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Autore: Shannonwriter    02/05/2014    2 recensioni
La mia è una specie di rivisitazione della storia di Alice In Wonderland in chiave moderna che però non segue necessariamente gli avvenimenti narrati nei libri o nel cartone. Alice ha diciassette anni e vive a New York. Apparentemente ha tutto quello che le serve, è stata ammessa alla Juilliard e potrebbe diventare una grande pianista un giorno, allora perché non è contenta? L'unico a stare sempre dalla sua parte è Hartley, il suo migliore amico. è buffo, uno spirito libero e un giorno si presenta con un cilindro in testa che, sostiene, potrebbe aiutarla perché è magico. Ma sarà vero? E c'è qualcosa di più di una semplice amicizia tra Alice e Hartley? Scopritelo leggendo (è la mia prima originale, omg!).
Genere: Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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“Credo che le Gemelle se lo siano meritato. Voglio dire, l'hanno sempre passata liscia in ogni circostanza, è giusto che abbiano ricevuto una punizione, non credi?”
Anne bevve un sorso del suo tè. “Alice, mi stai ascoltando?”
La ragazza, fino a quel momento concentrata più sul far girare il cucchiaino nella sua tazzina che sulla conversazione in corso, si riprese in fretta e sfoderò un sorriso. “Come?”
Anne sbuffò bonariamente. “Stai sempre con la testa tra le nuvole, ti sto annoiando forse?”
 “Certo che no! Mi ero solo incantata, tutto qui. Dicevi?”
Anne prese un biscottino ricoperto di zucchero a velo dal vassoio sul tavolino. “Parlavo dell'espulsione delle Gemelle, proprio prima dell'esame finale.” disse dando un morso al biscotto.
 “Beh credo che rubare le risposte del test d'algebra e l'aver cercato di venderle ad altri studenti non abbia giocato a loro favore” commentò Alice prontamente.
 “Suppongo che si possa dire che il loro regno del terrore sia finito” aggiunse Anne, probabilmente ripensando ai tanti soprusi subiti dalle due ragazze prima che Alice la incontrasse.
 “Era ora!” concordò l'amica.
Era già la terza volta che Alice ed Anne si vedevano per prendere il tè insieme. Stava decisamente diventando un'abitudine. Dopo essersi organizzate le volte precedenti a casa Abrhams, ora toccava a casa Van Horten.
 “Parlando di esami, come sono andati i tuoi?” chiese Anne.
Alice finì il suo tè. “Bene, credo. Ce l'ho messa tutta.” aveva affrontato l'ultima prova quella mattina. Se i risultati fossero stati ottimi come sperava li avrebbe potuti inviare subito alla Juilliard, per confermare che si era diplomata a tutti gli effetti. E dopo, tutta la sua vita sarebbe stata pianificata, spianata davanti a lei. Sua madre sarebbe stata felice, anche i suoi amici lo sarebbero stati...tutti tranne...
 “Ragazze, buon pomeriggio”
 “Justin! Eccoti qui!” Anne salutò il fratello appena entrato nella sala.
Alice gli sorrise. “Ciao Justin”
 “Alice” rispose con un mezzo inchino, educato come suo solito.
 “Oh, andiamo! Cos'è tutta questa formalità? Sappiamo tutti cosa c'è tra voi due...” si intromise Anne allusiva.
 “Anne!” la riprese Justin.
 “è la verità” si difese Anne.
Alice finse di non aver sentito. “Vogliamo andare?”
 “Certo” rispose il ragazzo facendole segno di seguirla.
 “Fermi lì! C'è un argomento molto importante di cui vi devo assolutamente parlare” disse Anne interrompendoli nuovamente.
Justin alzò gli occhi al cielo. “Cosa c'è, piccola peste?”
 “La nostra Alice, qui, voleva nasconderci che la settimana prossima è il suo compleanno ma io l'ho scoperto” annunciò Anne soddisfatta di sé.
