Fanfic su artisti musicali > Backstreet Boys
Segui la storia  |       
Autore: mamogirl    22/04/2014    2 recensioni
"This Power is greater than the forces of nature."
Brian e Nick. Frick e Frack.
Una forte amicizia che, con il trascorrere del tempo, si é trasformata in un sentimento molto differente e molto più profondo.
Ma il loro rapporto potrà durare nonostante un ritorno di un passato doloroso e gli ostacoli che si presenteranno lungo la strada?
NOTA: Non ho abbandonato questa storia. Alcuni capitoli sono in fase di revisione e di riscrittura e saranno presto online. Ringrazio tutti coloro che stanno ancora aspettando. =)
NOTA: ONLINE IL CAPITOLO 24.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Brian Littrell, Kevin Richardson, Nick Carter
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 Diciottesimo Capitolo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lo spruzzo di acqua fredda sembrò riportare in vita qualche senso, nonostante quella sensazione durò poco meno di un secondo. L'acqua continuava a scendere, si scontrava con la parete di ceramica e, in un rivolo circolare, scendeva poi nello scarico. Brian si sentiva come se fosse stato preso prigioniero in quell'acqua cristallina, all'apparenza calma e limpida ma proprio per quel motivo ancor più infida nel bloccarlo nella sua corrente e in quel vortice che lo stava risucchiando via.
La parete che divideva il bagno dalla camera era così sottile che ogni suono passava con anche fin troppa facilità, consegnandogli la voce e il tono preoccupato di Kevin. Era successo qualcos'altro e, con una punta di codardia e vigliaccheria, Brian avrebbe preferito continuare a rimanere nascosto in quel loculo invece che uscire e affrontare quel nuovo ostacolo.
Non aveva diritto ad una pausa?
Ancora doveva assimilare ciò che era successo il giorno precedente, ancora doveva fare i conti con tutto ciò che era emerso in quelle brevi ore della notte. Non aveva energie per affrontare una nuova battaglia, voleva semplicemente appendere un biglietto alla porta e chiedere al mondo di lasciarlo in pace.
Da fredda, l'acqua si era trasformata in ghiaccio liquido ma nemmeno quella temperatura polare fu sufficiente a svegliare Brian e riportare lucentezza e lucidità alla sua mente. Solitamente, gli bastava formulare una lista di ciò che doveva fare, questioni e affari pratici, per poter mettere in pausa tutti i pensieri e lasciare quelle ansie e paranoie lontane almeno fino a quando la sera sarebbe scesa.
Kevin. L'avvocato. Aj. Tre questioni, tre problemi facilmente risolvibili, nonostante tutti e tre avrebbero messo altre sale sulle sue cicatrici. Solo quelle e poi avrebbe potuto andare ovunque Nick avesse deciso di portarlo. Era stato onesto con lui, gli aveva detto la verità quando lo aveva praticamente supplicato di nasconderlo dal mondo; eppure, una parte di lui continuava a cercare un ultimo strato di forza per continuare a stare in piedi e far finta che niente fosse cambiato.
La mano tremava ancora quando si avvolse attorno al rubinetto e lo ruotò completamente per spegnere l'acqua. I fremiti non erano solamente per la stanchezza ma anche per quella rabbia che non aveva ancora iniziato a scemare via: quel fuoco sussurrava ancora a bassa voce, era l'istinto di prendere il bicchiere che usavano per lavarsi i denti e lanciarlo contro la parete, osservandolo poi frantumarsi in mille e più infiniti pezzettini. Sì, distruggere sembrava essere così allettante, specialmente se immaginava il viso di Tyler al posto di quel vetro. La soddisfazione, anche se solo illusoria e immaginaria, fluì all'interno delle sue vene, riportando a nuova linfa energie che sembravano essersi disperse. La rabbia era tutto ciò che aveva, Brian, in quel momento. Era l'unico modo per riuscire a stare ancora in piede, era l'unica soluzione per non dare di matto e spaventare ancora di più Nick.
Nonostante la stanchezza, nonostante i pensieri non di certo leggeri e solari, un mezzo sorriso incominciò a farsi strada fra linee di preoccupazione e paura. Dire a Nick ciò che gli era successo era stato come liberarsi, finalmente, di pesanti catene che lo avevano sempre tenuto incatenato al suo passato. Una volta che tutto quel casino e manicomio sarebbe finito, Brian avrebbe finalmente avuto la possibilità di chiudere per sempre quel capitolo e incominciare a vivere la sua vita, lasciando a Nick il compito di curare le sue ferite. Sembrava anche fin troppo bello per essere reale, sembrava davvero un sogno che aveva lasciato da parte la connotazione immaginaria e si era dipinta di verità, una speranza che ora lui poteva toccare e stringere fra le mani. Non poteva non ammettere che la reazione di Nick aveva superato ogni sua aspettativa: esse erano sempre state basse, non si era mai lasciato accarezzare dalla possibilità, concreta, che Nick potesse guardare oltre quell'orribile verità e continuare a trattarlo come il Brian di sempre. Non c'era stata vergogna nei suoi occhi, non c'era stato disgusto né voglia di allontanarsi da lui e da ciò che lo aveva segnato così pesantemente. C'era stato solo amore, puro e così inebriante che, per un secondo, Brian si era lasciato avvolgere da esso e gli aveva lasciato cancellare ogni paura e paranoia, ogni dubbio e timore. Soprattutto, quella reazione aveva messo in luce quanto Nick fosse cambiato in quel breve lasso di tempo: solamente due settimane prima, il solo sapere dei suoi sentimenti verso di lui lo avevano portato a comportarsi come uno stronzo, concentrato solamente sulla sua reazione senza riuscire a guardare oltre e preoccuparsi delle conseguenze delle sue parole e azioni. Ora, invece, era successo tutto l'esatto opposto e, a esser onesto, Brian ne era spaventato. Nick aveva messo da parte i suoi sentimenti, aveva messo da parte la sua rabbia e qualsiasi altro pensiero solamente per potersi focalizzare su di lui e su come meglio rassicurarlo che niente, nemmeno quella passata violenza, sarebbe stato in grado di separarli.
Ma non sarebbe durato a molto. Una confessione di quel genere non poteva essere messa da parte così facilmente, non poteva andarsene via senza lasciare strascichi e echi dietro le sue spalle. E Brian aveva paura di quando quel momento sarebbe arrivato: temeva la reazione di Nick, tenuta segregata fino a quel futuro momento; temeva di non essere in grado di sopportarlo e confortarlo, come poteva d'altronde quando era lui stesso il centro di quel problema?
Un passo alla volta.
Ma quali erano quei passi? Non c'erano dubbi che quello, quella relazione, era tutto ciò che stava tenendo Brian in piedi in quel vortice e tempesta. Ma era ciò che Nick voleva veramente? Il dubbio era nato all'improvviso, facendosi strada fra meandri di riconoscenza e corridoi di desiderio: avevano discusso, certo. Quella notte al bar, ormai lontana anni luce, Brian aveva chiesto con precisione a Nick se era quello che voleva: non avrebbe accettato un forse, non avrebbe accettato un “vediamo come va”. Ma era stato lui ad omettere un fattore importante, era stato lui a credere che potesse continuare a illudere tutti e se stesso facendo finta di essere un ragazzo normale. Ecco dove, quindi, nasceva il dubbio: ora che sapeva, ora che aveva chiara la situazione e consapevole che le cose non sarebbero mai state come in un'altra e più normale relazione, Nick avrebbe comunque continuato a voler star con lui? Lo avrebbe compreso se avesse deciso di andarsene, avrebbe capito se avesse deciso di trovare qualcun altro, qualcuno meno complicato e senza un pesante fardello sulle spalle. Avrebbe capito, sì, ma si sarebbe anche ritrovato completamente distrutto, svuotato dell'unico sentimento che riusciva a farlo sentire vivo e quasi normale.
Non dire sciocchezze, sussurrò la sua coscienza, Nick ha detto che ti ama e che non ti lascerà. Non farti prendere ostaggio dai dubbi.
Era quella la più credule delle ferite che Tyler gli aveva inflitto: con un solo colpo, con un lento e agonizzante colpo, gli aveva portato via la sicurezza di poter esser abbastanza e speciale per qualcun altro. Quell'insicurezza, quella sua fragilità, non sarebbe mai scomparsa ma sarebbe stata un'ombra in qualsiasi rapporto. E, proprio per questo, Brian si ritrovò con la consapevolezza di non voler lasciarsi prendere ostaggio dai dubbi. Tyler aveva già vinto su ben troppe cose nella sua vita, l'aveva manipolata e controllata anche quando non era stato fisicamente presente. No, non gli avrebbe lasciato anche quell'ultimo tassello perché, per quello, Brian era disposto a lottare fino all'ultima unghia.
Risolvere quel nuovo problema.
Parlare con Kevin.
Parlare con Aj.
Poteva farcela. Doveva solamente focalizzarsi su quello che doveva fare, trattenere ancora per poco il respiro e le lacrime e aspettare di essere solo.
No.
Di essere soli.
Gli era ancora difficile quel passaggio, così abituato a dover contare solamente sulle sue forze e cercare di rimettersi in piedi senza che nessuno si accorgesse che qualcosa non andava.
Con gesti quanto mai automatici, Brian si sciacquò per una seconda e terza volta, lasciando che l'acqua fresca gli portasse un minimo di sollievo. Una volta asciugato il viso, fu quasi inevitabile osservarsi allo specchio e Brian non riuscì a contenere una smorfia nell'osservare il suo riflesso. Non sembrava nemmeno lui, così pallido e quasi cadaverico e con quegli occhi gonfi e arrossati. Sarebbe stato impossibile andare in scena quella sera, nemmeno il più pesante dei trucchi avrebbe potuto compiere un miracolo e farlo sembrare vagamente normale. I capelli sparavano da ogni lato, alcune ciocche si erano trasformate in riccioli impazziti così Brian recuperò il pettine e incominciò a dar loro, almeno, un aspetto vagamente simile all'ordine. Una doccia sarebbe stato l'ideale, non solamente per scacciare via i residui fisici di quella nottata, ma non voleva rimandare ancora ciò che lo aspettava nell'altra camera. Brian aveva imparato sulla sua pelle che nascondersi o sperare non serviva a far scomparire le brutte sorprese: meglio togliersele via il più in fretta possibile, esattamente come un cerotto, e poi pensare a rimettere insieme qualsiasi caos e disordine avrebbero causato.
Un ultimo respiro, un'ultima rassicurazione su come avrebbe potuto farcela e su come quella fosse solamente l'ultimo di un infinito numero di tasselli.
Poteva farcela.  

