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Autore: Flame Ettard    27/04/2014    0 recensioni
[Contesto: Fire Emblem Path of Radiance/Radiant Dawn]
Una raccolta di one-shot sulle vite dei Marchiati, coloro che a nessun luogo e a nessuno appartengono, coloro che sono stati maledetti dalla dea.
[Spoiler sul finale di Radiant Dawn e sulla conversazione del supporto A di Ike e Soren]
Genere: Angst, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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Soren scosse più e più volte il corpo del saggio, che, steso sul letto, non dava segni di volersi alzare.
Il vecchio era davvero mattiniero, e il piccolo Soren, che aveva a malapena otto anni, non riusciva a spiegarsi perché, nonostante fosse ora di pranzo inoltrata, il vecchio non fosse ancora in piedi.
Aveva davvero fame.
Scosse ancora il corpo del vecchio, con più forza, sperando che potesse finalmente svegliarsi.
Ottenne solo che riuscì a spostarne il corpo in modo che il vecchio fosse disteso a pancia all’aria.
La carnagione del vecchio era bianco pallido, di un bianco innaturale e spaventoso, gli occhi serrati come anche la sua bocca.
Soren emise una sottospecie di singhiozzo spaventato.
Provò a scuoterlo ancora, gli diede dei colpetti sulle mani e sulla faccia.
Una più gelida dell’altra.
Il ragazzino sembrò ancor più spaventato.
Doveva essere quello che chiamavano “morte”. L’aveva letto in uno dei sui libri, l’unico passatempo assieme alla pratica delle arti magiche a cui si dedicava.
Si diventava tutti freddi, e non si respirava più.
Nonostante si sentisse terribilmente triste, non si seppe spiegare davvero il perché, sapeva solo che il vecchio che l’aveva cresciuto era…morto.
Come morivano i fiori del giardino, o le mosche quando le si schiacciava. Non si sarebbe più rialzato.
Non versò una lacrima e cercò di non singhiozzare, ottenendo solo una gola secca e dolorante.
“Piangere non serve a niente!” lo rimproverava sempre il vecchio, “Devi andare avanti e muoverti!”
E il ragazzino da allora aveva sempre cercato di nascondere quel che provava, nonostante fosse un bambino davvero sensibile e sentimentale.
Nella dispensa non c’era nulla, ed allora, prendendo un gran respiro, uscì fuori, lasciando la casa del saggio così com’era, e si diresse al villaggio più vicino.


I piedi gli facevano male, ed i sandali gli avevano lasciato segni rossi su tutto il piede.
Quando vide l’entrata della città, sembrò finalmente sollevato.
Corse e corse, finchè non ne fu all’interno.
Era enorme e bella: C’era tanta gente, quanta Soren non ne aveva mai vista, tutti diversi, di età diversa, diversi dalla donna che l’aveva cresciuto fino ai quattro anni d’età e dal vecchio saggio che l’aveva cresciuto finora.
La gente riversava in una grande strada piena di bancarelle improvvisate ed allestite alla buona, piena di cibo e di merci colorate, che la gente chiamava “mercato”:
Soren era entusiasta.
Una donna e un uomo, sposi novelli, lo notarono e gli si avvicinarono, sorridenti, pensando di aver trovato un bambino smarrito da riportare ai suoi genitori.
Lo stomaco di Soren, in risposta ai loro sorrisi, riuscì solo a brontolare.
-Hai fame, piccolino?- sorrise la donna, facendo per avvicinarsi.
-Vieni, ho appena comprato del pane. E poi troviamo i tuoi genitori, okay?-
“Grazie, lei è molto gentile, ma io non ho i genitori”
Sarebbe stato quello, ciò che le avrebbe voluto rispondere.
Invece, aprendo la bocca, ne uscì solo un lieve suono gutturale.
Soren si portò una mano alla gola, stupito da se stesso.
Non sapeva parlare. Non sapeva comunicare.
Non ci aveva fatto caso, fino ad allora. Non ne aveva avuto bisogno. Il vecchio gli aveva insegnato come si leggevano le lettere, ma lui le aveva sempre e solo pronunciate nella sua mente. Per mangiare bastava che gli indicasse la pancia. Per il bagno bastava che sbattesse i piedi. Non aveva avuto bisogno di comunicare, fino ad allora.
Ma la donna, in quel momento si stava stupendo di tutt’altro…
La signora spalancò gli occhi e indietreggiò di colpo, spaventata come se avesse appena visto un mostro di fronte a sé.
-Ha…ha…!- la donna corse tra le braccia del marito, che le era venuto incontro.
-Ha un marchio! In fronte! Un marchiato!-
Alla parole “marchiato”, una grande massa di gente si voltò, e quando videro il bambino e il suo marchio, scoppiò il caos.
La gente urlava, pochi indietreggiarono schifati, tutti gli altri, la maggioranza, cominciarono ad urlare parole di disprezzo e piene di rabbia.
Mezzo laguz! Mezzo beorc! Senza famiglia! Demonio! Maledizione della dea! Muori!
E fossero state solo parole, quelle lanciate. La voce si propagò velocemente, e la gente si piegava per terra, e, rialzandosi, gli gettava pietre.
Una pietra prese Soren in pieno volto. Fu quello il campanello d’allarme.
Scoppiò a correre, mentre una valanga di sassi gli colpiva la nuca, la schiena, le gambe, che, così fragili, normalmente gli avrebbero dato problemi a camminare.
Ma capì bene che, se si fosse fermato, sarebbe finita davvero male.
Corse lontano, lontano, ai limiti della città, nel remoto bosco, dove non passava nessuno e le pietre non potevano raggiungerlo.
Si sedette ai piedi di una quercia enorme, ansimando.
Era pieno di lividi sulla schiena: il solo contatto della schiena sulla corteccia della pianta gli provocò dolore.
Sentiva fitte ovunque, ed era stanco e triste. Ma non versò nemmeno una lacrima.
Alzò gli occhi al cielo, o meglio, verso le verdi fronde della quercia, e si toccò la rossa “N” al contrario che aveva sulla fronte.
Perché? Il vecchio aveva sempre detto che quel marchio lo rendeva forte e speciale. Perché la gente lo detestava? Che aveva di strano? Quel marchio non faceva male a nessuno, e allora perché...?
La pancia continuò a brontolargli, ma nel bosco non c’era nulla di commestibile, e tantomeno aveva la forza di rialzarsi.
Così, nonostante la pancia continuasse a brontolargli e a chiedere del cibo, chiuse gli occhi e cadde addormentato.

