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Autore: Chione regina della neve    30/04/2014    3 recensioni
La storia parla di Rose: una giovane orfana mezz- elfa, che si troverà suo malgrado, in uno sconvolgente susseguirsi di eventi, che la porteranno a scoprire antiche verità, per fermare un male tornato dal passato e che ora dilaga nel suo mondo.
Spero vi piacerà siate clementi è il mio primo lavoro e non sono ancora bravissima
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Una delle più grandi meraviglie del mondo, era senza dubbio il palazzo imperiale delle terre sud.
 
Considerato dai nobili il vero gioiello della corona e conosciuto ovunque per la sua maestosità, esso era un superbo esempio di architettura, ed era stato edificato, mescolando fra loro, le tradizioni dei popoli che vantavano gli stili più eccelsi.
 
Il maniero, era stato eretto interamente in marmo e granito, per donare alla costruzione, delle delicate sfumature color oro.
 
Il palazzo era diviso in quattro sezioni, ognuna delle quali differiva dalle altre nello stile, ma che in qualche modo, tornava sempre a ricongiungersi alle altre, tramite un punto focale della struttura.
 
Le quattro sezioni in cui era suddiviso il castello, erano le seguenti.
 
Il corpo centrale: Una struttura costruita su una pianta simmetrica a doppia esse, in cui le parti concave si ricongiungevano nella zona superiore, mentre nella zona inferiore, le parti convesse venivano ricongiunte agli apici da un semicerchio. La struttura ospitava il grande ingresso principale, l’accesso all’intero maniero, ed era usata principalmente, come accesso alle altre sezioni del palazzo, tramite una rete di diversi passaggi, segreti e non; alcuni dei quali noti solo alla famiglia imperiale. Il corpo centrale ospitava anche la così detta, “sala magna”, riconosciuta in tutto il sud, come la sala da ricevimenti, più bella e sontuosa di tutto l’impero; per decorarla erano stati utilizzati dodici candelieri di cristallo purissimo e adornata di stoffe e broccati, di rara e pregiata fattura, provenienti da tutto il mondo. Infine, a coprire la struttura, stava un bellissimo tetto diviso in varie volte tinte di varie sfumature di blu.
 
Le ali laterali: L’ala est e l’ala ovest, erette su una pianta ovale e poste in modo da ricongiungersi al corpo centrale, ricollegandosi alle parti convesse della sezione inferiore, in modo tale da mantenere la simmetria iniziale e dare realmente l’impressione di stare guardando due ali spiegate. Le due ali svolgevano un ruolo ciascuna, rispettivamente, l’ala est era adibita ad ospitare gli alloggi di servitù e guardia di palazzo, mentre l’ala ovest, conteneva la caserma e il centro addestramento delle guardie. Il tetto delle due ali, contrariamente al corpo centrale, era costituito da due grandi vie merlate, su cui le guardie facevano una ronda costante.
 
Il trespolo: Un prodigio dell’architettura, una piattaforma perfettamente circolare, eretta sull’incrocio di due giganteschi archi metallici, che la tenevano sospesa a quasi trecento metri da terra, esattamente cento metri sopra il corpo centrale. Sulla piattaforma era stata costruita, una magnifica struttura cilindrica, che ospitava le stanze della famiglia imperiale e delle illustri personalità che venivano a far visita al grande imperatore. Qui il tetto era una straordinaria cupola d’oro, decorata con rune d’argento.
 
La colonna del paradiso: Una torre immensa, tanto alta che sembrava trafiggere il cielo, essa era simbolo dell’immortale grandezza dell’impero e della protezione che esso offriva a tutti i suoi cittadini. La torre ospitava la grande sala del trono imperiale, vero cuore pulsante dell’impero, dove si riunivano il grande imperatore e la sua corte. La cima della torre invece, ospitava l’osservatorio noto come “Occhio del re”, a cui solo il grande imperatore e l’erede primogenito  avevano accesso; da quella cima vertiginosa era possibile vedere il mondo da sopra le nuvole e godere di una vista simile a quella di Dio.
 
Proprio li si trovava il principe ereditario in quel momento, a bearsi della vista del mondo sotto di lui.
 
Era un giovane di bell’aspetto, dalla statura media, che dimostrava circa quindici anni, dotato di un fisico tonico, modellato da anni di rigido addestramento.
 
La sua carnagione nivea, sembrava contrastare con i tratti del suo volto, che  iniziavano a farsi più duri, mettendo così in mostra, l’austera e regale eleganza, tipica della sua famiglia.
 