In tutta risposta la diretta interessata si irrigidì. “Non nascondevo proprio niente” rispose cercando di suonare naturale.
 “Sta di fatto che ho dovuto scoprirlo da mia madre che a sua volta l'ha saputo dalla tua. Pensavi di passarla liscia così?” continuò Anne senza farsi scoraggiare.
 “Forse Alice aveva in mente di passare un compleanno tranquillo, in famiglia.” intervenne Justin tentando di salvare la situazione.
 “Non essere sciocco! Compie 18 anni! È un evento e come tale va festeggiato adeguatamente” controbatté la sorella.
 “Justin ha ragione, non darò alcuna festa.” disse Alice.
L'espressione di Anne si rabbuiò un poco. “è quello che ha detto anche tua madre ma io non volevo crederci. Alice, so che non hai mai avuto tantissimi amici ma ora hai noi e possiamo organizzarti una festa favolosa se tu lo vuoi” offrì Anne con gli occhioni che le brillavano di entusiasmo.
Alice era stata presa alla sprovvista; non si aspettava di dover affrontare quella conversazione quando era uscita di casa quel pomeriggio. Non voleva essere scortese. “Ecco, sei molto gentile ma non sono davvero dell'umore” disse, lo sguardo sulle sue mani in grembo. Sentì gli occhi dei fratelli Van Horten su di lei e sapeva di non avere via d'uscita.
Anne si sedette accanto a lei. “Alice, tu hai fatto molto per me quest'anno e anche se non credi che sia così, è la verità. Voglio solo fare anch'io qualcosa per te, voglio che tu ricordi il tuo diciottesimo compleanno per tutta la vita.” le disse col cuore in mano. “Ci puoi almeno pensare su?”
Il punto debole di Alice era il non saper dire di no alle persone. Anne in particolare sapeva come sfruttarlo a suo favore, sia che ne fosse consapevole o meno e anche questa volta funzionò. “D'accordo, posso farlo.” cedette.
La reazione di Anne fu di immediata gioia. “è fantastico! Grazie Alice!”
 “Non ha ancora detto di si” le ricordò Justin mentre la ragazza si avviava alla porta.
 “Si ma sono certa che tu ci metterai una buona parola per me.” rispose facendogli l'occhiolino. “A presto, Alice! Fammi sapere presto per la festa, ok?”
 “Ok, ciao Anne”
Justin ed Alice erano rimasti soli. Tacquero per pochi secondi ma quando i loro sguardi si incontrarono scoppiarono a ridere. “Mi dispiace, non so cosa le sia preso” disse il ragazzo.
 “è tutto a posto, ormai la conosco. Cerca solo di essere una buona amica” rispose Alice. In effetti nell'ultima settimana e mezzo lei ed Anne si erano viste e si erano sentite spesso fino a diventare amiche nel vero senso della parola. Per lei stare con la piccola di casa Van Horten era una piacevole distrazione da tutto quello che le era successo. Anne non era coinvolta in tentativi di rapimento, né in incontri con uomini misteriosi che distribuiscono cappelli magici. Da ragazzina timida e introversa Anne si era rivelata in realtà simpatica ed esuberante, anche un po' troppo ogni tanto, ma pur sempre armata delle migliori intenzioni. E poi, per associazione, anche Justin era ricomparso nella sua vita. Alice si alzò dal divano e si avvicinò a lui. “Sei ancora dell'idea di portarmi fuori?” gli chiese. Il ragazzo aveva preannunciato una sorpresa e doveva ammettere di essere un po' curiosa a riguardo.
Justin avanzò a sua volta. “Certamente, non te ne pentirai. Inoltre hai passato un sacco ti tempo chiusa in casa a studiare ultimamente, è ora di prendere una boccata d'aria.”
