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Autore: Tati Saetre    23/04/2014    10 recensioni
Edward ha 30 anni, capo della Cullen Media Group, è un uomo presuntuoso, egoista e viziato.
Isabella ha 28 anni, direttrice di una delle Gallerie d'arte più famose di New York, è in cerca dell'uomo della sua vita.
Che cosa li accomunerà per il resto delle loro vite?
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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26 Settembre 2011

Quinto capitolo – Zitella acida

26 Settembre 2001

 

“MIA!” Bella urlò a squarciagola, con il pettine in una mano e due elastici rosa nell’altra.

Dopo pochi minuti, trovò quella peste nascosta sotto il suo letto.

“Tesoro”, iniziò, sconsolata “Dobbiamo sistemare quei capelli.” A differenza di Emma, Mia aveva corti capelli ricci. Talmente ricci, che per pettinarli ogni giorno era un problema.

“No.” La risposta secca arrivò alle orecchie di Bella.

“Amore, dobbiamo fare due codini. Ti prometto che sarai la più bella della scuola. Con quelle poche parole, Mia era uscita dal suo nascondiglio e si era messa davanti a Bella.

“Davvero?”

“Te lo prometto.”

Emma aveva preso la testa dura di Alice, mentre la più piccola aveva la mania della moda, già a tre anni. Decideva da sola cosa voleva mettersi la mattina per andare a scuola, scartando i vestiti che Isabella le preparava la sera prima.

Pasta che non mi fai male.”

“Farò piano.”

Con un sospiro rassegnato si sedette sulla sedia, mentre Bella si posizionò dietro di lei ed iniziò a pettinarle quei ricci con cautela.

“Ieri zio Edward mi ha staccato i capelli.”

Isabella cercò di reprime una risata.

“Diciamo che zio Edward non è abituato a pettinare le bambine.”

Ma ero tutta psettinata!”

“Invece stamattina sarai bellissima. Ho quasi finito.” Bella strinse l’elastico intorno ai capelli, e ammirò soddisfatta quello che aveva fatto. “Ecco. Non sei forse bellissima?”

Mmmh.” Rimase davanti allo specchio per qualche minuto. “Pecché Emma ha i capelli nunghi e io no?”

“Tesoro, Emma ha i capelli lisci. Anche i tuoi sono lunghi, ma sono ricci. Fra qualche anno avrai dei capelli lunghi e bellissimi.

“Uffa.” Non era contenta della risposta, ma scese ugualmente al piano inferiore senza ribattere, facendo dondolare la sua gonnellina rossa e lasciando Bella da sola.

“Non so chi sia peggio.”

“Se la giocano. Emma non sta un minuto zitta, mentre Mia starebbe ore ed ore davanti allo specchio. Diciamo che nessuna delle due ha preso il carattere mite di Jasper.

“Purtroppo.” Edward sospirò, sistemandosi il nodo della cravatta.

“ZIA BELLA! FORZA!”

“Appunto.” Disse lei, ubbidendo all’urlo che proveniva dal piano inferiore.

“Sicura di non avere del lavoro da sbrigare?” Chiese Edward, seguendola per andare giù.

“Tranquillo.” Liquidò con una mano. “Ho delle cose da sbrigare in centro, e poi ho promesso ad entrambe che le avrei accompagnate a scuola. E lo sai come sono fatte.”

“Se non mantieni la promessa, sono guai.”

“Bravo.” Bella finse un applauso, mentre Edward alzava gli occhi al cielo.

Entrarono in cucina, e Isabella si diresse verso la credenza per cercare qualcosa da mangiare.

“Non manciare quello!” Rimase con la barretta al cioccolato a mezz’aria, guardando Mia.

“Perché?”

“Ti fa male. Io mi stono sentita male, l’altra volta.”

“Male?”

“Sì.” Intervenne subito Emma. “Quando sei andata a quella cosa per lavoro. Mia ha mangiato tutta la scatola di barrette al cioccolato e si è sentita male. Bella lanciò un’occhiataccia a Edward, che con disinvoltura fissava l’interno della tazza che teneva in mano.

“Perché non vengo mai a sapere le cose spiacevoli che accadono, quando non ci sono?”

“Stai esagerando.” Disse lui, posando la tazza nel lavello. “E’ stato un piccolo errore di percorso.”

Pfff. Ma se hai chiamato James e quasi piangevi perché non sapevi cosa fare.

“EDWARD!”

“EMMA!” Parlarono insieme. Isabella sgridò Edward, mentre lui sgridava la bambina, che in quella casa era la bocca della verità.

“Non potevi chiamare me?”

“No. Avevi quella cosa di lavoro, e non volevo disturbarti.

“Non è vero. Diceva a James che diventavi la solita zitella acida se venivi a sapere questa cosa. E poi ti arrabbiavi con lui.”

Zitella acida?” Bella puntò un dito contro Edward. “Cos’è questa storia, scusa?”

