando sei uscito con quella mora?” non gli do modo di continuare e passo direttamente al contrattacco.

“Ehm, cosa? Che… che mora? Di che cazzo stai parlando?” mi chiede, palesemente preso in contropiede.

“Ma sì, la tipa con cui ti sei visto quella sera, sai, quando sei passato da me coi fiori. Non ti ricordi più?”

“Chi cazzo te l’ha detto?” domanda con gli occhi fuori dalle orbite.

“Non è importante. E la bionda di ieri?” continuo mettendolo alle strette.

“La bionda? Che bionda? Cristo, te l’ha detto Jeff, vero? Quella è una tizia che è venuta al nostro concerto a Renton l’altra sera, è un’esaltata e basta” tenta di giustificarsi in maniera pietosa, io non sopporto più la vista della sua faccia e sposto lo sguardo sulle sue scarpe da tennis che si stanno inzuppando fino all’inverosimile. Si chiama contrappasso, ben ti sta!

“Tanto lo so che te la sei fatta, è inutile che neghi” replico stizzita.

Jerry si guarda attorno spaesato, poi scuote la testa e ammette: “Ci ho flirtato un po’, ma niente di serio, lo sai com’è, no?”

“No, non lo so com’è, spiegamelo”

“E’ solo un gioco, a me non interes-” Jerry sta per lanciarsi in qualche teorizzazione idiota che so già mi farà incazzare ancora di più, quindi faccio quello che qualunque persona senziente farebbe al posto mio: lo zittisco, con un ceffone tanto forte quanto inaspettato. Mi fa addirittura male la mano, ma ne è valsa la pena.

“Un gioco? E quello con me cos’è? Un altro giochino per intrattenerti quando non hai concerti?”

“No, tu… tu non sei un gioco, tu sei speciale” mormora tenendosi la guancia ferita.

“E le tipe di New York? Erano speciali anche loro?”

“Ok, chi cazzo te l’ha detto? Ho capito, è stato Layne. Che bastardo! E’ lui che ha vuotato il sacco. Solo lui può-”

“Non me l’ha detto nessuno, idiota! Non capisci che sto sparando nel mucchio? Sto tirando a indovinare! Mi fermo per decenza, ho idea che andando avanti di questo passo scoprirei un elenco infinito di merda e quella che ho raccolto finora mi pare già sufficiente” commento amareggiata.  Torno a guardarlo e dai movimenti delle sue pupille riesco a identificare l’istante esatto in cui capisce di essersi appena fregato con le proprie mani e di essere totalmente e definitivamente fottuto.

“Io…”

“Quanto stupida pensi che io sia? Quando mi hai detto che erano due mesi che non… io avevo intuito che potesse essere una cazzata, che ti credi! Ma pensavo che volessi comunque cambiare”

“E’ così!”

“Ma dove?! Tu sei esattamente come prima e per tutto questo tempo mi hai solo presa per il culo”

“No, Angie, io… io provo davvero qualcosa per te”

“Stronzate”

“E’ vero… io… io ti amo, Angie” dice e non poteva scegliere momento più sbagliato per esprimere una cosa che ho aspettato di sentire per così tanto tempo.

“Certo. E magari tra un minuto te lo rimangerai fingendo di non averlo mai detto, come quella mattina quando abbiamo fatto sesso la prima volta”

“Allora mi avevi sentito?”

“Certo che avevo sentito, coglione!”

“Non me lo rimangerò stavolta, è quello che provo e-”

“Peccato sia troppo tardi, non me ne frega un cazzo di cosa provi”

“Angie, per favore”

“Per favore un cazzo!”

“Ho sbagliato, è vero, ho sbagliato tante volte, lo ammetto. Dammi un’altra possibilità, ti prego”

“Te l’ho già data una possibilità, proprio qui fuori, due settimane fa. Te lo sei già dimenticato? Ti avevo anche dato l’opportunità di essere sincero con me una volta tanto, ma tu niente”

“Non l’ho dimenticato”

“Perché non me l’hai detto quella sera, eh? Della bionda, di New York, di Monica e di tutte quelle che ti sarai scopato in questi mesi?”

“Perché… perché non volevo perderti”

“Ero pronta a passarci sopra, se solo me l’avessi detto…”

“Non è vero, ti saresti incazzata come adesso… incazzata per niente, perché a me di quelle non frega niente, non me n’è mai fregato un cazzo. E’ solo… è come quel film!”

“Film? Che film? Di che cazzo stai parlando?” domando perplessa, ignara di cosa caspita stia per tirare fuori.

