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Autore: Belarus    28/04/2014    3 recensioni
Un Drago Celeste che nobile non è mai voluta essere, una fuga bramata da sempre e un mondo del tutto sconosciuto ad allargarsi ai piedi della Linea Rossa. Speranze e sogni che si accavallano per una vita diversa da quella che gli è da sempre stata destinata. Una storia improbabile su cui la Marina stende il proprio velo di silenzio, navi e un sottomarino che custodiscono un mistero irrivelabile tanto quanto quello del secolo vuoto.
#Cap.LXXXV:" «Certo che ci penso invece! Tornate a Myramera e piantatela con questa storia dello stare insieme! Io devo… non potete restare con me, nessuno di voi può. Sparite! Non vi voglio!» urlò senza riuscire o volere piuttosto trattenersi.
Per un momento interminabile nessuno accennò un movimento in più al semplice respirare e solo quando Aya fu sul punto di voltarsi per andare chissà dove pur di mettere distanza tra loro, Diante si azzardò a farsi avanti.
«Ci hai fatto giurare di non ripetere gli errori passati. I giuramenti sono voti e vanno rispettati.» le rammentò. "
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eustass Kidd, Nuovo personaggio, Trafalgar Law
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Teru-Teru Bouzu '
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Titolo: Teru-Teru Bouzu
Genere: Avventura; Romantico; Generale {solo perché c’è davvero di tutto}.
Rating: Arancione {voglio farmi del male, oui.}
Personaggi: Nuovo personaggio; Eustass Capitano Kidd{citato}; Trafalgar Law; Heart Pirates.
Note: Mi vergogno terribilmente e temo che le mie scuse suonino ormai incredibilmente vuote, ma tra impegni, festività e voli non sono riuscita a far proprio niente. Assicuro comunque che non ho alcuna intenzione di abbandonare questa storia e mi impegnerò affinché gli aggiornamenti riprendano regolarissimi come lo sono quasi sempre stati.
Fatte le mie più sentite scuse, riguardo questo capitolo posso solo dire che al suo interno ci sono due cose che cambieranno un po’ l’andamento della vicenda e che il timeskip annunciato è di qualche mese. Hearts, Hearts, Hearts e nessun altro, ovviamente non per troppo, ma c’è da tenere in considerazione che Kidd va da solo ultimamente e come ho già detto tornerà in seguito con una bella entrata in scena, i Cinque bevono allegramente tè a Marijoa e i fratelli Saru, chi vivrà vedrà, no?
Dal mio canto, vivo e non merito tutte le parole gentili che mi vengono rivolte ogni settimana, ma ringrazio ugualmente dal più profondo del mio cuore! Ringrazio chi si ferma a recensire e ultimamente si interessa persino delle mie opinioni su alcuni fatti di One Piece, chi mi segue in silenzio, chi mi manda messaggi privati più o meno gentili, chi si aggiunge alla flotta e chi passa soltanto a sbirciare. Merci, merci, merci, merci, merci!
Alla prossima settimana, che Roger mi punisca se non mantengo la parola!






CAPITOLO XXVII






Allontanò le iridi grigie dalla linea imperturbabile dell’orizzonte, ispirando una profonda boccata di salsedine che parve riscaldarsi all’interno del suo corpo solo dopo aver superato le clavicole e diede una veloce occhiata a Shachi, appena sollevatosi dalla sabbia su cui si era lasciato ricadere con una parte della ciurma, conscio che di lì a poco avrebbe dato fiato alla bocca in nome dell’intero gruppo.
«Non che a me non piaccia starmene a terra ogni tanto, ma quest’isola potevamo anche evitarla.» lamentò difatti, con le spalle basse e il cappello calato sulla fronte.
«Pensavo avremmo trovato almeno un villaggio, dove fare rifornimento.» gli andò prontamente dietro Bepo, grondante sudore per colpa della temperatura estiva.
«Almeno della gente vorrai dire, qui non c’è nessuno oltre a noi!» insistette, gettando con svilimento il capo indietro.