Justin non sapeva tutta la verità. Non era per colpa degli esami che era rimasta sempre in casa... “D'accordo” gli rispose invece con un sorriso. Certo, aveva paura a stare fuori per la strada, ma non poteva nemmeno rimanere reclusa per sempre. Con Justin al suo fianco non sarebbe stata sola. E con la guardia del corpo. Già perché se per anni Alice aveva rifiutato di averne una, trovandola inutile, ora aveva cambiato decisamente idea e la madre non poteva che esserne lieta.
Justin prese la mano di Alice e con quella libera le sfiorò il volto. Lo lasciò fare e quando le labbra del ragazzo si trovarono a pochi centimetri dalle sue lasciò anche che la baciasse. Non sapeva dire con esattezza cosa ci fosse tra lei e Justin, ma per ora quello che avevano le andava bene. Era successo tutto in maniera spontanea e come per Anne, ad Alice piaceva passare del tempo con Justin.
Il baciò finì e Justin accompagnò la ragazza alla porta. Il loro appuntamento li aspettava.

-
 

 “Ti ho già detto quanto stai bene col tuo nuovo taglio di capelli?” chiese Justin prendendo Alice per mano e conducendola all'interno di un grande edificio antico.
La ragazza si sentì leggermente in imbarazzo. “Sei gentile”. Il cambio di look non era dovuto a un capriccio o alla voglia di qualcosa di nuovo, era invece parte degli accorgimenti adottati da Alice per far si che chiunque fosse sulle sue tracce non la riconoscesse. Quindi ora i suoi capelli le arrivavano appena sopra le spalle. Le era dispiaciuto tagliarli così corti ma mai quanto era dispiaciuto a sua madre che praticamente ne aveva fatto una tragedia. Era stato necessario.
L'edificio era enorme, con alte pareti in marmo e colonne lisce e bianche. “Cos'è questo posto?” chiese Alice.
 “Immaginavo non ci fossi mai stata. Lo sperava, più che altro” rispose Justin soddisfatto. Si incamminarono sulle scale davanti a loro.
 “Non vuoi darmi nessun indizio?” lo pressò lei divertita.
 “No. Aspetta e vedrai” rispose Justin con un sorriso stampato in faccia.
Quando finalmente arrivarono in cima alla scalinata, davanti a loro videro un ampio corridoio, sui muri decine di quadri illuminati da luci speciali. A Alice mancò il fiato. “Wow, Justin. Siamo in un museo?”
 “Già. È quello appena inaugurato. Ci sono un sacco di opere rare, ristrutturate, veramente di tutto. Per questo si entra solo su prenotazione e richiedendolo in anticipo. Ma conosco delle persone e...eccoci qui. Il museo è nostro da visitare per un'ora intera. Non ho potuto fare di meglio, mi dispiace.” spiegò il ragazzo un po' troppo in fretta.
Alice era sbalordita. Era da tempo ormai che non faceva visita a una galleria d'arte o a un qualunque museo, ed essere lì era la cosa più normale che poteva venirle in mente. Justin le aveva fatto un grande regalo e nemmeno lo sapeva. Lo guardò piena d gratitudine. “Potevi anche non prenotarlo solo per noi, era ok. Ma...grazie. Non vedo l'ora di esplorarlo!” disse dandogli un abbraccio. L'aveva fatto senza pensarci, poi si era resa conto di aver preso lei l'iniziativa e non il contrario. Justin la strinse a sua volta e non sembrava che volesse lasciarla andare tanto presto. “Sono felice che la sorpresa ti sia piaciuta.” disse a voce più bassa, come se avesse paura di rovinare il momento. “Sei sempre così distratta quando siamo insieme, pensierosa...credo di sapere cosa c'è che non va”
Alice si staccò da lui e lentamente lui fece lo stesso. “Che vuoi dire?” chiese titubante.