 

 

 

 

************

 

 

 

Nick non sapeva spiegarsi da dove quella sensazione fosse nata. Non aveva senso, non aveva nessun appiglio a qualche verità o realtà e Nick sapeva che era solamente frutto di una reazione emotiva alle confessioni di quella notte. Eppure, non riusciva a buttare via quei pensieri, a scacciarli via come se fossero delle silenziose ma rumorose mosche.
In fin dei conti, con qualcuno doveva pur sfogare la sua rabbia. E non poteva, non avrebbe mai potuto farlo con Brian: era ancora convinto, lo sarebbe stato fino al suo ultimo respiro, che non poteva essere responsabile di ciò che gli era successo. Era Tyler l’unico colpevole ma, anche lì, Nick ancora non poteva riversare la sua rabbia su quel bastardo, nonostante la voglia di uscire da quel bus e dargli la caccia faceva alzare e gonfiare il petto con strepiti e artigli ben affilati. E quella rabbia aveva bisogno di uscire, quella rabbia stava lentamente assaporando ogni piccolo tessuto all'interno di Nick e sarebbe stato impossibile, fra poco tempo, riuscire a concentrarsi su Brian e su come prendersi cura di lui.
Era ingiusto, lo sapeva. Era ingiusta quella rabbia che ora trovava il suo bersaglio in Kevin, perché Nick poteva solamente immaginare quanto già in colpa il maggiore si fosse sentito in tutti quegli anni. Era ingiusta, sì, ma Nick non riusciva a far tacere quella vocina che continuava a domandare dove fosse stato Kevin quel giorno o per quale motivo non si fosse mai accorto di quanto malato fosse il suo migliore amico.
Perché non aveva protetto Brian?
Perché aveva permesso che gli accadesse qualcosa del genere?
E, in quel circolo vizioso di sensi di colpa e responsabilità, Nick non poteva non includere se stesso. Non aveva protetto Brian, l'unica volta che avrebbe potuto dimostrargli quanto valesse quella dichiarazione tardiva di protezione, lo aveva lasciato da solo perché incapace di prendere coscienza dei suoi sentimenti. Non lo aveva protetto e, nonostante tutto il male che gli aveva fatto, Brian era ancor più convinto a continuare quella storia.
Non solo con lui.
Santo cielo, si ritrovò Nick a sospirare mentalmente, se una cosa del genere fosse successa lui, difficilmente sarebbe stato ancora lucido dopo tutti quegli anni. Anzi, forse non sarebbe nemmeno arrivato lì dove invece Brian era riuscito a giungere. E si odiava, oh sì, Nick si odiava per tutte quelle volte che aveva urlato contro Brian, tutte quelle volte in cui gli aveva rinfacciato una vita normale che solo ora comprendeva era stata una mera chimera. 

E' passato. Non lasciare che quelle parole intacchino questo presente. Lascia il passato dove dovrebbe stare. Dietro di te. 