Era una consuetudine unanimemente approvata quella di trascorrere le navigazioni d’isola in isola sommersi, si facevano meno incontri spiacevoli, la Marina ignorava il loro passaggio persino quando capitava che passassero sotto lo scafo di una delle loro navi e Law si beava di non avere inutili grattacapi che lo distraessero dai suoi studi di medicina, ma una volta raggiunto il luogo di scalo persino lui poteva dire di non disdegnare completamente l’idea di vedere una città. Non che ne sentisse l’esigenza, avrebbe trascorso giornate tranquille anche in perfetta solitudine avendo qualcosa con cui occupare il tempo, c’era però da tenere in considerazione che nessun membro del suo equipaggio condivideva con lui quell’idea e scoprire che su quell’isola non vi era nessun altro, era stato una sorta di trauma psicologico a breve termine per loro.
«La mappa non ha problemi e il Logpose punta qui.» mugugnò Penguin, ricontrollando entrambi gli oggetti per l’ennesima volta, sentendosi in parte in colpa per l’accaduto.
Per quanto lo riguardava, quel posto poteva anche andar bene – sempre che il magnetismo venisse registrato in un tempo ragionevole e nulla che potesse premergli accadesse da qualche parte nel mondo –, anzi avrebbe persino potuto sfruttarlo a proprio vantaggio.
Ignorò la discussione che il resto dell’equipaggio si stava impegnando a compiere per trovare qualcosa da fare e si ritrovò istintivamente a cercare quella che da un paio di mesi era divenuta una variazione inattesa al piano che aveva progettato in quasi metà della sua vita.
«Qualcosa non va O-jochu?» chiese opportunamente il suo vice con tono fiacco, spingendo Trafalgar a volgersi dalla parte opposta.
Aya gli rivolse un veloce sorriso intenerito, tornando quasi immediatamente a sollevare il naso, per studiare la muraglia buia costituita dalla foresta che si ergeva a una trentina di metri dalla battigia.
«No, Bepo, tutto bene.» assicurò pensierosa, con le nocche serrate dietro il bacino.
Nemmeno da quella distanza era difficile non notare la cicatrice che le copriva la schiena nuda dalla scapola destra a sopra il fianco sinistro, ma a lei sembrava importare ben poco da quando le aveva riconcesso la totale autonomia ed era stato da quel preciso istante che Law aveva realizzato pienamente cosa gli fosse capitato tra le mani senza che lui si fosse speso per ottenerlo.
Non amava improvvisare, né tantomeno tentare senza sapere a cosa andava in contro, gli c’erano voluti anni per decidere come agire quando fosse giunto il momento e perfino dopo tutto quel tempo, molti dei pezzi dell’ingranaggio che voleva intaccare non gli erano ancora perfettamente noti, ma fidarsi di quella ragazza era un’incognita che avrebbe potuto portarlo anche alla rovina. I suoi uomini le si erano affezionati ancora prima di averla a bordo e Law non faticava poi tanto a comprenderne il perché, eppure, per quanto in qualche modo anche lui avesse in parte capitolato nei suoi confronti, non riusciva ad accantonare completamente i dubbi. Il fatto che fosse un Drago Celeste lo aveva portato soltanto a chiedersi se avrebbe potuto sfruttare la cosa a proprio vantaggio, i nove mesi sulla nave di Eustass Kidd e la velocità con cui la scopriva ragionare tuttavia, erano sempre lì a battergli nella mente e non era ancora sicuro di potervi passar sopra.
«Non provarci.» ordinò improvviso, quando la vide abbassare il viso su un punto esatto della boscaglia.
A quel richiamo Aya si volse indietro a guardarlo un po’ confusa, piegando appena il capo rossiccio sulla spalla nuda.
«Non andartene in giro.» rincarò, senza sollevarsi dal tronco vuoto su cui si era seduto.
Erano approdati solo su due isole dall’episodio di Fancytown, ma tanto era bastato a Law per meditare di legarla allo scafo giallo del sottomarino per non perderla di vista e neppure con simili precauzioni era certo di poterle evitare di sparire da un momento all’altro.
«Mi è sembrato di sentire… qualcosa venire da lì.» confessò con tono incerto, allungando il braccio per indicargli il punto esatto.
«Motivo in più per non andarci e soprattutto non da sola.» continuò deciso, vedendo per un istante effimero un’ombra di fastidio attraversarle lo sguardo a quella precisazione.
La osservò abbassare il braccio lungo il fianco scoperto, socchiudendo gli occhi in un respiro pesante e solo dopo qualche secondo riaprirli con sorda tenacia e voltarsi verso la muraglia di vegetazione cupa da cui l’aveva distratta.
«Va bene, allora accompagnami.» la udì trattare con pazienza, mentre percorreva l’ultimo tratto di spiaggia che la separava dall’erba che s’insinuava umidiccia tra gli alberi.
