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Autore: _Cthylla_    18/04/2014    5 recensioni
[ COMPLETA ]
Spezzato il patto, i problemi non sono ancora finiti per la nostra Emerald! Una svolta inaspettata nella sua vita e in quella di altre due ragazze, infatti...
Dal capitolo 6:
"Vuoto. Curioso.
Non appagata la giovane Lancaster tirò fuori l’intero cassetto per verificare se ci fosse qualcosa dietro, o sotto.
«niente. Eppure la cosa non mi convince…» bussò leggermente contro il fondo dell’armadio.
Che suonò a vuoto.
«ah-ha. Un doppio fondo. Mi sa che ho beccato il nascondiglio dei giocattoli» bisbigliò, tastando con le mani guantate per trovare l’apertura. Rimosso il pannello di legno però si trovò davanti una specie di cassaforte in acciaio con uno schermo ed una piccola tastiera alfanumerica sotto.
Ma che diavolo aveva Robin Mask da nascondere?!"
Genere: Avventura, Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Kevin Mask, Nuovo personaggio, Robin Mask, Warsman/Lord Flash
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Occhi di smeraldo'
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«“conserva l'amore nel tuo cuore. Una vita senza amore è come un giardino senza sole dove i fiori sono morti. La coscienza di amare ed essere amati regalano tale calore e ricchezza alla vita che nient'altro può portare”».

Quando Hammy aveva parlato alle ragazze di suo cugino Sebastian lo aveva descritto come una propria versione maschile e castana.

Forse tale concetto valeva otto anni prima, ossia l’ultima volta che si erano visti nella tenuta della famiglia di lui a Belfast, ma adesso decisamente no.

«vedrò di ricordarmene».

«lo spero. Te l’ho detto col cuore in mano, mia cara…»

Le ragazze del gruppo di chojin, inclusa la damigella d’onore Jacqueline -eh si, alla fine l’aveva spuntata lei!- stavano tutte a guardarlo con due occhi così. Decisamente non era come si aspettavano.

Infatti apparentemente l’unica cosa che Sebastian Lionel Veltibor Charles Lancaster sembrava avere in comune con la cugina erano gli occhi verde smeraldo. Ma quanto al resto erano decisamente diversi.

Dove Emerald infatti mostrava tratti leggermente orientaleggianti sul volto, lui ne mostrava di slavi, dovuti a sua madre Gabrijela che era croata. Inoltre contrariamente alla cugina non era piuttosto alto, e pure fisicato non c’è male. Da quel che Hammy aveva detto loro, pareva che dovesse ciò alla danza classica che praticava fin da quando aveva quattro anni…

 

“ah…è un ballerino”.

“ahem guardate che ballerino classico non significa automaticamente ‘gay’!!!...

 

 

Come se questo non fosse bastato, aveva anche un modo di vestire decisamente stravagante, una sorta di stile “vittoriano” modernizzato, e portava i capelli castani piuttosto lunghi.

«ci credo…ok…Sebastian, queste sono le ragazze. Roxanne, Kirika, Jacqueline, Anubi Crea e Fiona» disse Emerald indicandogliele tutte, e lui ad ognuna -in quello stesso ordine- regalò un perfetto baciamano.

«sono onorato di poter conoscere ognuna di voi proprio in una giornata così lieta. Se Emerald vi ha scelte come damigelle d’onore, evidentemente, deve tenervi molto in considerazione. E se è così, ha certo delle validissime ragioni».

L’impostazione da danza classica influiva anche nel portamento fiero ed elegante del ragazzo, che sembrava anche più grande della propria età. In pochi avrebbero intuito che avesse compiuto vent’anni solo il quattro febbraio; non era raro infatti che molte persone gli chiedessero se era laureato.

«ah…ehm. Si. Probabile» borbottò Roxanne, un po’in imbarazzo. Lui sorrise per poi tornare a rivolgersi alla cugina, che era già in abito da sposa.

Mancava giusto un’ora alla cerimonia. Un’ora sola, e poi sarebbe diventata la moglie di Michael! E se altre spose in quei momenti si facevano prendere dal panico e dall’agitazione, ed alcune fuggivano perfino in preda ai ripensamenti dell’ultimo minuto, decisamente non era il suo caso; lei semplicemente…non vedeva l’ora!

Proprio lei che aveva sempre dichiarato di volersi sposare a trent’anni e non prima!

«so di avertelo detto già quando sono entrato qui, ma permettermi di ripeterti che sei assolutamente meravigliosa. Se esistesse, saresti un dono di Dio per l’uomo che si accinge a prenderti in moglie».

Eh già, era ateo pure lui.

«grazie».

«la cerimonia si terrà davanti alla villa…»

«esattamente».

«sarà il mio carissimo zio a portarti fin dal giudice di pace?»

In realtà Howard non era esattamente suo zio, essendo il cugino di suo padre. Ma gli era stato fatto conoscere da sempre con quella definizione da suo padre, e tale era rimasto.

«si. Scenderemo lungo la scalinata dell’entrata principale e poi...si, insomma».

«capisco. Ebbene, è giunto il momento di congedarmi da tutte quante voi, con un sommo dispiacere mitigato solo dalla consapevolezza che ci rivedremo tra pochissimo».

Altro baciamano a tutte quante e poi se ne andò.

«…io non me lo ricordavo mica così il cugino Seb» commentò Emerald, con un sopracciglio sollevato «sembra uscito dritto dritto dall’800. Vaaaabbè!» si guardò allo specchio e sistemò meglio il diadema «devo stare attenta a non rovinarmi l’acconciatura o Joshua è capace di uccidermi» era il proprietario di un negozio di intimo, si, ma aveva studiato da parrucchiere e make-up artist, ed Hammy  aveva voluto che fosse lui ad occuparsi di trucco e capelli in quell’occasione «questo è il mio giorno speciale…e niente lo rovinerà».

«te lo auguro con tutto il cuore» disse con dolcezza Fiona.

 

 

«Zachary, sii sincero…Zachary!!! Smettila di giocare con quell’affare maledizione!!!»

Se Emerald era tranquilla, l’atmosfera era diversa nei quartieri dello sposo.

Non che l’americano avesse avuto qualche ripensamento sullo sposarsi, ma perché semplicemente temeva di sfigurare o…di non essere abbastanza, tanto per cambiare.

E per quanto si rendesse perfettamente conto che quell’abito bianco da cerimonia gli stava a meraviglia, guardandosi allo specchio aveva la falsa impressione di sembrare una torta bruciata ed immangiabile che era stata ricoperta di panna e decorazioni per nasconderlo.

Rivoleva la divisa.