“Niente!” Alzò le mani per difendersi. “E poi non ho detto questo.”

“Ah, davvero? E cos’hai detto?”

“Basta. Dobbiamo andare a scuola.” Emma li interruppe, salvando Edward da una situazione un po’ tragica.

Uscirono tutti dalla casa, e prima di entrare in macchina Bella puntò di nuovo il dito contro Edward: “Resta una questione aperta, Edward. Ne riparleremo dopo.” E così dicendo, chiuse con forza lo sportello della Volvo, facendo trasalire il suo proprietario.

 

 

 

“Non mi piace.”

Ma se ci hai parlato per cinque minuti!”

“Noi donne abbiamo un sesto senso. Non mi piace. E poi, hai visto com’era vestita?”

Molto bene.”

Isabella diede una spallata a Edward, che continuava a guidare in mezzo al traffico di New York.

“Ahi!”

“Te la sei cercata.”

La Signorina Jessica non è così male. Poi mi offre sempre il caffè, prima che suoni la campanella.

“Oh, quanta generosità. Ti sei mai chiesto il perché?”

Edward soffocò una risata, perché conosceva benissimo il motivo.

“Basta ora. Dove ti devo portare?”

“Non c’è bisogno, Edward. Posso anche prendere un taxi.”

“Vorresti scendere da questa bellissima macchina, con i sedili in pelle, profumatissima, per entrare in un taxi sudicio?”

“No. Però non voglio che fai tardi a lavoro.”

“Sono i vantaggi di essere il Capo, Isabella.”

Bla bla bla.” Lo scimmiottò lei, alzando la testa al cielo. “Comunque, undicesima a ovest, cinquantesima strada.”

“Scherzi?” Bella abbassò la testa, senza rispondere. “Oh. Oh. Io, lì? Non mi calcoleranno mai. Bla bla bla.” Edward ripeté la scena di poco prima, rendendosi conto che in quella strada si trovava il MoMa.

Infatti non è nulla, Edward. Soltanto un colloquio. Dicono che la direttrice del MoMa sia la più spietata del mondo.”

“Tu sei la più spietata del mondo, per quanto riguarda il lavoro.”

“Non è vero.”

“Vogliamo parlare di quell’artista emergente che trovai anni fa sul mio piano, mentre piangeva ininterrottamente? Perché Isabella Swan l’aveva liquidato con un semplice ‘fare arte non fa per te.’”

“Era la verità, Edward. Bisogna sempre dire la verità, in questi casi.”

“Se la verità della direttrice del MoMa sarà spietata, non venire a piangere da me.”

“Oh, non ti preoccupare. A proposito, dobbiamo parlare di una cosa.

“Cosa c’è ora?”

“Dobbiamo fare un calendario?”

“Eh? Quella roba che Alice e Jasper ci spedivano per Natale, con foto per ogni mese? Non credo proprio.”

Isabella sbuffò, pensando che era una causa persa parlare con Edward.

“No. Un calendario con i nostri impegni. Ci saranno dei giorni in cui tu non potrai guardare le bambine, e ci sarò io. E viceversa.”

“Ieri sei andata via per tutto il pomeriggio, e ci sono stato io. Qual è il problema?”

“E se invece fossi stato impegnato? Dobbiamo sapere anticipatamente i nostri impegni. Si chiama organizzazione.”

“Sono il Dio dell’organizzazione, Isabella.”

“Oh, mi scusi Dio dell’organizzazione.” Bella si rese conto che erano arrivati fuori al MoMa, e di avere le mani che sudavano.

“Non ce la farò mai.” Sussurrò, guardando l’edificio da fuori.

“Entra.” Quello di Edward non era un consiglio, ma un ordine.

“Ci vediamo oggi.” Aprì lo sportello e scese dalla Volvo.

“Isabella?”

“Sì?”

“In bocca al lupo.” Bella assottigliò gli occhi, perché Edward sapeva benissimo cosa c’era dietro a quell’augurio. Che lei detestava. Non fece in tempo a rispondere, che sgommò via con la sua macchina.

Intanto lei non ci pensò due volte, e decise di entrare. Non era la prima volta che entrava al MoMa, ma era la prima che lo faceva come una possibile cliente.

“Salve!” Salutò la ragazza alla reception con un sorriso tirato. “Sono Isabella Swan.”

“Oh! La signora la sta aspettando, un secondo.”

La stavano aspettando.

La ragazza digitò un numero sul telefono, e poco dopo una porta alle sue spalle si aprì.

Notò immediatamente che quella non era una signora. Ma una donna bellissima, quasi surreale.

Indossava un tailleur nero, che definiva le sue curve magnificamente. Alti decolté ai piedi, e dei capelli biondi che sembravano lunghissimi raccolti in un chignon scomposto.

“Isabella Swan.” Rimase colpita anche dalla sua voce, bassa e suadente. “E’ un piacere incontrarla. Io sono Rosalie Hale.”

 

 

   
 
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