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Autore: RandomWriter    25/04/2014    2 recensioni
Si era trasferita con il corpo, ma la sua mente tornava sempre là. Cambiare aria le avrebbe fatto bene, era quello che sentiva ripetere da mesi. E forse avevano ragione. Perchè anche se il dolore a volte tornava, Erin poteva far finta che fosse tutto un sogno, dove lei non esisteva più. Le bastava essere qualcun altro.
"In her shoes" è la storia dai toni rosa e vivaci, che però cela una vena di mistero dietro il passato dei suoi personaggi. Ognuno di essi ha una caratterizzazione compiuta, un suo ruolo ben definito all'interno dell storia che si svilupperà nel corso di numerosi capitoli. Lascio a voi la l'incarico di trovare la pazienza per leggerli. Nel caso decidiate di inoltrarvi in questa attività, non mi rimane che augurarvi: BUONA LETTURA
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'In her shoes'
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CAPITOLO 3:  AAA: PALLONE CERCASI
 
L’ora di biologia si rivelò una sorpresa per Erin: Miss Joplin era coinvolgente e le sue lezioni stuzzicanti. Proponeva quesiti scientifici ai suoi studenti che si potevano risolvere solo sulla base del ragionamento:
“pensateci un attimo: perché un eterozigote come questo dovrebbe trarre vantaggio dal suo genotipo? Rispetto ai due omozigoti intendo”
Ed Erin era una delle poche che riusciva a centrare il punto. I presenti si sorpresero della sua elasticità mentale, compresa l’insegnante. La ragazza aveva guadagnato qualche punto ai suoi occhi.
Finita l’ora, una sua compagna di classe le si avvicinò. Era una rossa naturale, a differenza di Castiel, e portava una treccia a lato; era seduta in seconda fila ed era stata piuttosto silenziosa durante le lezioni. Si chiamava Iris ed ispirava fiducia ad Erin anche se, fino a quel momento, non avevano mai scambiato due parole.
“Erin chiedono di te” le disse Iris indicando un punto alle sue spalle.
Erin spostò lo sguardo verso la direzione indicata dalla ragazza. Sulla soglia della porta era appoggiato Nathaniel.
“grazie Iris” rispose scattando in piedi e raggiunse il ragazzo. Castiel, dal canto suo, si alzò svogliatamente e passò tra lei e Nathaniel urtando quest’ultimo. Castiel non si scusò e il delegato lo ignorò. Il primo sparì nel corridoio e Nathaniel le disse:
“allora Erin come va?”
“bene grazie. Abbiamo appena avuto biologia con la Joplin. Davvero in gamba”
“penso sia la prof più amata del liceo, dopo la Robinson, quella di arte …”
Erin avrebbe voluto far proseguire la conversazione su quella scia, ma la curiosità di sapere il perché della visita del delegato prese il sopravvento:
“come mai da ‘ste parti? Devi dirmi qualcosa?”
Nathaniel alternò un’iniziale perplessità ad un’espressione di disagio:
“no no, è solo che ho pensato che ti avrebbe fatto piacere parlare con qualcuno che conosci. Immagino che essere la nuova alunna non sia facile…”
Erin avrebbe voluto baciarlo in fronte, ma si trattenne. Nathaniel incarnava il perfetto principe azzurro non solo fisicamente ma anche il suo animo era così nobile.
“infatti mi fa molto piacere. Anche perché il mio unico tentativo di fare amicizia è miseramente fallito” commentò pensando alla reazione di Kim.
“non ti scoraggiare. Fossi in te proverei a parlare con Iris, la ragazza che è appena venuta da te. È la presidentessa del club di giardinaggio, ci ho parlato in qualche occasione. È una persona alla mano”
“ah sì? È la presidentessa?” ripetè Erin con un certo stupore. Iris era una ragazza tranquilla, non se la immaginava in un ruolo di responsabilità
“perché quell’espressione?”
“beh, non l’avrei mai detto. Cioè mi sembra una persona così pacata, faccio fatica a immaginarmela a gestire un intero club”
“e invece lo fa molto bene. Magari ti può sembrare un po’ remissiva, ma se è necessario, sa far valere i suoi diritti. Direi che il club di giardinaggio è uno dei meglio organizzati proprio grazie alla sua leardership”
“stai cercando di convincermi a fare domanda per il suo club?” chiese Erin con un sorriso divertito.
“lo ammetto” replicò Nathaniel sorridendo a sua volta “è la seconda volta che mi becchi oggi”
“grazie, ma rimango dell’idea di voler provare con il club di basket”
In quel momento Castiel rientrò e passò loro accanto.
Erin lo seguì con lo sguardo. Nathaniel sbirciò l’ora sul cellulare e commentò:
“sarà meglio che vada, altrimenti arrivo tardi a lezione”. Erin lo guardò allontanarsi. Le sarebbe piaciuto  pensare che tutte quelle attenzioni le fossero state riservate perché il ragazzo era rimasto colpito da lei; in realtà, e lo sapeva perfettamente, si sarebbe comportato allo stesso modo con chiunque.
 