Avrebbe dovuto sposarsi in divisa.

Si sarebbe sentito più “sé stesso”.

«si?» disse l’albino senza nemmeno alzare gli occhi dal Nintendo.

«come ti sembro?»

«sciapo e noioso. Tutto bianco, nemmeno un po’di fiori colorati sul vestito…»

«ma vaffanculo va’!» sbottò Michael sempre più stressato, ed avrebbe aggiunto dell’altro se in quel momento non fossero sopraggiunti genitori e nonni al gran completo.

«sei assolutamente meraviglioso!» esclamò Victoria abbracciando con forza il suo primogenito «…non posso ancora crederci. Ti sposi sul serio!»

«io gliel’avevo detto che prima impalmava la sua novia meglio era. Per fortuna questo scapestrato mi ha dato retta!» Isabèl evitò di tirargli le orecchie per tutti gli anni che l’aveva fatta penare solo perché quel giorno lui si sposava «…e tu! Tuo fratello si sposa e giochi con quell’aggeggio infernale?!» a Zeke però non venne risparmiata «vergognati!»

«ma che dovrei fare nonna, mi annoio!» protestò l’albino strofinandosi l’orecchio che era diventato rosso come il fuoco.

«dovresti essere di sostegno a tuo fratello!...sono contentissimo per te, Michael. Anzi, per sia per te che per Emerald» anche Lloyd abbracciò calorosamente il figlio «mi piace moltissimo quella ragazza».

«a me piace anche il padre. È un uomo così distinto!...al di là della pettinatura improbabile, ma ho visto diversi ospiti con una pettinatura simile» commentò Richard, il nonno paterno.

«è stato lui a lanciare la moda tra gli aristocratici, nonno. Anche se l’idea di quell’acconciatura non è stata esattamente sua…ma te lo racconterò un’altra volta, mi sa».

«è un giorno felice per la nostra famiglia. Temevo che saresti rimasto scapolo a vita» Lydia Connors, la nonna paterna «fuori c’è tutto il resto dei parenti che scalpita per vedervi, sia te che la tua futura moglie. In particolar modo quelli che sono arrivati qui dall’Argentina! Sono oltre quattrocento!»

Non che i parenti dalla parte dei Lancaster fossero meno, anzi, tra i cugini e i figli di cugini e parenti ancor più alla lontana ma sempre riconosciuti superavano quasi i seicento. Se a tutte queste persone aggiungiamo amici con relative famiglie -di entrambi i futuri sposi- persone in vista anche queste con famiglia a traino, soci in affari per cui valeva lo stesso discorso e gente varia saltava fuori che a quel matrimonio c’erano almeno duemilacinquecento persone…ma anche più!

«me lo immaginavo…»

Sentendoli continuare con le chiacchiere, Zeke mise in tasca in Nintendo e se la filò in sordina. Con tutta la buona volontà ma quei bla bla a vuoto non li reggeva proprio.

Che poteva fare, nell’attesa che la cerimonia cominciasse? Mancava un’ora…

“va bene che la tenuta offre parecchi modi per divertirsi…solo che adesso devo scegliere quale” pensò.

Camminò per un pezzo lungo il corridoio decorato da quadri, armature medioevali, statue e soprattutto fotografie, cercando di stabilire se fosse meglio scendere giù nella stanza della realtà virtuale con la quale se avesse voluto avrebbe potuto immedesimarsi anche in Pac-Man, o fare un giro sulle montagne russe che però erano piuttosto lontane dalla villa, una breve nuotata nella piscina termale riscaldata o, ancora, semplicemente andare a cercare Abraxas.

Poi vide un terrazzo, esattamente nello stesso momento in cui ricordò di avere in tasca dell’erba.

Ma si, a cosa fare nell’attesa ci avrebbe pensato in seguito.

Uscito sul terrazzo però si rese conto di non essere solo. Infatti un ragazzo vestito in modo curioso osservava il terreno circostante con i gomiti poggiati al muretto in marmo e l’aria piuttosto assente.

«ti annoi pure tu?» gli chiese Zeke evitando intelligentemente di tirare fuori lo spinello. L’altro si voltò verso di lui, dapprima sempre con quell’aria apatica che divenne in breve incuriosita nel notare la particolarità della persona che l’aveva interpellato.

« c'è una sola cosa orribile al mondo, un solo peccato imperdonabile: la noia”. E si, ammetto di esserne caduto vittima...»

«Oscar Wilde?»

Breve lampo di esultanza negli occhi smeraldini dell’individuo nel sentire che l’altro aveva riconosciuto le parole dell’autore da lui tanto amato e costantemente citato, segno che magari la persona che gli stava davanti non solo era stravagante -e dunque interessante- ma non era neppure ignorante.

«precisamente. Mi presento: Sebastian Lionel Veltibor Charles Lancaster» disse tendendogli la mano con fare cerimonioso.

«lo avevo intuito dagli occhi. Li avete tutti in quel modo» Zeke strinse la mano che gli aveva porto «Zachary Connors, sono il fratello dello sposo, nonché il testimone. Quindi tu sei il famoso cugino Sebastian di cui Hammy mi ha parlato?»

«si. È un vero piacere fare la tua conoscenza. Ma dimmi di te; ammetto di essere incuriosito. Cosa fai nella vita?»

«niente di che, aiuto i miei genitori nella nostra pasticceria. E tu?»

«dopo un periodo di riflessione ho capito che iniziare degli studi di filosofia sarebbe per me cosa gradita. Spero di riuscire a conciliare questo con il praticare danza classica a livello agonistico. E tu? Hai terminato gli studi?»

«ho terminato il liceo a quindici anni ed ho conseguito il Bachelor’s Degree a diciannove».

Giustificabile stupore sul volto di Sebastian. «mi meravigli! Terminare così presto gli studi solitamente comporta possedere un quoziente intellettivo superiore alla media».

«177».

«ora comprendo, anche se ciò aumenta il mio stupore invece che diminuirlo. Ad ogni modo, complimenti vivissimi».

«grazie…mh» Zachary guardando il terreno attorno alla villa aveva notato qualcosa che sarebbe stato meglio se non avesse notato. Nonostante il suo occhio azzurro fosse sia miope che astigmatico proprio perché colpito dall’albinismo, gli occhiali che portava funzionavano alla perfezione.

E Sebastian non tardò ad accorgersi che la sua nuova conoscenza aveva visto qualcosa. «hai notato qualcosa di inconsueto?»

«se si fosse trattato di un altro avrei dovuto correggerti puntualizzando che non è qualcosa ma “qualcuno”, ma trattandosi di una macchina direi che “qualcosa” possa andare anche bene. Sposta lo sguardo un po’più a sinistra. Si sta muovendo».

