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Autore: _Marlena_    24/04/2014    1 recensioni
Anche gli dei, come tutti gli esseri viventi, soffrono, ridono, piangono, e si innamorano. E proprio come gli esseri umani, si innamorano spesso di persone di cui non dovrebbero innamorarsi.
Le protagoniste di questa storia, sono due dee completamente opposte, che non hanno nulla in comune, tranne un piccolo particolare: hanno giurato di non prender mai marito.
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Dire che era capitata in quello stagno per caso sarebbe stato  ridicolo. Sapeva benissimo che lei era lì, e voleva incontrarla.
Poi, che la sua preda si fosse diretta in quella direzione, era stato solo un caso.
Si era stesa sull’erba, il respiro affannato per la lunga corsa.
In lontananza giungeva l’abbaiare dei suoi cani.
Una leggera brezza faceva muovere l’acqua dello stagno.
Aveva aperto gli occhi e ora guardava le stelle, brillanti nel cielo, mentre un sorriso prendeva forma sulle sue labbra. Entrata nella radura, aveva visto che non c’era nessuno in acqua, ma su delle rocce lì vicino, c’erano ancora delle vesti. Questo poteva significare solo una cosa…
Sentì i cespugli muoversi dietro di sé e uno dei suoi cani uscì dal bosco, correndo verso di lei, che si tirò su, appoggiandosi ai gomiti per accarezzare l’animale appena arrivato.
«Che succede piccolo?» disse la dea sorridendo, pensando che quello era il cane ideale per quella situazione, mentre gli passava una mano fra le orecchie e grattandogli la testa.
Un frusciare vicino a loro fece scattare l’animale che si voltò di scatto e un cupo ringhiare gli uscì dalle fauci, mentre il pelo gli si rizzava sulla schiena e la coda rimaneva immobile. Piano piano iniziò ad avvicinarsi ad un albero, senza smettere di ringhiare.
«Ris, che hai sentito?» Artemide si alzò in piedi, cercando di non ridere di quella situazione assurda. Lei sapeva fin troppo bene chi fosse stato a muoversi dietro l’albero.
Il cane le rispose abbaiando, prima verso di lei e poi di nuovo verso l’albero.
«Ti conviene non farlo avvicinare troppo, se non vuoi che pietrifichi il tuo cane» disse una voce femminile con una sottile punta di incertezza da dietro l’albero.
«Ris» lo richiamò Artemide, sorridendo al sentire quella voce, «indietro»
Il cane indietreggiò ubbidendo alla padrona, che si accovacciò per rassicurarlo che andava tutto bene, accarezzandolo tra le orecchie.
«Ora, se non ti dispiace, potresti passarmi i miei abiti, Artemide?»
La dea rise e si avvicinò alle vesti dell’altra dea e le prese in mano, poi ritornò all’albero e allungò il braccio, voltando la testa per non guardarla.
«Vedo che sai il mio nome.»
«Certo, come se tu non conoscessi il mio» disse la donna da dietro l’albero prendendo i vestiti dalla sua mano.
Artemide ritornò a sedersi sull’erba con Ris che la seguiva, per dare il tempo ad Atena di rimettersi qualcosa addosso.
Una volta indossati di nuovo i propri abiti, Atena uscì dal suo nascondiglio e Artemide si voltò verso di lei.
L’altra dea si stava passando una mano tra i capelli, ancora umidi, e guardava verso di lei.
Artemide le fece segno di avvicinarsi e di sedersi sull’erba accanto a sé.
Riusciva a sentire il calore che la sua pelle emanava.
Riusciva a sentire il suo odore.
E non riusciva a smettere di guardare le sue labbra.












NOTE DELL'AUTORE
Mi spiace non esserci stata in quest'ultimo mese, ma sono stata davvero impegnata tra scuola e tante altre cose.
Questo capitolo non mi ha entusiasmata molto, sarà perchè ci ho messo quasi un mese a scriverlo e non è venuto granchè. 
Ma spero che comunque sia di vostro gradimento.
Una piccola nota: "ris", in greco antico, vuol dire "naso", da qui il fatto che Artemide trovi ridicolo il fatto che sia arrivato proprio quel cane.
Se ve lo state chiedendo, sì, questa è la mente perversa di uno studente classicista. Zan zan zaaaaan.

 
  
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