Erin riprese il suo posto accanto a Castiel che tamburellava le dita sul banco.
All’inizio la ragazza provò ad ignorarlo, ma dopo qualche minuto non si trattenne più:
“ne avrai ancora per molto?”
Castiel la guardò di sbieco e si fermò un attimo. Poi prese una matita e cominciò a farla oscillare sul banco.
Erin gliela strappò dalle mani e se la ficcò nel proprio astuccio ma il ragazzo restò apatico.
Il professore scrisse un esercizio alla lavagna, e la classe, silenziosamente, si adoperò a risolverlo.
“la derivata del logaritmo di (2x-3) alla seconda” pensò tra sé e sé Erin. Quanto odiava la matematica. Ci metteva un sacco di tempo a capire come risolvere un esercizio.
Sbuffò frustrata.
“mi deconcentri” la rimproverò Castiel. Erin lo guardò con fare saccente:
“vuoi farmi credere che stai provando a risolverlo?”
Castiel non la sentì e continuava a scarabocchiare nel quaderno. Erin allungò il collo e lui alzò di scatto il viso, tanto che i due si trovarono a pochi centimetri l’uno dall’altra.
“non copiare” la ammonì con fare infantile tanto da strappare un sorriso a Erin.
“Signorina Travis, ha risolto l’equazione?” la richiamò il professore.
“ci sono quasi”
Dopo qualche minuto il professore chiamò Ambra che risolse brillantemente l’equazione.
“oltre che bella è pure intelligente” pensò Erin con una punta d’invidia.
Il professore ne assegnò una seconda; questa volta Erin non provò minimamente a risolverla. Quando comparivano i moduli era una causa persa. Si mise a scarabocchiare sul banco una specie di tribale.
Castiel dal canto suo, continuava imperterrito a scrivere numeri e lettere. Stando attenta a non farsi scoprire, Erin sbirciò nuovamente, e le sembrò che il ragazzo si stesse davvero impegnando a risolvere l’espressione. Per giunta quando finì, tutti stavano ancora scrivendo.
“già finita?” bisbigliò Erin sottovoce.
“tu?” chiese il ragazzo, che riteneva troppo ovvia la risposta alla domanda.
“non ci ho neanche provato. Non ci capisco niente”
“infatti la matematica è per persone… come dire…” Erin lo guardò aspettandosi un’offesa “… di una certa intelligenza, senza offesa eh” ridacchiò Castiel confermando le previsioni della ragazza.
“oh non mi offendo, del resto detto da uno che sta ripetendo l’anno…”
Castiel si zittì e Erin incassò l’ennesima vittoria del giorno. Aveva sbirciato sul libro di Castiel e aveva notato che era segnato l’anno scolastico precedente.
Castiel però non sembrava aver percepito la frecciatina.
C’era qualcos’altro che gli balenava in testa.
Erin sentì un sogghigno e subito dopo il ragazzo cominciò:
“sai bella, fossi in te eviterei di sfottere troppo… non si sa mai di chi potresti avere bisogno…”
“di te non di certo!” affermò Erin con decisione. Per niente al mondo avrebbe chiesto a quell’individuo di aiutarla, a prescindere dall’urgenza della causa.
“ah sì?... eppure ho sentito che vuoi presentare domanda per l’ammissione al club di basket”
“e quindi?” Erin non riusciva ad immaginare come Castiel potesse presentare un problema per la sua richiesta. Il ragazzo aspettò qualche secondo e avvicinandosi all’orecchio di Erin le bisbigliò:
“si dà il caso che io sia il capitano della squadra” concluse il ragazzo, dopo aver aspettato qualche secondo prima di fare quella rivelazione.
Erin rimase talmente sbalordita che non si accorse del professore che giungeva nella sua direzione. Castiel il capitano! Poteva essere più sfortunata?
“signor Black, non è mai stato così loquace quanto oggi”. Erin sobbalzò sulla sedia mentre Castiel si infastidì per quell’interruzione.
“vedo signorina Travis che non ha neanche provato a svolgere l’esercizio” aggiunse il professore spostando lo sguardo verso il quaderno della studentessa.
“si lo so, infatti Castiel mi stava spiegando come risolverlo” mentì Erin.
“ah si? Beh, signor Black allora ce lo spieghi a tutti… su forza venga alla lavagna”
Lanciando uno sguardo fulmineo ad Erin, Castiel assecondò la richiesta dell’insegnante. Del resto gli sembrava giusto concederle quella piccola vittoria prima della guerra in cui l’avrebbe annientata.
 