«ora vedo. Pure se siamo a grande distanza quei tratti mi sembrano familiari» tirò fuori un piccolo cannocchiale tascabile «…oh. Pare proprio che abbiamo un ospite indesiderato, trattandosi della “persona” cui zio Howard voleva riservare una giusta fine; dubito che quella bestia fosse tra gli invitati» rimise a posto il cannocchiale «potremmo allertare la security. Strano che se lo siano lasciato sfuggire».

«ci sono oltre duemilacinquecento invitati, dev’essere riuscito a passare nella confusione, per bravi che possono essere i miracoli non li fanno ancora» commentò Zeke «può darsi che mi sia trovato qualcosa da fare nell’attesa che la cerimonia cominci».

«ovvero?»

«dato che la security ha da fare posso divertirmi un po’ con quel robottino».

Tanto aveva Daygum esplosive, ben quattro dei suoi coltelli e qualche dardo di “acido” da lanciare. Portati con sé perché “non si sa mai”, e sembrava aver avuto ragione.

In più trattandosi di Warsman pensò che al signor Lancaster non avrebbe dispiaciuto se avesse preso in prestito alcune delle armi, antiche ma perfettamente tenute e funzionanti, che erano con le armature in corridoio.

«nel caso potrei unirmi a te? Una caccia come quella che sembri voler fare scaccerebbe via la noia» da sotto il cappotto, nemmeno a dirlo, tirò fuori una pistola «bisogna essere duri con le bestie, altrimenti non impareranno mai la lezione. Non credi?»

«giusto, ma non è una bestia. È una macchina, e a sentire mio fratello sotto la maschera non è nemmeno un bel vedere».

« da quel che mi dici di Warsman, è così che si chiama se non erro, sembra veramente una disgrazia per questo mondo; e presumo che non sia qui per divertimento. Ma si, Zachary! Aiutiamo la creatura ad apprendere ed assimilare il concetto di proprietà privata».

 

 

Era riuscito ad entrare. Contrariamente a Kevin, lui ce l’aveva fatta.

Glielo aveva detto, al ragazzo, che lui ormai conosceva il sistema. Ma Kevin lo era stato ad ascoltare? No. Aveva avuto un’idea ed aveva voluto seguire quella.

Si era vestito da cameriere* cercando di mescolarsi agli altri, e lì per lì aveva anche funzionato. Peccato che quando si era trattato di entrare nella tenuta tutto il personale assunto per l’occasione fosse stato perquisito e sottoposto all’esame di un metal detector che ovviamente aveva rivelato subito la maschera di ferro, e Kevin era stato narcotizzato e portato via.

Ed era già tanto che non gli avessero direttamente sparato; se non era successo era stato solo e soltanto perché Howard aveva dato ordini precisi su cosa fare di Kevin se mai si fosse presentato….ossia sedarlo, “impacchettarlo” e rispedirlo a Tokyo ficcandolo nella stiva di uno degli aerei della compagnia di Emerald!

“a questo punto sono rimasto soltanto io” pensò il russo “devo riuscire a farle cambiare idea in qualche modo. O forse finirò a rapirla per davvero, anche se sarà difficile e non solo per via di quel suo braccio super potenziato”.

L’avrebbe convinta a rinunciare alle nozze, costasse quel che costasse, anche se avesse dovuto finire impallinato per questo.

Non poteva lasciarglielo fare. Non poteva lasciarle sposare quell’uomo. Fosse stato qualcun altro forse, forse perché non era detto, avrebbe anche potuto lasciar perdere. Ma non se il futuro marito era Michael Connors. Che fosse proprio lui a portargliela via era assolutamente inaccettabile…e ad essere sinceri, nonostante non fosse uno lamentoso, quella faccenda gli faceva anche male. Non voleva perderla, ma se proprio doveva farlo almeno voleva che fosse in buone mani, e quelle insanguinate dell’ex mercenario non lo erano di sicuro.

Per questo motivo adesso era lì, e si stava avvicinando sempre di più alla villa, con l’intento di incontrare lei…

Il dolore lancinante alla gamba sinistra giunse decisamente inaspettato, che gli fece quasi emettere un grido di dolore oltre che cedere su quella gamba.

Gli avevano sparato! Ma com’era possibile, chi…?! E poi, perché non aveva sentito nessuno avvicinarsi?!

Ok quello probabilmente era dovuto al fatto che stava talmente tanto a pensare alla ragazza da essersi completamente distaccato da quel che gli accadeva intorno; un errore da dilettanti che non avrebbe mai commesso, se si fosse trattato di altro.

Cercò faticosamente di ritornare in piedi, si guardò furiosamente attorno. Dov’era? Dov’era la persona che gli aveva sparato?!

«d-dove sei…vieni fuori!!! abbi almeno il coraggio di mostrarti!!!»

Niente.

Si trascinò dietro un cespuglio, tolse velocemente con le dita il proiettile dall’articolazione, emettendo dei forti sibili di dolore, e ringraziò il cielo di avere dietro come sempre una piccola bottiglietta di vodka con la quale decise di  disinfettarsi alla bell’e meglio…

Ma un altro proiettile gliela ruppe in mano, ed un altro ancora lo colpì dritto ad una spalla.

Ok, quello non era un nascondiglio decente. Se solo avesse capito da dove provenivano i colpi! Su chi fosse a sparare aveva qualche idea, era risaputo che Howard Lancaster aveva una mira infallibile.

Eppure quello non sembrava il suo modus operandi.

«esci fuori bastardo, fatti vedere!» ringhiò, ora con un doppio problema.

Si guardò attorno, ancora niente, eppure doveva esserci qualcuno!

«signore, a voi è mai stato spiegato il concetto di proprietà privata? Nella quale non si entra senza essere invitati, a meno che non si abbiano intenzioni deprecabili? E poiché voi non siete certamente stato invitato, presumo che le vostre lo siano».

Warsman si voltò di scatto nel sentire una voce tanto giovane quanto distinta provenire da…sopra un albero. Ma che lo dico a fare?

Il ragazzo che aveva parlato scese a terra con un salto estremamente elegante. Peccato che la pistola che gli stava puntando contro rovinasse tutto l’effetto. Flash non aveva mai visto prima quel tipo, ma non ci voleva la scienza a capire che era senza dubbio un altro Lancaster, già solo per quegli occhi smeraldini.

«vi inviterei ad iniziare a correre, se riuscite a farlo con la gamba sinistra in tali condizioni. Potrei annoiarmi se non lo faceste, e manca ancora del tempo perché la cerimonia per mia cugina ed il suo futuro sposo abbia inizio».

