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Autore: Apricot93    25/04/2014    1 recensioni
[SPOILER 2x07]
Arrivata a casa chiusi la porta alle mie spalle e cominciai a salire le scale, mi sarei buttata a peso morto sul letto, al buio, compatendomi per la mia idiozia in un mare di lacrime... E invece mi bloccai dopo pochi gradini....
«NO. Stavolta no. Non farò due volte lo stesso errore, voglio un'altra possibilità» mi dissi in un motto di entusiasmo.
Mi voltai di scatto ripercorrendo a ritroso la strada fatta solo pochi minuti prima, dovevo parlare con Finn, dovevo risolvere una volta per tutte la situazione...
Aprii la porta ritrovandomi di nuovo sotto la pioggia, la mente ridotta a una matassa di pensieri confusi, volevo trovare le parole giuste, essere chiara, scusarmi.
E se se ne fosse già andato? Dio, speriamo di no, speriamo che...
«Rae... Dove stai andando?» sussurrò una voce a pochi passi da me.
Mi bloccai impietrita riconoscendolo all'istante. Finn era lì, sotto la pioggia, davanti a me. Improvvisamente nella mia testa piena di parole, il vuoto.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Archie, Chloe Harris, Finn Nelson, Kester, Rae Earl
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo 4: Un po' di verità