Justin non parlò subito“Mi fa piacere che tu mi abbia perdonato per quella faccenda con tua madre, non fraintendermi, ma mi chiedo cosa ti abbia fatto cambiare idea. Credo c'entri il tuo amico Hartley”
Ecco, l'aveva detto. Ovviamente ci aveva visto giusto, ma come poteva Alice confermare i suoi sospetti? Non era pronta a parlare di cosa era successo tra loro. Si strinse nelle spalle. “Non devi preoccuparti di lui. È tutto a posto”
Justin la osservò attentamente. “Mmh, non me la bevo. Ma voglio che tu sappia che se vorrai parlarmene io sarò qui, d'accordo?”
Alice era certa che fosse sincero. Non appena avevano recuperato il loro rapporto di amicizia Justin si era dimostrato più che lieto di poter trascorrere del tempo con lei come ai vecchi tempi, anzi in maniera più distesa stavolta. Alla fine Alice aveva capito che lui ci teneva veramente a lei e che se in passato avevano avuto dei problemi era stato solo a causa di incomprensioni, di ostacoli esterni. In breve, ci si poteva fidare di Justin Van Horten. E riguardo a quello che si era creato tra di loro...probabilmente lui era convinto fosse qualcosa di serio mentre Alice voleva andarci piano. Si guardò intorno mentre iniziavano il loro tour per il museo, tra i quadri di grandi pittori morti ormai da decenni, tra quelli di artisti emergenti che ancora non avevano conosciuto la luce della ribalta. Sì, si sentiva bene. “Ci pensi? Potremmo fare cose come queste quando vogliamo l'anno prossimo.” disse Justin a un certo punto. “Resteremo entrambi a studiare a New York e potremo vederci sempre.” Alice gli sorrise cortese. Proprio quello che sua madre aveva sempre sperato per lei. Una vita perfetta, una routine sicura e perfetta.

-
 

Justin riaccompagnò Alice a casa. Si fermarono davanti al marciapiede, il ragazzo scese dalla macchina per salutarla. “Grazie Justin, mi sono divertita tanto oggi” lo ringraziò sorridendogli.
Justin ricambiò il sorriso. “Ne sono lieto. Ti chiamo stasera?” chiese fiducioso.
Alice annuì. “Certo. A presto” fece per voltarsi ma lui la tirò nuovamente a sé e la bloccò con un bacio. Doveva ancora abituarsi a queste sue dimostrazioni d'affetto, era tutto nuovo per lei. Quando si staccarono lei gli fece un altro sorriso e con la coda dell'occhio vide che qualcuno li osservava dall'altra parte della strada. Lo riconobbe appena in tempo, prima che scomparisse velocissimo. Era Hartley. Le si strinse lo stomaco. Dunque li aveva visti insieme, infine? Aveva cercato più volte di contattarla invano e questo voleva dire che doveva essersi presentato lì per parlare mentre invece...aveva visto.
 “Alice? Che stai guardando?” chiese Justin rivolgendo il suo sguardo dov'era diretto il suo. “Niente, niente. Mi era solo sembrato di vedere qualcuno che conosco. Ora vado” liquidò la faccenda velocemente la ragazza. “Ci sentiamo” ed entrò nel palazzo.
Non poteva fare a meno di sentirsi in colpa, in un certo senso. Certo, tra lei e Hartley non c'era mai stato niente di romantico ma in ogni caso le dava una strana sensazione ripensare alla faccia stupita che aveva fatto difronte al bacio tra lei e Justin.
Entrò in casa e venne accolta dalla madre. “Tesoro, eccoti qua! Hai passato una buona giornata?” le chiese in tono gioviale.
 “Si, finalmente gli esami sono terminati.” rispose Alice lasciandosi cadere sulla poltrona del soggiorno. Sua madre la seguì a ruota sistemandosi sul divano accanto. “Lo so e non ho il minimo dubbio che otterrai voti altissimi! E riguardo al tuo tè a casa Van Horten che mi dici?” chiese andando al sodo. Sembrava un po' la classica cliente abituale di un salone di parrucchiera.
 “Bene anche quello. Anne è una ragazza adorabile.”
 “Eee...” la pressò la donna.