Warsman avrebbe voluto saltargli addosso ma a quel tipo non ci sarebbe voluto molto per sparargli alla testa. Restava una sola cosa da fare dunque, cercare di correre e raggiungere Emerald che, voleva disperatamente credere in questo, avrebbe fermato quella nuova caccia.

Cercando di ignorare per quanto gli era possibile il dolore, il russo si lanciò in una corsa tra le più veloci mai fatte in via sua. Doveva ringraziare il cielo di essere un chojiin, altrimenti col cavolo che avrebbe potuto farlo!

Tallonato dal ragazzo, che sparò un altro colpo che riuscì a ferirlo di striscio ad un fianco, raggiunse uno degli ingressi posteriori della villa. Quello da cui Sebastian stesso era uscito, e verso il quale lo stava spingendo. Ma Warsman questo non lo sapeva, e ringraziò semplicemente il cielo che fosse aperto.

E adesso, dove poteva essere Emerald?!...prima di arrivare lì aveva captato qualche discorso del personale che aveva detto essere al secondo piano, quindi doveva necessariamente salire le scale. Fantastico, proprio! Mai che quella puttanella gli rendesse le cose semplici!!!

Zac! Una spada si infilzò nelle ante del portone spalancato dietro di lui, e se era andata così era stato soltanto perché era riuscito a spostarsi appena in tempo, o gli avrebbe trapassato l’addome.

«la prossima volta ti dispiacerebbe rimanere fermo?»

Oh, no…Cristo, anche il fratello di Connors no! Anche l’albino mezzo psicopatico no!

Con quattro spade, due alabarde ed una di quelle mazze con catena e palla chiodata in fondo, per giunta!

Motivo in più per fiondarsi su per le scale, evitando un altro proiettile che l’altro suo inseguitore, appena sopraggiunto, gli sparò.

«devo ammettere che per essere una bestia si sta dimostrando piuttosto notevole, non trovi Zachary?»

Correndo dietro a Flash l’albino tirò fuori un coltello che stavolta centrò il bersaglio, colpendo il russo alla gamba già ferita. Non bastò a buttarlo giù, ma lo fece vacillare e consentì loro di avvicinarsi.

«e beh Sebastian, è un mezzo robot. Una volta preso chiederò ad Hammy se mi lascia giocare col suo cervello-computer, voglio provare a fargli ballare la quadriglia tedesca!»

«un’idea quantomeno divertente, non c’è che dire!»

Warsman continuava a correre, perdendo diverso sangue dalle sue ferite, che lasciava una traccia perfettamente visibile lungo tutto il pavimento. Se non altro adesso aveva un nome da associare a quest’altro ennesimo bastardo, Sebastian Lancaster!

«adesso facciamo un po’più sul serio, via» disse Zeke correndo ancor più velocemente di prima. Arrivò ad un metro dal russo, prese la mazza con la palla chiodata, saltò. Warsman riuscì ad evitare di essere colpito alla schiena, ma non alla spalla già ferita. Dalla gran rabbia però riuscì a schivare il colpo successivo a questo, e ad afferrare la catena portando Zachary più vicino a sé con tutto l’intento di prenderlo per il collo e spezzarglielo senza tanti complimenti, trovandosi invece a doverlo respingere rapidamente non riuscendo comunque ad evitare uno squarcio profondo lungo il petto causatogli dal coltello del ragaggo.

Riprese a correre. Aveva quasi raggiunto la rampa di scale che l’avrebbe portato al secondo piano, ma Hammy era in quell’ala della villa o in un’altra?! Non lo sapeva.

Un altro proiettile lo colpì, all’altra spalla stavolta.

Capì che non ce l’avrebbe fatta a raggiungere Emerald, non a quel ritmo, e allora con un ringhio disperato si lanciò contro una finestra rompendola in mille pezzi e cadendo giù.

Zachary e Sebastian L.V.C. Lancaster guardarono a terra.

«si è lanciato» fu l’ovvio commento dell’albino.

«è di un’ineducazione senza pari; non solo è entrato senza essere stato invitato, ma ha perfino danneggiato la villa di mio zio! Meriterebbe l’impiccagione per un tale affronto» lo guardarono scappare via «come agiremo, adesso?» chiese Sebastian a Zeke. Lui fece spallucce.

«tre quarti d’ora li abbiamo persi, tra una cosa e un’altra, quindi direi che ci conviene andare dove dobbiamo andare o finiremo per arrivare in ritardo e io non ho voglia né di sorbirmi i rimproveri di Lentiggine né di farmi tirare le orecchie da nonna Isabèl».

«dovremmo dunque lasciarlo andare?» Sebastian sembrava dubbioso, ma poi sollevò leggermente le mani in un cenno di resa «che sia. Non era nostra intenzione braccarlo per poi ucciderlo, in fondo. Doveva essere, ed è stato, del semplice intrattenimento pre-cerimonia. Se sarà sufficientemente furbo e fortunato da  riuscire ad andarsene di qui, per questa volta avrà salva la vita. In caso contrario avremo facilitato a mio zio o -preferibilmente, non essendo bene che nobili come noi si macchino le mani in tal modo- alla security l’ingrato compito di porre fine alla sua triste ed inutile esistenza. Anyway, è stata un’esperienza piacevole. Non mi dispiacerebbe poterne ripetere di analoghe, e magari ogni tanto potremmo anche incontrarci ed andare in cerca di fanciulle di piacevole aspetto come le damigelle d’onore di mia cugina».

«mi piacerebbe ma vederci sarebbe complicato, io dopo il matrimonio dovrei tornare in America… e poi a me le ragazze non interessano. E nemmeno i ragazzi» puntualizzò.

«curioso. O beh, troverò comunque il modo di far si che questo nostro incontro non sia una toccata e fuga; ed ora rechiamoci dove siamo attesi!»

Come se nulla fosse i due si incamminarono verso l’altra ala della villa.

«ho notato che non sembri avere problemi all’idea di colpire od uccidere, c’è chi lo troverebbe immorale o roba del genere».

«mio caro Zachary, non esiste immoralità nel voler cancellare tali esempi di volgare bruttezza. Se si fosse trattato di una bella donna, o anche di un bell’uomo, mai avrei osato sollevare le mani su di lui; quale pazzo vorrebbe mai infrangere la bellezza? Ma trattandosi di una macchina malvagia dalle orribili fattezze non solo non c’è di che farsi problemi nell’agire contro di essa ma anzi, eliminarlo dovrebbe essere considerato un dovere nei confronti delle amabili meraviglie della vita».