Quelle parole, quelle frase che Brian gli aveva detto in un tentativo di conforto qualche mese o anno prima, ora assumevano contorni e punti differenti. Non era stato un consiglio solo verso di lui, non erano state frasi adite solo per aiutarlo in un momento di crisi e di debolezza; Brian le aveva rivolte anche a se stesso, come a volersi ricordare che non doveva e non poteva lasciare che Tyler avvelenasse quella vita costruita a fatica.
Da quelle parole, in quel momento, Nick trasse una linfa nuova, rigettando all'indietro tutti quei pensieri che stavano alimentando la sua rabbia. Ingiustificata, almeno nei confronti di Kevin: non aveva potuto fare niente quel giorno, per quanto sarebbe stato così facile trovare elementi di mancanza e di carenza, ma negli anni avvenire e in quel momento aveva e stava facendo ancora tutto il possibile per proteggere Brian e mettere una pezza a quella sua passata mancanza.
Non era colpa sua se si ritrovavano a dover combattere contro un pazzo, sì, ma con a disposizione mezzi abbastanza per creare quel malato piano.
Gli occhi di Nick si posarono, così, su quel giornale che Kevin aveva gettato sul letto. Che cosa avrebbe potuto ottenere, Tyler, facendo pubblicare quelle foto? Distruggere la reputazione di Brian? Scatenare un caos fra le fans? Sembrava tutto senza senso, almeno per lui che non andava in giro a tormentare una persona solo per passati rancori.
La rabbia tornò, potente come non mai, quando la sua mente registrò l'espressione dipinta sul volto di Brian in quella foto. Paura. Terrore. Era impercettibile per chi non conosceva bene Brian, era imperscrutabile per chi non aveva mai dato importanza a che cosa si nascondeva dietro il suo sorriso. Il mondo, le fans, la gente comune, avrebbe semplicemente visto ciò che quel giornale e Tyler volevano mostrare loro: sesso, estasi. Scandalo. Avevano abboccato quell'amo lanciato loro e avrebbero continuato a cercare per un nuovo pezzo di informazione, senza mai dubitare che le immagini di fronte ai loro occhi fossero falsate, lontane dalla verità.
Ma la realtà era dolorosa. Lo era per lui, per Nick, che non poteva fare a meno di ricreare quelle espressioni su un viso più giovane, dieci anni più giovane, e tutto ciò non faceva altro che aumentare la sua rabbia e quel desiderio, insano e completamente normale, di rompere qualcosa in mille pezzi. Solo per non sentire più quella stretta attorno al suo stomaco e cuore ogni volta che ripensava a quanto, troppo, era stato vicino a non aver mai la possibilità di conoscere Brian.
Brian.
Come un mantra, Nick si ripetè che doveva essere lui l'unico suo pensiero. Perché già il maggiore si sarebbe preoccupato per lui, di come lui aveva preso quelle foto e, sì, si sarebbe sentito terribilmente in colpa che la sua reputazione fosse messa così in pericolo da quelle foto. Un pensiero così lontano dalla realtà perché a Nick, in tutta onestà e così naturale come respirare, non importava che cosa il mondo pensasse. Non gli importava che milioni di fans smettessero di pensare a lui come futuro marito, non gli importava se avrebbero accettato o meno quel rapporto: con il cuore gonfio d'amore, Nick voleva far sapere a tutti quanto essere amato da Brian, anche se solo per pochi giorni, lo avessero già trasformato in un uomo migliore. Ma, allo stesso tempo, sapeva che le peggiori conseguenze sarebbero ricadute su Brian e su quella fede che sarebbe risultata essere una lama a doppio taglio.
Stava correndo con i pensieri. Per prima cosa dovevano affrontare quelle foto e Nick era sicuro che Brian non le avrebbe prese bene. Chiunque, nei suoi panni, si sarebbe ritrovato catapultato in quei ricordi che aveva tanto cercato di cancellare.
“So che non posso proteggerlo da tutto... - La voce di Kevin recuperò Nick dai suoi pensieri, lo sguardo che andò a spostarsi dalle foto al maggiore. - So che è abbastanza forte da sopportare qualsiasi cosa ma ho come l'impressione che questa sia l'ultima goccia.”
“Non hai tutti i torti. - Nick si ritrovò a dar ragione a Kevin, memore di quella notte appena trascorsa. - Ma ci ucciderebbe se sapesse che gli abbiamo tenuto nascosto qualcosa.”
Kevin non ebbe tempo di rispondere perché Brian scelse quel preciso momento per uscire dal bagno, richiudendosi la porta dietro alle spalle con un sordo colpo.
“Che cosa volevate tenermi nascosto?”
La voce era stanca, in perfetta linea con l'espressione esausta del volto; eppure, l'atteggiamento era quello che aveva sempre contraddistinto il cugino, quella determinazione a non crollare nemmeno sotto il più pesante dei colpi.
“Niente. - Si affrettò a rispondere Nick. - Non vogliamo nasconderti niente.”
“Non sono un fragile vaso.”
“Lo sappiamo. - Intervenne Kevin. - Ma non puoi farci una colpa se ci preoccupiamo.”
L'espressione dura della mascella si rilassò,lasciando apparire un altrettanto stanco sorriso. “Lo so. Ma non posso combattere se non so che cosa sta succedendo.”
Nick recuperò il giornale con le foto, un misto di apprensione e ansia nel non sapere come Brian avrebbe reagito di fronte a quelle immagini.
“Ecco il perché delle foto dell'aggressione.”
Per un momento, Brian pensò che fosse ancora un incubo. Con ogni fibra del suo essere, Brian pensò che doveva essere crollato, troppo esausto e provato da quella notte e incapace di potersi svegliare da quelle immagini. Invece non lo era. Un incubo. Perché l'incubo non poteva, non era in grado di riportare su per la gola la bile mentre risentiva quelle labbra sulla sua mascella, sul suo collo, sulle sue labbra. Non doveva e non poteva fargli ancora sentire l'odore di alcohol e di fumo, l'umidità di una serata in cui la pioggia aveva cessato di scendere. Non poteva riportare a galla quella paura che lo aveva reso ancora una volta una vittima, incapace di controbattere e agire e salvarsi, almeno per una volta.
Poteva scappare. Poteva raccontarsi belle parole su come quella volta fosse tutto differente quando, invece, il suo fallimento era ora stato stampato per tutto il mondo.
“Bri?”
La voce di Nick arrivò soffusa, offuscata dai suoi stessi flebili e patetici gemiti di protesta. Si scostò da quelle mani che volevano toccarlo, stringerlo e, ancora una volta, renderlo prigioniero di un incubo senza fine. Ma quel no, quel rifiuto pronunciato con un fiato e un respiro veloce e pesante, non si riferiva solo agli echi del passato: era la voce della rabbia, era la voce dell'unica energia e arma che gli era rimasta per evitare di crollare.
Poteva subire qualsiasi attacco. Poteva affrontare e scrollarsi qualsiasi cosa Tyler avrebbe tirato contro di lui ma non avrebbe mai potuto perdonarsi se, per colpa sua, Nick ne avrebbe subito anche un bricciolo di conseguenze. Non era giusto, non era maledettamente giusto che, per qualcosa che c'entrava solo ed esclusivamente lui, Nick si ritrovava al centro di uno scandalo.
“No.”
Non sapeva nemmeno che altro pensare, Brian, se non che Tyler aveva superato ogni limite. Sapeva solo, Brian, che la rabbia dentro di lui continuava a sgorgare come se essa fosse un fiume troppo agitato per poter rimanere tranquillo all'interno delle rive.
Lasciò cadere il giornale, lasciando morire per un attimo la voglia di prendere quei fogli e strapparli fino a ridurli a microscopici punti di colore e di bianco e nero. Lasciò cadere quelle parole e quell'infamia e, prima ancora che qualcuno potesse dire o cercare di fare qualcosa, i suoi piedi incominciarono a muoverlo verso l'uscita dal tourbus. Era una cieca furia ciò che lo avvolgeva, come una nube rossa i cui fumi erano così troppo densi per poter vedere oltre a quei pensieri.
Era ora di finirla.
Era ora di smetterla con quella pantomina, con quella guerra che tutto faceva se non far del male alle persone che gli stavano accanto. E Tyler aveva oltrepassato una linea sacra per Brian, aveva preso e messo in mezzo Nick.
Mancavano pochi centimetri, già la mano di Brian si stava posando attorno alla maniglia della porta quando un'altra mano si circondò attorno al suo polso, bloccando letteralmente i suoi movimenti.
“Dove stai andando? Brian!”
“Lasciami!” Si ritrovò Brian ad urlare, strattonando con quel poco di forza rimasta chiunque lo stesse trattenendo.
“No!”
Brian si voltò di scatto, ritrovandosi di fronte ad un Nick con un'espressione quasi più determinata della sua.
“Lasciami andare.” Sibilò a denti stretti. Per un secondo, un veloce e frangente attimo, Nick e Seth si erano confusi in un'unica persona e il suo cuore aveva fatto quasi un salto all'indietro, impaurito che tutto stesse per riaccadere ancora una volta. C'era voluto un respiro, un piccolo mantra che la persona davanti a lui era Nick e che non gli avrebbe fatto del male, prima che Brian potesse ritrovare una parvenza di calma.
“Lo faccio se ti calmi. Che cosa credi di fare?”
“Secondo te? E' là fuori, lo sai. Non so bene dove ma è qui, attorno, a ridere di quello che ha appena fatto succedere.”
“E quindi? Che cosa credi di risolvere uscendo come un pazzo?”
“Non sono pazzo! - Esclamò Brian esasperato. - Vuole me, okay? Non posso permettergli che faccia altri casini mettendo in mezzo persone che non c'entrano nulla! Vuole me e solo me.”
“Bel piano. Consegnarti come un martire.”
“Hai un'altra idea? Hai un piano contro una persona che nemmeno conosci e che non sai nemmeno di che cosa sia capace?”
“Posso anche non conoscerla ma credo di aver compreso che cosa possa o non possa fare. E stai sicuro che non ti permetterò di andare da lui come una pecora da macello.”
Brian aprì le labbra per rispondere ma non uscì nessun suono, solamente un gemito che si trasformò quasi subito in un singhiozzo; esausto e sconfitto, si lasciò cadere sul pavimento, la schiena e la nuca appoggiata contro la porta.
“Dimmi che cosa devo fare. Dimmi come dovrei reagire perché non... - Gli occhi di Brian si riaprirono, lasciando apparire quelle lacrime che stavano diventando sempre più difficili da tenere a bada. - ... voglio solo che tutto ciò finisca.”
Quasi come se entrambi si fossero dimenticati della presenza di Kevin, Nick si inginocchiò di fronte a Brian, provando ancora quel senso di inutilità e di totale fallimento.
“Se vai fuori, se vai e ti fai prendere da lui, tutto questo non finirà. E lo sai.”
“Lo so. Ma mi fa rabbia. Mi fa rabbia che ti abbia messo in mezzo.”
“Siamo in due, allora.”
“In realtà, tre.- Si intromise Kevin, facendo apparire un timido sorriso sui volti dei due ragazzi. - Anche se vorrei sapere contro chi me la devo prendere.”
“Tyler. Chi altri?”
La rivelazione lasciò Kevin completamente sconvolto, niente parole o frasi da usare come risposte. Non voleva e non poteva crederci perché avrebbe significato un suo nuovo fallimento, l'ennesima promessa che non era riuscito a mantenere perché aveva lasciato che quell'uomo si rintrufolasse nelle loro vite. Nella vita di Brian.
“Non... non è possibile...” Mormorò Kevin, facendo un passo indietro come se metaforicamente volesse allontanarsi da quell'alternativa. Ma lo sguardo di Brian, quegli occhi che raccontavano di quell'incubo diventato reale, non mentivano. Non avrebbe mai potuto mentire su qualcosa di così difficile per entrambi.
“Doveva essere in prigione.” La frase uscì in un sussurro, esattamente come era uscita qualche ora prima, quando quella verità era riuscita a creare una sorta di cava dolorosa dentro l'anima di Brian.
Kevin strinse la mano in un pugno, le unghia quasi conficcate nella pelle per usare quella dolorosa sensazione come segno che non stava sognando qualcosa di orribile. E ancora non sapeva come doveva comportarsi, perché sembrava così inutile nascondere il cugino in un abbraccio e dirgli che sarebbe andato tutto bene.
C'era una sorta di strano e teso silenzio, tre figure bloccate in quell'impasse in cui non sapevano come fare per uscire. E Kevin sapeva che toccava a lui risolverlo, sapeva che era suo il compito riprendere in mano il controllo della situazione. Anche se ancora non sapeva esattamente quale fosse quella circostanza.
Con una freddezza e un controllo che, anche ammettendo a se stesso, Kevin non sapeva da dove nascessero, si avvicinò alla coppia inginocchiata per terra.
“Sei sicuro che sia lui?”
“Sì. Ieri non ho avuto nessuna allucinazione. Era lì. E ha organizzato tutto questo.”
L'ansia incominciò a riprendere vigore dentro Kevin ma, in qualche modo, riuscì a rimetterla sotto pesanti restrizioni. Mille e più ipotesi incominciarono a formarsi dentro la sua mente, immagini che lo avevano tormentato per settimane e che lo avevano costretto a chiedere asilo ai genitori di Brian in modo da poter esser sicuro che no, Tyler non era riapparso all'improvviso e lo avesse preso ancora prigioniero.
“Come lo sai?”
Brian e Nick si scambiarono uno sguardo, un breve cenno del capo da parte del cugino prima che Nick si voltasse verso Kevin.
“Quando siamo usciti ieri sera, fra la folla di fans c'era anche Seth. Il ragazzo che ha aggredito Brian. Lo abbiamo seguito e lo abbiamo costretto a darci delle spiegazioni. E' saltato fuori che qualcuno lo ha pagato per aggredire Brian e ieri per farsi trovare al concerto di ieri.”
“Come sapete che si tratta di Tyler?”
“Non sapeva il nome. Gli ho chiesto se aveva una cicatrice in viso e lui ha detto di sì.”
“Molte persone possono averla.” Obiettò Kevin, cercando di trovare un senso logico per poter spiegare come non poteva e non doveva trattarsi di Tyler.
“Oh andiamo! - Esclamò Nick. - Quante probabilità ci possono essere? Due bastardi con la stessa cicatrice che ce l'hanno contro Brian?”
“Aspetta un attimo. - Disse Kevin, alzando una mano. - Tu sai di Tyler?” Domandò all'indirizzo di Nick.
Ma fu Brian a rispondergli, lo sguardo colorato di un'espressione decisa e determinata.
“Dovevo. E volevo farlo.”
La risposta lasciò interdetto Kevin, memore di tutte quelle battaglie per lasciare al sole quel segreto. In poco tempo, in meno di due giorni, Brian era totalmente cambiato davanti ai suoi occhi, quasi come se finalmente avesse compreso che mostrarsi le proprie debolezze non significava, necessariamente, dichiararsi deboli e senza forze. Era quasi impossibile collegare quei termini e quelle caratterizzazioni a Brian, anche se era sempre questi il primo a dubitarne e a non crederci mai. Ma con Nick, con Nick Kevin non poteva non ammettere che qualcosa era cambiato e in meglio. Quella situazione avrebbe potuto condannare quella storia ad un inferno e un inevitabile tonfo nel nulla, lasciandoli dividere quando avrebbero dovuto essere forti e compatti per affrontare quell'incubo. Molte coppie, con ben più anni di legame alle spalle, si sarebbero ritrovati sconfitti di fronte a quell'ostacolo ma non loro. Forse perché erano entrambi più testardi di qualsiasi altra persona che avesse mai conosciuto, forse perché essere all'inizio li rendeva più coraggiosi e incoscienti, ma Kevin si sentiva più rassicurato e quasi tranquillizzato nel sapere che suo cugino aveva trovato qualcuno a cui affidarsi, senza remore e senza paura.
O, almeno, apparente.
“Sono contento che tu l'abbia fatto.” Disse Kevin con una punta di onestà nella voce.
Brian annuì con un cenno del capo. “Avevi sempre avuto ragione. Ho sprecato fin troppe energie ad odiarmi per qualcosa di cui non avevo nessuna colpa. E non avrei mai dovuto aver paura della loro reazione. Ma non riuscivo a concepire come qualcuno potesse vedermi diversamente da come facevo.”
“Ti vogliamo bene nonostante tutto, Brian. - Mormorò Nick, riuscendo ad allungare un braccio e circondare così il ragazzo, il suo ragazzo, in un abbraccio. - Anzi, é un motivo in più per amarti.”
“Ne avrei fatto a meno.” Si ritrovò a Brian a commentare mentre appoggiava la testa sulla spalla di Nick. In quel momento, Brian si rese conto di non aver più niente a cui aggrapparsi per poter andare avanti: la rabbia era scemata via nel momento in cui si era reso conto che non c'era via d'uscita, che anche andare a cercare Tyler personalmente non avrebbe risolto i problemi che dovevano affrontare. Scappare non era più la risposta. E nemmeno far finta di avere una roccia di granito a cui poter attingere infinitamente.
“Tutti vorremmo farne a meno.” Rispose Nick in un sussurro, appoggiando le labbra sulla tempia di Brian. A quel scocco, gli occhi si chiusero, lasciandosi sfuggire un sospiro di stanchezza.
Era palese, agli occhi di chiunque, che Brian era alla fine della corda che lo aveva tenuto in piedi fino a quel momento. Kevin incominciava a vedere i segni dei primi cedimenti ed era arrivato il momento di farsi avanti e prendere, almeno per qualche ora, controllo su quella barca quasi alla deriva.
Si avvicinò fino a giungere di fronte alla coppia, inginocchiandosi e appoggiando la mano sopra il ginocchio di Brian.
“Andate a dormire. Quale ora, non chiedo molto. Possiamo sistemare questa situazione quando non sarai completamente esaurito ed esausto.” Kevin parlò con tono sincero, senza lasciar sfuggire nessuna nota di predica o di accondiscendenza. Sapeva che poche ore era il massimo che poteva chiedere a Brian in quel momento e, forse, solamente una settimana prima gli avrebbe impedito di continuare ad occuparsi di quella faccenda. Sì, solamente qualche giorno prima Kevin avrebbe continuato a tirar fuori dall'armadio la veste di supereroe e cercato di rimettere tutto a posto senza che Brian ne prendesse parte, spinto dal senso di protezione e di colpa. Quei giorni, quelle poche ore trascorse, gli avevano insegnato che poteva continuare a prendersi cura di suo cugino senza dover per forza escluderlo e proteggerlo come un bambino senza forze e inutile.
Per un attimo, Brian si ritrovò quasi sul punto di protestare. E l'avrebbe fatto, in una situazione temporale differente da quella. Non sarebbe riuscito a focalizzarsi su tutto ciò che bisognava fare quando tutto ciò che la sua mente richiedeva era un momento di buio e di riposo.
Fu solo un attimo prima di accennare una risposta positiva con il capo. “Non credo di riuscire a mettere insieme molto ma qualche ora sarebbe l'ideale.”
“Io intanto m'informo per sapere se davvero quel bastardo è fuori di prigione. Nel frattempo, spegnete qualsiasi cellulare e dirò a Q e Drew di non lasciare entrare nessuno nel bus, a parte noi.”
“Nemmeno Johnny?”
“Soprattutto lui. Qualsiasi decisione dovrà venire da te, okay?”
“Grazie. - Mormorò Brian, gli occhi ormai lucidi e non solo per la stanchezza. - So che vorresti rimettere a posto tutto senza che io me ne accorga ma...”
“Lo so. - Rispose Kevin. - In questi anni abbiamo sbagliato entrambi.”
“L'importante è rendersene conto e andare avanti. - Dopo quelle parole, Brian si staccò dall'abbraccio di Nick e circondò le braccia attorno al corpo del cugino. - Grazie di esserti preso cura di me.”
Kevin si ritrovò a dover cacciare indietro un groppo di emozioni e commozione. “Grazie a te per non avermi mai odiato.”
“Non potrei mai. - Lo rassicurò Brian. - Non è mai stata colpa tua.”
Quel poco di rabbia che era rimasto in Nick scivolò via a quelle parole. Brian aveva ragione, per quanto quella parte irrazionale di sé voleva e continuava a desiderare di avere qualcuno con cui prendersela nell'immediato. Ma prendersela con Kevin avrebbe solamente utilizzato energie che sarebbero state più utili per dare la caccia a chi davvero meritava tutta la sua rabbia e tutto il suo odio. Prendersela con Kevin significava mettere Brian in mezzo ad una battaglia di cui avrebbe dovuto farne a meno e avrebbe tolto l'attenzione su ciò che era nettamente più importante, ovvero rimettersi in piedi. E Brian, ora, era la sua unica priorità.
“Andiamo. - Disse Nick, interrompendo quel breve ma importante attimo fra i due cugini. - Deduco che non sarà semplice farti addormentare.”
“Non sono mica un neonato! - Ribattè Brian con tono ironico e una punta di sorriso. - E il problema non è addormentarmi ma riuscire a mettere insieme più di qualche minuto senza incubi.”
“Troveremo un modo.” Lo rassicurò Nick.
Ancora Brian non si capacitava del cambiamento in Nick. O in lui, se proprio doveva essere onesto. O di quel rapporto che era nato sotto mille stelle sbagliate e, nonostante tutto, stava combattendo per uscirne sempre più splendente. E sapeva che, più presto che poi, sarebbe arrivato il contraccolpo di tutta quella situazione. Sperava, Brian, e si fidava che entrambi sarebbero stati forti abbastanza per evitarlo o affrontarlo ma c'era una piccola punta di paura dentro di lui, il terrore che quel castello in cui si stava nascondendo sarebbe crollato e lo avrebbe lasciato senza difese e senza nessuna torre a cui appoggiarsi.
“Non incominciare a pensare al peggio. - Tentò di rassicurarlo la sua coscienza. - Non sarà sempre facile ma Nick lo ha promesso e lui mantiene la parola data.”
Giorno per giorno. Così ora doveva Brian affrontare quella situazione. Così si ritrovò semplicemente ad annuire e accettare quella mano che Nick gli stava offrendo, ennesimo simbolo di quel desiderio e di quella volontà di aiutarlo anche per quel minimo gesto si rimettersi fisicamente in piedi e trasferirsi nella camera accanto.
La finestra era stata lasciata aperta, un filo di aria che aveva quasi portato via quella satura degli incubi della notte. Nick fece per chiuderla ma Brian lo bloccò, preferendo quell'ennesimo appiglio alla realtà nel caso i demoni e i ricordi si fossero presentati durante il riposo. I vestiti del giorno prima furono lasciati cadere per terra, poi piegati alla perfezione anche se aspettava loro solamente il sacco con gli indumenti da lavare. Una vecchia felpa e un paio di pantaloni comodi divennero il pigiama per quella notte travestita da giorno e l'abbraccio di Nick fu il rifugio perfetto dove adagiarsi e cercare conforto in qualche ora di oblio. Eppure, la mente di Brian non riusciva a spegnersi ma, anzi, continuava a cercare un filo logico in tutto quello che era successo. Perché pubblicare le foto? Perché far credere al mondo che quelle immagini fossero il ritratto di una relazione invece che qualcosa di molto più subdolo e deplorevole? Che cosa ne avrebbe tratto Tyler in quel piano malefico? E qual era, soprattutto, quel piano?
“Shh... - Il bisbiglio accarezzò le orecchie mentre una mano passava fra i capelli, quasi come se stesse cercando di acquietare quella tempesta di pensieri dentro la sua mente. - Cerca di riposarti ora.”
“Ma...” Tentò Brian di obiettare ma quelle dita trovarono un punto perfetto dove incominciare a massaggiare e qualsiasi domanda si perse in onde di calma e pace.
“Ne parliamo dopo. Purtroppo i problemi continueranno ad aspettarci, non scapperanno.”
Nick aveva ragione. Continuare a ruotare attorno allo stesso perno quando era completamente esausto sarebbe stato inutile, oltre al fatto che Brian sapeva che stava semplicemente cercando e aggrappandosi a qualsiasi fattore pur di sfuggire ai suoi incubi.
Così, cullato dal respiro regolare di Nick e da quella sicurezza derivante dal suo abbraccio, Brian chiuse gli occhi, aspettando e all'erta per quei demoni che sarebbero giunti senza scrupoli.