Aveva capelli castani molto corti, tenuti in modo impeccabile, dettaglio che metteva maggiormente in mostra, il suo essere cresciuto, seguendo l’inflessibile protocollo nobiliare.
 
Infine, c’erano i suoi occhi,  due pozzi color ghiaccio, così profondi  da far paura, ma sempre accesi di una luce ardente, specchio del suo spirito ribelle, che sembrava dar fuoco, a quegli abissi freddi.
 
Il ragazzo che rispondeva al nome di Thomas, era reduce da una brusca litigata con il padre, il grande imperatore, che non sembrava in grado, o quantomeno non sembrava intenzionato ad ascoltarlo in alcun modo.
 
Stava ribollendo di rabbia, suo padre non si era minimamente degnato di ascoltarlo e quest’ultimo poi, si chiedeva perché il figlio fosse  tanto ribelle, quando praticamente era proprio lui a spingerlo verso la ribellione.
 
I due avevano discusso a lungo, cercando di far valere ognuno le proprie ragioni, senza successo alcuno,  finendo col far degenerare la discussione.
 
Alla fine, Thomas si era ritrovato confinato entro il perimetro del palazzo; evidentemente il suo ultimo commento, su quanto lo stare vicino a quei boriosi imbecilli dei suoi vassalli, lo stesse trasformando in un imbecille a sua volta, non era stato molto gradito a suo padre, che aveva reagito come ci si aspetterebbe da un genitore in preda alla collera.
 
Ma certo il principe, in collera a sua volta, non era intenzionato a sottostare a nessuno degli ordini del grande imperatore.
 
Aveva deciso, in un modo o nel altro, avrebbe infranto gli ordini di suo padre, sia per il semplice gusto di fargli dispetto e metterlo in imbarazzo, sia per allontanarsi da quei logorroici palloni gonfiati del barone e suo figlio, che erano venuti li in visita al castello e nel giro di trenta minuti avevano già portato all’esasperazione dodici domestici e lui stesso.
 
Thomas detestava l’arroganza dei nobili, quasi quanto detestava la loro mancanza di rispetto nei confronti del popolo.
 
Per lui nascere in una famiglia potente, non voleva dire essere migliori, solo più fortunati, quindi era loro dovere, dividere quella fortuna, con chi ne aveva avuta meno.
 
Per l’ennesima volta, guardò fori dal grande balcone dell’osservatorio e un idea incosciente entrò prepotente nella sua mente, sostituendo quasi ogni pensiero razionale: sarebbe fuggito in volo.
 
In pochi minuti, aveva raccolto dalla stanza qualunque cosa potesse servirgli: arazzi, aste di sostegno per i candelabri e per gli arazzi stessi, corde decorative e qualunque altra cosa potesse essere utile.
 
Per le tre ore successive, lavorò ininterrottamente al suo progetto, riuscendo infine a ricavare un trabiccolo alquanto bizzarro, ma all’apparenza solido e utile allo scopo.
 
Era davvero bizzarro come mezzo: gli arazzi e le aste di sostegno, erano state usate per mettere insieme un intelaiatura a due livelli, per ospitare così due differenti paia d’ali, entrambe collegate a un unico timone gestibile grazie a un sistema di funi ricavate dalle corde decorative.
 
Guardò un ultimo istante fuori dal balcone, conscio che se il marchingegno avesse fallito il suo compito, i possibili esiti non sarebbero stati piacevoli.
 
Nel caso migliore, sarebbe arrivato a terra vivo, ma  si sarebbe rotto un considerevole numero di ossa, mentre nel caso peggiore … sarebbe diventato null’altro che una chiazza sul terreno.
 
Quel pensiero lo fece vacillare per un istante, forse la ribellione aveva un prezzo troppo alto.
 
Ma quell’idea scomparve da se, così come era arrivata, soppiantata dall’ardente spirito dell’avventuriero che risiedeva in lui.
 
In fondo, cosa sarebbe la vita, se non si fosse disposti a fare qualche follia.
 
Sorrise guardando in basso pronto a lanciarsi.

 
 
Rose era seduta ai piedi di un albero, immersa nella lettura di un libro di poesie, mentre si godeva la pace di quella bella giornata.
 
Il suo sangue elfico le donava una certa affinità con la natura e la vicinanza con essa la rasserenava, per questo si trovava tanto bene, immersa nel verde che circondava la sua casa.
 
Era così assorta nella lettura, che quando il rumore violento di un impatto, le giunse alle orecchie, le causò un leggero shock.
 