«capito. Ma non sempre ciò che è bello è anche buono e da difendere».

«questo lo so, non sono sciocco. Ma se anche non è buono sempre bello rimane, ed è molto meglio essere belli piuttosto che buoni…”»

«…“ma è meglio essere buoni piuttosto che brutti”» concluse l’albino.

«precisamente».

 

 

«mio caro Howard, felicitazioni. Mi congratulerò anche con Emerald, appena mi sarà possibile».

«Lionel Charles Eirik John Lancaster, temevo che nemmeno il matrimonio di mia figlia ti avrebbe indotto a lasciare la tua tenuta di Belfast, ma vedo con piacere che le mie paure erano infondate».

«nonostante preferisca vivere ritirato a vita privata non potevo mancare».

Lionel rispetto ad Howard era di poco più basso e di otto anni più vecchio, con i capelli castano scurissimo striati di bianco. Nonostante questo restava un uomo indiscutibilmente di classe, perfettamente vestito, dalla voce profonda ed i modi garbati nonostante non fosse espansivo come il cugino.

«Gabrijela, come sempre sei assolutamente deliziosa» Howard passò a salutare la moglie di Lionel. Suo cugino l’aveva conosciuta in Croazia, e non gli ci era voluto molto a perdersi dietro a quella bellezza dai capelli di uno scurissimo rosso mogano e gli occhi nocciola.

«grazie mille. Ma…Janice?»

Eh…Janice, Janice.

La sera prima gli aveva fatto una scenata non c’è male a causa di quel matrimonio cui lei era assolutamente contraria, dicendone di tutti i colori su Connors -e quella gliel’aveva fatta passare tranquillamente- per poi aggiungere che Emerald era una cretina.

Ecco, quella invece non gliel’aveva fatta passare per niente, rispondendole con un gelo tale che aveva fatto molto più male a lui stesso che a lei. Howard avrebbe preferito spararsi ad un piede piuttosto che usare quella freddezza con sua moglie, ma…come aveva potuto insultare Hammy, proprio lei che era sua madre?

E poi stava solo e soltanto ad Emerald decidere chi sposare, ed aveva deciso per Michael Connors a breve Lancaster. Quindi, se la sua scelta era quella, così sarebbe stato.

«da qualche parte a chiacchierare con qualcuno dei nostri ospiti. Una volta che avrò accompagnato mia figlia comunque mi raggiungerà, e potrete salutarvi. Ma ditemi, dov’è Sebastian?»

«ti dirò…ormai è raro che io sappia dov’è mio figlio, eccetto quando è a lezione».

«continua a praticare danza classica, dunque».

«eh si. Adesso si è messo anche in testa di studiare filosofia, ma sono scettico che possa conciliare le due cose» disse Lionel «anche se ovviamente spero che ce la faccia. Solo una cosa, cugino: non ho mai sentito nominare lo sposo».

«si tratta del mio uomo di fiducia, che a breve non diventerà parte della famiglia non solo per aver sposato mia figlia, ma anche prendendo il nostro cognome che così facendo continuerà a venire tramandato…cielo, mancano solo dieci minuti all’inizio! è bene che raggiunga Emerald. Ci vediamo dopo».

 

 

Si era appena decisa ad uscire dalla propria stanza nonostante l’irritazione e la tristezza in lei fossero ancora acuti.

La sera prima avevano litigato…si, forse aveva esagerato a dare ad Hammy della “completa cretina che non vede al di là del proprio naso”, ma le successive parole del marito le avevano fatto male lo stesso.

 

 “Janice…non voglio sentirti dire mai più una cosa del genere. Mai più”.

 

Non era stato tanto per le parole in sé, ma per il tono con cui gliele aveva dette, con una freddezza che con lei non aveva mai usato. Non che adesso avesse iniziato ad avere paura di lui o a detestarlo solo per questo…tanto più che lui si era scusato senza indugio. Ma Janice non l’aveva presa bene ugualmente, e non lo aveva fatto nemmeno entrare in camera da letto nonostante lui per diverse ore avesse insistito continuando anche a chiederle scusa.

Si, forse pure lei aveva esagerato.

Per non parlare del fatto che quel loro litigio non aveva cambiato la realtà dei fatti, ossia che Emerald adesso stava per sposarsi con l’americano bifolco che avrebbe anche preso il cognome della loro famiglia.

Con un sospiro fece per chiudersi la porta alle spalle, finendo invece quasi a gridare sorpresa nel trovarsi davanti qualcuno la cui immagine ormai aveva imparato a conoscere fin troppo bene. Nello specifico, la bestia a cui suo marito aveva dato la caccia per anni, che aveva quasi ucciso ormai un anno prima, che aveva tentato di uccidere Emerald…ma per la quale Emerald stessa poi aveva rischiato di essere uccisa, alla faccia della coerenza.

Si ritrasse spaventata in camera temendo che volesse farle del male, cercando la pistola di riserva di suo marito…ma dove l’aveva messa?! Eccola!

«stai lontano da me!» gli puntò contro l’arma con le mani che tremavano «non toccarmi!»

Lui avanzò. Lei invece fece qualche passo indietro.

«ti ho detto di starmi lontano…»

Nonostante la paura che aveva non poté fare a meno di tornare che era ferito, e neppure poco. Non si spiegava nemmeno come facesse a stare in piedi. Ma si sa, i mostri hanno una forza assurda, no?

Trasalì quando lui alzò le mani e finì per cedere sulla gamba ferita, in qualcosa che somigliava ad un gesto di resa.

«non voglio farvi del male».

Assurdamente, nonostante avesse assistito a qualche incontro di Kevin Mask alla tv nonché allo scontro finale e l’avesse dunque sentito parlare, Janice si sarebbe aspettata qualcosa di simile ad un ringhio o a qualche verso animalesco. Howard l’aveva sempre definito una bestia, da quando in qua le bestie parlano? Era una cosa irrazionale, eppure…

«…e non potrei farvene in ogni caso. Voi siete armata ed io sono piuttosto malconcio, non so se l’avete notato…»

«a detta di mio marito gli animali feriti sono dieci volte più pericolosi».

Continuava a tenergli la pistola puntata addosso, ma sembrava meno nervosa adesso.

«a detta di vostro marito io sarei una bestia che invece non sono, e sempre a detta di vostro marito l’uomo ideale di Emerald è quel figlio di…buonadonna…» si contenne essendo in presenza di una nobildonna «di un ex mercenario, invece di un bravo ragazzo che ha fatto qualche idiozia».