 

 

 


************

 

 


 

L'urlo si bloccò in gola, protetto da una determinazione quasi disumana e silenziato dal desiderio di non far accorrere tutti in quella camera. Per qualche secondo, le palpebre chiuse continuarono a essere prese ostaggio dalle immagini che quell'incubo avevano creato senza remora né rimorso. Si era ritrovato là in quel vicolo, si era ritrovato ancora bloccato da braccia e mani che volevano solamente assaggiarlo e assaporarlo, il tutto mentre volevano impedirgli di scappare via e rendere nulli i loro tentativi. Aveva risentito la sua voce pregare e scongiurare, si era risentito ridotto ad una semplice vittima invece che fare uso di quella forza di cui tutti continuavano a parlare e ammirare.
E poi aveva sentito la sua voce. Aveva sentito quella promessa, quella minaccia, sussurrata così vicino alle sue orecchie ed era stato in quel momento che l'urlo aveva incominciato a nascere e crescere: quella voce era vicina perché il proprietario era di fronte a lui, quasi come se un colpo di vento lo avesse sostituito a quella copia di Nick che aveva dato inizio agli approcci.
Come era arrivato fino a lì?
Come era riuscito a trovarlo, a seguirlo e avvicinarlo senza che nessuno potesse scorgerlo? Nessuno sapeva, ecco l'amara verità. Nessuno sapeva di quel mostro, tenuto sempre nascosto nell'angolo più buio e remoto della sua mente. Come potevano proteggerlo se non sapevano nemmeno chi dovevano combattere?

«Nessuno può salvarti. Come quel giorno, nessuno verrà a salvarti.»

Delle labbra, quelle labbra, si erano avvicinate e si erano appoggiate sulla guancia. Fu quello il momento in cui, finalmente, Brian si risvegliò con quella voglia di urlare fino a quando le sue corde vocali non potessero più emettere neanche il più piccolo suono. L'aria fresca sapeva di mattina, non più di notte. Il messaggio arrivò a fatica fino al cervello di Brian, ancora incatenato nei meandri del passato e presente legati insieme. Quell'informazione si scontrò contro il dettaglio, fisico e sempre presente, di quelle braccia strette attorno al suo corpo e che gli rendevano impossibile ogni via di fuga o di liberazione. Il subconscio sapeva che si trattava di Nick, sapeva che non c'era bisogno di impaurirsi o temere il peggio ma l'inconscio era nettamente più forte da controbattere in quel momento, arrotolato in un tentativo quasi primitivo di autodifesa.
Inspirò a fondo. Lasciò uscire quell'aria, sperando di potersi liberare anche del panico. Si trovava sul bus, avvolto attorno a lui c'era il ragazzo che aveva promesso di proteggerlo e niente avrebbe potuto avvicinarsi ancora così vicino a lui. Eppure il battito del cuore andava ancora troppo velocemente, il respiro era ancora troppo rapido e ansioso e tutto ciò che davvero Brian desiderava era potersi liberare.
Anche se si trattava solamente di Nick.
Ma Nick dormiva, per fortuna almeno uno di loro due riusciva a recuperare qualche ora e Brian si sarebbe dannato se lo avesse svegliato e avesse aggiunto un ennesimo motivo per sentirsi in colpa e inutile sulle spalle di Nick. Lentamente, così, Brian incominciò a slacciare le dita che lo tenevano circondato; una per una fino a quando riuscì a posare la mano di Nick sopra la sua coscia. Attese qualche secondo, temendo qualsiasi movimento o suono che proveniva dal corpo dietro di lui ma Nick continuò a dormire, lasciandosi sfuggire solamente un debole gemito di protesta. Cautamente, si lasciò quindi scivolare verso il fondo del letto, per poi muoversi fino a rimanere seduto sul ciglio del bordo. Automaticamente, di istinto, lo sguardo andò a cercare la piccola sveglia che teneva sempre sul comodino e che si era portato dietro quando il bus di Nick era diventato anche il suo: le linee rosse formavano un'ora che, amaramente, informava Brian che non era trascorso così tanto tempo da quando si erano ritirati in camera.
E lo sentiva.
Quel mezzo riposo, quel sonno interrotto da incubi e da panico avevano lasciato Brian ancor più stanco ed esausto di prima, un accenno di mal di testa che batteva contro le tempie e la sensazione che, presto, anche il suo stomaco si sarebbe aggiunto a quel singolare e doloroso concerto. Non c'era nemmeno una mezza idea di provare a tornare a dormire, avrebbe semplicemente peggiorato la situazione e speso fin troppe energie a scappare dai suoi demoni invece che riposare.
E, esattamente come qualche ora prima, la tentazione di rinchiudersi in se stesso e lasciare fuori il mondo diventò troppo grande per poter essere ignorata. Sarebbe stato tutto più semplice, non ci sarebbe più stata quella costante e sempre più crescente sensazione di volersi strappare ogni centimetro della propria pelle, quasi come se essa potesse essere un vestito che bastava togliere e cambiare per non sentirsi più in quel modo.
Sarebbe stato facile. Non avrebbe più sofferto.
Nick si mosse dietro di lui, spostando le coperte mentre si accoccolava lì dove vi era ancora il suo profumo e il suo calore. Brian si ritrovò a sorridere, nonostante tutto.
Glielo aveva promesso. Forse non a parole, forse Nick non lo avrebbe mai sentito pronunciare quelle parole ma gli aveva fatto quella promessa quando si era detto che non sarebbe caduto in quel vecchio e così attraente vortice di autodistruzione. Quella volta avrebbe combattuto, non sarebbe rimasto inerme come era accaduto qualche settimana prima o come succedeva sempre nei suoi sogni. Avrebbe lottato e lo avrebbe fatto senza ridursi a un cumulo di cenere e detriti che poi nessuno, nemmeno Nick, sarebbe riuscito a rimettere insieme.
E ciò significava e implicava comprendere per quale motivo Tyler stesse facendo tutto ciò.
Perché tutto quello? Perché non semplicemente farsi avanti in prima persona, invece che organizzare quel piano senza apparente senso logico?
C'era un filo, però. Un'unica linea rossa che voleva collegarli, lui e Tyler, come se fossero due estremi che dovevano essere riuniti a qualsiasi costo. Quel filo era quella malsana ossessione che Tyler aveva creato attorno a lui, resa assettata negli anni dal rancore e dalla rabbia per quell'ingiusta, a suo avviso, condanna.
Che cosa voleva esattamente da lui? Distruggerlo? Riprenderlo come se fosse un giocattolo che qualcuno gli aveva portato via all'improvviso? O entrambe?
O entrambe. 

«Perché stai raccontando tutte queste bugie su di noi? Su di me? Perché non dici la verità, Brian? Perché stai rovinando la mia reputazione?» 