Corse immediatamente a vedere cosa stesse accadendo, per trovarsi di fronte una scena, quanto meno bizzarra: un ragazzo, più o meno suo coetaneo, stava disteso a terra, circondato da cianfrusaglie varie e già a una prima occhiata, appariva evidente che fosse abbastanza malconcio.
 
Rose gli si precipitò accanto, per accertarsi delle sue condizioni, ma prima che potesse chinarsi ad esaminarlo, quello si alzò a sedere, guardandosi attorno con aria un leggermente smarrita.
 
Quando posò il suo sguardo su Rose, pronunciò le seguenti parole.
 
<< Oh cavolo lo sapevo, quel maledetto trabiccolo non ha funzionato, ora sono morto e hanno mandato un angelo a prendermi, bene spirito sono pronto per il misterioso aldilà>>.
 
La mezz’ – elfa lo guardò dapprima imbarazzata, non abituata a simili complimenti, per poi scoppiare a ridere, rendendosi conto invece, che il ragazzo era realmente convinto di trovarsi di fronte a un entità celeste.
 
<< Grazie del complimento, ma penso che sia un po’ troppo presto per darti per morto>>.
 
Thomas assunse un espressione a metà tra l’imbarazzato e il sollevato prima di rivolgersi così alla ragazza.
 
<< Capisco … quindi suppongo di aver fatto una magra figura; ok allora, meglio che me ne vada prima di cadere ancora di più nel ridicolo>>.
 
Come fece per alzarsi, avvertì varie fitte lungo tutto il corpo, seguite dalla leggera pressione, di un braccio candido e sottile sul suo petto che lo aiutava a sostenersi.
 
Rose lo ammonì accigliata con queste parole.
 
<< Tu non andrai in nessun posto, se non a casa mia, così che io possa rimetterti un po’ insieme>>.
 
Thomas si sentiva spaesato, non incontrava spesso persone che si mostrassero tanto gentili con lui, almeno non senza poi cercare un tornaconto personale.
 
Era abituato a sopportare le idiozie di nobili avidi e menefreghisti, che non davano mai niente per niente, finendo col minare ogni volta di più, la sua fiducia nei confronti degli altri nobili e a poco a poco nelle persone in genere.
 
Titubante seguì la ragazza, fino a trovarsi di fronte a una graziosa casetta, che riconobbe all’istante come la casa del guardiacaccia di corte.
 
Sorpreso le si rivolse con tono stupito .
 
<< Sei la figlia del guardiacaccia ?>>.
 
Rose annuì con un sorriso tenero ma compiaciuto, mentre faceva accomodare il ragazzo nell’abitazione.
 
Dopo averlo fatto accomodare su una sedia, ed essersi assicurata che potesse rimanere da solo, mentre lei andava a prendere i medicamenti, salì al piano superiore per recuperare l’occorrente per curarlo.
 
Il principe era colpito, quella ragazza era davvero gentile e disponibile in modo genuino, senza aspettarsi nulla in cambio, lo si vedeva dal suo modo di agire: era evidente che non l’aveva riconosciuto come il principe ereditario, ne gli aveva ancora chiesto il nome, si era semplicemente preoccupata che stesse bene, ed era accorsa ad aiutarlo e ora l’avrebbe curato.
 
Proprio in quel momento, Rose tornò da lui, con tutto il necessario per simili evenienze.
 
La mezz’ – elfa cominciò subito a preparare il necessario, miscelando con calma le erbe che aveva a disposizione.
 
Poi prese uno dei composti ricavati e si avvicinò al ragazzo, guardandolo attentamente, per poi arrossire vistosamente e dire.
 
<< Ehm … dovresti togliere la casacca, o mi sarà difficile curarti>>.
 
Thomas rise, molto divertito da quella ragazza tanto buffa, ma tanto gentile, obbedendo senza riserve a quella richiesta.
 
Quando fu rimasto a torso nudo, Rose poté vedere i moltissimi tagli e lividi sul suo corpo.
 
Aveva preso davvero un brutto colpo.  
 
La giovane cominciò a esaminare le ferite, passando l’unguento dove occorreva.
 
Mentre lo medicava, si sentì oppressa dal silenzio che si era venuto a creare, così decise di rompere il ghiaccio e gli si rivolse così.
 
<< Ecco, io mi chiamo Rose, tu invece come ti chiami>>.
 
Il principe ci pensò su qualche istante.
 
Non che non fosse intenzionato a rispondere, ma non sapeva se dirle o no tutta la verità.
 
Alla fine, decise di tenere per se i dettagli sulla sua linea di sangue, limitandosi a dire.
 