Per tutta l’ora i due nemici non si rivolsero la parola: ormai la dichiarazione di guerra era stata ufficializzata. Erin sapeva che Castiel stava studiando un modo per impedirle l’accesso al club nel modo più umiliante possibile. Ma proprio per questo fece una promessa a se stessa: non gliel’avrebbe data vinta. Avrebbe convinto gli altri nove membri della squadra ad accettarla.
 
Prima che arrivasse il professore di storia, Castiel si alzò ed Erin lo seguì per i corridoi.
Castiel fece finta di non essersi accorto della sua presenza e raggiunse il campo esterno di basket. Erin si fermò a bordo campo aspettando che lui le rivolgesse la parola.
Castiel prese un pallone nascosto dietro una colonna dell’edificio e cominciò a lanciare a canestro. Era incredibile la precisione con cui andava a segno. Alcuni tiri sembravano senza mira, eppure il ragazzo non mancava un colpo. Il titolo che si era guadagnato era più che meritato ed Erin non osava immaginare come fosse abile anche nel gioco vero, dove era richiesta anche agilità e prestanza.
“intendi star lì a fissarmi? Mi dà fastidio” brontolò Castiel.
“voglio entrare nel club di basket. Che devo fare?”. Erin sbirciò l’ora e s’innervosì perché stavano tardando a lezione.
Castiel sogghignò, lanciò per l’ennesima volta la palla e la recuperò.
“la vedi questa palla?” chiese facendola rotolare in equilibrio sull’indice.
“se vuoi che prenda in considerazione la tua domanda, dovrà essere tra le tue mani. Hai un giorno di tempo”
“ok” accettò prontamente Erin. Non aveva ben chiaro come si sarebbe svolta la sfida, ma come poteva facilmente immaginare, si trattava di sottrarre la palla al ragazzo durante una partita 1 contro 1. Non poteva prolungare la conversazione, erano già in ritardo di cinque minuti alla lezione successiva.
“adesso andiamo, il prof sarà già arrivato”
“pensi di potermi dare ordini?” replicò Castiel asciutto.
“non vieni?”
“cerca di non deprimerti troppo senza la mia compagnia” la canzonò il ragazzo realizzando l’ennesimo canestro. Di tutta risposta, Erin alzò un dito medio.
 
