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Autore: Cygnus_X1    26/04/2014    3 recensioni
Un trono usurpato. Una ragazza in cerca di se stessa. Una maledizione mortale.
~~~
Myrindar ha diciassette anni e un marchio nero sul petto. Una maledizione che l'accompagna da sempre, che le dà il potere di uccidere con il solo tocco. Salvata dal Cavaliere Errante Jahrien dai bassifondi di una città sconvolta dalla guerra, Myrindar ha vissuto in pace per cinque anni, dimenticandosi dei conflitti, con una famiglia che l'ha accolta con amore.
Tutto cambia quando nel villaggio dove abita giungono i guerrieri dell'Usurpatore a cercarla. Myrindar è costretta a fuggire, guidata da una misteriosa voce che le parla nei sogni, alla ricerca dell'esercito dei Reami Liberi e dei Cavalieri Erranti. Ma il nemico più pericoloso non è l'Usurpatore, né il suo misterioso braccio destro; è la maledizione che la consuma ogni giorno di più e rischia di sopraffarla.
Tra inganni, tradimenti e segreti del passato, tra creature magiche e luoghi incantati, Myrindar si ritroverà in un gioco molto più vasto di quanto potesse immaginare; perché non è solo una guerra per la libertà, quella che sconvolge i Regni dell'Ovest. Non quando antiche forze muovono le loro pedine sul campo di battaglia.
[High Fantasy]
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Capitolo 4

La Città di Confine



 

M



ya continuò a correre, nel buio, senza fermarsi. Se si fosse fermata, i pensieri che la inseguivano l’avrebbero travolta, trascinata così in basso che non sarebbe più riuscita a risalire. Si concentrava solo sul dolore che le trafiggeva i muscoli a ogni movimento, sul suono cupo e smorzato dei suoi passi frenetici sul suolo del bosco, sui rami degli alberi che comparivano qua e là e la frustavano.
L’aria le strappava le lacrime dalle guance, il cuore le esplodeva nel petto mentre cercava di mettere più distanza possibile tra lei e quella che era stata la sua casa.
Si fermò solo quando era ormai l’alba, stremata dalla lunga fuga. Si lasciò cadere a terra, tremando e respirando disperatamente. Si addormentò all’istante, raggomitolata come quando era bambina, con le lacrime che continuano a scendere e rigarle il viso stanco.
 
***
 
Ti stanno cercando.
La voce era tornata. Mya sussultò. Era sicura di conoscerla. Doveva assolutamente ricordare chi era.
È l’Usurpatore. Ti vuole. Non ti deve trovare.
La ragazza faticava a distinguere il luogo in cui si trovava. Sembrava una strada stretta e sporca, circondata da edifici alti e squallidi. Il cielo era coperto da nuvole pesanti, e la luna non c’era. Tutto era buio.
Torna ad Antya. Cerca Zakhar, nella zona ovest del quartiere dei vicoli.
Mya si vide bussare a una porta. Si sentì un movimento dall’interno.
Lui ti aiuterà. Ma devi sbrigarti, o ti prenderanno.
La porta si aprì su un’oscurità totale e impenetrabile. La ragazza fece un passo indietro, terrorizzata. Ma quello strano buio, denso, appiccicoso la afferrò e la trascinò con se.
 
***
 
Erano ormai quattro giorni che Mya scappava. Era andata in direzione sud ovest, uscendo dalla valle, ma ora avrebbe deviato verso sud. Aveva imparato a sue spese che doveva fidarsi di quella voce. A causa sua probabilmente la sua famiglia era morta. Il suo villaggio raso al suolo o bruciato. E tutto perché non aveva voluto andarsene.
Era un disastro.
Mearth e Alya erano stati così buoni ad accoglierla nonostante tutto... e lei per ringraziarli era stata così egoista da non voler andare via, e aveva messo in pericolo la loro vita. Si odiava per questo.
A volte si chiedeva cosa sarebbe successo se Jahrien non l’avesse salvata da Antya. Probabilmente sarebbe morta durante l’assedio che aveva condotto l’esercito dell’Usurpatore dentro le mura della città.
Jahrien. Chissà dov’era, cosa stava facendo.
Lo sapeva che era una stupida, ma non poteva fare a meno di pensare a lui. Chissà se l’avrebbe mai incontrato di nuovo, chissà se le loro strade si sarebbero incrociate. Erano pensieri infantili, ne era consapevole. Però non poteva impedire loro di entrarle con prepotenza  nella mente e perseguitarla mentre camminava attraverso le colline di Amikar, diretta verso Antya.