<< Io sono Thomas, è un piacere conoscerti, sei davvero molto gentile>>.
 
Lei sorrise grata, prima di rivolgersi al suo nuovo amico con fare scherzoso e dire. 
 
<< Certo che sei conciato maluccio! Si po’ sapere come hai fatto a ridurti così? Ti sei buttato da una finestra?>>.
 
Thomas si sentì punto sul vivo, in fondo, quell’affermazione non era poi così lontana dalla verità.
 
Tentò comunque di trovare una qualche scusa dicendo.
 
<< Sono caduto da cavallo, mentre svolgevo il mio giro di ronda; quello si è imbizzarrito e mi ha disarcionato e sbalzato via dalla sella>>.
 
Rose divenne rigida, sentendo le parole, “Giro di ronda”, collegandolo a un attività della guardi di palazzo e istintivamente si porto le mani alle orecchie, al ricordo dell’aggressione subita quattro anni prima.
 
Nonostante il tempo trascorso, il ricordo e la paura di quel momento, rimanevano indelebili nella sua memoria e probabilmente non se ne sarebbero mai andati.
 
Decise però di non pensarci, almeno per quel momento, in fondo, non si poteva fare di tutta l’erba un fascio.
 
Si rivolse dunque al ragazzo, tentando di sembrare calma mentre continuava curarlo dicendo.
 
<< Evidentemente non sei un bravo cavaliere>>.
 
Thomas rise di gusto, come non faceva ormai da mesi; quella ragazza aveva la strabiliante abilità, di rasserenare l’animo di chi le stava vicino.
 
Ma il sorriso gli mori in gola, mozzandogli il fiato, quando Rose passò la mano su una delle ferite.
 
In quel momento la sentì dire.
 
<< Santo cielo; questa ferita è decisamente più seria delle altre, temo che non basteranno unguenti e bende per rimetterla a posto>>.
 
Il principe la vide pensierosa.
 
Non voleva vederla stare così in pena, stava per dire che non era un problema, che sarebbe andato a farsi ricucire dal medico della cittadella, ma la ragazza lo precedette, dicendo una frase che lo lasciò perplesso.
 
<< Se mi prometti di mantenere il segreto e di non rivelare mai a nessuno ciò che vedrai, io ti guarirò, ma dovrai giurare che mai nessuno lo saprà, neanche se fosse l’imperatore in persona>>.
 
Thomas incerto annuì meccanicamente, non aspettandosi assolutamente ciò che accadde dopo
 
Rose lo cinse delicatamente in un abbraccio leggero e improvvisamente, delle fiammelle verdi risanarono ogni sua ferita, restituendogli le forze che aveva perduto.
 
Esterrefatto quello rimase a bocca aperta, mentre la piccola mezz’ – elfa, si sedeva per recuperare le forze a sua volta.
 
In quei quattro anni, aveva imparato a dominare quel potere e ora sapeva come usarlo senza svenire, anche se era comunque molto faticoso da gestire.
 
 Il giovane boccheggiò qualche secondo, prima di riuscire ad articolare una frase di senso compiuto.
 
<<  Come … sei riuscita … a farlo?>>.
 
La ragazza sorrise mesta, mentre scostava i lunghi capelli che fino a quel momento avevano nascosto il più curioso dei suoi tratti, rivelando delle eleganti orecchie a punta, lunghe circa dieci centimetri .
 
<< Sono una mezz’ – elfa! Ho questi poteri da quando avevo dieci anni e penso che siano un eredità della mia linea di sangue, anche se sono cosciente, che quasi nessun elfo ha poteri simili>>.
 
In quel preciso istante, il principe ribelle venne folgorato da una consapevolezza :  lui sapeva già chi era quella ragazza.
 
Quasi come a voler dare conferma ai suoi pensieri, si rivolse alla giovane così.
 
<< Tu … sei quella ragazzina, aggredita all’accademia, da quel poco di buono>>.
 
Quando la vide annuire, si sentì molto piccolo e insulso. 
 
Lei era stata aggredita in accademia, dal figlio dell’ex capitano delle guardie, il tutto per semplice, ceco intollerante razzismo.
 
Il fatto era stato ritenuto cosi grave, che l’imperatore e l’imperatrice ne erano rimasti indignati al punto, da rimuovere l’uomo dal suo incarico, reputandolo incapace di assolvere ai suoi doveri, costringendo poi lui e il figlio colpevole del misfatto, a vivere nel rione esterno: una zona della città esterna alla cinta muraria, nota come città bassa.
 