Erin camminò di gran fretta nei corridoi. Non sapeva come giustificare il suo ritardo. Si fermò davanti alla porta e fece un sospiro con la mano sospesa pronta a bussare.
“Erin!” bisbigliò una voce.
“Iris! Anche tu in ritardo?”
“sì, dai muoviamoci!” si affrettò la ragazza entrando senza bussare, seguita da Erin:
“scusi professoressa, mi hanno chiamato urgentemente al club”
“ah non preoccuparti Iris, piuttosto mi chiedevo che fine avesse fatto la nuova studentessa…” biascicò la professoressa.
Erin stava per aprire bocca, ma Iris la anticipò:
“colpa mia. Le ho chiesto una mano e ho fatto tardare entrambe, un cane si è intrufolato nella scuola e ha mandato all’aria i bulbi che abbiamo piantato tre giorni fa”
“oh, gli iris?” chiese la professoressa Fraun con aria preoccupata. Come avrebbe poi scoperto Erin, la donna era più appassionata di piante che di eventi storici.
“si purtroppo”
“sedetevi intanto” concluse la donna con aria sconsolata.
“neanche oggi Castiel ci degna della sua presenza?” chiese la Fraun dopo aver consultato il registro.
“ditegli che se salta altre tre ore, può considerare la sua bocciatura una certezza per quel che mi riguarda… lei che dice signorina…Travis giusto? Visto che è la sua compagna di banco, incarico lei di farsi portavoce del mio avvertimento”
Erin si irrigidì.
“mi scusi ma credo che sia un compito che spetta ad un’insegnante”
Tutti si voltarono e la professoressa, alzò lo sguardo dal registro:
“può ripetere?” chiese chiudendolo e guardando Erin con aria ostile.
“secondo me se vuole che uno come Castiel  la rispetti, deve affrontarlo lei di persona, non affidare ad uno studente il compito di farlo rinsavire”. Le rughe che solcavano le labbra della donna diventarono ancora più marcate “è-è solo la mia opinione” aggiunse incerta Erin che non si era resa conto che la sua sincerità non era stata apprezzata.
“certo che è solo la tua opinione” replicò acida la Fraun “ora capisco il perché due professori su tre si sono già lamentati di lei”.
Erin avvampò e abbassò gli occhi mentre Ambra e Charlotte sogghignarono.
In quel momento qualcuno bussò alla porta, in modo talmente violento da far sobbalzare tutti.
Senza aspettare una risposta, Castiel entrò nell’aula e, ignorando esplicitamente l’insegnante, si accomodò al suo posto.
La professoressa rimase senza parole, sbattè gli occhi un paio di volte e sbottò:
“a cosa dobbiamo questa visita? Si è deciso a voler imparare qualcosa sulla storia?”
“fuori sta cominciando a piovere” rispose semplicemente Castiel.
Iris trattenne a stento un sorriso, mentre Ambra approfittò di quell’occasione per far capire a Castiel che approvava il suo umorismo e scoppiò a ridere.
“silenzio! Cominciamo la lezione”
 
Quella era l’ultima ora di lezione. Nel pomeriggio c’erano le attività dei club ed Erin era troppo nervosa all’idea di ciò che sarebbe potuto succedere da lì a poche ore.
“ci vediamo alle due al campo da basket” e detto questo, lasciò l’aula.
 
“tutto bene?”
Erin sollevò lo sguardo verso la voce gentile che le aveva appena rivolto la parola. Iris, con i suoi occhioni verde acqua, la stava fissando con aria un po’ preoccupata.
“sì, sì. Cioè… più o meno” farfugliò Erin sistemando il libro di storia nella borsa a tracolla con fatica. Era piena zeppa di materiale e il malcapitato faceva fatica ad inserirsi in quella giungla di libri e astucci.
“te ne porti dietro di roba” commentò Iris con un tono allegro.
“non sapevo di preciso cosa avremo fatto, così ho portato un po’ di tutto” si giustificò Erin.
“pranzi con qualcuno adesso?”
“no, ma mi sono portata il pranzo da casa”
“ottimo! Anche io. Se ti va, possiamo mangiare insieme”
Un enorme sorriso si disegnò sul volto di Erin. Iris era la seconda persona gentile della giornata e non a caso era stato Nathaniel a consigliarle la sua compagnia.
“di solito pranzo in compagnia di una ragazza del secondo anno che fa parte del club di giardinaggio” le spiegava Iris mentre Erin la seguiva nei corridoi.
“ti avverto, all’inizio con chi non conosce è un po’ timida, ma quando entra in confidenza con qualcuno è davvero una persona piacevole”
 