Law non riuscì a trattenersi dallo sgranare gli occhi sconcertato, chiedendosi come le fosse passato per la mente di ribattere con una frase come quella a un suo ordine perentorio e le dita presero a formicolare attorno all’elsa della kikoku.



Il luogo da cui aveva sentito provenire quello strano suono si era rivelato un complesso di edifici che nessuno avrebbe mai giurato di poter rintracciare e che persino alla loro prima esplorazione avevano ignorato, passandoci in mezzo. La foresta era cresciuta sopra e dentro di esso creando varchi con le proprie radici lì dove prima non vi erano, divorando mura e lastricati, aprendo tetti e rivoltando ogni abitazione. Si respirava un odore stantio e a causa dell’umidità, Aya si era scoperta fradicia come se fosse appena risalita da un’immersione, ma il suo aspetto era l’ultimo dei pensieri che le riempivano la mente in quel preciso istante.
Dalla spiaggia, a tratti, le era parso di sentire un sibilo singolare simile a una voce provenire dall’interno dell’isola, ma più vi si era inoltrata più quello era diventato un sussurro confuso, soppiantato dal rumore della foresta e dal cicaleccio degli Heart che l’accompagnavano. Era riuscita a percepirlo con chiarezza solo un’ultima volta, quando si era intrufolata in quello che chissà quanti anni fa era stato forse un palazzo, appena prima che la sua attenzione fosse calamitata da qualcos’altro.
«Cos’è?» domandò Shachi, abbassandosi su un buco del terreno per studiare quello che vi era molti metri più in fondo, dove il basamento era venuto giù rivelando le fondamenta.
«Sembra un’altra lingua… riesce a leggerlo Senchō?» curiosò anche Penguin, sollevando per qualche secondo la visiera del proprio cappello per vedere meglio.
«È un Poignée Griffe, gli unici che sapevano leggerli erano gli abitanti di Ohara.» ricordò sovrappensiero, osservandolo con ammirazione, prima ancora che lì accanto Trafalgar potesse negare.
Aveva visto quegli strani oggetti su un libro a Marijoa le cui pagine erano state strappate per metà, quando era solo una bambina e insieme a Ko si chiudeva nella biblioteca, per sfuggire ai bruschi tentativi di sua madre d’insegnarle a essere la degna erede della loro sacra famiglia, ma non avrebbe mai sperato di trovarsene uno davanti. Credeva fossero sprofondati nelle acque del Grande Blu com’era accaduto a quell’isola, che non esistessero più o che perlomeno il Governo li avesse portati via dai luoghi in cui erano stati rinvenuti.
«Ohara? L’isola dei demoni?» mormorò quasi in un lamento Shachi, stringendo il cappello dietro la nuca.
Da quando il Governo Mondiale l’aveva distrutta, tutti la conoscevano con quel nome. La versione che era stata fornita per motivare il Bustercall gliel’aveva rivelata Ko-sama parecchi anni addietro, “cose cattive” le aveva definite e così le definiva chiunque in quel mondo, eppure né lei né Aya erano rimaste pienamente convinte di quella spiegazione. “Credo che poche cose a questo mondo siano davvero come appaiono” le aveva rivelato lucidando un’orrida teiera e lei, con gli anni, aveva imparato a concordare.
Qualsiasi azione avessero compiuto gli abitanti di Ohara contro la Marina e il Governo, minacciando l’Ordine mondiale, per Aya l’idea di un Bustercall continuava a essere inconcepibile.
«Non erano demoni e non meritavano di fare quella… fine.» considerò a voce alta, illuminandosi quando le sue stesse parole le fecero tornare in mente il motivo per cui lei e Ko avevano intrapreso quel discorso anni prima.
«O-jochu?» la chiamò Bepo, con quel nomignolo che non c’era stato verso di fargli dimenticare e a cui si era ormai rassegnata, un po’ come in precedenza era accaduto con Kidd.
«Credo di conoscere questo posto.» asserì d’un fiato, uscendo dall’edificio distrutto in cui si erano intrufolati.
Il giorno in cui Ko le aveva parlato di Ohara, Aya ricordava di essersi impuntata sul voler scoprire perché un altro luogo fosse andato distrutto. Già all’epoca quel regno non esisteva più, il libro che gliel’aveva fatto conoscere ne parlava come di un paese soleggiato, pieno di giardini, la cui sorte ciò nonostante era stata inevitabile e per un motivo che aveva dell’assurdo e che nascondeva piuttosto ben altro.