 
Diseredato ignaro, figlio della follia incoronata
dal seno di tua madre la sua corona le hai strappato,
Sebbene sia morte la tua condanna,
il fato con te è stato clemente.
                         

-Uhm…Ehy! Tu! Ehyyyy!-
Soren aprì lentamente gli occhi. Erano tre giorni che era senza cibo.
Ancora steso sotto la quercia, aveva i vestiti sudici e strappati, il volto sporco di terra, ed era più magro di quanto già non fosse. Ancora non aveva toccato cibo.
Poi, si era trovato davanti agli occhi lui.
Quando l’altro ragazzino, che sembrava avere più o meno la sua stessa età, si accorse che aveva aperto gli occhi, e sorrise.
Aveva i capelli blu e portava in spalla una piccola sacca.
-Meno male! Sei ancora viv…Ah!-
Appena fece per stendergli una mano, Soren indietreggiò spaventato, come un animale ferito.
-Ah! Non avere paura! Non ti faccio niente.-
Soren, che indietreggiando si era nascosto dietro il tronco dell’albero, si affacciò con la testa, ma non si mosse da lì.
L’altro ragazzo, Ike, allora, prese la sacca sulla sua schiena, e ci rovistò fin quando non trovò un sandwich preparato da sua madre, e glielo porse.
-Tieni. Ha fame?-
Soren era indeciso. Che voleva quel ragazzo da lui? Non voleva anche lui ingannarlo?
Ma il suo istinto per una volta prese il sopravvento sulla sua razionalità, e, afferrato il sanwich, lo divorò.
Il ragazzo dai capelli blu sembrò soddisfatto. – Wow! Sembra che tu non mangi da tanto!-
Il ragazzo dai capelli corvini lo fissò.
-Senti, uhm… sei sei tutto solo ed affamato, qui…Puoi venire a casa mia?-
Il Marchiato scosse la testa. No. Non poteva fidarsi di lui così facilmente. Anche quella donna era sembrata gentile, all’inizio.
-Mmmmh, okay. Allora… ti va se ti porto da mangiare anche domani?-
Soren parve colto di sorpresa e indeciso, ma, alla fine, annuì.
Ike gli sorrise. – Okay! Allora ci vediamo domani!-
E corse fuori dal bosco.




C’erano corpi sparsi ovunque. Soren non riusciva a capire perché.
Era andato in città per prendere dell’acqua di nascosto, ma quando era arrivato lì, era questo che aveva trovato. Corpi sparsi per le strade, gente accanto ai corpi o che correva a destra e a manca spaventata. C’era così tanto caos che non si accorsero nemmeno di lui.
La paura lo prese all’improvviso.
E se anche quel ragazzo fosse tra quei corpi?
Il ragazzino dai capelli corvini lo cercò freneticamente, cercandolo per terra, tra i tanti cadaveri.
Avrebbe voluto chiamarlo, urlare il suo nome, ma non sapeva come si chiamasse, né sapeva urlare.
Il cuore gli batteva all’impazzata. Voleva incontrarlo di nuovo, ma sperava di non farlo lì, di non trovarlo per terra.
Ispezionò ogni angolo della città. Di lui non c’era traccia.
Si sentì sollevato. Era sicuramente sano e salvo.
Era il crepuscolo quando finì la sua ricerca frenetica. La stanchezza gli prese le ginocchia.
Se questo fosse accaduto due giorni prima, Soren sarebbe ritornato nel bosco, ed avrebbe aspettato là sotto la quercia, senza cibo, di chiudere gli occhi per sempre, come aveva fatto il vecchio.
Qualcosa era cambiato. Non voleva morire.
Voleva incontrarlo di nuovo.
Guardò la chiesa di fronte a sé.
Da lì escono tanti uomini vestiti come il vecchio, si disse, magari qualcuno lì sarà gentile come lui.
Detto questo, pregò affinchè lo accogliessero lì, finchè non ci mise piede.

-Questo è Soren, e da oggi entrerà a far parte dei Mercenari di Greil.-
Annunciò Greil, mettendo una mano sulla spalla di Soren, di fronte al resto dei mercenari. –E’ molto intelligente ed un abile mago. Sarà un elemento chiave del nostro gruppo.-
Gli occhi di Soren si illuminarono, quando si accorse che tra questi c’era Ike.
Era cresciuto tanto, ma, per quanto lo fissasse, non sembrava che il ragazzo si ricordasse di lui.
Ma non gli importava. L’aveva incontrato di nuovo.
   
 
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