 “E poi Justin mi è venuto a prendere.” vuotò il sacco.
 “Ho visto che ti ha portata a casa con la sua auto. Che avete fatto, si può dire?” la Signora Abrhams faticava a contenere il suo entusiasmo.
 “Siamo andati in un museo a vedere delle opere d'arte. È stato molto interessante”
La madre di Alice aggrottò la fronte. “In un museo..? Seriamente?”
 “Si, perché?”
 “Un po' strano come appuntamento” commentò.
Alice si coprì il viso con le mani. “Ma mamma! Chi dice che era un appuntamento?” sentiva che stava diventando rossa.
 “Quel bel bacio che ti ha dato proprio poco fa lo dice, mia cara” rispose la donna maliziosa.
Ora si che Alice stava diventando di una nuova sfumatura di rosso. Si tolse le mani dal volto. “Mamma!”
 “Che cosa c'è? Non devi provare imbarazzo, era solo naturale che succedesse qualcosa tra di voi prima o poi! Gliele hai fatte sudare le tue attenzioni però...” continuò la Signora Abrhams sorridendo soddisfatta.
 “Non so cosa tu abbia visto ma non stiamo insieme” affermò alzandosi dalla poltrona con tutta l'intenzione di rintanarsi nella sua camera.
 “Ah no?” insinuò la donna.
 “Non proprio” rispose incerta la figlia.
Questo fece nascere un'espressione trionfante sul volto della Signora Abrhams. “D'accordo, come vuoi tu. I giovani d'oggi...”
 “Invece questa bella frase fatta non è vecchia per niente, vero?” replicò la ragazza scherzando mentre si chiudeva già la porta della sua camera dietro di lei.
Quasi non ci credeva, le cose tra lei e la madre erano decisamente migliorate. Fino a poco tempo prima aveva temuto di aver incrinato il loro rapporto per sempre ma invece, come aveva scoperto, era bastato davvero poco per risanarlo. Vedere la donna, solitamente così algida e severa, commuoversi davanti al vecchio video di famiglia le aveva aperto gli occhi; anche sua madre aveva sofferto e ancora soffriva per la perdita del marito, non solo Alice. La Signora Abrhams preferiva solo tenersi tutto dentro piuttosto che mostrarsi debole. Mantenere l'ordine a ogni costo era il suo modo di andare avanti senza crollare. E per quanto riguardava le affermazioni fatte riguardo al padre...beh, Alice immaginava che dovesse trattarsi di parole dettate dalla foga del momento, non poteva dire sul serio quando aveva detto che suo padre non era l'uomo che lei pensava. Se lo sarebbe lasciato  alle spalle.

-
 

Non si trovava a casa sua, non più. Ricordava di essere andata nella sua stanza e poi...cosa? Non le veniva in mente. Sapeva solo di essere seduta a un tavolo grande e rotondo, una tovaglia a scacchi rossi e bianchi la ricopriva e su di essa erano sistemati piattini, tazze da tè, una caraffa e dei pasticcini. Era tutto così colorato che quasi le facevano male gli occhi. “Che cos'hai, dolcezza?” disse una voce facendola sobbalzare. Si voltò alla sua destra e scoprì che c'era qualcun altro seduto al tavolo con lei mentre avrebbe giurato di essere da sola fino a un momento prima. “Pensavo ti saresti sentita a tuo agio qui visto che non fai altro tutto il giorno: prendi il tè e mangi piccole delizie. A proposito, dovresti proprio stare attenta alle calorie, carina!” la scimmiottò quell'essere versando del tè caldo fumante nella propria tazzina. Già, perché Alice era certa che non si trattasse di una persona; aveva una grande testa che era in tutto e per tutto quella di un gatto, dal pelo rosso e lucente. Gli occhi altrettanto grandi di colore verde erano fissi sul contenuto della tazza, tenuta ora tra le zampe come se fosse la cosa più normale del mondo per lui. Forse lo era. Come poteva un gatto essere così grosso? E in grado di parlare? E di versarsi un tè? I gatti nemmeno lo bevono il tè! Improvvisamente il suo sguardo balzò su di lei, come se l'attesa per la risposta si fosse fatta troppo lunga. Alice non sapeva che fare. “Dove mi trovo?” chiese impaurita.