Questo sorprese non poco Janice. A quanto pareva lei e il mostro erano della stessa opinione. Oltretutto almeno in quel caso specifico, il mostro in questione sembrava più ragionevole di suo marito! Era quel che aveva sempre detto anche lei, come poteva Connors essere l’uomo ideale per Hammy col passato che aveva?

Ma né Howard né Hammy l’erano stata ad ascoltare, tanto da aver finito a pensare che se davvero era l’unica non disposta ad accettare quel matrimonio, forse era un problema suo. Ed avrebbe dovuto cercare di cambiare prospettiva. Questo l’aveva pensato durante quella notte passata in solitudine per sua stessa volontà…

E invece saltava fuori che non era la sola ad essere d’accordo, e anche se l’altra voce discordante era quella della bestia, era sempre una voce in più.

«davvero non vuoi farmi del male?»

A Warsman parve di trovarsi davanti una versione bionda con gli occhi scuri dell’Emerald che rarissimamente veniva fuori, quella più “innocente”.

«non ne avrei motivo, voi non c’entrate con le cose che sono successe tra me e vostro marito, e non è per lui che sono qui».

La vide osservarlo ancora un po’diffidente. «allora perché sei qui? è per Emerald?»

Meglio dire la verità, o almeno una parte. «si. Per dissuaderla dal fare un grosso sbaglio. Kevin ed io ci abbiamo provato in tutti i modi, ma non ci ha dato ascolto. Eppure non ci diamo ancora per vinti. Il ragazzo è stato bloccato dalla security, purtroppo…»

«anche tu?»

Avrebbe spiegato le ferite.

«no. Mi sono imbattuto in alcuni dei vostri parenti».

Anche quello però spiegava le ferite.

«ah».

Breve silenzio.

«sono brutte ferite. Devono fare male».

«non solo le peggiori che ho subito».

Janice indicò una porta. «ho…del disinfettante. Di là».

La cosa fece allibire il russo. Aveva capito bene? Si stava offrendo di mendicargli le ferite?

E lui che avrebbe pensato di essere fortunato solo se lei l’avesse lasciato andare senza chiamare nessuno!

«…se tenti di fare qualcosa che non mi piace non mi vi vuole niente a chiamare rinforzi. Capito?»

«ho capito».

La donna tornò poco dopo con disinfettante, garze e qualche benda. Non sembrava molto esperta nell’uso di quella roba, ma in compenso aveva un tocco estremamente delicato, come quando una farfalla ti si posa sul braccio.

«questo matrimonio non piace nemmeno a me. Ma purtroppo è una scelta di Emerald».

«una scelta sbagliata».

«la mia domanda però è un’altra…se hai cercato di ucciderla…»

«per l’ennesima volta, vostra figlia con me ha fatto la stessa cosa. Non è stato esattamente qualcosa di unilaterale anche se a vostro marito piacerebbe far credere il contrario».

«a maggior ragione. Se cercate di togliervi la vita a vicenda mi chiedo perché Emerald ha impedito ad Howard di ucciderti, e perché tu non vuoi che lei faccia questo sbaglio tanto da venire fin qui sapendo…si, insomma, guarda come sei ridotto».

Il talento per fare ad altri le domande scomode sembrava di famiglia. Janice poi era la pettegola più pettegola tra le pettegole in tutta l’Inghilterra, inarrestabile ed inarrivabile, quindi la sua curiosità non era nemmeno tanto strana.

«è una cosa un po’complicata da spiegare. Semplicemente non mi va di vederla con quell’uomo, e poi c’è Kevin che la ama ancora moltissimo e ne soffrirebbe. Sentite…io vi voglio ringraziare per quello che state facendo, ma…quando comincia la cerimonia? Devo parlarle prima che…»

Janice diede un’occhiata all’orologio per poi guardare lui.

«mi dispiace. È già cominciata. E adesso che ci penso dovrei essere lì anche io…» disse «temo sia tardi ormai. Quando avrò finito di curarti cerca di andare via di qui, va bene?»

 

 

Il vestito di Alya era un tubino color acquamarina scuro, semplice ed elegante, com’era semplice ed elegante anche lei stessa.

E forse era per quel motivo che lì per lì la sposa che stava scendendo la scalinata a braccetto col padre, con quel vestito rosso fin troppo sensuale strapieno di cristalli così come lei stessa era strapiena di gioielli con tanto di diadema, le parve forse un pochino eccessiva. Non che tutto questo ad Emerald Lancaster non donasse, anzi, nonostante non la conoscesse bene non ci voleva molto per rendersi conto che quell’abito rendeva perfettamente l’idea di quella che era la personalità della ragazza…però ecco, personalmente avrebbe optato per uno stile del tutto diverso. E d’accordo che era un matrimonio molto importante ma forse oltre duemilacinquecento persone, Windsor inclusi, e con Celine Dion a cantare “Can’t help falling in love” al posto della marcia nuziale non era un po’eccessivo anche quello? D’accordo che Howard Lancaster era quello che “I can” e tutto il resto ma si era capito, ormai.

E poi c’era un particolare estremamente fastidioso che risiedeva nell’uomo alla propria sinistra…presumibilmente lui ed il gruppetto con il quale era arrivato erano tutte persone molto in vista, o non sarebbero stati lì nelle prime file, ma quello non era importante e stava di fatto che l’aveva guardata in un modo come a dire “sai che se solo lo volessi potrei farti desiderare che io ti porti in una qualsiasi delle camere da letto di questa villa?”. Un uomo di quelli che credevano di avere un fascino irresistibile, probabilmente.

Alya era una bella donna e di certo non era il primo dongiovanni a guardarla in quel modo, eppure questo aveva qualcosa di diverso, di glaciale, che non le piaceva per niente nonostante non desse minimamente a vedere il proprio nervosismo.

E non era esattamente che il resto degli sconosciuti che attorniavano lei e Robin le dessero una sensazione migliore, nonostante una di essi a detta del suo compagno fosse proprio la ragazza che aveva portato a casa lui e Mr. Lancaster.

In ogni caso decise di ignorare le sensazioni in questione, forte del fatto che essendo ad un matrimonio con duemilacinquecento e passa invitati difficilmente qualcuno si sarebbe messo in testa di fare qualcosa di “disdicevole”.

Guardò Robin. Lui pareva la tranquillità fatta persona, ed aveva persino porto le sue felicitazioni all’ex collega, col dire ad Alya che “ho accettato la sfida, quindi la combatterò appieno”. Eppure alla donna quelle erano sembrate…beh…felicitazioni e basta.

Mah.

L’uomo alla sua sinistra aveva detto qualcosa alla donna che gli era seduta davanti, che per qualche motivo che non riusciva ad identificare ad Alya piaceva ancora meno di lui.