Era quello dunque? Una sorta di vendetta, un tentativo di fargli provare ciò che lui aveva subito sulla sua pelle dieci anni prima? E fino a che punto sarebbe arrivato pur di cancellare quel debito che aveva nei suoi confronti? Aveva già distrutto la sua sicurezza, quella parvenza di normalità che si era creato; ora voleva distruggere tutto ciò per cui aveva lavorato in quegli anni, quel gruppo che rappresentava il tutto non solo per loro ma anche per centinaia e migliaia di persone nel mondo. Più di tutto, Brian non voleva far passare quelle immagini come qualcosa di romantico o passionale quando erano solamente un vile e deplorevole atto di violenza.
Un brivido salì lungo la schiena, cercando di riportare in vita quelle immagini anche nella sua mente. Lucido, seppur esausto, Brian le combatté e le riportò in quell'angolo dove aveva sempre tenuto chiuso ogni minimo accenno di temporale, affinché al mondo esterno apparisse solamente un sorriso e una vita totalmente normale. Non poteva più fare affidamento su quella maschera, Brian sapeva che gli avrebbe costato troppe energie ma poteva almeno usarla per contenere quei fulmini e saette, almeno fino a quando sarebbe stato in un posto lontano da tutto quel marasma.
Questioni pratiche. Ecco su che cosa doveva focalizzarsi in quel momento. Per quanto la sola idea aumentasse quel senso di nausea e emicrania, doveva mettere qualcosa sotto i denti o non sarebbe riuscito a fare nient'altro che avvicinarsi sempre di più a quel vortice da cui voleva allontanarsi.
Mangiare qualcosa. Farsi una doccia. Sistemare quella questione delle immagini. E poi, finalmente, andarsene via per qualche giorno e mandare tutti, specialmente Tyler, a quel paese. Elencandole così, non sembrava niente di che, sembrava una semplice lista di cose da fare come poteva capire ogni giorno.
Era sempre stato quello il suo trucco.
Una volta giunto nell'area giorno del bus, Brian si accorse che era praticamente vuoto eccezion fatta per Aj che, seduto sul divanetto, faceva zapping sulla televisione.
«Dove sono gli altri?»
La domanda prese l'amico all'improvviso, facendolo quasi cadere mentre cercava di recuperare il telecomando.
«Hai un aspetto terribile, lo sai?» Domandò Aj con tono ironico, non appena lo sguardo trovò la persona che era apparsa dalla porta.
«Grazie, Aj. - Ribattè Brian, alzando gli occhi al cielo e incominciando a dirigersi verso la zona cucina. - Sei sempre molto gentile.»
«No, sono realista. E' compito del tuo fidanzato mentire spudoratamente quando hai l'aspetto di un calzino dimenticato nella centrifuga da qualche mese.»
Per un secondo, Brian non ebbe la più pallida idea di come rispondere. Era così normale quella battuta, era quasi come se niente fosse davvero successo ed erano semplicemente loro, due amici che si prendevano in giro. E dopo quel secondo di indecisione, una prima risata incominciò a solleticare la sua gola fino a quando Brian non fu costretto a lasciarla uscire dalle labbra.
«Solo tu, Aj. Solo tu.» Si ritrovò a commentare, aprendo il frigorifero e sperando che qualcuno avesse fatto un po' di spesa. Ricerca inutile, il vuoto che stava osservando sembrava quasi richiamare quello che aveva preso trono nel suo stomaco.
«Howie è andato a prendere un po' di cibo. Kevin doveva fare delle telefonate.»
Brian annuì con un cenno del capo, incominciando a preparare almeno una tazza di caffè. Non avrebbe di certo aiutato a calmare i suoi nervi ma, almeno, sarebbe stato una fonte di energie nell'attesa. Rimasero in silenzio, i due amici, interrotto solamente da quando la caffettiera annunciò sbuffando e fischiando che il caffè era ormai pronto per essere versato e bevuto.
Un'altra faccenda da sistemare. Parlare con Aj. E quale momento migliore di quello, in cui erano da soli e Nick dormiva nell'altra stanza? Se anche Aj avesse reagito in malo modo, se anche sarebbero volate parole grosse e voci urlate, Brian avrebbe potuto tornare velocemente dall'unico rifugio che nessuno gli avrebbe mai portato via.
Così Brian si sedette davanti all'amico, passandogli una tazza di caffè fumante e stringendo con intensa stretta le dita attorno alla sua, quasi ignaro dell'alta temperatura della ceramica.
«Ti devo delle scuse, Alex.»
«Di che diavolo stai parlando?»
«Di non averti detto nulla. - Rispose Brian, lasciando uscire un sospiro colmo di stanchezza. - Non solo in questi giorni. Ma anche in tutti questi anni.»
Aj osservò l'amico con attenzione, cercando di captare qualsiasi indizio per captare quel segreto senza costringere Brian a dirlo ad alta voce. Ma Brian non era lui, lui che era sfuggito da ogni verità pur di non affrontarle ed ammettere quanti problemi galleggiassero insieme a quelle bottiglie. E Brian non era decisamente come lui, Brian era esattamente come suo cugino e quasi inscrutabile quando decideva che nessuno doveva essere in grado a leggere la sua anima.
«Kevin ha detto... - Aj si schiarì la voce, abbassando lo sguardo in un gesto che lasciava scappare via quanto fosse nervoso. - Ha detto che tutta questa storia ha a che fare con qualcosa accaduto in passato.»
«Sì. - E ancora eccolo lì, il momento in cui ogni parola e frase scompariva lasciando Brian senza niente da utilizzare. Odiava dover ammettere ad alta voce ciò che gli era successo ma non c'era altro modo per raccontarlo, nessun altro termine per descriverlo. - Sono sicuro che comprenderai il motivo per cui non ti racconterò i dettagli ma... - Ancora un'incertezza, ancora quella flebile vocina che voleva interromperlo prima che il suo segreto venisse esposto senza più possibilità di riportarlo nell'oscurità. - Dieci anni fa, sono stato vittima di una violenza. Sessuale. Lui era il miglior amico di Kevin.» Brian continuò a tenere lo sguardo fisso sulla superficie del tavolo, la mascella così stretta e tesa da quasi sentirne lo sforzo di quella tensione.
«Gesù.» Fu tutto quello che Aj riuscì a dire, in un unico e quasi tremolante e spezzato respiro. Oh, spezzato era davvero il termine esatto perché era in quel modo che si sentiva, totalmente convinto di non aver sentito ciò che Brian gli aveva appena detto.
Non poteva essere reale.
Non poteva essere successo a Brian. Fra tutte le persone di quel mondo, non Brian.
«Doveva essere in prigione. Ma, a quanto pare, si trova da qualche parte là fuori e ha messo in funzione questo piano per distruggermi.»
«Le foto?» Chiese Aj confuso e decisamente sconcertato da quella notizia. Sembrava di essere finiti in una puntata di un telefilm poliziesco, cose di quel genere non dovevano accadere nella vita reale.
«E l'aggressione. E chissà quanto altro.»
Doveva alzarsi. Aj si alzò di scatto, facendo cadere all'indietro la sieda con un suono sordo ma che riecheggiò con risonante terrore dentro Brian. Fu quel suono a fargli alzare lo sguardo, fu quella reazione a impedirgli di fare altro se non continuare a osservare Aj camminare avanti e indietro come se fosse un animale alla ricerca di una fuga. E voleva dirglielo, voleva dirgli di scappare lontano da quel casino e da quell'incubi e, allo stesso tempo, voleva che rimanesse lì, a fare battute come se niente fosse cambiato.
Poi, all'improvviso, Aj si fermò e si voltò, lo sguardo precisamente diretto sul viso di Brian.
«Ma dove diavolo è andato a trovarlo un amico del genere?» Esclamò, alzando le braccia al cielo.
Fu naturale per Brian lasciar sfuggire una risata, sommessa e triste per quel tono che tutto sapeva tranne di confidenze scambiate con uno dei suoi migliori amici. Ma era servita, era stata necessaria per stemperare quella tensione che ancora teneva Brian prigioniero.
«Ce lo siamo chiesti tutti. All'apparenza, lui sembrava un ragazzo fin troppo normale.» Non solo, si ritrovò Brian a pensare mentre ritornava a quei primi momenti, a quei primi giorni in cui far parte della cerchia di suo cugino sembrava la cosa più divertente e fantastica a quel mondo. Ma ora, con il senno di poi e l'esperienza ancora così pesante sulle sue spalle, Brian riusciva a riportare alla memoria e all'attenzione dettagli e particolari che avrebbero dovuto metterlo all'erta. Se solo li avesse captati quel giorno, se solo non fosse stato così ingenuo come bambino, forse tutto quello non sarebbe mai successo.