“Sì, quello dei due cecoslovacchi. Io magari mi diverto con qualcun’altra, ma amo solo-”

“UN FILM, JERRY?! TI PARE CHE VIVIAMO IN UN CAZZO DI FILM?” gli urlo praticamente in faccia, alzando la voce per la prima volta da quando è iniziata la nostra conversazione. Se qualcuno nel quartiere stava ancora dormendo, ora è sicuramente sveglio.

“Ma…”

“IO NON SONO JULIETTE BINOCHE E TU NON SEI CERTO DANIEL DAY LEWIS!”

“Era per fare un esempio…”

“Tieniteli per te i tuoi esempi del cazzo. Questa è la realtà, non è un gioco, e io sono una persona vera, con dei sentimenti reali”

“Anch’io”

“Non mi pare proprio”

“Angela…”

“Scusami, direi che ho sentito abbastanza a questo punto, devo andare a dormire, domattina ho la sveglia presto e un aereo che mi aspetta” mi viene da vomitare e cerco di tagliare corto, faccio per tornarmene nel palazzo, ma Jerry mi afferra per un braccio. Parte una specie di semi-colluttazione che termina con un bottone strappato del mio cappotto e Jerry a terra col culo in una pozzanghera.

“Angie, ti prego, perdonami” mi implora senza rialzarsi.

“Tu… tu mi tieni il muso se gioco a basket con Jeff e io dovrei perdonarti perché mi hai riempita di corna? Ti rendi conto dell’assurdità della tua richiesta?” osservo tornando verso di lui.

“Lo so, hai ragione, ho sbagliato tutto, ma… non posso stare senza di te”

“A me pare proprio che te la cavi bene” ribatto voltandogli di nuovo le spalle e facendo per andarmene, ma lui mi afferra le caviglie.

“Non andartene, non lasciarmi solo” piagnucola letteralmente in ginocchio, nella melma.

“Pensi davvero che questa cosa possa funzionare anche stavolta? Per me ci puoi anche affogare in quella pozzanghera di merda, per quanto mi riguarda è come se fossi morto” libero le gambe dalla sua presa e rientro velocemente nel palazzo, temendo che possa seguirmi. Ma non lo fa e resta lì, da solo, a sguazzare nel fango, letteralmente e metaforicamente.

***

“UGH!” aspettavo questa reazione di Eddie dall’inizio del film, anche perché l’avevo già visto e conoscevo il finale.

“Sconvolto?” gli chiedo alzandomi a prendere dell’altra birra. Direi che l’alcol, assieme al film di Pupi Avati, è servito a sciogliere un po’ la tensione e a farmi dimenticare l’ondata di squallore che stasera mi ha travolta in pieno.

“Eheh oh mio dio, chi l’avrebbe mai detto che era una donna?!” esclama e dal suono un po’ ovattato della sua voce capisco che ha ancora la mano davanti alla bocca.

“Eh lo so, anch’io sono rimasta scioccata la prima volta che l’ho visto” commento dalla cucina.

“Come si chiama questo film?”

La casa dalle finestre che ridono, uno degli horror migliori di sempre secondo me”

“Effettivamente… paura ne fa. Ora non dormirò per giorni” osserva mentre riprendo il mio posto accanto a lui e gli porgo la sua birra. All’inizio era seduto all’angolo opposto, man mano che il film andava avanti si è avvicinato sempre più ed ora praticamente occupa mezzo divano, mentre a me ha lasciato un quadratino, su cui il mio culone ci sta a malapena.

“E allora? Già non dormi mai, almeno ora hai una buona scusa”

“Un’ottima scusa, che non richiede spiegazioni approfondite” aggiunge prendendo il telecomando e stoppando il video sui titoli di coda. Comincia a fare zapping tra i canali, fermandosi subito sulla telepromozione di un’apparente strumento di tortura infernale che dovrebbe in realtà essere un’attrezzo ginnico.

“Posso farti una domanda?” gli chiedo, ricevendo un sì con la testa come risposta mentre sorseggia la sua birra “Perché guardi sempre queste pubblicità?”

“Eheh non so… uhm… le trovo rilassanti e rassicuranti”

“Effettivamente hanno un che di ipnotico” constato osservando il movimento ossessivo di addominali delle modelle della televendita.

Ci lasciamo ipnotizzare per un po’, finché non finiamo anche l’ennesimo giro di birra. Schiaccio le lattine e vado a buttarle. Quando torno Eddie ha cambiato canale.

“Uh! Adoro questo film!” esclamo lanciandomi sul divano a razzo.

“Ti piace Woody Allen?”

“Moltissimo. A te?”