 “Oh, ma se non è ovvio!” esclamò una seconda voce alla sua sinistra. Quando lo vide ebbe un lampo di riconoscimento. Lo conosceva! Era l'uomo con il sigaro che era passato già due volte dal locale di Jeff! Che ci faceva lì?? Mentre si interrogava sbalordita, una nuvola di fumo la raggiunse direttamente dal solito sigaro che a quanto pare l'uomo non abbandonava mai.
 “Non essere scortese!” intervenne un nuovo assurdo personaggio seduto al lato opposto di Alice. Si trattava di una donna stavolta, o meglio, di una femmina. Aveva le sembianze di un fiore, un tulipano per essere precisi, di colore fucsia acceso, con tanto di gambo e foglie sottili.
 “Tu taci!” controbatté in tono saccente l'uomo col sigaro. “Sei un Fiore, chi invita un Fiore a un tè? I fiori non bevono il tè, tutti lo sanno” nemmeno i gatti, si ripeté Alice nella sua testa, evitando di interrompere lo scambio di opinioni in corso.
 “Io lo bevo, ma è l'odore di fumo che mi disturba, rovina la sua degustazione” di difese il Fiore per nulla scosso dall'accusa ricevuta.
 “Questa poi!”
Era tutto troppo surreale per essere vero, quindi doveva essere un sogno, ecco cos'era ad essere 'ovvio'. Si diede un pizzicotto al braccio. Niente. Provò ancora e strizzò anche gli occhi: niente da fare.
Il gatto tossicchiò richiamando la sua attenzione. La stava guardando come se fosse lei quella strana. “Che cosa stai facendo, di grazia?”
 “è un sogno, cerco di svegliarmi”
 “Oh, giusto cielo!” commentò il fumatore.
 “Prima di svegliarti devi ascoltare, sciocchina! I giovani hanno così fretta, non pensate anche voi?” chiese rivolgendosi a commensali.
L'uomo col sigaro annuì prontamente mentre il Fiore non parve essere della stessa idea. “Non saprei dire, io sono ancora giovane e ho trovato tutto il tempo di godermi questo tè”
 “A proposito! Chi hai detto che ti ha invitata..?” domandò il fumatore con palese sarcasmo.
La teiera appoggiata sul tavolo dal gatto poco prima si sollevò da sola distogliendo  l'attenzione di Alice dal battibecco, anche perché si muoveva verso di lei. Si fermò a pochi centimetri dal suo volto per versare il liquido caldo nella sua tazzina. Come si era alzata, si era anche andata a posare da sé. Forse era il caso di smetterla di sorprendersi visto che era tutto un sogno.
 “E come sta il nostro Cappellaio?” chiese a Alice il gatto.
La ragazza non capì. “Chi?”
 “Il ragazzo con il cappello...” specificò il felino come se non fosse necessario.
 “Hartley...?”
 “Pensavo di essere stato chiaro fin da subito”
 “Noi due...ecco, noi non...”
 “Era una domanda retorica in realtà, so bene che conosci lo stato di salute fisica e mentale del Signor Hartley. Ma la Signorina qui presente fa promesse per poi non mantenerle” insinuò.
Sia il Fiore sia l'uomo col sigaro si espressero in un “ooh!” indignato. Almeno su qualcosa andavano d'accordo. Alice si sentì in imbarazzo a stare così al centro dell'attenzione e sotto accusa per di più. “Lei non capisce, non è--”
 “Non è vero?” la interruppe il gatto. “Ma non avevi fatto promettere al ragazzo di starti sempre vicino? Sembrava una cosa reciproca.” rispose il gatto dandosi un'occhiata agli artigli appena sguainati. Non gli davano un'aria minacciosa comunque.