«chissà se la sposina si ricorda di me. Ah, ma che domande…certo che se lo ricorda».

«anche con lei?»

«però si sposa con un altro, mister “provami una volta…”» disse tagliente la ragazza seduta di fianco alla donna in questione.

«e ti credo…più di una volta, chi diavlo lo vuole a ‘sto qui? Giusto te!» questo lo disse la donna seduta alla destra della ragazza.

Decidendo di ignorare anche tutto ciò, Alya guardò lo sposo. Un uomo niente affatto brutto e, soprattutto, visibilmente contento. Sembrava non vedere l’ora che lei arrivasse così che potessero pronunciare i giuramenti e sposarsi. Da quel che Alya aveva capito sarebbe stata una cerimonia piuttosto breve, così che si potesse passare subito ai festeggiamenti.

Ed ecco finalmente i due a breve sposi uno davanti all’altra, a sorridersi. Lei soprattutto aveva in visto un’espressione dolce che Alya non le aveva mai visto.

«siamo tutti qui  riuniti per celebrare l’unione di questa meravigliosa coppia di innamorati…» il giudice di pace era una donna di colore con una bella voce tonante «che hanno deciso, quest’oggi, di giurare eterna fedeltà l’uno all’altra ed iniziare un nuovo capitolo della loro vita… insieme».

Dopo qualche altra breve frase la parola passò allo sposo, a cui Zachary aveva porto la fede nuziale da infilare all’anulare di Hammy.

«Emerald…Hammy…da quando ti ho conosciuta per me sei stata una fonte di gioia continua. Hai dato luce alla mia vita, mi hai fatto desiderare di essere un uomo migliore per poterti stare accanto, ed io per questo ti ringrazio. Giuro che ti sarò sempre leale. Che ti rispetterò, mi prenderò cura di te e ti amerò…finché avrò vita».

La cosa divertente era che le damigelle erano tutte intenerite…ma l’unica che piangeva come una fontana era proprio la durissima Kirika!

«io piango sempre ai matrimoni…!»

La parola passò alla sposa, che aveva appena preso la fede da Sebastian.

«Michael…io ti conosco da tredici anni. Quasi quattordici. E sono sempre stata innamorata di te- nonostante la cosa si sia concretizzata solo poco tempo fa- perché mi hai sempre rispettata, sei sempre stato sincero, ed hai avuto cura di me. Sai farmi ridere, e stare bene come nessun altro. Ed io giuro che farò di tutto per poter ricambiare tutto questo, tutto ciò che mi hai dato, e mi dai…finché avrò vita».

«una ragazza giovane e sognatrice. Si renderà conto fin troppo presto che né la vita né il mondo sono tutti rose e fiori come le sembrano, specialmente stando con quel perro che si è rintanato in una realtà fittizia da casa delle bambole» disse una bella donna tatuata e poco vestita che era rimasta piuttosto in lontananza.

«spero per la ragazza che lui non schiaccerà troppo violentemente la casa in questione» aggiunse un incappucciato con un poncho di catene e la voce roca.

Fatti i giuramenti Emerald e Michael firmarono il documento che dichiarava la loro unione.

«a questo punto che lo sposo baci la sposa…e vivissimi auguri!» concluse il giudice.

E i due ragazzi non se lo fecero ripetere due volte, dandole retta e scambiandosi un bacio non lungo ma decisamente appassionato.

Era fatta!

Erano sposati!!!

 

 

«no! maledizione…»

Era arrivato tardi.

Era tutto fatto, ed ora Emerald e Michael Connors, anzi Lancaster, erano sposati.

Era finita, lui e Kevin l’avevano persa…

Lui…l’aveva persa.

Ebbe un momento di completo scoramento. Aveva fallito. E adesso?

«non può finire così…»

Janice non era più con lui, si erano divisi già da un pezzo visto che lui era partito prima di lei…e tanto non ce l’aveva fatta.

E adesso?

Poi ricordò qualcosa di fondamentale: un matrimonio non era valido finché non veniva consumato.

Aveva ancora una possibilità, allora!

Solo…come giocarsela?

Gli ospiti tra poco sarebbero andati a pranzo.

…l’impianto audio era incustodito…

 

 

:: un quarto d’ora dopo ::

 

 

Tutti quanti avevano salito le scale che portavano in un’altra ala esterna della villa, perfettamente curata, decorata, e con centinaia di tavoli già apparecchiati.

Flash tirò fuori il suo cronometro, venendo per un attimo accecato dalla luce del sole riflessa su di esso. Aveva impostato l’impianto perché partisse automaticamente.

«tre…due…uno…»

 

Quando sentì imprevedibilmente partire quella canzone Emerald trasalì.

Il tango…quel tango lì. Quello di lei e Warsman.

 

why does my heart cry?...feelings I can’t fight…”

 

Gli ospiti erano un po’disorientati, ma lei oltre che sconcertata si stava anche innervosendo non c’è male.

«ma che cosa…»

«l’impianto dev’essersi guastato» commentò Michael.

 

you are free to leave me but just don’t deceive me and please…”

 

“no, col cazzo che si è guastato!!!” pensò Emerald guardandosi attorno “è lui, è sempre lui! Ma perché non riesce ad accettare che quando è ora che basta, basta?! Perché?!” pensò con una certa furia “è il mio grande giorno e non glielo lascerò rovinare…deve capire una buona volta che è finita!...dove sei…ah…”

 

“believe me when I say I love you…!”

 

Vide in lontananza un riflesso che non avrebbe dovuto o potuto esserci. Sicuramente era quello del suo amato cronometro.

«Hammy?...dove vai?»

La ragazza non rispose alle domande di nessuno, né del marito, né di suo padre, di sua madre o di chiunque altro, camminando decisa verso la scalinata con tutto l’intento di raggiungere quella pantegana pazza per dargli il fatto suo.

Veloce come un treno in corsa iniziò a scendere le scale che giusto poco prima aveva salito…e fu lì che successe.

Nello scendere il tacco della scarpa destra si ruppe. Lei perse l’equilibrio, cadde, rotolò lungo tutta la gradinata. Batté la testa più volte, ma il colpo finale le venne dato dallo spigolo alla base della ringhiera in marmo, contro cui sbatté la tempia sinistra. Forte.

Forse troppo.

L’ultima cosa che sentì Emerald era gli invitati che gridavano, e l’ultima cosa che vide fu il rosso del suo stesso sangue a colarle sugli occhi.

Poi, buio.

 

 

«Emerald…mio Dio. No. Resisti!»

