Caste bussò all’appartamento di Kate che era ormai tarda sera.
«Beckett! Sono io! Apri!»
La detective gli aprì di malavoglia. Era struccata, vestita male e senza
scarpe.
«Che succede, Castle? Spero sia importante!»
«Abbiamo i tabulati telefonici?»
«Quali tabulati?»
«Della vittima.»
«Ci sono due vittime…»
«Entrambe! Il misterioso mandante, Beckett! L’amico facoltoso che ha commissionato
il furto e poi l’omicidio! Impossibile che non risulti nemmeno una chiamata tra
loro!»
«Oh, Castle, non puoi aspettare domani mattina?»
Lo sguardo dello scrittore spaziò nel soggiorno di Beckett.
«Stavi leggendo un mio romanzo?»
«No. Mi serviva come contrappeso per bilanciare la mensola» mentì Beckett.
«Allora perché è appoggiato sul tavolo e non sulla mensola?»
«Perché volevo usarlo per accendere il camino. Quel tipo di carta brucia
molto bene.»
«Non vedo pagine bruciacchiate e non sento odore di fumo…»
«Sì, Castle, va bene! Lo ammetto! Lo stavo leggendo per documentarmi. Tu ti
documenti su di me e sul lavoro della polizia, io mi documento su di te e sul
tuo lavoro.»
«E come ti sembra la mia opera?»
«La trama non è molto realistica…»
«Come no? Ho vinto un premio della critica, con quel romanzo!»
«Si vede che io sono una critica migliore di quella che ti ha valutato.»
Castle le lanciò un’occhiata indagatrice. Beckett non avrebbe mai ammesso
che quel romanzo le piaceva.
La sfida di sguardi si interruppe.
«Stavo parlando dei tabulati…» ricominciò Castle.
«E va bene! Faccio una chiamata in centrale.»
Beckett parlò con i colleghi del turno di notte e fece consultare i
tabulati telefonici delle due vittime.
Un solo numero aveva chiamato sia Paul Mack sia Michael Forrester negli
ultimi sei mesi: Susan, ex moglie dell’uno e amica dell’altro. Ma questo lo
sapevano già.
«Contento, Castle? Posso andare a dormire?»
«Sì, vai pure. Io rimango sveglio a riflettere.»
«A casa tua.»
«Cosa?»
«Tu rimani sveglio a riflettere… ma a
casa tua. Non qui.»
«Se vuoi, posso restare a vegliare sulla tua sicurezza.»
«Ho una pistola. È più che sufficiente per stare al sicuro.»
«Preferisci la tua pistola a me?»
«Sì.»
«A parte il fatto che è una dichiarazione abbastanza equivocabile…»
«A domani, Castle.»
Lo scrittore obbedì, ma, invece di tornare a casa, si recò al distretto e
lavorò tutta notte. Al mattino, quando Ryan, Esposito e Beckett arrivarono per
iniziare il lavoro, lo trovarono semiaddormentato su una sedia vicino alla
lavagna delle indagini.
«Ehi Castle, sei arrivato presto!» domandò Esposito.
«O forse non sei mai andato via?» aggiunse Ryan.
Lo scrittore si stropicciò gli occhi. «Sono arrivato che era ancora ieri.»
«Ricordati che sei solo un consulente, Castle. Non hai diritto agli
straordinari.»
«Non sei simpatica, Beckett. Ma mentre voi dormivate, io ho risolto il
caso!»
Improvvisamente furono tutti attenti.
«Questo sì che è interessante. Racconta.»
Castle bevve una tazza di caffè, radunò le ultime energie e si mise a
spiegare la sua versione dei fatti davanti alla lavagna delle indagini.
«Innanzitutto, ho svolto un controllo. Non è stato facile, a quest’ora. Sì,
Paul Mack era un astrofilo. Sì, è stata rubata una pietra lunare. Sì, è stata
venduta sul mercato nero. C’è un fascicolo aperto dai federali su questo furto.»
«Castle, non avrai coinvolto i federali in questa storia!»
«Calma, Esposito. Non ho fatto nessun passo falso. L’FBI non vi soffierà il
caso, state tranquilli. Il furto è di loro competenza, questo caso è di nostra competenza.»
Beckett sorrise quando Castle accentuò che si sentiva coinvolto nella
squadra.
«Stavo dicendo: tutte le cose che abbiamo saputo sono vere. Il movente
dell’omicidio è la pietra lunare. Mack probabilmente sapeva dove si trovava.»
«Tu l’hai scoperto?»
«Una cosa per volta, ragazzi.»
Lo scrittore indicò la lavagna.
«La nostra vittima ha aperto al suo assassino. Questo dettaglio me l’ha
ricordato Alexis. Non avrebbe di certo aperto a Michael Forrester vestito da
alieno. È impossibile.»
«Però potrebbe aver aperto a sua moglie» disse Ryan.
«Esatto!»
«Allora Susan potrebbe essere una complice!»
«Esatto, Javier! Ecco come sono andate le cose. Susan si è fatta aprire la
porta. Dietro di lei entra anche Forrester, vestito da alieno per non farsi
riconoscere. I due sono amici, quindi si sono messi d’accordo. Il loro
obiettivo è una semplice rapina: si fanno dire dove Mack ha nascosto la pietra
e poi, non so se in modo premeditato oppure no, Forrester gli spara. Si dividono
e fuggono. Ecco spiegato il primo caso. Poi Forrester a sua volta viene ucciso.
Credo che sia stata proprio Susan. Ha eliminato il complice. A questo punto può
tenersi la refurtiva e vivere da ricca per il resto della sua vita rivendendo
quel sassolino lunare.»
Il silenzio calò sulla squadra investigativa.
«Però le cose non sono andate così. È stata investita.»
«Sì, ma è una casualità. Per una volta, una sola nella vita, è stato un
puro caso. Chiamatelo un segno del destino, se volete. Chi di spada ferisce, di
spada perisce.»
La concatenazione degli avvenimenti era credibile e sensata. Almeno fino a
un certo punto.
«Beckett, non dici niente?»
«Hai dimenticato un dettaglio, Castle.»
«Quale?»
«Il collezionista ricco. Se Mack non ha rubato personalmente la pietra lunare – e sappiamo che era un tecnico informatico, non un ladro professionista – a chi l’ha sottratta per restituirla ai legittimi proprietari?»