«Rae... Rae, ehi..».
«Scusami, ero sovrappensiero».
Il tono di Finn era prudente ma sereno, cercava di attirare la mia attenzione, gli sorrisi «ci sono».
Insieme stavamo passeggiando nella tranquillità del parco da qualche minuto, di tanto in tanto non potevo fare a meno di lanciare occhiatine incredule alle nostre mani intrecciate. Stava veramente succedendo? Ero tentata di darmi un pizzicotto per assicurarmi che non fosse solo frutto della mia immaginazione, ma non volevo sembrargli più strana del solito.
Avevo capito dal ritmo irregolare del suo respiro che avrebbe voluto farmi un mucchio di domande, ma che per pudore e rispetto nei miei confronti continuava a rimandarle indietro cercando qualcosa di più innocuo da dire.
Da quella sera a casa sua, quando lo avevo lasciato, non avevamo mai avuto modo di confrontarci seriamente, immagino si fosse fatto un'idea delle motivazioni che mi avevano spinta a troncare il nostro rapporto così all'improvviso, ma niente che assomigliasse anche solo lontanamente a una vera spiegazione.
È strano, e anche un po' egoista, come solo adesso cominciassi a rendermi conto di quanto fossi stata ingiusta nei suoi confronti, non avevo capito che fosse stata così dura anche per lui, l'idea che avrebbe potuto soffrire per me non mi aveva mai sfiorato la mente neanche per un momento. Impossibile, avevo continuato a ripetermi.
«Mi dispiace Finn» fu la prima cosa che gli dissi, probabilmente uscì direttamente da un pensiero.
«Come?» sembrava l'avessi colto di sorpresa.
«Mi dispiace davvero, per tutto. Mi sono resa conto di non avertelo mai detto» continuai senza guardarlo negli occhi, con lo sguardo fisso sui nostri passi.
«Lo so... ma Rae, non devi scusarti con me, davvero» rispose lui, la sua mano sempre stretta alla mia.
«E invece devo farlo eccome! Quando penso al modo in cui ti ho trattato... ti giuro che mi sento male tutte le volte. Se fossi nei tuoi panni sarei molto, molto arrabbiata, altroché, e ne avresti tutti i motivi». Lo pensavo davvero.
Finn ascoltò le mie parole attentamente, osservandomi cauto di tanto in tanto. Poi mi interruppe.
«Cos'è successo al college? Il primo giorno, poi la storia dell'allarme... perché continuavi ad evitarmi?» domandò.
Questa non me l'aspettavo, non era già stato chiarito?
«Beh te l'ho spiegato, ricordi? Quando siamo rimasti chiusi nel bagno per i disabili... tu sei un 11 io un 4...» dissi gesticolando, come se fosse la cosa più ovvia di questo mondo.
«Sì, me lo ricordo bene quel "discorso"» rispose ironico, tornando serio un attimo dopo. «Ma voglio sentirlo da te, ora. Qui. E senza tirare in ballo i numeri stavolta... Rae perché non ti sei fidata di me?»
A quelle parole inchiodai i piedi a terra e mi voltai di scatto. Era serio, risoluto, si aspettava davvero una risposta a quella domanda senza senso?
Fidarmi di lui? Cosa c'entrava la fiducia adesso?
«Finn io... io mi sono sempre fidata di te, te lo giuro!» presi a fissarlo come se stesse parlando di fantascienza.
«Ah sì? E allora perché invece di affrontare la situazione parlandone con me, una sera dal nulla mi sono ritrovato con una fottutissima giacca di pelle in mano, solo, e senza una spiegazione? Pensavi che non avrei potuto capire? Che sarei fuggito? Che altro?» era palesemente amareggiato, «quanta poca stima potevi avere di me?»
Mi gelò. Tutta la rabbia e la frustrazione racchiuse nella sua voce mi colpirono come uno schiaffo in pieno viso.
Non potevo credere che dicesse sul serio, ormai era evidente che l'avessi ferito più di quanto pensassi.
«No. No, no, no, no, no. Finn ascoltami, ti prego» presi un respiro profondo, se c'era una persona che non aveva colpe in tutto questo delirio era lui. Se con le mie azioni l'avevo portato a farsi idee simili avrei dovuto trovare il modo giusto per farmi capire. Per forza.
«Niente, niente di quello che è successo è dipeso da te. È con me stessa che non mi sentivo a mio agio, è di me stessa che non mi sono fidata, non di te» cercai di raccogliere i pensieri meglio che potessi. «Soprattutto è di me che non ho avuto stima!» come sempre del resto... «In maniera davvero molto contorta, lo riconosco, avevo provato a spiegartelo quella volta nel bagno. Io...»
Dio, com'era difficile la verità, l'ultima cosa che desideravo era farmi vedere ancora così vulnerabile da lui. Adesso stavo meglio, mi sentivo meglio, e allora perché non poteva diventare più facile? Cercai di calmarmi, ripresi le fila del discorso ed entrambe le sue mani. Lo guardai dritto negli occhi affinché non potesse equivocare le mie intenzioni.
«Finn, io non ero mai stata così felice in vita mia prima che tu e gli altri entraste a farne parte. Così felice che quasi non ci potevo credere, capisci? Camminavo nei corridoi del college e sentivo le ragazze, tutte, parlare di quanto fossi in gamba, carino, di quanto meritassi il meglio. E tu avevi scelto me! Perché? Io... io non mi sentivo "il meglio", per te. Non pensavo di essere la persona giusta». La persona giusta per un ragazzo così sexy e in gamba, sarebbe stata la giusta definizione. «Mi vergognavo per te. Mi vergognavo degli sguardi che le persone ci lanciavano vedendoci insieme. Come se fosse stato contronatura. Temevo i loro giudizi» ero vicina a un pianto a dirotto, ma non potevo cedere.
«Ero così... così fragile Finn, soprattutto vicino a te. Era come avere costantemente davanti un promemoria, tutto quello che avrei sempre voluto e mai potuto ottenere davvero. Non ce l'ho fatta, non mi sono sentita all'altezza. Mi dispiace tanto Finn».
Non puoi neanche immaginare quanto, pensai.
«Lasciarti è stata una delle cose più difficili che abbia mai fatto, sono stata un'idiota lo so, una codarda, e me ne sono pentita mille volte», gli dissi, e mi tornò in mente la sera in cui per la prima volta l'avevo visto con un'altra. «Ho detestato quella "snob, maniaca del Baylis con ghiaccio con la puzza sotto al naso, super donna convinta" con cui sei uscito con tutta me stessa» ecco, magari questa avrei potuto evitarmela...
Ci fu un lunghissimo momento di imbarazzo tra noi, sembrò durare secoli. Speravo di essere riuscita a farmi capire stavolta.
Poi Finn all'improvviso, evidentemente più sereno, ruppe il silenzio e cominciò a stuzzicarmi.
«Olivia» mi suggerì malizioso con un sorrisetto.
«Sì, Olivia» confermai riproponendo il verso da smorfiosa.
La tensione sembrò essersi dissolta, e anche l'espressione di Finn si distese. Aveva capito, glielo leggevo negli occhi, e ora continuava ad osservarmi divertito mentre mi impegnavo a trovare tutti i difetti del mondo in quella che, fortunatamente per un periodo di tempo molto limitato, era stata la sua ragazza.
«Beh, non è durata molto, comunque» mi disse.
«Buon per te» gli risposi, complice.
E un bacio, beh più di uno in realtà, spazzò via definitivamente tutto l'imbarazzo.