I regni erano luoghi quasi sempre fiorenti, ma fra loro vi era una continua e taciuta rivalità che mirava sempre a isolare il meno influente o almeno così le era stato insegnato quando viveva a Marijoa. Era una sorta di politica di sopravvivenza quella che veniva applicata dalle alte cariche e solo i sostituti più capaci riuscivano a tener alto l’onore delle sacre famiglie che avevano fondato quei paesi.
Diede un’occhiata attorno a sé, mentre gli Heart la seguivano all’esterno e si scoprì a sorridere inevitabilmente, scorgendo i profili di alcuni edifici e di quella che chissà quanto tempo prima doveva essere stata una fontana.
Era triste vedere desolazione e vuoto lì dove prima vi era una città, eppure Aya non riusciva a non sentirsi eccitata all’idea di trovarsi in uno dei luoghi di cui aveva solo letto.
«Questo è ciò che resta del vecchio regno di Kota, l’isola di Karinko dovrebbe essere qualche lega a sud-ovest di questo posto, ci sono parecchie città lì.» spiegò, senza resistere alla tentazione di continuare a guardare ovunque.
«Come fa a saperlo Aya-sama?» bofonchiò confuso Shachi, dopo parecchi minuti in cui lei non smise per un solo istante di gironzolare tra edifici e radici.
«Del regno o dell’isola?» indagò indaffarata, accarezzando un’iscrizione impolverata su una parete, ove si leggevano ancora le tre lettere finali del nome di quel luogo.
«Entrambi.» affermò senza pensarci troppo, seguendola con lo sguardo.
Si fermò di colpo dal proprio vagabondare e si volse indietro a osservare l’intero gruppetto.
Li aveva trascinati nella foresta parlando di uno strano rumore – anche se a dirla tutta era stato Trafalgar a portarseli dietro – e adesso si era messa a sostenere di conoscere quel posto senza perdersi in troppe spiegazioni, volendo tirare le somme, non stava dando una buona impressione e di certo non era stata educata.
«Ho letto del Regno di Kota su un vecchio libro, dicevano fosse abitato da una Yama e che alla fine andò in rovina proprio a causa di quella presenza.» raccontò con un sorriso, decidendo che fosse meglio evitare di dar voce alle teorie che le avevano riempito la testa la prima volta che aveva letto quella sciocchezza.
Non che non credesse all’esistenza di certe entità, ma dubitava fortemente che se ne andassero in giro a mandare in rovina paesi dove per di più non vi era neanche un accenno di collina, un po’ come dubitava di essere stata posseduta da uno Yūrei quando aveva compiuto cinque anni.
«Mentre dall’isola di Karinko veniva una delle… aiutanti che lavoravano in casa mia.» concluse con un velo di fastidio, rammentando lo stuolo di serve, schiavi e guardie che continuavano a riempire l’abitazione in cui era cresciuta.
Bepo, Penguin e Shachi le rivolsero sguardi tra la meraviglia e l’incredulità che riuscì a ricambiare solo con un mezzo sorriso, impensierita piuttosto dal modo in cui Law la stava studiando.
Da un paio di settimane si era accorta di quel ghigno che ogni tanto faceva capolino sul suo viso e aveva la netta impressione che qualcosa gli stesse ronzando nuovamente per la testa.
A dispetto della taglia, delle parole e persino del soprannome che chissà chi gli aveva affibbiato, un po’ come con Kidd, Aya lo aveva scoperto diverso e un po’ tutto l’aveva portata alla certezza di non aver sbagliato nel pensare fosse impossibile che gli Heart si fossero affezionati a qualcuno di orribile. Tuttavia l’ultima volta che lo aveva visto con quell’espressione era stata quando l’aveva messa con le spalle al muro, obbligandola a raccontargli la verità e tanto le era bastato per metterla in parte sulla difensiva.
Sollevò appena le sopracciglia, interrogativa, serrando le braccia al petto, ma Trafalgar la ignorò preferendo incamminarsi nella direzione da cui erano arrivati.
«Possiamo raggiungere quell’isola e registrare il magnetismo?» pretese, attirando l’attenzione di Penguin e del resto dell’equipaggio che li aveva seguiti sin lì.
«Non credo sia un problema Senchō, il Logpose non ha ancora terminato con questo… ammesso però, che siano solo poche leghe, altrimenti c’è il rischio di finire fuori rotta.» rispose prontamente il navigatore, controllando per sicurezza l’ago del Logpose che ancora si agitava.