“Mmm a volte” risponde sorridendo, dopo una breve meditazione.

“Questa scena è meravigliosa” dico non appena Annie chiama Alvy, terrorizzata dalla minaccia.

“La minaccia alla fine era il ragno, giusto?”

“Esatto” rispondo affermativamente alzando leggermente il volume della tv e a Eddie non serve altro per capire che deve tacere.

Alla fine della scena, il film viene tagliato con l’accetta per inserire degli spot pubblicitari e io non posso che sbuffare.

“Che palle, vero?”

“Già, ecco perché non guardo quasi mai i film in tv” commento seccata. Per me dovrebbe essere illegale.

“Però, guarda anche il lato positivo…” dice allungando le braccia sullo schienale del divano, come se non occupasse già abbastanza spazio.

“E quale sarebbe? Che le pubblicità sono riposanti?” chiedo ridendo sotto i baffi.

“No, queste non lo sono, è solo un bombardamento senza senso”

“E allora qual è l’aspetto positivo?”

“Che c’è una pausa in cui si può discutere del film”

“Ahahah è vero! Beh, vogliamo parlare di quest’ultima scena? Al di là dell’interpretazione voluta dal regista, secondo me nasconde un paradigma assoluto della vera amicizia”

“Amicizia? Non mi pare che tra quei due ci sia esattamente un’amicizia” ribatte scuotendo velocemente la sua testa piena di riccioli.

“No, ma infatti, non parlo del film in sé. Parlo del chiamare qualcuno per una semplice stronzata: il vero amico non si vede nel momento del bisogno, ma nel momento del bisogno stupido” mi lancio nell’esposizione di una delle mie teorie strampalate, non so se sia colpa della birra o di qualche endorfina ancora in circolo dalla litigata di prima.

“Cioè? Spiega meglio” mi chiede Eddie incuriosito, almeno all’apparenza. Magari mi sta solo dando corda per distrarmi, anzi, leviamo pure il magari.

“Beh, detto in parole povere, non credo che un vero amico si veda nel momento del bisogno, o meglio, non si vede solo l’amico vero, si possono vedere anche altri tipi di persone. Se hai un bisogno serio, non so, ad esempio non stai bene, può essere che si faccia viva anche gente con cui non hai un rapporto così stretto, anche solo per educazione o, semplicemente, perché rifiutare una richiesta di aiuto in un momento difficile è considerato socialmente inaccettabile. Oppure, all’altro estremo, potrebbero farsi avanti persone che hanno un interesse nei tuoi confronti, che ti aiutano perché sperano di ottenere qualcosa in cambio del loro gesto”

“Una specie di ricatto”

“Esattamente, un ricatto materiale o anche sentimentale, emotivo: per esempio Alvy si precipita da Annie perché la ama e pensa che ci sia una vera minaccia in casa sua. Quando scopre che si tratta del ragno s’incazza palesemente”

“Mmm… secondo me ci sarebbe andato anche se gli avesse detto di che si trattava. Alla fine, se uno ama fa anche cose avventate e stupide”

“Secondo me non le fa se ama, ma se è innamorato, cioè se è all’inizio, nella prima fase dell’innamoramento. Se lo fa anche dopo, vuol dire che oltre ad essere un vero amore è anche un vero amico, e in quel caso si vincono un milione di punti”

“Eheheh può essere” sghignazza annuendo.

“Onestamente, prova a pensare a qualcuno che puoi chiamare per un esigenza scema o imbarazzante: un ragno titanico nel bagno, degli strani rumori, hai finito la carta igienica e non hai voglia di uscire a comprarla… ce l’hai una persona così?”

“Uhm… non ce l’ho, non più…” risponde dopo averci riflettuto un po’ ed è chiaro di chi stia parlando“Mi sa che ho perso il milione di punti”

“Anch’io non ho nessuno del genere…” taglio corto, saltando a pié pari l’argomento ex per il bene di entrambi “Beh, coi ragni ci pensa Meg, ma anche a lei fanno schifo. E poi lei generalmente li uccide, invece io preferirei che non lo facesse…”

“Vorresti che li catturasse e li riabilitasse?” ridacchia citando il film.

“Ahahah sì, mi sentirei meno in colpa”

“Ci penso io” sentenzia dopo un po’.

“Che? A cosa?”

“Ai ragni, ci penso io. E a qualsiasi altra tua problematica imbarazzante. Facciamo che divento quella persona che puoi chiamare per i bisogni stupidi” propone porgendomi la mano, come se volesse che gliela stringessi per suggellare un patto.

“Ahahahah davvero?”

“Sì. Amici?” ribadisce tendendo ancora la mano.