Nonostante questo pero, la ragazza era rimasta buona e dolce, non avrebbe mai fatto del male a nessuno, in nessun modo.
 
Lui invece, si comportava da ribelle solo perché non concordava con le politiche del padre e perché non gli piaceva il comportamento dei nobili nei confronti del popolo.
 
Per quanto questo potesse essere a fin di bene, viste le sue abitudini filantropiche, lui si sentiva comunque pieno di vergogna per il suo mero infantilismo.
 
Le si rivolse con rammarico.
 
<< Mi dispiace per quel che ti hanno fatto, so che non conta molto ma, vorrei chiederti scusa a nome degli umani>>.
 
Rose fece un cenno di diniego rispondendo.
 
<< Non è necessario, so per certo, che così come ci sono molte persone disposte alle peggiori bassezze, così ce ne sono molte altre disposte a fare del bene, quindi le tue scuse non occorrono>>. 
 
Thomas era rimasto di sasso, quasi non credeva alle sue orecchie, ma poi  sorrise rincuorato e felice di aver incontrato quella ragazza.
 
Voleva ringraziarla e magari conoscerla meglio, quindi si fece avanti e chiese.
 
<< Senti, cosa ne pensi … di venire a fare un giro con me?>>.
 
Rose si era come bloccata, era la prima volta che un ragazzo le chiedeva di uscire, anzi era la prima volta che qualcuno le chiedeva di uscire.
 
Era una sensazione strana, sentirsi invitare di punto in bianco. 
 
Di solito, le persone si limitavano a una cortese convivenza, quando venivano a conoscenza della sua natura.
 
Così presa alla sprovvista, disse solo.
 
<< Certo>>.

 
 
I due giovani, stavano passeggiando lungo la via commerciale della cittadella, dove si radunavano mercanti da ogni angolo del mondo, con merci di qualsiasi genere.
 
Ovunque in quella via, si espandevano luci, suoni e profumi di ogni tipo.
 
L’allegro chiacchiericcio della gente e le piacevoli risate dei bambini, tutti impegnati a girare tra le bancarelle, in cerca di qualcosa che stuzzicasse la loro fantasia.
 
Rose e Thomas si stavano divertendo da morire.
 
Lui perché era la prima volta che scendeva nella cittadella, senza portantina e guardia armata al seguito, si stava godendo quello che vedeva come un giorno di libertà.
 
Lei perché finalmente, stava trascorrendo del tempo di qualità con un coetaneo, al di fuori dell’accademia.
 
Entrambi si stavano dilettando a dare qualche occhiata ai vari stand.
 
Una bancarella in particolare, attirò l’attenzione di Rose.
 
Sul bancone, stavano disposti in bella mostra, svariati ninnoli delle più disparate fatture, provenienti da molti luoghi differenti.
 
Purtroppo pero, erano decisamente al di fuori della portata delle sue tasche.
 
Decise di non pensarci, passando oltre la bancarella, seguita da un pensieroso Thomas.
 
Il principe le rivolse un sorriso.
 
<< A quanto sembra ti interessano gli oggetti esotici, quando si dice l’ironia>>.
 
Lei mise un leggero broncio a quelle parole, ma si rilasso subito rispondendo .
 
<< Penso che sia perché, come me sono un po’ diversi dal consueto, a modo loro un po’ unici>>.
 
Senza rendersene quasi conto Thomas la trasse a se con un abbraccio leggero.

<< Secondo me, tu sei davvero unica>>. 
 
Si rese conto elle sue parole solo in un secondo momento.
 
Fece per dire qualcosa, se necessario scusarsi, ma vedere quanto Rose si fosse rilassata dopo le sue parole, lo spinse a tacere.
 
Si sorprese quando la senti dire.
 
<< Neanche tu sei male>>.
 
Risero entrambi, continuando a godersi quella bella giornata.
 
Poco dopo però, quella quiete scemò.
 
Una pattuglia della guardia imperiale, si riversò nella via commerciale. 
 
Facendo domande su dove fosse Thomas.
 
Rendendosi conto del pericolo incombente, il principe ribelle decise di adottare il suo asso nella manica.
 
Andare dove nessuno si sarebbe mai sognato di trovarlo.
 
Riuscendo a nascondere le sue intenzioni, condusse Rose fino alle porte occidentali, attraversando i vicoli nascosti della cittadella.
 
O almeno credeva di aver nascosto il suo intento, finche Rose non intervenne dicendo.
 
<< Allora, si può sapere che hai combinato, per farti inseguire dalla guardia imperiale in persona?>>.
 