Era inutile pensare in quel modo. Era inutile domandarsi che cosa avrebbe potuto fare in passato quando non avrebbe comunque avuto modo di tornare indietro e rifare tutto. Poteva solo fare in modo che non accadesse ancora una volta. Non a lui. E a nessuno delle persone a cui voleva più bene.
«Perché?»
Fu l'unica domanda che Aj pronunciò una volta sedutosi di fronte a Brian e dopo un interminabile attimo di silenzio. Ce n'erano tante altre, di domande, che ruotavano attorno alla sua mente ma Aj non voleva rifletterci sopra, non voleva dar importanza a qualcosa che lo avrebbe fatto impazzire. Perché continuava a pensare che fosse tutto solamente uno scherzo, o un incubo perché Brian non sarebbe mai stato capace di escogitare uno scherzo di così cattivo gusto. E non avrebbe mai mentito, ecco perché non voleva affondare il colpo finale raccontando i dettagli.
Voleva solo una spiegazione. Voleva semplicemente sapere per quale motivo Brian non aveva mai detto niente, per quale motivo far finta di essere una persona che non era e, santo cielo se lui si sentiva in colpa di tutte quelle volte in cui lo aveva insultato, in cui lo aveva odiato per quella vita praticamente perfetta e rosea.
«Perché ha scelto me? - Ribattè Brian confuso. - Continuo a chiedermelo da dieci anni e non ho ancora trovato una risposta...»
«No. - Lo interruppe Aj. - Perché lo hai tenuto nascosto.»
Di tutte le domande che avrebbe potuto fargli, Aj aveva scelto quella più difficile da rispondere. Perché ora le ragioni sembravano tutte così stupide e senza senso, dettate semplicemente dalla paura e dal terrore di essere per sempre marchiato e identificato con ciò che gli era successo e non per la persona che era. A dispetto di tutto.
«Potrei raccontarti un milione di ragioni. Per qualche tempo, sembravano essere così inattaccabili che non avrei esitato ad usarle. Non volevo essere quello. Non volevo essere il ragazzo con il passato difficile, non volevo essere trattato con i guanti. Volevo essere me stesso, anche se ancora non sapevo esattamente chi era quel Brian. Ma sapevo chi non volevo essere, ovvero quel ragazzino con cui, all'improvviso, nessuno voleva più giocare o uscire perché non sapevano come trattarlo. Non volevo essere l'oggetto di conversazioni e di sussurri, non volevo più ricevere quegli sguardi di pietà e di compassione. E anche di disgusto. E, in ultimo, odiavo così tanto quella parte di me che temevo che anche voi sareste finiti a fare lo stesso.»
«Mi ricorda qualcuno.»
«Lo so.» Disse Brian, alzando finalmente lo sguardo e incrociando quello dell'amico. Quante volte aveva dovuto sentire Aj prendersela così duramente con se stesso? Quante volte era stato capace di dargli consiglio e conforto quando non era mai riuscito a trovarli per se stesso?
«Mi sento uno stronzo. Un bastardo con la b maiuscola. Tutte quelle volte che ti ho odiato, tutte quelle volte che invidiavo la tua vita da quadro perfetto mentre io non facevo altro che ridurmi in condizioni peggiori.»
«Alex, non funziona in questo modo. Non puoi comparare o paragonare i problemi delle persone e ignorare così ciò che ti sta facendo sentire male. Credimi, ignorare è sempre una pessima idea. L'ho imparato a mie spese.»
«Dio, non so che cosa dire... - Si ritrovò Aj a mormorare, picchiettando l'indice contro la tazza. Come ci si comportava in quei momenti? Che cosa si diceva quando si scopriva una cosa del genere? - Tu... come stai ora?»
Brian rimase per qualche secondo preso in contropiede da quella domanda. Kevin solitamente gliela poneva con quel suo tono da chioccia materna che lo faceva sempre ribattere piccato, soffocato da tutte quelle ansie che alimentavano anche le sue; Nick non glielo domandava mai, come se quasi avesse imparato a leggere le sue espressioni e i suoi comportamenti in una notte. O, forse, era semplicemente spaventato da quella che avrebbe potuto essere la sua risposta, spaventato che non avrebbe potuto aiutarlo o trovare le parole giuste per confortarlo. Nonostante tutti i passi in avanti che avevano fatto, lui e Nick si trovavano ancora a dover gestire quel precario equilibrio che avevano trovato: il fatto che avesse promesso di lasciarsi aiutare non significava che ci sarebbe riuscito in un battito di ciglia, così come non era detto che Nick sarebbe riuscito a mantenere entrambi sopra il pelo dell'acqua. C'era tanto che Brian non poteva dire a Nick, tante ansie e tante immagini che lo avrebbero allontanato definitivamente, oltre che preoccuparlo. Più di quanto già stava facendo in quel periodo. E sapeva con assoluta certezza che anche lui avrebbe lasciato da parte i suoi stessi problemi se Nick gli avesse mai confidato le sue di paure e ansie.
«A parte l'ovvio? - Ribattè Brian con un sorriso stanco. - Terrorizzato. E senza niente a cui aggrapparmi. E'... è troppo.»
«Oh, direi che posso comprenderti su questo.»
«Mi sembra di continuare a girare attorno come una trottola impazzita. Ciò che è successo dieci anni fa, l'aggressione e ora Tyler. So che dovrei combattere, so che dovrei prendere e usare quella forza di cui tutti continuano ad ammirarmi. Dall'altra, non... non so se ne ho abbastanza per continuare. Vorrei solamente chiudermi da qualche parte e uscirne solo quando tutto questo sarà finito.»
«Questa volta non devi fare tutto da solo. Hai Nick, appoggiati a lui, per quanto ciò possa sembrare traumatico.»
«Non è così male, dai. - Rispose Brian alla battuta, passandosi la mano dietro al collo e incominciando a massaggiare quel punto. - Ma... sono sempre stato da solo. Ho sempre contato sulle mie forze e voglio ancora farlo, voglio ancor di più di allora dimostrare a Tyler che non avrà mai più controllo sulla mia vita. Ma mi rendo conto che non sarei ancora in piedi, adesso, se non fosse per Nick. E ciò... ciò mi spaventa.»
«Perché? - Domandò Aj. - Oltre al fatto che stiamo parlando di Nick, ovviamente.»
«E se un giorno decidesse che tutto questo è troppo per lui? Ancora non mi capacito di come abbia reagito dopo che gli ho confessato ciò che mi è successo ma... è solo la punta dell'iceberg.»
«Non succederà. Nick ha tanti difetti ma quando si mette in testa qualcosa, lo sai, non rallenta o cambia improvvisamente la direzione. E, anche ammettendo che dovesse succedere, ci sono qua tre persone pronte a prenderlo a calci nel sedere e riportarlo sulla retta via. E vale anche il contrario, Brian.»
«Non credi che sia già stato abusato fin troppo? - Doveva essere una battuta, un tentativo per mettere sull'ironia quell'argomento che Aj stava cercando di dribblare in tutti i modi possibili. Ma la battuta non venne colta perché l'amico quasi sbiancò dal senso di colpa, come se quel tentativo di minaccia potesse anche solo essere messo in confronto con ciò che il suo corpo aveva subito per mano di Tyler. - Aj, era solo una battuta.»
«Beh, vedi di non farle. Non sono divertenti.»
«Scusa.»
«No. E'... non so davvero come puoi essere qui e fare battute. Non so nemmeno come tu possa essere il ragazzo normale e allegro visto... visto quello che ti è successo. Anche se, ora, certi consigli che mi hai dato assumono un differente significato.»
«Te li ricordi ancora?»
«Ammetto che sono un po' annebbiati dall'alcohol ma... sì, le ricordo ancora. Anche se fino ad ora le ritenevo semplicemente parole vuote, prese da una persona che non poteva sapere veramente che cosa significava doversi rimettere in piede e non lasciare che gli altri, e la loro opinione, avessero così tanta importanza per me. - L'espressione di Aj si fece più decisa, accarezzata da quella consapevolezza di aver messo insieme tutti i pezzi. - Parlavi per esperienza.»
Aveva parlato per esperienza, Brian, eppure in quel momento era come se i ruoli si fossero scambiati perché era lui che sentiva quelle parole vuote e prive di reale significato. In parte, sapeva che era tutto frutto della stanchezza e dei contraccolpi che tutta quella situazione gli aveva sbattuto davanti alla faccia in dolorosi schiaffi. Era esausto, era un vaso colmo di rabbia da un lato e disperazione dall'altro e più si sforzava di far uscire qualche goccia, cercando conforto e logica in chi lo circondava, e più si ritrovava sempre più tirato in mille direzioni.
«Diciamo che anch'io ho avuto la mia parte di autodistruzione. Non bevendo fino a quando non ricordavo nulla, anche se ci ho provato ma con me non ha funzionato. Ricordavo fin troppo bene. - Un triste sorriso apparve per un secondo sul volto di Brian, prima di scomparire dietro al peso dei ricordi. - Niente droghe, ne avevo avute abbastanza in ospedale e, chissà come mai, tutti i peggiori effetti collaterali. Ma volevo smettere di sentire, volevo che il dolore e la vergogna la smettessero di prendermi come ostaggio. Così... ho smesso di vivere.» Brian abbassò lo sguardo verso la tazza che aveva in mano, ormai fredda.
«In che senso?» Domandò Aj, non riuscendo a nascondere quella nota di paura e di timore nella sua voce. Non poteva pensare al significato più immediato di quelle parole, non voleva nemmeno incominciare a creare uno scenario in cui il Brian che aveva conosciuto, seppur più giovane, avesse anche potuto pensare che il suicidio potesse essere la soluzione migliore.
«Non quello. - Ribattè prontamente Brian, decisione e sicurezza nel tono e nello sguardo, alzato apposta per quelle parole. - Semplicemente mi ero così perso in me stesso da non esistere più. Non uscivo, non mangiavo, non parlavo con nessuno. Niente di quello che mi era successo aveva senso e non... non credevo di aver ancora io stesso un senso.»
Era strano come ora, dopo quella mattinata con Nick e quella sua ammissione di aver bisogno di aiuto e di crollare, per Brian fosse quasi più semplice lasciar all'aperto ciò che era successo.
In parte, era così. In parte, Brian sapeva che l'unico modo per ricominciare davvero, per guarire finalmente, era mettere tutto sotto la luce del sole e lasciare che finalmente la sua anima potesse riempirsi solo di amore e di liberazione. Ed era più facile parlare di quelle cose con Aj invece che con Nick: c'era ancora quella sottile paura che qualsiasi parola potesse essere l'ultima goccia del vaso, quella piccola particella che avrebbe rotto l'equilibrio e costretto Nick ad andarsene. E non voleva spaventarlo più di quanto avesse già fatto.
«Ecco perché Kevin ha la mania di preoccuparsi che tu mangi o meno.»
«Già. - Rispose Brian, lasciandosi sfuggire una risata. - Mi ha visto entrare e uscire da fin troppi ospedali. Credo che tema che possa ritornare a quello stato. E non è il solo.»
Aj non rispose immediatamente, allungò semplicemente la mano e la appoggiò sopra quella di Brian, quelle dita che ancora stringevano una tazza fredda ed ancora pericolosamente piena.
«Non sei da solo. Né tu né Nick. Ma devi lasciarci aiutarti.»
«Ci sto arrivando.» Era tutto ciò che Brian poteva promettere, era ancora qualcosa su cui avrebbe dovuto lavorarci e, forse, era qualcosa che ancora era troppo fuori dalla sua portata.
Ma ci avrebbe provato.
Aj era sul punto di ribattere, seppur le parole ancora non avevano deciso di uscire nè di formarsi sulla punta della lingua, quando una suoneria incominciò a distruggere quel silenzio creatosi fra loro due. Aj si alzò e andò a recuperare il telefonino, lasciandosi sfuggire una maledizione quando si accorse di chi lo stava chiamando.
Per l'ennesima volta.
«E' Johnny.» Disse all'indirizzo di Brian.
«Passamelo.» Ribattè questi, proprio mentre l'amico stava per ributtare il telefonino dove lo aveva lasciato prima.
«Sei sicuro di voler fare questo discorso ora?» Domandò Aj, mezzo preoccupato ma avanzando con il telefono.
«Sì. - Rispose Brian, allungando la mano per prendere l'oggetto. - Almeno con qualcuno potrò sfogare la mia rabbia.» Aggiunse con un sorriso prima di rispondere a quella chiamata.