 
***
 
Con mezzo esercito imperiale che le stava dando la caccia, supponeva che entrare innocentemente dalla porta principale non fosse una grande idea.
Aveva visto per la prima volta una prova dei suoi sospetti pochi giorni dopo essere scappata da Tadun, quando si era imbattuta in un villaggio ed era stata costretta a deviare dal suo percorso.
Al bivio per arrivare al piccolo paese incuneato tra due colline aveva notato una tavola di legno appesa sbilenca al ramo più basso di un grande albero ancora spoglio. Si era avvicinata, incuriosita, per sbirciare le pergamene rovinate che c’erano inchiodate.
E lì, in bella vista, appena sbiadito dal sole ma lo stesso troppo maledettamene riconoscibile c’era un disegno di un ragazzo giovane, sui sedici anni, che spiava il mondo da sotto i suoi capelli disordinati. Ma la cosa che Mya aveva trovato terrorizzante e che l’aveva confusa non poco era che quello disegnato lì, se non fosse stato un ragazzo, sarebbe stato praticamente identico a lei: stessi capelli scompigliati, stessi occhi troppo grandi, stessi lineamenti sottili.
“Myrindar, diciassette anni. Consegnare vivo alle truppe grigie. Taglia: 50 corone d’oro.”
Così diceva la scritta sotto il disegno.
Mya era scappata via, inorridita. Non sapeva perché la cercassero... e sapeva ancora meno perché pensassero che era un ragazzo. Ma non aveva nessuna intenzione di correggerli sulla sua identità; le parole della voce misteriosa che entrava nei suoi sogni rimbombavano continuamente nella sua testa.
Aveva evitato di pensare alla taglia sulla sua testa – cinquanta corone d’oro?! Era un’assurdità – ed era semplicemente andata avanti, sempre verso sud, verso Antya, sperando che nessuno la vedesse e la riconoscesse. Si era tenuta lontana dalle strade, tagliando per le colline. Aveva superato il fiume Shaali una settimana dopo essere partita, ed era entrata nel regno di Thral, anche se ci era mancato poco che una pattuglia di soldati la catturasse al confine. Ma in fondo Mya aveva vissuto per dodici anni tra i vicoli di Antya, tra ladri, tagliagole e loschi figuri di tutti i generi, sapeva badare a se stessa.
Infatti era andato tutto per il meglio, e ora che era arrivata ad Antya, due settimane da quando era scappata da casa, doveva affrontare un problema ben peggiore della pioggia incessante o delle pattuglie sparse per la campagna.
La Città di Confine era completamente racchiusa in una cinta di mura alte quattro metri, interrotte da quattro grosse torri quadrate in corrispondenza dei punti cardinali.
E lei non poteva certo entrare sotto lo sguardo dei soldati imperiali di guardia alle porte.
 
***
 
Era quasi mezzanotte. Doveva andare.
Mya raccolse le sue poche cose, si preparò con l’arco a tracolla e la faretra carica allacciata alla cintura. Spostò il pugnale in una posizione da cui sarebbe riuscita a estrarlo più in fretta, e si allacciò il mantello nero con l’ampio cappuccio.
Si strinse il corsetto, per tentare di evidenziare seno e fianchi che praticamente non aveva. Le guardie cercavano un ragazzo: per l’ennesima volta, Mya maledisse quel suo corpo così dannatamente sottile che la faceva passare per una bambina. Avrebbe tanto voluto essere un po’ più femminile, come le ragazze che aveva visto a Tadun.
Stava per avviarsi quando improvvisamente le venne un’idea.
Sciolse la lunghissima treccia di capelli neri e li pettinò con le mani. Le arrivavano oltre i fianchi, in morbide onde corvine che riflettevano debolmente la luce della luna. Erano bellissimi. Prima di pentirsene, estrasse il pugnale.
Cinque minuti dopo, la ragazza si avviava furtiva ma decisa verso Antya, con i capelli che le scendevano disordinati appena sopra le spalle, e insieme alle ciocche tagliate, lasciava dietro di sé, e per sempre, la sua vita normale.
Mya era morta, così come era morta la sua illusione dorata di poter vivere come una ragazza qualsiasi in un paese tra le montagne.
Era tornata la ragazza delle strade, l’ombra tra le ombre.
Era tornata Myrindar.