Vedendo la sua espressione sorpresa, si affrettò ad aggiungere.
 
<< Pensavi seriamente che non me ne sarei accorta? Ti stavo solo reggendo il gioco, dato che ti ho visto in difficoltà quando li hai visti! Ora però voglio sapere cosa hai fatto! Hai marinato il tuo turno di guardia per caso? O sei una sorta di criminale?>>.
 
Thomas si senti messo alle strette, nascondere la sua identità, stava diventando un impresa.
 
Non sapeva che inventarsi, così disse la prima cosa che la sua mente riuscì a partorire.
 
<< Son un membro della guardia personale del principe e oggi era mio compito sorvegliarlo, ma per ovvie ragioni, ho cambiato i programmi della mia giornata>>.
 
Rose era scettica riguardo quella faccenda, ma per sua natura, era portata a fidarsi delle persone, cosa che fece anche quella volta, seppur con qualche dubbio.
 
Si rivolse dunque al ribelle dicendo.
 
<< Quindi adesso dove avresti intenzione di portarmi?>>.
 
Lui sorrise nel dire.
 
<< In un posto, dove sanno cosa vuol dire divertirsi>>.
 
Bastò un suo cenno, perché le guardie aprissero le porte; fortunatamente non erano state informate della sua fuga.
 
Di fronte ai due giovani, si aprì uno scenario quasi del tutto diverso dalla cittadella.
 
La città bassa: un enorme quartiere, costruito attorno alle mura della cittadella, dove si radunavano contadini, piccoli artigiani e molti dei cittadini che non potevano permettersi la vita dentro le mura e persino piccoli criminali.
 
Era quasi una zona ghettizzata, dove le strade che caratterizzavano la cittadella, scomparivano, sostituite dalla terra battuta, i casolari non seguivano ordine alcuno,
disposti alla bene e meglio, secondo le esigenze degli abitanti stessi.
 
Thomas era infuriato, già a pochi passi dalle mura della cittadella, c’era un immenso divario nella qualità della vita.
 
Certo non era una zona disastrata, ma nessuno la prendeva minimamente in considerazione, ne si preoccupava delle difficoltà della gente che ci viveva.
 
E pensare, che quello del sud, doveva essere “L’impero più fiorente del mondo”.
 
E nulla cambiava; le promesse di provvedimenti, fatte da suo padre, rimanevano nel vuoto, ed era questo a farlo sentire peggio, se un sovrano non si prende cura del suo popolo, allora che diritto ha di governare.
 
E nonostante lui provasse a fare del bene, era tristemente evidente che non era abbastanza, tanto che spesso, sentiva di non meritare l’affetto del popolo.
 
Vedendolo tanto cupo Rose attirò la sua attenzione.
 
<< Che c’è? Qualcosa ti turba?>>.
 
Lui negò con un cenno e rispose.
 
<< No nulla di importante, stavo solo pensando che questa gente si meriterebbe di meglio>>.
 
Rose gli sorrise dicendo.
 
<< Prima o poi le cose cambiano sempre e quella pare della natura che possiamo influenzare, basta crederci e fare tutto ciò che è in nostro potere, per cambiarle in meglio>>.
 
Il ribelle la guardò ammirato e con un sorriso un po’ sfacciato disse.
 
<< Sei davvero molto saggia Rose, meriti un riconoscimento, quindi per prima cosa, ti offrirò il pranzo>>.
 
Lei ricambiò il sorriso così.
 
<< Dimmi allora, c’è forse un posto che fa al caso nostro nella città bassa?>>.
 
Lui annuì e prendendola a braccetto disse.
 
<< Preparati a subire il fascino del “Corvo blu”>>.
 

 
I due ragazzi si trovavano di fronte a una locanda, con una grande insegna in legno, appesa all’angolo sinistro della porta, su cui era stato dipinto un corvo dalle penne blu, che beveva in un calice d’argento.
 
Entrarono con calma, accolti da un gran frastuono di risate e canzoni di chi è un po’ brillo ma felice.
 
Dietro al bancone stava un uomo basso e tarchiato, intento a servire da bere, a un uomo seduto di fronte a lui.
 
Il taverniere, rivolse loro uno sguardo affabile e un sorriso, invitandoli ad accomodarsi.
 
Quando ebbero preso posto, il taverniere si avvicinò loro e con un sorriso, che sembrava esagerato per un uomo dalla statura tanto ridotta disse.
 
<< Allora, come posso servire voi giovanotti? Cibo? Bevande? Una stanza dove poter star soli? Oppure che dici Thomas ti porto il solito?>>.
 