Avremmo avuto ancora tante cose di cui parlare, ma la conversazione appena avuta mi aveva fatto capire che non mi sentivo pronta per andare al di là di quelle confidenze. Non volevo che Finn mi vedesse fragile ancora una volta, non volevo che si preoccupasse per me. Mi trovavo al centro di un percorso che stava cominciando a dare i suoi frutti, non c'era bisogno che gli raccontassi di più. Non adesso, almeno.
«Finn, ascolta» dissi timidamente, «so che avresti ancora tante cose da chiedermi, però... è davvero difficile per me adesso essere più sincera di così. Avremo tanto tempo, beh almeno spero, per parlare del resto» conclusi, sperando fosse d'accordo con me.
«Rae non... non voglio sapere cose di cui non ti senti pronta a parlare» disse visibilmente imbarazzato, «promettimi solo che stavolta sarei onesta con me, e che non affronterai da sola qualunque problema dovesse presentarsi. Io sono qui, ci voglio essere, non puoi decidere tu per tutti e due. Dammi la possibilità di dimostrarti che puoi davvero fidarti di me, mettimi alla prova, ma non escludermi. Va bene?» disse in fine, rivolgendomi lo sguardo più dolce e intenso che avessi mai visto.
Oh Finn, io mi fido di te, sempre, è di me che non mi fido...
«Va bene» risposi stringendomi nelle spalle, sperando con tutta me stessa che sarebbe potuta andare davvero così.

Passammo il resto del pomeriggio girovagando come una normalissima coppia di fidanzati, tra chiacchiere, musica, baci, e le solite battutine tra noi.
Visti da fuori nessuno avrebbe mai potuto pensare alla situazione difficile che ci eravamo appena lasciati alle spalle. La verità è che stare insieme era semplicemente... facile.
Il problema non eravamo mai stati "noi", il problema era il mondo, e in quello, temo, non me la sarei mai cavata benissimo.
«Te l'ho detto che ho deciso di finire il college?» mi chiese Finn.
In effetti da quando era tornato da Leeds tra mia madre all'ospedale e tutto il resto non gli avevo ancora chiesto cos'avesse deciso di fare. L'idea di poterlo avere ancora così vicino per qualche mese era allo stesso tempo rassicurante e terrorizzante. Un altro muro da abbattere, pensai.
«Davvero?? Sono contenta, credo che alla fine sia la decisione più sensata se non hai ancora deciso cosa fare del tuo futuro».
«Sì» rispose «anche se qualcosa potrei già averla in mente» disse voltandosi verso di me ridacchiando. Arrossii.
Non mi sarei mai davvero abituata a tutto questo, come poteva un essere umano scatenare quella tempesta di emozioni ogni volta??? Chissà se per lui era lo stesso... Ma sì, da come mi guardava avrei quasi potuto scommetterci.
«Mio padre deve ancora digerire questi cambiamenti continui, non si era abituato ad avermi fuori casa che sono di nuovo qui. Borbotta ogni tanto, la prossima volta potrei dirgli che è tutta colpa tua» disse strizzandomi l'occhio «tanto credo lo sappia già, prima di uscire mi ha chiesto di salutarti e non gli avevo detto che ci saremmo visti» ammise provocando una sonora risata a entrambi.
«Pensi che sarà strano per te? Al college, intendo... andrà meglio stavolta, vero?» mi chiese, seriamente stavolta.
«Sì. Va tutto bene Finn, le cose sono diverse ora. Lunedì ti accompagnerò ovunque andrai, sarò la tua ombra e parlerò per tuuuutto il tempo» lo provocai divertita.
Nonostante tutto era vero, l'idea di farmi vedere pubblicamente con lui non mi spavenata come prima, non sarebbe stato facile all'inizio, ma ce l'avrei fatta, ne ero sicura.
«Quindi mi stai dicendo che ti comporterai normalmente in pratica!»
«Che stronzo sei, l'ho detto di proposito! Quindi pensi davvero che parli troppo, ma non è vero! Oddio, magari un po' è vero, ma solo quando sono molto agitata o nervosa, o se ho qualcosa di importante da dire o....» prima di finire la frase le nostre labbra si incontrarono di nuovo. L'avevo fatto apposta stavolta, era diventato una specie di gioco tra noi, un gioco che avrei voluto ripetere altre mille volte.