 
***
 
Il passaggio era stretto e opprimente, doveva procedere su mani e ginocchia e lo stesso la schiena grattava dolorosamente sul soffitto irregolare, nei punti dove il cunicolo si stringeva.
Crescere nel quartiere dei vicoli le era stato utile. Conosceva quel passaggio sotterraneo da tantissimo tempo, gliel’aveva mostrato un vecchio che viveva nella zona sud, e le era venuto in mente subito quando aveva visto le guardie alla porta. Ci aveva messo una ventina di minuti per ritrovarlo, ma era certa che sarebbe uscita da una botola tra due catapecchie al limite della zona sud. Dentro le mura di Antya.
La Città di Confine era antichissima, e questo comportava più segreti di quanti si potessero immaginare. Solo chi era vissuto tra le sue ombre e i suoi sotterranei poteva sperare di conoscerne almeno un po’.
La ragazza emerse come previsto in un vicolo sporco e deserto. L’odore di terra e rifiuti vari la riportò a cinque anni prima, e le girò la testa. Si sedette a terra, ammirando le incisioni devastate sul muro ormai grigio della casa che aveva di fronte e le pietre sbeccate del selciato. Era a casa.
Non doveva sforzarsi per camminare silenziosa e furtiva. Era tesa a cogliere ogni singolo dettaglio, ogni rumore oltre al mantello che frusciava dietro di lei mentre si dirigeva verso la sua destinazione, la zona ovest dei bassifondi.
Per questo non si stupì affatto quando il losco tizio che le veniva incontro dall’altra parte del vicolo le bloccò la strada e quasi contemporaneamente qualcuno fece per afferrarla da dietro.
Myrindar si abbassò di scatto, affondò un gomito nello stomaco di quello dietro di lei, ruotò in fretta su se stessa e fece perdere l’equilibrio all’uomo davanti a lei con un calcio basso sulle caviglie.
Si rialzò e sguainò il pugnale, schivò un coltello lanciato da un terzo uomo da qualche parte dietro di lei e si infilò in un vicolo, seguita da un’altra lama che si conficcò nella parete a pochi centimetri dal suo braccio. Divelse il pugnale con la mano libera e lo lanciò fulminea mentre riemergeva dall’ombra, vide il bagliore del metallo volare in aria e colpire quello che l’aveva lanciato, che era uscito allo scoperto. L’uomo cadde all’indietro con un grido.
Il primo che aveva colpito le si scaraventò addosso urlando. Myrindar non fece in tempo a sollevare il pugnale per difendersi. L’uomo fece per afferrarle il collo, ma bastò che le sfiorasse la pelle con le mani nude e la maledizione lo colpì. La ragazza sentì il marchio sul suo petto bruciare dolorosamente, e gridò. Quello che l’aveva assalita si afflosciò al suolo senza un rumore, e Myrindar arretrò, terrorizzata.
La maledizione aveva rubato un’altra vita. Anche se era la vita di un maledetto ladro dei vicoli, si sentiva morta lo stesso.
Represse le lacrime. Non era il momento.
Rincorse l’ultimo assalitore, che stava scappando di corsa. Lo afferrò per il mantello e lo strattonò. Lo sbatté contro un muro, puntandogli il coltello alla gola.
«Ma guarda un po’» la derise quello, «Adesso posso dire di averle viste tutte. Una bambina che fa a pezzi i miei uomini! Non sono cose che capitano tutti i giorni.»
Il cappuccio le era sceso sulle spalle, e se n’era accorta solo ora. Dannazione.
«Chiudi il becco, verme. Dimmi dove trovo Zakhar, e potrei anche pensare di salvarti.»
Perché doveva avere quella stramaledetta vocina sottile? Non sarebbe mai riuscita a minacciare decentemente qualcuno. Infatti il ladro non la prese sul serio, e cominciò a sghignazzare.
«Oh, che paura. Sto tremando! Se fossi un po’ più grande potrei anche dirtelo, in cambio di qualcosa, ovviamente... ma così, a portarti a letto non mi divertirei neanche. Torna tra le sottane della mamma, bimba, e smettila di giocare nei vicoli, che sono pericolosi!» aggiunse, scoppiando a ridere.
La rabbia le esplose dentro. Aveva una voglia assurda di ucciderlo, lì, in quel momento. Sarebbe stato facile, bastava spingere un po’ più in là la lama del pugnale.
«Non so se hai visto» la voce le tremava dalla furia repressa «come ho ucciso il tuo compare, prima. Mi è bastato toccarlo. Pensi che avrei problemi a dissanguare un verme come te?»