Il ribelle rise e rispose.
 
<< Si Borhyal, il solito va benissimo>>.
 
L’ometto si rivolse poi a Rose.
 
<< E a questa graziosa signorina cosa posso portare che le aggradi?>>.
 
La giovane mezz’ – elfa ci penso un attimo e disse.
 
<< Io penso prenderò una zuppa, grazie buon uomo>>. 
 
Quando l’uomo si fu allontanato il ragazzo si rivolse alla sua ospite dicendo 
 
<< Perdonalo, non voleva offendere, ma come tutti i nani, tende a essere molto schietto, espansivo e poco propenso a usare mezzi termini>>.
 
La fanciulla, era attonita, non credeva che  quell’uomo fosse un nano, non credeva nemmeno ce ne fossero nel sud, ma a quanto pare si sbagliava.
 
E ora che lo osservava meglio, si diede della sciocca per non essersene accorta prima.
 
L’aspetto dell’uomo non lasciava dubbi: Oltre alla bassa statura, un altra prova delle sue origini era la pelle fortemente  bronzea  e gli occhi di un bizzarro color ametista, oltre a foltissimi barba e capelli bruni.
 
<< Non ne avevo mai visto uno dal vivo, fin ora, li avevo visti raffigurati solo sui libri>>.
 
Thomas rise dicendo.
 
<< Sai, stai avendo una reazione, decisamente migliore della mia, la prima volta che venni qui>>.
 
Rose curiosa, si protese verso il ragazzo chiedendo.
 
<< Per favore, racconta! Cosa accadde?>>.
 
Thomas soppesò la situazione, in un primo momento di reticenza, pensò di non rivelare dettagli, per pura di esporsi troppo e farsi scoprire .
 
Ma alla fine, decise di dire le cose esattamente così come stavano, infischiandosene della possibilità di essere scoperto.
 
In fin dei conti, prima o poi l’avrebbe scoperto comunque.
 
Ripensò per qualche istante a quell’evento e poi iniziò dicendo.
 
<< Anche quella volta ero scappato, ero stufo delle regole, stufo di non poter far altro che studiare e allenarmi, ero talmente carico di impegni, responsabilità e aspettative, che sentivo sarei impazzito, ma quel che è peggio e che mio padre non sembrava capire che era davvero troppo da sopportare. Ero talmente esausto ed esasperato, che un giorno feci in modo di non farmi trovare e per essere certo che non mi avrebbero mai trovato, venni qui nella città bassa. Poi, stanco e affamato mi misi in cerca di una locanda e per pura fortuna mi imbattei nel corvo blu, quando entrai e mi trovai davanti Borhyal ricordo che dissi una cosa come “Cavolo, sono arrivato fino al monte Thun, non credevo di aver camminato tanto”. Per fortuna lui non se la prese, si limitò a prendermi in giro per le successive due ore mentre mi  portava di che mangiare e bere>>.
 
Quando il principe ebbe finito di parlare, il buon nano lanciò un grido nella loro direzione, mentre ridacchiava bonariamente.
 
<< E a proposito di bere ragazzo, quella volta hai anche scoperto quanto è buono il mio rum ne vero?>>.
 
E mentre diceva così, si avvicinò per servirgli il pasto e tornare poi dietro il bancone.
 
Thomas assunse un espressione quasi colpevole, mentre guardava Rose un pò imbarazzato.
 
Ma poi ghignò dicendo.
 
<< Ebbene si sono un amante del rum; so che sembra strano per uno come me, ma io ci trovo quasi un senso di libertà! In questo liquore, io avverto promesse di terre
lontane: ricordo posti che non ho mai visto e ascolto musiche che non sono mai state scritte>>.
 
Poi continuò dicendo. 
 
<< Non è l’ebrezza a causare questo … o almeno non del tutto, non saprei davvero come spiegarlo>>.
 
Lei sorrise rispondendo.
 
<< Desiderio di libertà!>>.
 
Lo disse con un senso di muta comprensione, per poi aggiungere.
 
<< Non vorrei sbagliarmi! Ma è possibile che non ti piaccia la vita che conduci?>>.
 
Il giovane sorrise mesto; quelle parole avevano un fondo di verità.
 
Lui non era fatto per la vita di corte, figurarsi per il ruolo di imperatore.
 
Non si sentiva adatto al ruolo e temeva che una volta salito al trono, sarebbe diventato come gli altri nobili: un idiota arido, avido e arrogante che dimentica che il potere, vale molto poco rispetto alla vita e alle virtù, proprie e altrui.
 