 

 

 

 

 

************

 

 

 

Furono le urla a svegliare Nick di soprassalto. No, più specificatamente, fu la voce di Brian che urlava a prenderlo di sorpresa nelle maglie del sonno e riportarlo in quel mondo reale da cui entrambi avevano cercato di fuggire via per qualche ora. Era ormai istinto ciò che lo aveva messo in allarme, era ormai il desiderio di assicurarsi che Brian fosse sano e salvo, protetto al suo fianco invece che chissà dove e chissà con chi. E ora c'era un pericolo in più, ora c'era quella costante paura che da un momento all'altro quel pazzo maniaco sarebbe uscito dal suo nascondiglio per portare a termine quell'insano e malato piano il cui unico scopo era quello di distruggere Brian. Quel senso di protezione, quel desiderio bruciante di difendere Brian, era sempre stato presente in lui, anche se forse pochi o nessuno avevano mai fatto caso. Alcune volte, persino Nick stesso non vi aveva dato il benché minimo sguardo, forse perché ancora non riusciva a trovare il modo e i mezzi per poter mettere in pratica quelle parole e quegli istinti che lo prendevano in controllo quando c'era il maggiore di mezzo.
Ma ora lo era. Anche se Nick stava ancora imparando, anche se sapeva che doveva ancora farne di strada prima di poter anche solo essere in pari con Brian, Nick sapeva come reagire e come prendere in mano la situazione anche quando stava per infilarsi in una delle peggiori tempeste mai viste.
Ed ecco perché le urla lo avevano svegliato. Ecco perché il braccio era andato subito a cercare il corpo del compagno ed ecco perché, quando si era ritrovato a sfiorare solamente le lenzuola vuote, Nick si era alzato di scatto. Il cuore batteva all'impazzata contro lo sterno, un ritmo impazzito che riecheggiava nelle orecchie insieme a quelle grida, impedendo a Nick e alla sua mente di comprendere ciò che stava succedendo. Perché il primo pensiero, il primo dubbio e la prima paura erano che avesse fallito. Si era addormentato, stupido che non era stato altro, e aveva lasciato campo libero a Tyler per entrare e prendersi ciò che Nick aveva più di prezioso, colui per cui aveva promesso e giurato di diventare una persona migliore. Colui a cui aveva promesso che non ci sarebbero più stati attacchi o colpi, né dolore o ferite. Ovviamente Nick era consapevole che era più una chimera che una promessa, era quasi impossibile escludere ogni tipo di sofferenza dalla vita, per quanto uno potesse provarci e combattere fino all'ultimo respiro. Ma poteva lenirla, poteva far sì che solamente gli ultimi deboli raggi potessero sfiorare il compagno.
Ritrovando un filo di controllo, Nick affilò l'udito per cercare di captare ciò che Brian stava urlando. Non era un incubo, dubbio facilmente risolvibile dal mero fatto che lui era l'unico ad essere ancora sul letto. Quel pensiero, però, lasciò un amaro sapore in bocca. Un sapore che sapeva di fallimento. Non era lui che avrebbe dovuto essere ancora addormentato, non era lui che a malapena riusciva a stare in piedi e non era lui che avrebbe avuto bisogno di chiudere il mondo fuori dal suo inconscio.
Come sempre.
Non era cambiato nulla. Ancora Nick non riusciva a mettere in pratica ciò che le sue parole avevano promesso con una sicurezza e confidenza che, ora, sapeva solo di stantio e di falso. Certo, non poteva aspettarsi di poter riuscirci al primo tentativo e Brian sapeva essere testardo anche quando ammetteva di essere in errore, eppure Nick non riusciva a lasciar fuggire via quel sentimento. Quante altre volte avrebbe fallito prima che Brian decidesse di averne abbastanza? Quante altre volte avrebbe fallito prima di distruggere quel poco che era rimasto nel compagno?
Smettila - Si rimproverò Nick mentalmente mentre si alzava dal letto. - Se incominci a pensare in questo modo, tutto andrà male.
Doveva credere in se stesso. Non lo aveva mai fatto, aveva sempre finto confidenza davanti a tutte quelle urla e occhi sognanti. Ma Brian si fidava di lui, Brian credeva che lui, un ragazzino che aveva collezionato disastri uno dietro l'altro, fosse l'unico davvero in grado di aiutarlo a rimettersi in piedi dopo quello che aveva passato. E se Brian riusciva o era riuscito a vedere tutto quello in lui, il minimo che Nick poteva fare era non lasciarsi prendere dalla disperazione e continuare a tentare all'infinito.
Con quella convinzione, più auto illusione che altro, Nick andò nell'altra stanza, là da dove continuavano a provenire le urla. Brian. E Kevin. Fu il riconoscere la seconda voce che spinse Nick a camminare più velocemente, aprire la porta con uno scatto e richiuderla con un eco abbastanza forte da mettere in pausa qualsiasi discussione stesse avvenendo di fronte a lui.
Già.
Solamente il tavolo e il divanetto dividevano i due cugini. Gli occhi di Nick si posarono immediatamente su Brian, uno sguardo attento a studiare e captare qualsiasi segno sul ragazzo. Le braccia erano tese lungo il corpo, i palmi appoggiati e stretti attorno al bordo del tavolo e persino dalla sua posizione Nick poteva notare quanto tesi fossero i muscoli di Brian. Così tesi da lasciar spazio a piccoli tremiti, l'unico indizio che lasciava trapelare quanto fosse solamente la rabbia a tener in piedi corpo e mente. Il primo istinto, in Nick, era quello di avvicinarsi e staccare Brian via da tutti e da tutto; urlare contro Kevin, insultarlo perché non riusciva a vedere ciò che stava di fronte ai suoi occhi. Eppure, sapeva di non poterlo fare. Perché mettersi in mezzo, proteggere Brian dal suo stesso cugino, era qualcosa che andava contro tutti quei discorsi che lui e Brian avevano scambiato in quei giorni.

«Non ho bisogno di essere protetto come se fossi un fiore delicato. Ho bisogno solo di una spalla a cui appoggiarmi, un aiuto nelle battaglie.»

E quello fu ciò che Nick fece in quel momento. Andò semplicemente verso Brian e rimase al suo fianco, appoggiando la sua mano sopra quella del ragazzo.
«Che diavolo sta succedendo?»
Il cambiamento, in Brian, fu quasi impercettibile ad occhio nudo o alle altre persone che stavano attorno a loro. Non per Nick. Nick percepì quell'attimo in cui le dita del ragazzo si strinsero per qualche secondo attorno alle sue, una stretta che sapeva e voleva semplicemente ringraziarlo per non essere entrato come il suo supereroe ma come il suo compagno, una fonte di supporto invece che una tenda in cui nascondersi per non affrontare quella discussione.
«Dì al tuo fidanzato che è uscito completamente di senno!» Fu Kevin a rispondere, il tono esasperato di chi non sapeva più a quale santo aggrapparsi per far comprendere le sue ragioni. E, nonostante la situazione e l'aria carica e densa di tensione, Nick si ritrovò a sorridere a quella semplice etichetta, a quel «fidanzato» che chiariva, senza ombra di dubbio, qual era d'ora in poi il suo ruolo.
«Non sono impazzito! - Urlò di rimando Brian, senza mai staccare la mano dall'intreccio con Nick. - E' l'unica soluzione possibile. Ti brucia solo perché non sei stato tu l'artefice.»
«L'unica...? E ci credi davvero? E' una mossa suicida!»
«No! Suicidio sarebbe lasciare che Tyler faccia qualsiasi cosa abbia in mente senza rispondere. E non permetterò a nessuno di trattarmi e farmi diventare ancora una vittima.»
Il tono era determinato, di quelli che mai Nick avrebbe pensato di mettere replica. E, anche se sapeva che molta di quella forza derivava solo dalla rabbia, era un sollievo vedere Brian così combattivo.
«Nessuno ti sta trattando come tale, Brian. Sto solo dicendo che...»
Brian non diede tempo a Kevin di terminare la frase. «Stai solo dicendo che dovrei rimanermene tranquillo mentre quel bastardo si diverte a rovinare la mia vita e quella delle persone che amo. E non lo permetterò.»
«Okay, qualcuno mi può spiegare che cosa sta succedendo?»
Brian usò quella pausa per riprendere fiato, inspirare calma e tranquillità e lasciando uscire quella voglia di spaccare qualcosa. Comprendeva da dove arrivava tutta quella ritrosia e quella risoluzione ad obbiettarsi di fronte alla sua scelta, capiva che era in parte una maglia di difesa e di protezione ma perché, come sempre, il cugino non riusciva mai a comprendere anche il suo di punto di vista?
Nick, invece, avrebbe compreso. Forse non avrebbe condiviso la sua scelta, forse anche lui avrebbe prima pensato alla sua salvaguardia e poi a che cosa davvero significava quella decisione ma, almeno di quello ne era sicuro, lo avrebbe sostenuto perché sapeva quanto per lui fosse importante combattere invece che solamente subire.
«Il motivo per cui Tyler ha fatto pubblicare quelle foto è perché vuole distruggere la mia reputazione, esattamente come lui pensa che io abbia fatto raccontando a tutti che mi aveva violentato. - Incominciò quindi Brian a spiegare, riprendendo quel tono freddo e distaccato ogni volta che si ritrovava a dover raccontare o usare quelle parole. - Pensa che. piuttosto che ammettere ciò che mi è successo, mi nasconderei dietro allo scandalo della mia relazione con te. Così ho cambiato le carte sul tavolo.»
«Ovvero?»
«Farò sapere al mondo che quel biondino non è Nick Carter ma solamente un nessun nome che qualcuno ha assunto per farmi crollare. E quel qualcuno è la stessa persona che mi ha rovinato la vita dieci anni fa.»
«Sei sicuro? Sei sicuro di voler che il mondo sappia?»
«Non particolarmente. Ma è su questo che lui conta, è su questo che si basa tutto questo piano diabolico. Lui è il capo che muove tutti i fili, io la povera vittima che subisce. Non più. Una volta che il mondo saprà di che pasta è fatto Tyler, con chi proverà più compassione? A chi crederà e tenterà di difendere?»
Nick sembrò rifletterci per qualche secondo, cercando di mettere in silenzio quella vocina che urlava che tutto quello avrebbe semplicemente fatto infuriare maggiormente quel pazzo psicopatico e che, in ultimo, avrebbe fatto rischiare ancor di più l'uomo che amava. Ma, di sicuro, era su quello che ruotava attorno tutta quella discussione con Kevin. E per quanto preoccupato, Nick non poteva non condividere il pensiero che fosse, comunque, la decisione migliore.
«Brian non ha tutti i torti. - Quella risposta provocò Kevin, lo sguardo accusatore ne era una prova più che tangibile, ma Nick non diede a vedere se la cosa lo toccasse o meno. Forse, qualche anno prima, avrebbe semplicemente abbassato la testa o se ne sarebbe andato sbattendo la porta. Ora, invece, aveva qualcun altro, aveva un compagno con cui alleare le forze e presentare forte comune. Lui e Brian. Una cosa sola. - Aspetta. Lo sai anche te che Brian ha ragione. Continuare a non rispondere, continuare solamente a curare le ferite non risolverà nulla. E' su questo che Tyler conta, sul fatto che Brian sia ancora quel bambino indifeso che ha potuto soccombere facilmente.»
Faceva strano, per Brian, sentir Nick parlare di lui in quei termini. Non era una sensazione piacevole, mai avrebbe voluto che il ragazzo sapesse di quel suo momento di così grande debolezza e ne parlasse poi con così tanta semplicità e facilità. E, allo stesso tempo, era proprio quel fatto a dargli un'ulteriore spinta a tener dritta la schiena e non abbassarsi di fronte a quell'ennesimo ostacolo.
Nonostante tutto, Nick continuava a rimanere al suo fianco.
«Kevin, pensaci bene. Una cosa del genere lo porterà in un angolo.»
«No, sei tu che non ci hai riflettuto. Uno, non sappiamo nemmeno se sia lui realmente.»
«Andiamo! E' lui, l'ho visto con i miei occhi!»
«Non mi hanno ancora confermato che sia effettivamente uscito dalla prigione.»
«E' lui. Kevin, per l'amor di Dio, è lui! Credi che mi possa inventare una cosa di questo genere?»
«No, ovvio che no.»
«Senti, anch'io preferirei che Tyler fosse ancora rinchiuso in una cella. Anzi, credo di essere il fan numero uno di questa opzione. Ma non lo è. Per chissà quale astruso motivo, quell'uomo è fuori e sta pensando di rovinarmi completamente la vita. E non glielo permetterò. E non permetterò nemmeno a te di fermarmi.»
«Brian, non voglio ostacolarti. Voglio solo che comprendi anche le conseguenze delle tue azioni.»
«Quali conseguenze? Sentiamo. Perché qualsiasi cosa tu abbia in mente, beh, di certo è migliore che ritrovarsi ancora distrutto da Tyler.»
«Come credi che reagirà Tyler? Se davvero è lui l'artefice di tutto ciò, credi che se ne resterà tranquillo? Vuoi che ti faccia ancora del male?»
«Più di quanto mi abbia già fatto?»
A quell'obiezione, Kevin non poté che arrendersi di fronte all'assoluta veridicità di quelle parole. Peggio di quello, peggio di quella lenta tortura che era durata ormai dieci anni, solo la morte poteva equipararsi in quanto tale.
«Può fare del male agli altri. A Nick. A questo non ci hai pensato?»
«Ci ho pensato. - Rispose Brian, abbassando il tono della voce mentre la rabbia scemava via, lasciandogli solo la mano di Nick a cui aggrapparsi per non crollare. - Ci ho pensato. Ora che tutti sapranno, ora che tutti sapranno che c'è un pazzo là fuori che sta tentando di distruggermi, Nick e tutti gli altri saranno al più sicuro. Rafforzeremo la sicurezza, ognuno saprà com'è fatto Tyler e di che cosa è capace.»
No, non sarebbe successo una seconda volta. Non avrebbe permesso a Tyler di avvicinarsi una seconda volta a Nick e, questa volta, fargli del male.
«Avresti almeno potuto avvertirmi prima di decidere da solo. Non sei l'unico...»
La rabbia, in Brian, si riaccese senza nemmeno lasciare tempo a Kevin di terminare la sua frase. Come osava? Come osava anche solo pensare di essere lui al centro di quella situazione?
«L'ultima volta che ho controllato, l'unico che è finito in ospedale ero io. Quindi no, Kevin, non dovevo proprio avvertiti di niente. Quando anche tu verrai aggredito o peggio, allora, forse, condividerò i miei pensieri con te.»
Non c'era più niente da dire. O, almeno, Brian non aveva più niente da dire contro Kevin o con Aj o con chiunque altro. Non aveva più niente, l'ultima oncia di energia se n'era andata con quell'ultima, ennesima, inutile discussione. Non sarebbe mai cambiato nulla, Kevin avrebbe continuato a vederlo come qualcosa da proteggere e difendere senza mai dargli la possibilità di dimostrare quanto fosse cambiato.
Ed era stanco.
Era letteralmente, totalmente e completamente esaurito.
Non diede ascolto ai richiami, non badò nemmeno a sentire se qualcuno, Aj e Howie, si alzassero in piedi a prendere le sue difese. Non aveva importanza, non ne avrebbe avuta perché Brian non aveva più forza per concentrarsi su qualcosa al di fuori di se stesso. Camminò semplicemente fuori da quella stanza, consapevole di avere lo sguardo di Nick fisso sulla sua schiena e la domanda se dovesse seguirlo espressa in quella preoccupazione. Ma nemmeno Brian sapeva come rispondergli, nemmeno lui stesso sapeva se aveva bisogno o meno del supporto di Nick. Più di tutto, Brian voleva cessare di esistere per qualche ora.

