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Autore: mirandas    26/04/2014    1 recensioni
"Beh, Beatrice mi ha detto, che Lucia le ha detto che la Madonna le ha detto di dirle mentre era con Rachele…sì, insomma, mi manda Beatrice!" (Estratto dal capitolo 2)
Chi, leggendo la Divina Commedia, non ha mai pensato che gli svenimenti del nostro amato fiorentino fossero leggermente fittizzi? Per Dante, Beatrice passa in secondo piano di fronte alla fascinosa guida, anche se ci vorrà un po' di tempo: esattamente la durata di un periglioso tour fra inferno, purgatorio e paradiso. Buona lettura a tutti!
Genere: Comico, Parodia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dante Alighieri, Un po' tutti, Virgilio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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S.:Ed eccoci tornate con un nuovo capitolo! Questa volta l'abbiamo scritto tutte assieme e tutto in un giorno quindi non sappiamo come sia venuto xD
D.: le parti demenziali sono mie (S. si lamenta e dice che sono anche le sue).
I.: (non dice niente perchè è in bagno xD).
Buona lettura a tutti!

Canto XXIV
 
Virgilio
 
“Non ho bisogno delle parole per capire i tuoi sentimenti”!?
Ma è vero, in fondo?
No, la cosa per me più importante non riesco a capirla.
Posso scorgere i moti del tuo animo, i tuoi sentimenti, ma ciò che meglio nascondi, ciò che più bramo sapere, quello non lo vedo, non riesco a leggerlo nei tuoi occhi.
Gettai uno sguardo a Dante. Egli mi guardava a sua volta, vagamente preoccupato. Doveva aver notato il mio disappunto per l’inconveniente del ponte e il mio turbamento per gli ultimi pensieri.
Mi affrettai a cambiare espressione, rassicurando Dante, che sembrò distendersi.
Ci aspettava una traversata difficile e il mio protetto non sembrava nelle condizioni adatte per compierla. Nella scorsa bolgia qualcosa era cambiato. Il suo solito atteggiamento da aquilotto curioso era diventato più cupo, quasi come se fosse stato preso da pensieri ingombranti. Cosa era accaduto al fiorentino mentre non stavo guardando?
Mi dispiaceva vederlo così giù di morale, decisi allora che, per il momento, avrei dimenticato i miei problemi e avrei cercato di distrarlo.
Gli mollai una sonora pacca sul sedere, resistendo alla tentazione di lasciare lì la mano. In compenso mi godei l’espressione scioccata di Dante. “Forza pelandrone! Aggrappati a quella roccia e poi su quella là in alto.” E gli indicai il masso successivo. “Però fa’ attenzione, sono molto instabili, perciò prima assicurati che riescano a sorreggerti.”
“Ma, maestro, poi mi si vede tutto sotto la veste!” protestò lui.
“Oh, ma smettila! Mica ti guardo lì sotto!” sbottai.
Cooooome no….
La mia doveva essere una battuta scherzosa, ma Dante si richiuse su se stesso come un riccio. Aveva assunto un atteggiamento difensivo tipico degli animali e non ne capivo il motivo. Per una volta fui preso dai sensi di colpa.
E se alla fine si fosse stancato dei miei giochi? E se avessi esagerato? E se avessi sbagliato tutto e Dante si fosse stancato di me?
Mi riproposi di chiarire la questione in un secondo momento. “Va bene, Dante.” Sospirai. “Togliti la veste, così risolviamo il problema.”
Il fiorentino arrossì ma, ubbidiente, si sfilò la veste catarifrangente, rimanendo con una tunica corta nera, braghe e calzebrache. Si aggiustò la veste sfilata intorno alle spalle e, con le mani libere, riprese in silenzio la scalata.
Osservai dal basso il corpo asciutto del fiorentino, ora non più coperto da quel mantellone fosforescente.
Decisamente meglio così. Ma di cosa diamine si vergognava? Come se la gente del suo tempo non se ne andasse in giro con le braghe di fuori!
Quando finalmente arrivammo in cima, notai che il fiato del bel bussolano si era accorciato parecchio e, non appena mi girai per osservare il panorama infernale, quel pigrone ne approfittò per sedersi!
“Dante, muovi il culo! Non diventerai mai famoso se continuerai a dormire! Cosa credi, che il Boss lassù ci sia arrivato facendo la maglia? Guarda che se non concludi il viaggio e non diventi famoso poi tutti si scorderanno di te! Vuoi che ti ricordino solo come ‘l’autopompa col nasone’?!
Dante, risentito, si alzò in piedi di scatto, e , guardandomi dritto negli occhi, disse: “Andiamo, maestro. Non sono stanco, e sono più forte di quanto tu non creda. Posso arrivare in cima.”
Prendemmo la strada su verso il ponte di pietra, ripido e roccioso. Mano a mano che avanzavamo la scalata era sempre più difficoltosa. Sentivo Dante sbuffare e ansimare poco più avanti, e tuttavia cercava di non farsi sentire, per non mostrarsi debole ai miei occhi, gettandomi ogni tanto un’ occhiata.
“Tutto bene, Dante?”
“Sì, maes…”
Fu interrotto dal levarsi di una voce dall’altra bolgia.