Le due ragazze si diressero sul retro della scuola, dove altri studenti avevano il loro angolo per pranzare;
“vedo che sono in molti a pranzare fuori” commentò Erin.
“sì, finchè il tempo è decente, ma vedrai che già dal mese prossimo qui non ci sarà quasi nessuno. La mensa sarà affollatissima”
Iris svoltò l’angolo sud dell’edificio ed Erin scorse una scala anticendio.
Un enorme album da disegno nascondeva il volto di una persona intenta a scarabocchiarlo.
“ehi Violet!” salutò Iris.
Lentamente l’album si abbassò ed Erin poté vedere il volto dell’artista: si trattava di una ragazza dai capelli viola a caschetto con una treccina laterale. Il suo volto era di una dolcezza da shoujo manga.
“oh, buongiorno Iris” rispose con voce gentile e cristallina. Poi spostò lo sguardo verso Erin che la fissava con curiosità.
“oh” commentò semplicemente Violet arrossendo e abbassando lo sguardo.
“lei è Erin, è in classe con me… ed Erin, come avrai capito, questa è Violet”
“piacere” rispose Erin cercando di risultare il più amichevole possibile.
“piacere mio” e quelle furono le uniche parole che Violet rivolse direttamente ad Erin durante il loro pranzo.
Iris sosteneva buona parte della conversazione, ottenendo qualche cenno monosillabico da Violet e qualche risposta vaga da Erin che era troppo tesa per riuscire a conversare.
“c’è qualcosa che ti preoccupa, non è vero?” chiese ad un tratto Iris rivolgendosi a Erin.
Erin la guardò di sottecchi con aria incerta.
“tra mezz’ora ho la prova per l’ammissione al club di basket”
“ahia, ora capisco” commentò Iris assumendo un’aria metadibonda. Dopo qualche secondo sbottò “male che vada c’è sempre il club di giardinaggio”
“non voglio passare i miei pomeriggi ad annaffiare le peonie”
Iris e Violet rimasero perplesse e solo in quel momento Erin si ricordò con chi stava parlando:
“oddio! Scusatemi, non volevo offendere il club… è che proprio non fa per me!” si giustificò Erin in imbarazzo.
“oh non preoccuparti “ sorrise Iris “mica me la sono presa. Anzi mi fai ridere quando dici la prima cosa che ti passa per la testa” aggiunse facendole l’occhiolino.
“pensa che sono riuscita a seccare una pianta grassa una volta” replicò Erin con un certo orgoglio.
Iris sorrise e Violet commentò:
“le piante grasse fanno dei fiori bellissimi”. Erin non sapeva se la ragazza si aspettasse una replica da parte sua così preferì non aggiungere nulla.
 
L’orologio della scuola segnava le 13.55. Erin salutò Iris e Violet e si recò nel luogo dell’incontro.
L’attesa era snervante. Non c’era nessuno in cortile.
Dopo un quarto d’ora, finalmente Castiel girò l’angolo:
“sei in ritardo!” lo rimproverò Erin.
Il capitano di basket si grattò l’orecchio visibilmente disinteressato dalla critica.
“e gli altri dove sono?” 
“non servono altri spettatori”
Erin lo guardò senza capire. Quindi solo lui avrebbe deciso cosa ne sarebbe stato della sua ammissione? Stava per protestare ma Castiel fu più veloce a replicare.
“te lo ricordi il pallone che ti ho mostrato prima? Quello bianco e blu?”
“non sono mica ritardata”
“bene. La scommessa era semplice: dovrai riuscire a prenderlo”
“si ho capito, allora dove vuoi giocare?”
“frena. Chi ha parlato di giocare?” chiese beffardo il ragazzo. Aveva un ghigno sprezzante e la fissava con un’aria di sfida e presunzione che spiazzò Erin
“devi prima trovarlo altrimenti la tua domanda di ammissione non verrà presa in considerazione”.
Di fronte a tanta arroganza, Erin non volle dargli la soddisfazione di vederla andare nel panico.
“d’accordo, del resto ho già accettato la scommessa. Entro domani alle due, avrò quel pallone tra le mani!” e girò i tacchi, dirigendosi impettita verso la palestra.
Il suo nervosismo era svanito ed era stato rimpiazzato da una grande carica e determinazione che a stento riusciva ad arginare.
 
  
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