 “Si, è vero ma le circostanze...”
 “Non ti ho mai parlato di circostanze” disse il felino senza lasciare spazio a discussioni.
 “Ma quand'è che me l'avresti detto? Non ti ho mai visto prima!” sbottò Alice esasperata.
Il gatto la guardò con sguardo curioso. Sul suo muso peloso spuntò quello che aveva tutta l'aria di essere un sorrisetto. “Ti ho fatto una lettura. Ti ho raccomandato di tenere la mente aperta e tu l'hai fatto. Ti ho anche detto di rimanere accanto al Cappellaio ma questo invece non l'hai fatto. Ora ricordi, carina?”
Alice sbiancò. Si stava riferendo al veggente che aveva incontrato per strada e che le aveva letto il futuro. Il gatto voleva dire che...era lui? Calma Alice si disse, è pur sempre un sogno, la tua mente si sta prendendo gioco di te cercò di rassicurarsi.
 “Tutto questo non è reale”
Il gatto alzò gli occhi al cielo. “Credevo ci fossimo già passati. Lo è, accettalo prima che puoi” disse annoiato.
 “Personalmente non capisco cosa ci sia di speciale in questa cosetta” commentò il fumatore guardandola.
 “I miei petali sono più belli dei suoi” aggiunse il Fiore portandosi il tè alla bocca. Soffiò ancora e ancora, tanto che Alice si domandò se avrebbe mai bevuto.
La ragazza tornò a rivolgersi al gatto. “Chi sei tu?”
 “Non ti ho convocata per questo. Ti stai nascondendo. Spezzi promesse e ti nascondi, ecco cosa fai”
 “Ma io ho paura! Hartley ha detto che...”
 “Sappiamo tutti cos'ha detto”
 “Parla per te” borbottò il tipo con il sigaro.
 “Tu sei un chiacchierone, ecco perché non lo sai.” gli spiegò pazientemente il gatto. “Dicevo, IO lo so sicurissimamente ma non è un buon motivo per lasciare indietro il ragazzo. Anche lui è in pericolo, anche lui ha paura.”
Alice tacque. Ora si che si sentiva in colpa per averlo evitato. E poi aveva visto il bacio...chissà cosa pensava di lei.
 “Molto bene, vedo che ci stai riflettendo. Insieme siete più forti, ricordalo questa volta, sciocchina”
Alice aspettò di sentirlo continuare “E poi?”
 “è tutto”
 “Non mi dici niente della gente che mi cerca, di Wonderland?”
 “Ho già messo lo zampino nei tuoi affari tante volte, proprio non posso soddisfarti carina. E poi non vorrai rovinarti la sorpresa?” concluse con un sorriso sornione.
La sua visione iniziò a diventare sempre più sfocata. “Aspetta! Aspetta!” lo pregò ma non servì a niente. Mentre usciva dal sonno le sembrò di sentire delle risate, quelle di un Fiore e di un fumatore di sigaro. Ma era sola adesso ed era tempo di sistemare le cose. 


Note: sto facendo davvero fatica ad editare i capitoli dal nuovo computer, non so perchè è così difficile mettere la dimensione e il carattere che voglio. Sono un po' frustrata. Vabè a parte questa difficoltà tecnica, eccomi col nuovo capitolo! Avevo detto che sarebbe stato più lungo ed è stato perché essenzialmente non volevo creare confusione date le ultime scelte di Alice. Al mio ragazzo non è piaciuta la cosa di farla uscire con Justin quando gliel'ho detto ma...whatever. Spero si capiscano le sue motivazioni e che il suo periodo passato a nascondersi è finito, ora l'arrabbiatura con Hartley passerà. Oh, vi sono piaciuti Stregatto, Fiore e Brucaliffo? Mi è piaciuto un sacco scrivere quella scena! Detto ciò, alla prossima! :)

   
 
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