Ma puoi farlo. Sai come farlo.

Oh sì, sapeva benissimo come farlo. Sarebbero bastati pochi secondi e tutto sarebbe scomparso. Persino lui. Non ci sarebbe stato nessun altro a cui pensare, nessuno che gli avrebbe detto come doveva reagire e come avrebbe dovuto combattere quel mostro. Niente più dolore. Niente più continui pensieri a ruotargli attorno alla mente come delle schegge impazzite.
La tentazione era forte. E la tentazione spinse Brian a sdraiarsi sul letto, raggomitolandosi come se effettivamente avesse potuto chiudersi in se stesso senza che niente potesse più toccarlo o che niente potesse uscire da quel cumulo di rovine in cui la sua anima si era ormai trasformata. A malapena si accorse dell'istante in cui un peso si aggiunse sul materasso, facendolo abbassare e portandosi dietro una coperta; a malapena si accorse di quando questa venne appoggiata sopra di lui o di quando un braccio si avvolse attorno alla sua vita, sospingendolo contro il corpo di Nick.
«Sono qui. Non sei solo. Appoggiati a me.»
Le parole di Nick arrivarono in un sussurro, pronunciato con le labbra a fior di orecchio. In qualche modo, Nick era riuscito a comprendere che cosa stava per accadere. Come, Brian non ne aveva idea. Ed era la sua voce, era quella lieve ma potente supplica, a controbattere la tentazione e a farla arretrare.
«Kevin ha ragione- - La voce spezzata di Brian si udiva a malapena, nemmeno le sue stesse orecchie riuscivano a captare quei deboli suoni. - Ti ho messo in pericolo. Puoi... puoi andartene. Se vuoi. Cioè... capirò. Capirò se preferisci metterti in salvo...»
Non riuscì a continuare. Il primo singhiozzo spezzò ogni lascito di quei pensieri, troppo crudeli per poter davvero credere che Nick, il Nick che si era rivelato in quei giorni, potesse davvero prenderli seriamente in considerazione. E la verità, la dolorosa e più che mai tangibile verità, si arricciava e intrecciava con quelle confessioni condivise e narrate nella luce del primo sole, quando lucidamente Brian aveva ammesso a Nick di aver bisogno di lui per non cadere ancora nel vuoto.
Un bacio lasciò il suo segno sulla spalla, quel lembo di pelle lasciato nudo dalla maglietta; le mani si mossero e, come se stessero muovendo un semplice manichino, fecero voltare Brian. Quasi immediatamente, Brian si strinse contro il corpo del compagno, alla ricerca di tutto il conforto possibile e di quell'ancora che, come la sera precedente, sarebbe riuscita nell'intento di non farlo sprofondare.
«Non mi importa, Brian. Non mi importa se mi hai messo in pericolo. Lo hai detto anche te, significa che intensificheremo la sicurezza. E ce ne andiamo via. Lontano, al sicuro. Nessuno saprà dove siamo. Nessuno potrà farci del male.»
Le parole arrivarono come carezze, tocchi carichi di dolcezza e tenerezza che lenirono quelle ferite che erano ritornate a pulsare dentro Brian. E le mani di Nick non fecero altro che accompagnare quei tocchi, perdendosi fra i capelli di Brian e scivolando poi sulla schiena.
Brian provò ad aprire la bocca per ribattere, la battuta si era già formata nella sua mente e aspettava solamente di esser pronunciata dalla voce ma, invece, ad uscire fu un singhiozzo. Il primo, il più coraggioso, colui che lasciò poi la strada aperta ai fratelli, ignari che finalmente potevano fuggire via da quelle catene in cui Brian li aveva tenuti legati per così tanto tempo. E a quel primo singhiozzo si aggiunsero le lacrime, senza che lui potesse anche solo pensare qualche ostacolo pur di fermarle.
Le braccia di Nick si strinsero ancor più intensamente attorno al corpo del compagno, le labbra appoggiate sulla testa e semplicemente intente a lasciare baci, l'unico conforto che potesse esser recepito senza nessun alone di bugia o illusione. E, seppur con una punta di senso di colpo, Nick si ritrovò a ringraziare quel crollo che aveva tanto sperato.
E temuto.

 

 

 

************

 

 

 

Il comunicato era giunto ancor prima che media e stampa ne dessero parola.
Non chiese come fosse possibile, non domandò in quali modi e con quali minacce quel semplice foglio di carta arrivò sulla sua scrivania quando ancora il resto del mondo. Lo prese semplicemente fra le mani, un foglio bianco con punti e linee che creavano parole e frasi. Frasi che stavano accendendo una rabbia, dentro di lui, che aveva pensato di essere riuscito a tenere a bada in quegli anni di prigione. Una rabbia che, all'improvviso, spinse la mano ad arrotolarsi attorno quel pezzo di carta fino a quando esso non fu ridotto in una semplice palla.
Come osava?
Come osava ripetere al mondo intero quell'insulsa bugia? 

Le foto oggi pubblicate non fanno riferimento ad un eventuale mia relazione con Nick. In realtà, esse si riferiscono ad un'aggressione che ho subito qualche settimana fa, una sera in cui tutto il gruppo aveva deciso di uscire per festeggiare l'ottima ricezione sia dell'album che del tour da parte delle fans.

 
Aggressione? Era davvero innamorato di quel termine! Lo usava sempre, quasi come se esso potesse davvero identificare ciò che era successo. Non era stata un'aggressione, quante volte avrebbe dovuto ripeterglielo? Da una parte, aveva semplicemente voluto ricordargli ciò che c'era stato fra loro, quel legame che il ragazzo era stato così impulsivo da scordare e gettare nel dimenticatoio; dall'altra, invece, voleva dargli una chiara dimostrazione di ciò che individui come Nickholas Carter erano capaci di comportarsi. Lo avrebbe distrutto, lo avrebbe usato come un giocattolo e poi buttato in un angolo per passare a qualcosa di nuovo e più interessante.
Non lui.
Lui non lo avrebbe trattato in quel modo. Non lo avrebbe mai buttato nel dimenticatoio, dieci anni erano stati un periodo abbastanza lungo per dimostrare ciò.
Perchè non lo capiva? 

Non avrei mai voluto raccontare quest'episodio del mio passato ma mi vedo costretto a ritornare sui miei passi in modo che il mondo, che voi fans, sappiate esattamente come stanno le cose. L'aggressione non è stata semplicemente un atto causale di violenza ma un deliberato attacco di... 

Con un urlo, Tyler fece volare tutti gli oggetti che si trovavano sulla sua scrivania.
Come osava?
Lo aveva descritto come un pazzo psicopatico, un individuo incapace di andare oltre alla sua ossessione. E quella descrizione non combaciava con lui, certo che no!
«Dove si trova?»
Nel riflesso del vetro, fra il buio della notte e le luci della città che tardavano a spegnersi, comparve la figura dell'uomo che lo stava aiutando in quella missione.
«Lui e Carter hanno preso una macchina e si sono allontanati dal gruppo.»
«Qualcuno li sta seguendo?»
«Affermativo. Appena saprò dove sono diretti...»
«Sono stanco di questi giochetti. Brian pensa di potermi rifiutare un'altra volta? - La domanda era retorica e l'altro uomo non osò nemmeno ribattere. - Incomincia con la seconda parte del piano. Finalmente anche lui comprenderà come ci si sente ad essere accusati ingiustamente di aver commesso un crimine contro qualcuno che ama.»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

***********************************

Finalmente!!!! *__*
Mi scuso per il ritardo. A parte problemi tecnici con il portatile, una settimana di vacanza senza computer e internet, ho avuto qualche lotta con questo capitolo, tanto da esser stata sul punto di cancellarlo tutto. Non ne sono ancora soddisfatta ma non è una schifezza come pensavo qualche settimana fa. ^_^ Di carne al fuoco ce n'è abbastanza e, man mano che ci avviciniamo alla fine, ce ne sarà sempre di più. E mi diverto a scrivere Tyler! LOL Come ho detto a qualcuna "che mondo sarebbe senza un pazzo psicopatico che vuole torturare Brian"? XD
Ringrazio come sempre chi mi segue dall'inizio con questa storia, chi legge e le due anime pie che commentano sempre. <3
Al prossimo capitolo, anche se prima ci sarà un'altra storia un po' fluff. =)

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Backstreet Boys / Vai alla pagina dell'autore: mamogirl