Ci fermammo per ascoltare meglio e capire da dove provenisse di preciso, ma le parole erano incomprensibili, e il suono non sembrava originarsi da una fonte immobile, ma da un essere in movimento.
Eravamo ormai sulla sommità del ponte, Dante teneva lo sguardo fisso in basso, ma l’oscurità era troppo densa per i suoi occhi.
“Maestro, passiamo il ponte e riscendiamo dall’ altra parte. Da qui riesco a sentire ma non a capire, né a vedere.”
Annuii in silenzio e passai oltre. Dante mi seguì lungo il ponte e insieme discendemmo l’estremità opposta, dove si ricongiungeva con l’ottavo argine. Dopodiché ci apparve la bolgia in tutto il suo squallore. Vidi l’espressione del fiorentino cambiare rapidamente: da sollievo a sorpresa e da sorpresa a terrore puro. Incuriosito dalla reazione del mio protetto, lo spinsi delicatamente da parte e guardai ciò che aveva provocato tanto turbamento: un groviglio di serpenti dall’aspetto mostruoso.
“M-m-m-maestro…questi serpenti mi fanno p-p-paura…sono peggio delle chelidri, dei iaculi, delle faree, dei cencri e delle anfisbene e…”
Dante continuò a blaterare per un po’, elencando nomi incomprensibili. Il povero fiorentino era infine partito per la tangente!
Cominciai a dargli delle patte sulla testa per rassicurarlo. “Sì, sì, Dante, hai ragione tu. Non ti preoccupare, va tuuuuuutto bene.” Dissi, con il tono di un genitore che asseconda il proprio bambino.
Ho ragione io?! No che non va tutto bene allora! Ti ho appena elencato le specie di bestie più velenose che conosca!!”
“Sì, sì.”
“Ma…!”
“Zitto.”
Dante ubbidì e tornammo ad osservare insieme la bolgia: in mezzo a quella crudele e pessima quantità di serpi correvano anime nude e terrorizzate che cercavano un posto per nascondersi.
“Se solo quei dannati avessero la Pietra dell’Invisibilità…! Allora riuscirebbero a scampare a quei rettili!” esclamò infervorato il fiorentino.
Mi sbattei una mano sul viso. “Sono la Pietra Filosofale e il Mantello dell’Invisibilità, coglione!”
Tornando a noi…i dannati avevano le mani legate dietro la schiena, strette nelle spire dei serpenti, che si avvolgevano attorno ai loro polsi, per poi strisciare con lentezza mortale sul davanti e cingere loro anche i fianchi. E questi Laocoonti dell’oltretomba tentavano invano di sciogliersi dalla stretta soffocante dei rettili, ma nulla poteva allentare l’abbraccio mortale.
Solo soffi e sibili, sospiri strozzati, nell’aria pesante della settima bolgia.
D’un tratto, una serpe, uscita dalla parte opposta dell’ argine, inarcò il collo, spalancò le fauci e si scagliò sul dannato, affondando i denti nell’incavo del collo nudo, scoperto e vulnerabile.. Incredibilmente, l’anima pigliò fuoco, e, come si accese, ardendo come una torcia, subito si ridusse in un mucchietto di cenere scura sulla terra nera.
Ma come l’araba fenice, che rinasce fiera a nuova vita dalle sue ceneri, così l’anima si ricompose dai suoi resti carbonizzati per rinascere, non a nuova vita, ma a nuova  sofferenza.
E il peccatore, levatosi da terra, si guardava intorno instupidito, sconvolto, terrorizzato dalla sofferenza patita, e con sospiro si dispose di nuovo al volere della giustizia divina, in un ciclo infinito di punizione eterna.
Fui io stavolta ad accostarmi all’anima prostrata e, inginocchiatomi al suo fianco, gli chiesi chi egli fosse. Alzato lo sguardo, mi rispose, la voce strozzata e sibilante come quella dei serpenti che lo attorniavano avidi. “Precipitai in questa gola nera, poco tempo fa, dalla Toscana. Sono stato un gran bastardo, e ho vissuto da bestia, quale sono. Il mio nome è Vanni  Fucci, Bestia per gli amici più intimi. E, da animale quale sono, non potevo essere altro che pistoiese.” Tacque. Si alzò per fuggire dalle mie domande e dai serpenti pronti a lanciarsi su di lui.
“Fermati! Voglio sapere di più.” Esclamò Dante.
Ci lanciammo insieme sull’ anima, per trattenerla. La tenni stretta per le braccia mentre Dante la interrogava.
“Io ti conosco. Sei noto come uomo violento, e le tue mani sono sporche di sangue. Qual è la colpa che ti ha trascinato quaggiù?”
L’uomo lo fissò negli occhi per un istante, per poi arrossire di vergogna rabbiosa e abbassare lo sguardo. “Provo più dolore nell’essere sorpreso da te qui, in questo luogo infame, di quanto ne abbia provato nel morire, ma non posso rifiutare di risponderti: ti trovi nella bolgia dei ladri, ed io ho commesso un furto sacrilego: rubai gli arredi sacri in una sacrestia e un innocente fu incolpato al posto mio. Ascolta però la mia profezia, adesso. Sicuramente non te ne hanno ancora fatte! Pistoia si spopola di guelfi neri ormai, Firenze cambia gente e forme di governo. Per volere di Marte si andrà a battaglia sul campo Piceno, presso Pistoia e ogni guelfo bianco ne trarrà dolore. Toh, stronzo!”
  
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