Nonostante la tragedia inaspettata Howard Lancaster aveva mantenuto sufficiente presenza di spirito da chiamare immediatamente alcuni degli addetti delle sue cliniche perché arrivassero lì al più presto con un elicottero.

Il polso c’era ancora. Aveva battuto la tempia, ma ringraziando il cielo era una chojiin adesso, e ci voleva ben altro per farla fuori.

Solo…non era certo che si sarebbe svegliata a breve.

E se lo avesse fatto…in che condizioni sarebbe stata?

Cieca? Sorda? Amnesica? Paralitica?

L’elicottero arrivò pochissimo tempo dopo. Persone esperte caricarono la ragazza su una barella, la issarono sul velivolo e quando anche Howard e Connors, sopraggiunto pochissimi istanti dopo, furono saliti partirono.

Il soldato non riusciva ancora a crederci. Emerald…

Un momento prima erano le due persone più felici e serene del mondo, e adesso lei era lì priva di conoscenza, sporca di sangue e il cielo solo sapeva cosa sarebbe successo dopo.

«signore, io-»

«Howard, per piacere. E, Michael, tante volte l’avessi pensato, non è colpa tua».

In un altro momento a Connors non sarebbe parso il vero di poterlo chiamare per nome e dargli del tu. Ma in un frangente come quello, non aveva alcuna importanza.

 

 

Robin, come tutti gli altri invitati, era rimasto senza parole.

La prova che un lieto evento poteva trasformarsi all’improvviso in una tragedia.

Ma cos’era successo, si chiedevano tutti, perché la sposa si era allontanata all’improvviso, cos’era quella musica che ancora andava?

«incredibile».

«è stato un incidente. Lei scendeva, il tacco si è rotto. Per fortuna è ancora viva, e la sua tempra di chojiin dovrebbe aiutarla a riprendersi» valutò Alya «prima o poi».

«potessi sapere…ma perché si stava dirigendo laggiù?» anche Sebastian era piuttosto scosso.

«ce lo dirà quando si riprende» disse Zachary «povera lei…e povero anche mio fratello».

Janice una volta passato lo shock iniziale aveva iniziato a piangere silenziosamente. Era contraria al matrimonio ma mai, mai, avrebbe voluto che fosse interrotto -inutilmente poi- da una disgrazia così. Era la seconda volta in poco tempo che aveva rischiato di perdere Hammy, e l’ultima volta che le aveva parlato avevano litigato! E la sera prima l’aveva definita cretina!

«è stata attirata da un luccichio che non avrebbe dovuto esserci».

Diverse persone si voltarono verso la donna che aveva parlato. Quella che ad Alya non era piaciuta.

«che vuol dire?» le chiese l’albino.

«la ragazza ha notato il riflesso del sole su qualcosa, laggiù» indicò il punto preciso «e non qualcosa che poteva essere a terra, ma ad altezza uomo, all’incirca così» specificò, segnando più o meno un’altezza di due metri «altro non so, ma su questo sono sicura di non sbagliarmi».

«quindi c’era qualcuno di alto, laggiù, ed era da lui o lei che Emerald stava andando?» chiese Crea, ancora scossa.

«a questo punto è logico pensare di si, per quanto chiunque fosse non è veramente colpevole di quel che è successo. Si può accusare qualcuno di un tacco rotto?» intervenne anche Nefertari.

«no, in effetti no…ma…» stavolta fu Janice a parlare «resta il fatto che…chi?...»

In verità lei una vaga idea l’aveva.

Gli aveva detto di andarsene, ma lui le aveva dato retta? Non lo sapeva.

Ma non avrebbe avuto senso che Emerald andasse da lui, né che fosse stato lui a mettere quella canzone, e…

Via. Non riusciva a pensare lucidamente, adesso.

 

 

No, no, no, no!!!

Correva come un forsennato nonostante le condizioni fisiche, in particolar modo quella della sua gamba sinistra. Era quasi arrivato ai confini della tenuta; prima ancora che qualcun altro riuscisse a vederlo -o così pensava- era riuscito a fuggire in tempo, da bravo vigliacco quale si sentiva.

Era l’istinto di sopravvivenza a mettergli le ali ai piedi, ma si sentiva addosso un peso immenso, perché…era stata colpa sua.

Lei aveva capito che era lì, era da lui che stava andando, attirata dal riflesso della luce sul cronometro.

Se lui non avesse fatto quel che aveva fatto, se non si fosse fatto vivo e basta, non le sarebbe successo niente.

Era viva? Era morta?

Non sapeva nemmeno questo, non aveva avuto il coraggio di andare da lei, non aveva avuto coraggio e basta, era scappato.

Ma se fosse morta davvero, e in quel modo, quel giorno, non se lo sarebbe perdonato.

E Kevin, come si sarebbe sentito Kevin nel saperlo? Forse anche se la security l’aveva preso ed erano riusciti a bloccarlo fuori dalla tenuta, aveva già saputo…

La cosa buona era che con quel che era capitato il matrimonio non sarebbe diventato valido ancora per un bel pezzo.

Ma era l’unica, e non era poi così tanto buona, perché forse Emerald quel matrimonio con Connors non avrebbe potuto consumarlo mai.

“non era quel che volevo! Non volevo questo!” eccolo al confine con la tenuta dei Mask. Una volta superato sarebbe stato più al sicuro, anche se sentiva di non meritarsi tale sicurezza. Era la seconda volta che lei finiva male per colpa sua, la seconda!

Viva?

Morta?

Se viva, che conseguenze ci sarebbero state per lei?

E anche per lui?

“non era quello che volevo Emerald, non era quello che volevo, te lo giuro, credimi…credimi e resta, così che possa dirtelo prima o poi! Resta viva…resta per me…”


***

* ve la ricordate tutti la volta in cui Kevin si è vestito da cameriere nell'anime, giusto?


Ed ecco che siamo di nuovo giunti alla fine...per ora!
Si, è la seconda volta che Hammy finisce in condizioni critiche e a volare via con un'elicottero. Pecco di mancanza di originalità. E ancora una volta è "colpa" di Flash, anche se molto per modo di dire.

Un ultimo capitolo che presenta qualche nuovo personaggio, nonché dei camei di alcuni miei OC...e quelli di vermissen_stern, con de Santa ed un Rinzler umanizzato :)
Grazie a tutti coloro che hanno seguito, ricordato, preferito, recensito o anche soltanto letto questa storia.
Grazie a vermissen_stern, Cyberluna, Fedies, cristy duck, B_bb_r, e Portuguese D. Rogue.
E arrivederci, molto probabilmente, con una Occhi di Smeraldo III...se sarete così clementi da leggere pure quella xD
   
 
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