Ancora una volta però si sorprese quando Rose gli disse.
 
<< Bisogna sorridere a questa vita, essa può apparire dura e spesso non va come vorremmo, ma è pur sempre l’unica che abbiamo e bisogna ricordare, che quel che facciamo prima o poi ci verrà restituito, quindi abbracciando questa vita e facendo del bene, verrà il momento in cui saremo ricompensati col bene>>.

 
 
Dopo quel discorso, i due erano rimasti in silenzio per diverso tempo, fino a concludere il loro pasto.
 
Thomas era confuso, era la prima volta, che qualcuno dimostrava di comprenderlo a tal punto e doveva confessare almeno a se stesso, di sentirsi vulnerabile in quel momento.
 
E questo lo faceva sentire strano.
 
Ma gli bastò guardare quella ragazza tanto gentile negli occhi, per convincersi dell’infondatezza dei suoi timori.
 
In quegli occhi verdi, limpidi e luminosi, seppur privi di ombre, era semplice leggere le cicatrici di un passato triste, non solo quel brutto episodio ma anche l’incomprensione della gente, nell’accettare qualcosa che non comprendevano bene e la difficoltà nel farsi accettare per le sue differenze e per le sue unicità, erano evidenti e come era successo ore prima, Thomas si senti uno sciocco e rivolgendosi alla mezz’ – elfa parlò così.
 
<< Come fai a parlare così, quando tu per prima, hai avuto a che fare, con il lato più tetro di questo mondo? Come riesci a essere … così buona?>>.
 
Lei disse semplicemente così.
 
<< Perché non dovrei?>>.
 
Non aggiunse altro, non ce n’era bisogno, si limito invece a chiedere
 
<< Perché tu non dovresti?>>.
 
Dopo di che Rose si alzò e con calma si diresse verso il bancone dal quale il vecchio nano aveva assistito a tutta la scena dicendo.
 
<< Grazie per l’ospitalità, questo locale è davvero un gran bel posto, ma penso che ora sia meglio se io e Thomas torniamo a casa>>.
 
Il nano annuì e basta, con un sorriso bonario in volto e quando la ragazza fu uscita dal locale, si rivolse a Thomas, che nel mentre si era avvicinato per pagarlo dicendo 
 
<< Vedi di tenertela stretta ragazzo, ne nascono poche così>>.
 
Thomas invece rispose.
 
<< No … devo tenerla stretta perché, così non ne nascono affatto>>.

 
 
Tornarono indietro, passando per la via principale, quando ormai il sole stava iniziando a calare.
 
Rose canticchiava, mentre si dirigevano verso il palazzo.
 
Era felice di aver passato una bella giornata e soprattutto di aver incontrato un amico.
 
Si girò verso il ribelle e con un gran sorriso disse.
 
<< Sono stata molto bene in tua compagnia, mi ha fatto piacere conoscerti, rifacciamolo qualche volta e stato davvero divertente; magari saltiamo la parte dove devo prima rimetterti insieme>>. 
 
Lui rise di gusto e disse 
 
<< Si anche io eviterei quella parte magari così abbiamo più tempo per andare in giro>>.
 
La fanciulla annui rispondendo.
 
<< Magari la prossima volta, ti porto io in un bel posto>>.
 
Thomas rise ancora.
 
<< Ci conto sai? Prometti!>>.
 
La ragazza fece un cenno d’assenso, quando ormai erano in prossimità di casa sua.
 
Sorrise e si avvicinò al ragazzo, dandogli un bacio sulla guancia, per poi dire.
 
<< Se tu prometti di non essere più così musone, ricordati che la vita è bella>>.
 
Lui non rispose subito, ma assentì qualche secondo dopo.
 
E mentre Rose era ormai prossima a casa, il principe la raggiunse.
 
<< Vorrei lasciarti qualcosa, come segno della nostra amicizia>>.
 
Detto questo, si tolse dal collo un medaglione d’argento, dove era inciso il simbolo del così detto cerchio della fortuna: un simbolo ancestrale, rappresentato da una spirale che si chiudeva in un cerchio; gli oggetti consacrati con questo simbolo si diceva potessero esaudire un desiderio.
 
La giovane guardò il suo nuovo amico con dolcezza, prima di sparire dietro la porta di casa sua con queste parole.
 
<< Grazie mio caro amico>>.
 
Thomas tornò al castello, così felice, che la punizione che avrebbe ricevuto di li a poco, non turbo minimamente la sua contentezza.
  
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