Stavamo ancora ridendo della mia parlantina quando al confine del parco vidi Liam.
Stava camminando verso casa, veniva dall'ospedale. Strano, pensai, ero convinta che avesse smesso di vedere Kester, ci avrà ripensato...
«Chissà cos'è successo» dissi a voce alta sovrappensiero, fissandolo in lontananza.
Seguendo il mio sguardo anche Finn si accorse di lui.
«È Liam, vero?» domandò curioso.
Mi limitai ad un cenno di assenso.
«Come mai sei curiosa di sapere cos'ha fatto? Non mi hai mai parlato di lui, come lo conosci?» mi osservò intensamente, potevo scorgere distintamente un punto di domanda enorme spuntargli dalla testa. Cosa dovevo dirgli? Non potevo certo parlargli della terapia, o di Kester, o del gruppo di supporto. Nel mio piano perfetto alla ricerca della stabilità e normalità sarebbe stato un passo indietro.
Poi l'illuminazione.
«Al college. Ti ricordi dell'allarme? La preside diede a lui la colpa all'inizio. Era vicino alla porta, stava fumando. Pensa che non disse niente per discolparsi. Può sembrare un ragazzo un po' strambo ma è in gamba, siamo diventati amici» una mezza verità...
«Non te l'ho mai chiesto» aggiunse dopo avermi ascoltata, «ma... c'è stato qualcosa tra voi?»
La mia prima volta, pensai. La mia disastrosa, orribile, fottutissima prima volta.
Era ancora un tasto dolente per me, un ricordo di cui avrei fatto volentieri a meno, mi infastidiva pensare di essere stata così stupida.
Quella sera avevo respinto Finn che era venuto da me parlandomi a cuore aperto, ed ero finita a letto con una persona che mi considerava alla stregua di uno scarabocchio. Cosa mi era saltato in mente??

Neanche un'ora fa Finn mi aveva chiesto di fidarmi di lui, di essere sincera, ma qual'era il confine tra rispetto e istinto di conservazione?
Una cosa del genere l'avrebbe deluso? Probabilmente no, in fondo quando è successo non stavamo più insieme da tanto, e poi lui aveva avuto Olivia, eravamo pari. Continuava a risuonarmi nella testa «sincerità, sincerità, sincerità...» come un'eco. Ma a voler essere del tutto onesta avrei dovuto spiegargli anche un mucchio di altre cose, renderlo partecipe di una parte della mia vita che nessuno conosceva, che volevo rimanesse confinata lì dov'era, come un compartimento stagno.
Non avrei mai potuto avere una vita davvero normale finché avessi continuato a far uscire fuori frammenti di follia.
Quindi scelsi di ignorare ogni sorta di grillo parlante, seguire il buonsenso, o quello che era. Lunedì sarebbe ricominciato il college, avrei avuto di nuovo Finn accanto e stavolta sarebbe andato tutto bene.
«No» gli risposi noncurante «torniamo a casa adesso? Comincia ad essere tardi».

Odio i titoli, li odio dal profondo del mio cuore, chiunque volesse suggerirmi dei titoli decenti per questi primi 4 capitoli me lo dica pure.
Mi sono fatta un'idea di quanto mi manchi ancora da scrivere, se tutto va bene ce la farò con altri 3 capitoli.
Se siete arrivati a queste noticine significa che avete avuto pazienza, quindi grazie, e alla prossima parte di storia :)
   
 
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