Fingeva una sicurezza che non provava, ma questo lui non lo sapeva.
«La casa con la striscia di decorazioni azzurre di fronte al pozzo, davanti alla piazza a due isolati da qui» capitolò infine.
Myrindar allontanò il pugnale dalla sua gola, e il ladro si rilassò appena. Poi la ragazza rigirò l’arma in mano e lo colpì forte in testa con il pomolo dell’elsa. L’uomo svenne. Myrindar si immerse nelle ombre.
 
***
 
Trovò la casa in questione dopo almeno mezz’ora di vagabondaggi a vuoto. Lungo la strada incrociò ladri silenziosi come fantasmi, bambini vestiti di stracci, prostitute seminude con il trucco colato... nessuno fece troppo caso a lei, che camminava furtiva avvolta nel mantello, da cui a ogni passo compariva la sagoma riconoscibile del pugnale.
Quella era la vita dei vicoli della Città di Confine. Era da lì che Myrindar proveniva, era quello il suo posto. Non le casette di legno e pietra rosa di Tadun, non le scale che continuavano a salire e scendere, ma le catapecchie bruciate e abbandonate, e i vicoli sporchi pieni dei segreti della notte. Lei apparteneva a quel luogo, a quella città.
La casa di Zakhar era nell’ombra di un altro edificio più alto, tanto che Myrindar ci passò davanti due volte prima di notare i fregi azzurri disegnati sopra le finestre. Quando infine si rese conto che era arrivata, era già quasi l’alba.
La ragazza bussò alla porta, cauta. Aspettò qualche minuto.
Nessuno rispose.
Provò a bussare un po’ più forte.
Non provennero rumori dall’interno della casa.
Zakhar doveva essersene andato. Probabilmente era scappato, aveva trovato un’altra dimora. Succedeva spesso, nei vicoli. In genere le guardie cittadine non venivano a ficcare il naso nei bassifondi... ma se quell’uomo avrebbe dovuto farla scappare dall’Usurpatore, quasi sicuramente era un fuorilegge, e non era difficile immaginare che si fosse messo nei guai.
Però era un problema: il sole era quasi del tutto sorto, e Myrindar avrebbe dovuto aspettare la notte seguente per uscire. Con la luce chiunque poteva notare chi era.
Decise in fretta. Estrasse dalla tasca un ferro ritorto che aveva preso a uno dei ladri che l’avevano assalita e cominciò a lavorare sulla serratura. In pochi minuti era dentro.
L’interno era grigio, polveroso. Zakhar doveva essere scappato da parecchio tempo. I mobili erano spaccati, come se qualcuno avesse frugato poco delicatamente l’intera casa per cercare qualcosa. Myrindar si raggomitolò dietro l’anta di un armadio distrutto, tossì polvere e si concesse finalmente di riposare.
 
***
 
Era esausta. Così stanca che, circa quattro ore dopo, era ancora immersa in un sonno profondo.
E non si accorse dei passi finché non fu troppo tardi.
Erano in quattro. Quattro soldati dell’Usurpatore che tentavano invano di essere silenziosi. Myrindar si svegliò di soprassalto solo quando uno di loro sfondò la porta.
La ragazza scattò immediatamente in piedi, correndo verso la finestra più vicina. Spalancò imposte e vetri con violenza e si tuffò fuori.
Il dolore esplose all’improvviso. La ragazza perse l’equilibrio e cadde malamente a terra.
Stelline nere danzavano davanti ai suoi occhi e la spalla gridava di un dolore infuocato.
Abbassò gli occhi, disorientata, stranamente annebbiata e incapace di pensare.
L’asta di un quadrello di balestra sporgeva dal suo braccio in una macchia di sangue scarlatto che continuava a ingrandirsi.
Improvvisamente la ragazza si trovò a pochi centimetri dal terreno, senza sapere come. La fitta alla testa venne qualche istante dopo, in ritardo. Tentò di muoversi, ma scoprì che non ci riusciva.
E poi il buio si richiuse su di lei, e tutto si spense.







 
******* Famigerato Angolino Buio *******
Ciao, scusate se ci ho messo tanto per questo capitolo, succedono cose interessanti e volevo essere sicura di averlo scritto bene ;)
Come al solito, se vi va di farmi sapere cosa pensate ne sono felice!!

Vy

P.S. Alla fine non sono riuscita a mettere la mappa, devo ancora disegnarla decentemente, perdonatemi :P
   
 
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