«Andiamo allora.» decise improvviso, sistemando la kikoku sulla spalla.
Sgranò le iridi ambrate, lasciandosi sfuggire un versetto di sorpresa, ma nessuno parve notarla e fu costretta a muoversi pur di non rimanere indietro e perderli di vista all’interno della foresta.
«No, no, no aspetta! E il rumore che sentivo?» sbottò incredula, superando Bepo che aveva rallentato per aspettarla.
«Sarà stata la Yama che voleva mangiarci.» sogghignò sarcastico Trafalgar, sbirciandola sotto la falda del proprio cappello a chiazze.
«Sei incredibilmente spiritoso a volte.» ribatté con tono pacato, incassando come aveva imparato a fare sin da bambina, quando i suoi genitori deridevano i suoi sogni.
Spiegargli che una Yama non si sarebbe spesa neanche in un assaggio con loro, avrebbe peggiorato la situazione e tale consapevolezza le fece sfuggire un debole sbuffo. Law, accanto a lei, si esibì in un ghigno perfino più divertito a quella reazione e Aya abbassò sconfitta le spalle, scoprendosi a trascinare improvvisamente gli stivali logori tra l’erba umidiccia.
«Perché mi ridete sempre tutti in faccia?!» penò in un sospiro, senza riuscire a rassegnarsi.
Killer le aveva spiegato più volte e con pessimi risultati che la maggior parte delle storie di cui lei era a conoscenza erano solo leggende, fantasie o racconti per bambini, ma Aya non aveva voluto saperne di arrendersi del tutto. Quelle storie erano state il suo sogno sin da che avesse memoria e non poteva permettere che l’opinione comune li cancellasse via da un momento all’altro, non era capitolata ai rimproveri e agli impedimenti dei suoi genitori e non lo avrebbe fatto lì nel Grande Blu. La realtà di quel mondo si era mostrata meno facile e idilliaca di quanto avesse immaginato, ma non era comunque abbastanza per frenarla.
«O-jochu mette tutti di buonumore!» affermò convinto Bepo, annuendo nel guardare il proprio capitano.
«Più o meno.» assicurò piano, dopo avergli rivolto un fioco sorriso ed essersi voltata nuovamente indietro.
Trafalgar poteva anche scherzarci sopra, ma Aya continuava a sentire quel brusio frusciare tra le rovine umidicce del regno e aveva il sospetto dicesse qualcosa di preciso, che indicasse con insistenza una direzione che lei non avrebbe saputo trovare.



















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Note dell'autrice:
“Note prolisse di una vergognosa autrice” dovrei intitolare questo trafiletto e nessuno ne negherebbe l’accuratezza, comunque… qualora abbiate il cuore buono e mi abbiate perdonata, arrivando persino a leggere fin qui, sappiate che sto per darvi un altro dolore. Sì, sono tante, tantissime sta sera.

- Logpose: Sappiamo tutti cos’è questo meraviglioso(almeno secondo me) aggeggino, ma facciamo un po’ di chiarimenti così le parole di Penguin non sembrano campate in aria. Il Logpose registra i vari magnetismi delle isole con tempi variabili che non si possono prevedere in alcun modo, ogni isola ha il proprio. Ciò detto, c’è da ricordare anche che nel Grande Blu questo oggetto è il metodo più sicuro e più comune per seguire una rotta, ma non obbliga la navigazione in alcun modo. Si può benissimo sfruttare un radar, una bussola, una carta nautica e approdare su un’isola che il Logpose non indica perché magari il suo magnetismo era di una portata minore rispetto ad un’altra. Decidere di ignorare un Logpose che sta già salvando il magnetismo di un determinato posto è una scelta possibile, tuttavia pericolosa, da qui le parole di Penguin.
- O-jochu: Japan time! È il termine con cui Bepo ha deciso di chiamare Aya e lo fa solo lui perché sappiamo tutti che è l’orso più educato che si sia mai visto. Il termine può essere tradotto come “Onorevole Signorina” e viene utilizzato in Giappone per riferirsi a una donna a cui si deve rispetto e con cui non si dovrebbe avere troppa confidenza. Ovviamente, nel caso di Bepo, dipende dal fatto che Aya sia un Drago Celeste.