“Ok, ma… la cosa non deve essere a senso unico. Tu di che hai paura? Parlo di paure sciocche ovviamente”

“Mmm…” ritrae la mano e se la porta sul mento, solleticandolo mentre riflette.

“Secondo me non ne hai”

“Sì, invece. Non è esattamente una paura, ma è decisamente stupida”

“Sputa il rospo”

“Beh… non so se ti ho mai detto che non dormo molto” comincia a spiegare facendo una piccola smorfia.

“Sì, forse, può essere che tu abbia lasciato trapelare questa informazione”

“Ecco, la cosa non mi dà fastidio in genere, ma arrivo a un punto in cui devo per forza dormire, perché la privazione del sonno raggiunge i livelli di guardia”

“Mm mh”

“E… non è facile addormentarsi, soprattutto quando sei solo e hai mille pensieri per la testa e questi mille pensieri sono oscuri e-”

“Hai bisogno di qualcuno che ti canti la ninna nanna?” gli chiedo ridendo, interrompendolo spudoratamente.

“Eheh non proprio, ma quasi”

“Cioè?” gli chiedo curiosissima.

“Beh, ho bisogno di qualcuno che mi parli… o meglio, che parli e basta, non con me, ma piuttosto per me. Che parli finché non mi addormento”

“Come le telepromozioni? Ora ho capito perché ti piacciono e le trovi riposanti”

“Eheheh esatto, hai colto nel segno. Però con una persona vera è meglio… Beth… lei lo faceva spesso, al pomeriggio, quando io dormivo e lei era al lavoro. Io la chiamavo e lei mi leggeva la prima cosa che si trovava per le mani o lasciava la cornetta staccata e mi faceva sentire quello che succedeva nel suo ufficio. E mi addormentavo così. Lo so, è da malati”

“No! Cioè, sì, ma direi che rientra nella casistica di malattia umana ordinaria. Comunque affare fatto” replico allungando la mano verso di lui.

“Cosa?”

“Lo faccio, se posso e quando posso. Quando hai sonno chiamami, sarà un onore per me annoiarti fino a farti crollare addormentato stecchito”

“E per me sarà un onore catturare ragni e farli traslocare altrove per te” mi stringe la mano nel momento stesso in cui termina la pubblicità.

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Ogni mio risveglio racchiude in sé una piccola dose di stupore, essenzialmente perché se mi sveglio vuol dire che mi sono addormentato, anche se solo per poco. Lo stupore in questo caso specifico è maggiore, perché mi ritrovo sul divano di un’amica, sotto una calda coperta di lana, con gli occhi trafitti da una luce accecante. Che ore sono? Mi metto seduto e ho bisogno di fissare l’orologio a lungo prima di realizzare che sono veramente le 10 del mattino. Il mio ultimo ricordo è il patto con Angie e il film, poi buio. Ma quanto cazzo ho dormito? E soprattutto, come è stato possibile? L’odore di caffè che s’insinua nelle mie narici mi attira verso la cucina, dove trovo un’assonnata Meg, concentrata sulla tazza fumante e sul foglio di carta gialla che ha davanti.

“Buongiorno Eddie”

“Buongiorno… a quanto pare, ehm, ho dormito qui” non so perché sento l’esigenza di sottolineare l’ovvio.

“Ho visto. E ho anche sentito, lo sai che russi un pochino?” mi chiede stropicciandosi gli occhi.

“Oh sì, scusa…”

“Ahah non ti preoccupare. Caffè?” Meg prende una tazza e me ne versa un po’ dalla caraffa ancora piena.

“Grazie. Ma Angie?”

“Sarà partita prestissimo, aveva l’aereo alle 8 o giù di lì”

“Oh… avrei voluto salutarla” commento prima di soffiare sulla tazza.

“Anch’io… comunque ci ha pensato lei a salutare noi” aggiunge porgendomi il foglio giallo di quaderno.

Che vuol dire? Non l’ha salutata nemmeno lei? Che abbiano litigato? Apro il foglio e leggo il messaggio di Angela.

Eddie, per una volta che dormi non mi va di svegliarti. Meg, non ho idea di dove cazzo sei. Ecco perché lascio per iscritto due semplici parole, valide per entrambi. Scusa e grazie.

Buon compleanno di Gesù!

Angie

P.S. Ve lo chiedo come favore personale… Cercate di non uccidere Jerry, almeno finché non torno. E non dite niente a nessuno. Me lo promettete? Ci conto.

Scusa te lo chiedo io in anticipo, Angie, perché non so se riuscirò a mantenere questa promessa.

  
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