- Poignée Griffe: Non rimanete turbati dalla scoperta perché nella mia visione e seguendo l’idea di Oda, non è nulla di allarmante. Chiunque conosca One Piece sa di cosa si tratti, ma per i personaggi all’interno dell’opera è ben altra storia. Si trovano dispersi su svariate isole e non solo su una rotta specifica, ovvero quella di Rufy, ma dato che il loro studio è stato vietato, la maggior parte, se non la totalità, delle persone ignorano di cosa si tratti. Aya stessa, nel POV, spiega che l’unica cosa che sa a riguardo è che gli abitanti di Ohara vennero sterminati per colpa di questi oggetti.
- Ohara: L’episodio del Bustercall è un evento che nell’intero mondo di One Piece ha avuto eco. A differenza di quanto detto sopra per i Poignée Griffe, chiunque nell’opera sa che l’isola di Ohara è stata distrutta dal Governo a causa di alcune ricerche che non sarebbero dovute essere intraprese. C’è comunque da mettere in luce che il Governo e la Marina non hanno dato altre spiegazioni a riguardo, da qui il generico “cose cattive” che usa Ko per spiegare l’accaduto ad Aya. Ricordo inoltre, che la piccola citazione che ho inserito fa riferimento a un ricordo di parecchi capitoli fa.
- Kota e Karinko: Non ho inventato, ma semplicemente separato il nome di un’isola che esiste davvero a nord del Giappone, ovvero quella di Karinkota(n). Fa parte dell’arcipelago delle isole Curili che a tutt’oggi non si sa se appartengano a Russia o Giappone, ma non mi dilungo sulla sua storia. Il nome vuol dire “Paese dei molti bulbi” e già in questo capitolo si capisce bene il perché, gli darò comunque più spazio nel prossimo.
- Yama: Meglio nota come Yama-uba. È una figura demoniaca del folclore nipponico che viene raffigurata con diversi aspetti a seconda delle prefetture, ma si tratta in ogni caso di una donna delle montagne, ecco perché Aya dice non possa essere presente nel regno di Kota dato che non vi è neanche una collina. Alcuni sostengano sia una vecchia che vive nei boschi nutrendosi dei bambini che vi si perdono, altri sostengono sia colei che crebbe Kintaro – famigerato eroe giapponese –, altri ancora che si tratti di una bellissima ragazza con una bocca nascosta dietro la nuca. Lo so, potrei evitarmele certe leggende, ne sono consapevole…
- Law: Parliamo di lui, così vi riprendete dalla nota precedente. Dunque, faccio due piccoli appunti, su altrettante frasi che ho scritto nel capitolo. Torao dice di aver impiegato “quasi metà della sua vita” per ideare il famoso piano contro Doflamingo e ciò dipende dal fatto che undici – nove se teniamo conto che questa storia è pre-timeskip al momento – anni prima è accaduto quell’episodio di cui attualmente non si sa ancora molto. Se facciamo due conticini, si capisce bene che il tempo trascorso è poco meno della metà della sua vita. Fatto questo complesso(?!) calcolo matematico, chiarisco che la reazione avuta alla proposta di Aya a seguirla è priva di qualsiasi malizia, dipende solo dalla pessima capacità a reagire che ha Trafalgar quando qualcuno lo coinvolge in cose che lui eviterebbe.
- Voce|Suono: Hermione Granger una volta disse: “Sentire voci non va bene neanche nel mondo dei maghi”, in quello di One Piece sì, però. No, allora, seriamente, non è che io sia impazzita e Aya lo sia diventata insieme a me, è una cosa possibile che è accaduta già più volte nel manga e dipende da una certa cosina che non dico adesso. Confidate in me, non mi invento niente di allucinante, questa storia ha i piedi affondati nella mente di Oda-sensei.
- Sostituti: Come insegna Doflamingo, quando venne fondato il Governo mondiale, diciannove delle venti famiglie fondatrici abbandonarono i propri regni per costituire la stirpe dei Draghi Celesti e trasferirsi a Marijoa. I regni continuarono ciò nonostante a esistere e in mancanza di regnanti in sede, vennero eletti dei sostituti. La teoria che spiega Aya fa riferimento a una serie di atteggiamenti riscontrabili in alcune parti dell’opera, in cui sono stati mostrati regnanti, sostituti e riunioni, la cui politica era sempre alquanto darwiniana. L’unico regno che fa eccezione, come ben si può immaginare, è quello di Alabasta.








  
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